1994 Papa Giovanni Paolo II visita Siracusa
Siracusa 1900
Giovanni Paolo II fu a Siracusa per due giorni nel Novembre 1994 in una storica visita e una fota assemblea di popolo presente in tutte le uscite ufficiali.
Sulla balza Acradina, nel luogo dove sotto la pioggia fu recitato un commovente Angelus, tra le antiche rocce, probabilmente, secondo gli storici nello stesso luogo dove doveva trovarsi il mai trovato, salvo piani di posa che fanno pensare all'antico basamento del tempio, in ricordo venne realizzata dai fedeli una croce in ferro e una lapide, scarno monumento per indicare uno storico evento per la chiesa e per tutti i siracusani credenti.
Discorso di Giovanni Paolo II alla cittadinanza di Siracusa Piazza Duomo Sabato, 5 novembre 1994
Signor Sindaco,
Illustri Autorità civili e religiose,
Fratelli e Sorelle di Siracusa!
1. Era tutto pronto lo scorso mese di maggio per il nostro incontro. Ma il noto incidente accadutomi proprio alla vigilia della partenza ed il successivo periodo di convalescenza hanno ritardato la mia visita. Oggi sono lieto di potermi finalmente trovare tra voi, in questa Città, così ricca di storia e di cultura, di arte e di bellezze naturali, assurta ben presto per la naturale collocazione e per l’importanza economica e politica ad una posizione predominante nel Mediterraneo.
Vengo in questa città che fu una delle più vaste e popolose metropoli dell’epoca antica e diede i natali a forti personalità nel campo della poesia, dell’arte, della scienza, fra cui Epicarmo, Teocrito e il sommo Archimede, che la resero depositaria dei valori culturali e spirituali della classicità.
Saluto in voi, cittadini di Siracusa, gli eredi di questo glorioso passato e i custodi di un patrimonio di civiltà che occorre far fruttificare anche nel nostro tempo. A voi il compito di interpretare con sensibilità moderna il messaggio sempre attuale della classicità.
Saluto il Signor Sindaco, Prof. Marco Fatuzzo, e lo ringrazio per le elevate parole di benvenuto rivoltemi a nome di tutti voi. Saluto il Presidente della Regione, onorevole Franco Martino, al quale pure sono vivamente riconoscente per le cordiali espressioni. Saluto le Autorità amministrative e militari presenti. Saluto, infine, con fraterno affetto il Pastore dell’Arcidiocesi, Mons. Giuseppe Costanzo, il Clero, i Religiosi ed i Laici della Comunità ecclesiale.
A tutti grazie per la calorosa accoglienza! Lo splendore della vostra terra, la purezza del cielo, l’azzurro del mare rendono più bello e gioioso il mio passaggio in questo ricco e fertile terreno di civiltà e di umanità, dove fu abbondantemente sparso il seme del cristianesimo, giuntovi lungo l’itinerario che portò il Vangelo da Gerusalemme, attraverso la Magna Grecia, fino a Roma.
2. Ci attestano gli Atti degli Apostoli (cf. At 28, 12), che lo stesso san Paolo venne a Siracusa e vi rimase tre giorni, durante i quali la parola di Cristo, da lui annunciata, fece breccia nel cuore degli abitanti di questa Città. Essa, già colma della luce del sole e dell’arte, fu così inondata dallo splendore della fede.
È con lo stesso slancio dell’apostolo Paolo che oggi io vengo a voi, per rendere testimonianza alla Verità e farmi araldo del perenne messaggio della salvezza. So bene che Siracusa ha avuto, fin dalle prime origini cristiane, un particolare legame con Pietro. Secondo una radicata tradizione, infatti, il primo Vescovo, san Marciano, era discepolo di Pietro, e fu qui inviato direttamente da lui al tempo della sua permanenza in Antiochia.
Da allora la vostra terra, fecondata nei momenti terribili delle persecuzioni dal sangue dei martiri, ha conosciuto messi rigogliose di vita cristiana. Testimonianza intrepida di fedeltà a Cristo è stata quella offerta dalla gloriosa e amata Santa Lucia, martire del quarto secolo, venerata in tutto il mondo cristiano. Il 13 dicembre, durante l’Avvento, sempre si celebra la memoria obbligatoria di Santa Lucia. Possa il suo esempio generoso, unito a quello di innumerevoli credenti di ogni epoca, suscitare una nuova fioritura di fervore religioso e di impegno civile, affinché con la collaborazione di tutti siano superate le difficoltà oggi incombenti.
