Adorno Gaetano Zappalà - Personaggi storici Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Personaggi storici
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Adorno Gaetano Zappalà

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Gaetano Adorno Zappalà fu un grande avvocato senza laurea.
Fu sindaco di Siracusa dal 1862 al 1865.


 
Nobile, di origine genovese, nacque a Siracusa nell’agosto del 1803, da Corrado e dalla madre Zappalà, dalla quale assunse il secondo cognome.
Siamo nel periodo dell’Unità d’Italia, nell’ottica del Risorgimento Italiano, che dura fino alla liberazione di Trento e Trieste, cioè fino a dopo la guerra del 1915/18.
La famiglia dell’Adorno cui è dedicata la via detta Passeggio Adorno, perché da lui stesso fatta costruire nel periodo che fu sindaco.
Una lapide ricorda la realizzazione del passeggio Adorno



Non fu di agiata condizione perché ancora vigeva la legge feudale che assegnava solamente al primogenito il diritto di ereditare i beni dei genitori, mentre agli altri conveniva farsi sacerdoti o monache… Non potè neanche fare un corso regolare di studi perché, essendogli morto il padre quando ancora aveva appena 14 anni, dovette pensare lui a sostenere la madre e tre fratelli, accettando il posto di amanuense presso lo studio del notaro Salibra. Però, se non guadagnava che un modesto salario, aveva l’occasione di leggere tanti libri e quindi di farsi una buona cultura, soprattutto di diritto. Pertanto nel 1820, quando Siracusa venne innalzata a capoluogo e vi fu portato il tribunale, egli si licenziò dallo studio notarile del Salibra e fu assunto nello studio dell’avv. Gaetano Lo Presti. Questo era un ottimo uomo di legge che veniva da Palermo e a Siracusa fu subito apprezzato per la sua grande conoscenza giuridica e la forza di convincimento che possedeva nelle sue eleganti arringhe. Nei dibattimenti giudiziari. Gaetano continuò ad approfondire lo studio che già aveva fatto della giurisprudenza leggendo con raro profitto le opere riguardanti la disciplina che aveva potuto avere a portata di mano presso il notaio Salibra. A ciò aggiunse la pratica forense che potè fare con il Lo Presti. La straordinaria conoscenza del diritto che aveva acquistato con la rara intelligenza e l’assidua applicazione, nonché i consigli di cui era stato prodigo fin dal primo momento l’avv. Lo Presti, che aveva cominciato ad affidargli degli incarichi nello svolgimento della professione, presto lo fecero conoscere ed apprezzare nel foro. Senza aver frequentato l’università, ne sapeva molto più di un laureato e dava dimostrazione di essere un eccezionale esperto nel diritto e lasciava tutti sbalorditi per la maniera con cui sapeva impostare un processo, trovare tutti i cavilli per dimostrare la sua tesi e arrivare a convincere i giudici. Così, nel 1824 per speciale concessione del Sovrano, dietro segnalazione de Lo Presti, sì, ma anche e soprattutto dietro il parere favorevole dei magistrati che ne avevano potuto sperimentare la rara perizia, venne autorizzato ad esercitare la professione di patrocinatore giudiziario a Siracusa. Si può dire che per lui non vi fosse alcuna differenza nell’assumersi la difesa sia di un processo civile, sia di un processo penale, venendo effettivamente additato come uno dei migliori giureconsulti in utroque. Intensa, perciò, fu la sua attività di avvocato e in molti processi di grandissima importanza gli fu dato l’incarico della difesa, che egli portò a termine con il più totale successo. Con così brillante carriera conseguì grande fama e consistenti guadagni. Quando nel 1837 vi fu il colera che a Siracusa fece esplodere la rivolta, a motivo della quale la città aretusea fu spogliata del capoluogo, che venne conferito alla vicina Noto, egli fu nominato membro della Commissione per l’ordine pubblico. 31 Quando, l’anno successivo, re Ferdinando venne a Siracusa, Gaetano Adorno ricevette il compito di perorare la causa della città per farle riavere il diritto di capoluogo, di cui era stata privata per la sua ribellione. Per quanto si fosse prodigato, non riuscì a fare desistere il Sovrano dalla sua decisione: e quella fu una delle poche volte in cui non gli arrise il successo; ma ovviamente per quella causa non bastava il più eccezionale talento dell’avvocato difensore! Tanto vero che nemmeno nel 1849 vi riuscì, quando nuovamente fu incaricato di chiedere clemenza per la sua città al Re Borbonico , dopo la triste fine del Governo Siciliano e la sconfitta della prima guerra d’Indipendenza, che così infelicemente fece crollare i sogni di libertà ai Siciliani e agli Italiani tutti. In questo secondo tentativo, tuttavia, se non ottenne il ritorno del capoluogo a Siracusa, ottenne quello dei collegi giudiziari. Comunque, il suo prestigio crebbe sempre di più e ottenne la carica di Consigliere Distrettuale e in seguito quella di Sottintendente Nel 1860 fu nominato membro della Commissione Speciale, nonché Presidente del Consiglio Comunale, e quindi Sindaco. Quando finalmente venne proclamato il Regno d’Italia, nel 1861, avendo sempre nel cuore la causa della sua città, volle recarsi a proprie spese a Torino, per rivolgere al nuovo Sovrano, con la sua straordinaria eloquenza, la preghiera di rendere giustizia a Siracusa e restituirle il capoluogo e a ridarle il territorio di Modica, che proprio un mese prima della proclamazione del regno d’Italia era stato strappato. Questa volta il successo premiò la sua perseveranza e Vittorio Emanuele II gli promise che presto avrebbe dato ascolto a lui e alla città tutta , rinominandola capoluogo. In questa missione molto egli dovette alla collaborazione che gli offrì Filippo Cordova, il primo Deputato siracusano al Parlamento Italiano, che alle elezioni aveva sconfitto l’Abate Don Emilio Bufardeci, grazie anche al sostegno ricevuto da parte di Salvatore Chindemi.. Quando ritornò a Siracusa e riferì quello che il Re d’Italia gli aveva promesso, gli fu tributato un autentico trionfo. Ed egli si prodigò a fare trovare alla venuta del Re la città degna dell’onore che le veniva conferito. Così si diede ad abbellire la città con la massima competenza e il massimo impegno, arricchendola di meravigliose opere pubbliche e ad amministrarla con la massima scrupolosità. Quando abbandonò la sindacatura, lasciò alle casse comunali non debiti ingenti, come avviene oggi, ma un credito considerevole: ben 58 mila lire! Venne poi eletto membro del Consiglio Provinciale, Presidente della Congregazione di Carità, nonché numerose altre cariche prestigiose e tante altre onorificenze. Quando morì, nell’aprile del 1879, tutta la città lo pianse
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