cunnutu e cuntentu - parole siracusane

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Parole siracusane
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cunnutu e cuntentu

Tuccitto perchè si dice
testo di Carmelo Tuccitto tratto da Palori a tinchitè, vignette di Francesco Rodante

Curnutu e cuntentu
Nel passato, come d'altronde ancora oggi, la parola con cui nessun siciliano voleva che fosse indicato era quella di curnutu e il gesto, quello corrispondente, fatto con l'indice e il mignolo della mano.
Il siciliano ha sempre considerato curnutu l'offesa più grave per sé e per l'onore della propria famiglia. Strano, però, che la persona cornuta invece che a pietà ha spinto e spinge al sorriso. È il caso del curnutu e vastuniatu che oltre a subire l'offesa viene anche schernito o, come si suol dire, al danno segue la beffa. A Siracusa si definiva curnutu e malu pajatu.
Si è sempre riso di uomini cornuti e mai di donne tradite perché, come lascia intendere il linguista Cesare Marchi, sarebbero in tanti quelli disposti a consolarle. Di solito il termine cornuto si appioppa all'uomo perché richiama il maschio del cervo le cui corna, rispetto a quelle del cervo femmina, sono ramificate e più lunghe. Difatti nei primi anni di vita le corna del cervo maschio sono caduche e dalle cicatrici ripullulano sino a formare un organo di difesa molto valido perché provvisto di tanti rami appuntiti.
Era raro, ma la paura di essere cornificato poteva creare all'uomo pre¬giudizi sulla scelta della moglie: Cu'pigghia bbiddizzi pigghia corna, un detto antico che giustificherebbe l'altro, già citato, Voifimmina bbrutta?
Curri a Terranova! nonostante si dicesse anche: Puru ca teni bbrutta la mugghieri, si t'alluntani metticci pinseri (sorvegliala).
Quando, ci siamo chiesti, le corna sono diventate sinonimo di tradi¬mento coniugale? La risposta l'abbiamo trovata nella Storia.
Il vocabolo curnutu, come equivalente di "tradito dalla moglie" e il detto curnutu e cuntentu sono stati coniati e introdotti in Sicilia in pe¬riodo normanno da quei soldati siciliani del re di Sicilia Guglielmo II il Buono (alla morte, nel 1189 gli successe la sorella Costanza D'Altavilla, moglie di Enrico VI di Svevia e madre del futuro Federico II) che nel 1185 conquistarono Salonicco. Costoro notarono che molti palazzi di quella città erano fregiati con delle corna ramificate di cervo. Dopo avere indagato, vennero a sapere che quei fregi costituivano il segno tangibile delle bravate libertine di Andronico I, imperatore di Bisanzio dal 1182 al 1185. Poiché la sua corte era frequentata da tanti nobili che avevano le mogli bellissime, l'imperatore concesse loro, naturalmente uno alla volta, il privilegio di cacciare i cervi della sua ricca riserva. In tal modo, mentre il marito cacciava e catturava la sua selvaggina, lui ne cacciava e catturava la moglie. Conclusesi fruttuosamente le due diverse battute di caccia, l'imperatore investiva il nobile tradito dalla moglie del titolo di Gran cacciatore dell 'Impero che comportava il beneficio di decorare il portale della propria dimora con due corna di cervo.
Nel passato più che mai la moglie si proponeva di non avere occhi che per suo marito: Megghiu 'n maritu poviru (ma si diceva anche tintu o porcu) ca 'nu jarzu (un amante) 'mpiraturi. Anche il marito era, almeno a parole, sostenitore della reciproca fedeltà coniugale: Mugghieri, scupetta (fucile) e cani nun s 'imprestimii mai!
La concezione maschilista di quel tempo portava a valutare diversa¬mente ogni tipo di mancanza: A l'omu ognipiccatu murtali è viniali, a la fimmina ogni vintali è murtali.
Dall'accusa di avere tradito le mogli, i mariti si giustificavano con l'espressione: L'omu è cacciaturi! Amara e ironica era la replica delle donne: L'omu è cacciaturi e la fimmina... tuvagghia 'i facci (asciugamani che chiunque può adoperare) e pazientemente si rassegnavano al tradi¬mento.
Le mogli tradite, come recita il detto 'Imariti su'dè mugghieri, l'autri fimmini sunu peri peri, sapevano bene che alla fine i mariti sarebbero tor¬nati a casa, da loro, mentre le donne con cui le avevano tradite sarebbero rimaste dappertutto, senza una famiglia e sfruttate da altri uomini.
Si poteva essere anche cornuti per convenienza. Un detto infatti face¬va notare umoristicamente il lato economico del tradimento. Il cornuto e contento, cioè consenziente, viveva meglio perché 7 corna su 'sicchi ma mantenunu 'a casa grassa. È questa un'espressione che rimanda all'altra che si usava a Canicattini: 'I corna sunu comu è denti: lorunu (dolgono) quannu spuntunu, ma doppu, qaannu crisciunu, servunu ppi mangiari.
Tra i cornuti c'era chi, vivendo a spese altrui, riteneva che fosse Megghiu essiri curnutu ca minchiuni. Tra l'altro lo status di marito cor¬nificato è noto solo ai suoi concittadini mentre quello dello scemo, per le stupidaggini che combina, si riconosce ovunque lui vada proprio come recita il detto Lu fissa unni va e lu curnutu ó so 'paisi. Non tutti i tradimenti erano considerati allo stesso modo: Li corna di la soru sunu corna d'oru (rendono); li corna di la mamma su' di canna (fragili come le canne); li corna di li parenti nun su' nenti (non hanno importanza); li corna di la mugghieri su' corna veri. Fannu pigghiari lu friddu e la frevi (fanno stare veramente male).
Secondo la morale del tempo Fimmina d'anuri nun duna nè accetta. C'era però la moglie che, scoperta di essere stata tradita, era tutt'altro che curnuta e paginziusa. Volendo rendere pan per focaccia, in cuor suo meditava: Fai, fai, maritu miu ca ppi li toj corna cci pensu ju. E non le era difficile realizzare il suo progetto di ramificata cornificazione.








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