3. Questa è, infatti, l’attuale situazione: Siracusa, erede di un passato tanto illustre, mentre cerca di aprirsi a rinnovate prospettive di speranza, si trova a vivere una congiuntura economica e sociale davvero non facile.
Grava su di essa il peso di una storia di emarginazione, che rischia di tagliarla fuori dal circuito non solo economico, ma anche sociale e culturale della Nazione. Ma nei Siracusani non manca per fortuna la volontà di reagire alla tentazione della rassegnazione e dell’isolamento. Lo si vede e lo si sente.
Cittadini di Siracusa, il Papa è qui per condividere le vostre preoccupazioni ed incoraggiarvi nei vostri propositi! Non cedete alle tentazioni dell’apatia, del torpore e della pigrizia, che conducono all’inerzia e all’accettazione fatalistica del male e dell’ingiustizia. Non serve limitarsi a deplorare le lacune della pubblica amministrazione, la conflittualità di gruppi politici che mirano esclusivamente al potere anziché al servizio, il conseguente immobilismo e la paralisi progettuale, politica e amministrativa. È necessario, invece, impegnarsi a dare una risposta agli ormai annosi mali sociali. È indispensabile riacquistare il senso e la voglia della “partecipazione”.
Sono qui tra voi per incitare tutte le forze sane della società a stringersi in un nuovo impegno di solidarietà costruttiva. È necessario ed urgente che i cittadini onesti uniscano i loro sforzi per contrastare efficacemente le organizzazioni malavitose, e per affrontare senza tentennamenti i gravi problemi del momento.
Sono venuto per dirvi: non rimanete ripiegati su voi stessi! “Alzatevi e levate il capo!” (Lc 21, 28). Sono venuto per seminare speranza, una speranza creativa, fondata sulla coscienza del vostro impegno e del compito che la storia vi affida.
4. Carissimi Siracusani, questa mia quarta Visita pastorale in Sicilia vuole essere anche una significativa tappa nell’itinerario della grande preghiera per l’Italia, che si concluderà a Loreto il prossimo 10 dicembre. Avremo particolarmente ben presente questa spirituale intenzione domani quando mi sarà dato di dedicare il maestoso Santuario da voi eretto come segno di amore e devozione alla Madonna delle Lacrime. Il pianto di Maria è struggente manifestazione della tenerezza di una Madre, ma è anche accorato richiamo all’urgenza della conversione. La Madonna invita ciascuno ad una profonda revisione del suo comportamento.
Alla Vergine delle Lacrime affido fin d’ora questo mio pellegrinaggio. Chiedo a Lei di ottenere per Siracusa e per l’intera Nazione italiana quella rinascita morale e sociale da tutti auspicata. Il ricco patrimonio di cultura, civiltà e umanità, che ha reso grande il nome dell’Italia e della Sicilia nel mondo, continui ad offrire solide basi su cui costruire, grazie al concorde apporto di ciascuna componente sociale, un futuro di pace, di solidarietà e di sviluppo per l’intero Paese.
Accompagno questo messaggio di speranza con la mia benedizione.
Omelia di Giovanni Paolo II nel corso della dedicazione del Santuario alla Madonna delle Lacrime, Domenica, 6 novembre 1994
1. Dominus flevit (cf. Lc19, 41).
C’è un luogo a Gerusalemme, sul versante del Monte degli Ulivi, dove secondo la tradizione Cristo pianse sulla città di Gerusalemme. In quelle lacrime del Figlio dell’uomo vi è quasi una lontana eco di un altro pianto, di cui parla la prima lettura tratta dal Libro di Neemia. Dopo il ritorno dalla schiavitù babilonese, gli Israeliti si accinsero a ricostruire il tempio. Prima, però, ascoltarono le parole della Sacra Scrittura, e del sacerdote Esdra, che poi benedisse il popolo con il libro della Legge. Allora tutti scoppiarono in lacrime. Leggiamo infatti che il governatore Neemia e il sacerdote Esdra dissero ai presenti: “Questo giorno è consacrato al Signore vostro Dio; non fate lutto e non piangete! [ . . .] non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza” (Ne8, 9.10).
Ecco, quello degli israeliti era pianto di gioia per il tempio ricuperato, per la libertà riacquistata.
2. Il pianto di Cristo sul versante del Monte degli Ulivi non fu, invece, un pianto di gioia. Egli infatti esclamò: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco: la vostra casa vi sarà lasciata deserta” (Mt 23, 37-38).
Parole simili Gesù dirà poco più tardi sulla via del Calvario, incontrando le donne di Gerusalemme in lacrime.
Nel pianto di Gesù su Gerusalemme trova espressione il suo amore per la Città Santa, assieme al dolore per il suo futuro non lontano, che egli prevede: la Città sarà conquistata e il tempio distrutto, i giovani saranno sottoposti allo stesso suo supplizio, la morte di croce. “Allora cominceranno a dire ai monti: cadete su di noi! e ai colli: copriteci! Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?” (Lc 23, 30-31).
3. Sappiamo che Gesù pianse, un’altra volta, presso la tomba di Lazzaro. “Dissero allora i Giudei: “Vedi come lo amava!”. Ma alcuni di loro dissero: “Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?” (Gv 11, 36-37). Allora Gesù, manifestando nuovamente una profonda commozione, si recò al sepolcro, ordinò di togliere la pietra, e, alzati gli occhi al Padre, gridò a gran voce: Lazzaro, vieni fuori dal sepolcro! (cf.Gv 11, 38-43).
4. Il Vangelo ci parla ancora della commozione di Gesù, quando esultò nello Spirito Santo e disse: “Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto” (Lc 10, 21). Gesù gioisce per la paternità divina; si rallegra perché gli è dato di rivelare questa paternità, e si allieta infine per una particolare irradiazione di questa paternità sui piccoli.
L’evangelista Luca definisce tutto questo come un’esultanza nello Spirito Santo. Esultanza che spinge Gesù a rivelarsi ancor di più: “Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Lc 10, 22) (cf. Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, 20).
5. Nel cenacolo Gesù predice agli Apostoli il loro futuro pianto: “In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia”. E aggiunge: “La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo” (Gv 16, 20-21). Così Cristo parla della tristezza e della gioia della Chiesa, del suo pianto e della sua letizia, riferendosi all’immagine di una donna che partorisce.
6. I racconti evangelici non ricordano mai il pianto della Madonna. Non udiamo il suo gemito né nella notte di Betlemme, quando era giunto il tempo di dare alla luce il Figlio di Dio, e neppure sul Golgota, quando stava ai piedi della croce. Non ci è dato di conoscere neppure le sue lacrime di gioia, quando Cristo risuscitò.
Anche se la Sacra Scrittura non accenna a questo fatto, parla tuttavia in favore di ciò l’intuizione della fede. Maria che piange di tristezza o di gioia è l’espressione della Chiesa, che si rallegra nella notte di Natale, soffre il Venerdì Santo ai piedi della Croce e di nuovo gioisce all’alba della Risurrezione. È la Sposa dell’Agnello, che ci ha presentato la seconda lettura tratta dal Libro dell’Apocalisse (cf.Ap 21, 9).
7. Le lacrime di Maria compaiono nelle apparizioni, con cui Ella, di tempo in tempo, accompagna la Chiesa nel suo cammino sulle strade del mondo. Maria piange a La Salette, alla metà del secolo scorso, prima delle apparizioni di Lourdes, in un periodo nel quale il cristianesimo in Francia sperimenta una crescente ostilità.
Ella piange ancora qui, a Siracusa, alla conclusione della seconda guerra mondiale. È possibile comprendere quel pianto proprio sullo sfondo di quegli eventi tragici: l’immane ecatombe, provocata dal conflitto; lo sterminio dei figli e delle figlie di Israele; la minaccia per l’Europa proveniente dall’Est, dal comunismo dichiaratamente ateo.
Piange in quel periodo anche l’immagine della Madonna di Czestochowa a Lublino: fatto, questo, poco conosciuto fuori della Polonia. Si è invece molto diffusa la notizia dell’evento di Siracusa e molti sono stati i pellegrini che qui sono venuti. Anche il Cardinale Stefan Wyszynski venne qui in pellegrinaggio nel 1957, dopo la sua scarcerazione. Io stesso, allora giovane Vescovo, sono qui giunto durante il Concilio, ed ho potuto celebrare la Santa Messa il giorno della commemorazione di Tutti i Fedeli Defunti.
Le lacrime della Madonna appartengono all’ordine dei segni: esse testimoniano la presenza della Madre nella Chiesa e nel mondo. Piange una madre quando vede i suoi figli minacciati da qualche male, spirituale o fisico. Piange Maria partecipando al pianto di Cristo su Gerusalemme, oppure presso il sepolcro di Lazzaro o infine sulla via della croce.
8. È giusto, però, ricordare anche le lacrime di Pietro. L’odierno Vangelo racconta la confessione di Pietro nei pressi di Cesarea di Filippo. Ascoltiamo le parole di Cristo: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli” (Mt 16, 17). Ci sono ben note altre parole del Redentore a Pietro: “In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte” (Gv 13, 38). E così avvenne. Ma quando, nella casa del sommo sacerdote, al canto del gallo Gesù guardò Pietro, questi “si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto . . . E uscito, pianse amaramente” (Lc 22, 61-62). Lacrime di dolore, lacrime di conversione a conferma della verità della sua confessione. Grazie ad esse, dopo la risurrezione, egli poté dire a Cristo: “Signore, tu sai tutto; tu sai che io ti amo” (Gv 21, 17).
9. Oggi, qui a Siracusa, mi è dato di dedicare il Santuario della Madonna delle Lacrime. Eccomi perciò finalmente qui per la seconda volta, dopo che la progettata Visita del primo maggio scorso è stata rimandata per i ben noti motivi.
Ora, però, vengo come Vescovo di Roma, come Successore di Pietro, e compio con gioia questo servizio nei riguardi della vostra comunità, che saluto con affetto nella persona del suo Pastore, Mons. Giuseppe Costanzo, il quale, raccogliendo l’eredità dei suoi predecessori, con tanto impegno ha preparato questo giorno. Con lui saluto il Cardinale di Palermo, tutti i Vescovi della Sicilia e le Autorità civili, amministrative e militari presenti, ringraziandole per la loro collaborazione all’organizzazione di questa mia visita pastorale.
Rivolgo un particolare pensiero a tutti i Sacerdoti, invitandoli ad essere fedeli imitatori dell’apostolo Paolo, che soggiornò in questa splendida Città durante il viaggio che lo portò da Cesarea a Roma (cf.At 28, 12). La missione che avete ricevuto, carissimi, richiede coraggio e costanza, ma il Signore saprà ricompensare il vostro generoso servizio. Il mio saluto va poi ai Religiosi, alle Religiose ed ai Membri degli Istituti secolari. Auspico che, come è stato sottolineato nella recente assemblea del Sinodo dei Vescovi, la vita consacrata risplenda come testimonianza dei valori dello spirito e si faccia promotrice di un apostolato “di frontiera”, che sappia rispondere al profondo bisogno di Dio presente nel nostro tempo. Saluto con affetto anche tutti i fedeli laici, in modo speciale le famiglie, in questo anno ad esse dedicato: siano il segno in una società spesso distratta ed indifferente di un amore oblativo, radicato nella fede della Chiesa e aperto alla vita.
10. Sento risuonare in me quest’oggi, in questo luogo, le parole di Cristo che dice a Pietro: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terrà sarà sciolto nei cieli” (Mt 16, 18-19). Queste parole di Cristo esprimono la suprema autorità che Egli, come Redentore, possiede: il potere di rimettere i peccati, acquistato a prezzo del sangue versato sul Golgota; il potere di assolvere e perdonare.
11. Santuario della Madonna delle Lacrime, tu sei sorto per ricordare alla Chiesa il pianto della Madre.
Ricorda anche il pianto di Pietro, a cui Cristo ha affidato le chiavi del regno dei cieli per il bene di tutti i fedeli. Possano queste chiavi servire per legare e per sciogliere, a redenzione di ogni umana miseria.
Qui, tra queste mura accoglienti, vengano quanti sono oppressi dalla consapevolezza del peccato e qui sperimentino la ricchezza della misericordia di Dio e del suo perdono! Qui li guidino le lacrime della Madre. Sono lacrime di dolore per quanti rifiutano l’amore di Dio, per le famiglie disgregate o in difficoltà, per la gioventù insidiata dalla civiltà dei consumi e spesso disorientata, per la violenza che tanto sangue ancora fa scorrere, per le incomprensioni e gli odi che scavano fossati profondi tra gli uomini e i popoli.
Sono lacrime di preghiera: preghiera della Madre che dà forza ad ogni altra preghiera, e si leva supplice anche per quanti non pregano perché distratti da mille altri interessi, o perché ostinatamente chiusi al richiamo di Dio.
Sono lacrime di speranza, che sciolgono la durezza dei cuori e li aprono all’incontro con Cristo Redentore, sorgente di luce e di pace per i singoli, le famiglie, l’intera società.
O Madonna della Lacrime,
guarda con materna bontà
al dolore del mondo!
Asciuga le lacrime dei sofferenti,
dei dimenticati, dei disperati,
delle vittime di ogni violenza.
Ottieni a tutti lacrime di pentimento
e di vita nuova,
che aprano i cuori
al dono rigenerante dell’amore di Dio.
Ottieni a tutti lacrime di gioia
dopo aver visto la profonda tenerezza del tuo cuore.
Sia lodato Gesù Cristo!
Vittorio Emanuele visita Siracusa