palazzo Giaracà
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Palazzo Giaracà Siracusa
Inchiesta sul piano regolatore. L'inchiesta nacque dalla richiesta del consigliere Fiume Cassia di indagare sul fatto che vari proprietari non si erano attenuti all'utilizzo dei lotti concessi, usurpandone altri. Nella seduta del 17 ottobre 1893 fu letta la relazione della commissione d'inchiesta redatta dall'ingegnere capo Edoardo Troia. La commissione accertò che «i vari concessionari delle aree fabbricabili già occupate dai forti Campana, S. Lucia e S. Filippo, si sono attenuti alle consegne loro fatte dall'Ufficio tecnico, risultando rigorosamente gli allineamenti dei nuovi edifici a norma del piano regolatore e d'ampliamento della città». L'inchiesta rilevò solo delle sporgenze decorative, sostenendo che non potevano essere considerate occupazioni di suolo pubblico: «Tali sporgenze - sostenne Troia - sono accettate da tutti i regolamenti edilizi delle città italiane. Solo quello di Roma ne fa oggetto di tassa». La relazione analizzava alcuni casi. L'edificio di Nunzio Genovese, da poco terminato, aveva dei corpi decorativi in sporgenza. Nella stessa situazione si trovavano gli edifici Lucchetti, Italia, l'albergo Musumeci, le case Colomasi e Costa. Nella casa Giaracà, che fu motivo principale dell'esposto di Fiume Cassia, le decorazioni sporgevano poco più di 20 cm rispetto alle altre case. Ma la commissione rilevò che anche la casa Fiume Cassia aveva tali sporgenze. La casa Giaracà era stata disegnata da Carlo Sada, progettista anche dell'edificio della Camera di commercio. Nelle conclusioni su casa Giaracà «l'ufficio tecnico credette regolare accordare esplicitamente di poter occupare quel po di terreno bisognevole alla sporgenza di quei piccoli corpi avanzati che si sono voluti adottare nelle pareti esterne». Fiume Cassia si ritenne danneggiato dalle concessioni a Giaracà, ma il consiglio approvò la relazione di Troia.
Sette soggetti su trentuno appartenevano al ceto politico, provenienti da famiglie storiche del notabilato, ricche di relazioni politiche e sociali: De Benedictis, Lucchetti, Fiume Cassia, Spagna, Vinci, Orefice, Giaracà. I primi tre rivestirono cariche di governo nella giunta crispina. L'asse portante dei concessionari delle nuove aree esprimeva una calibrata miscela tra il notabilato della rendita e delle professioni, il settore più forte della borghesia commerciale del porto e un selezionato gruppo di appaltatori, capomastri e speculatori, che seguiva il processo espansivo della città e cresceva con esso. Il collante della politica era forte, tanto da dare una base oggettiva alle accuse lanciate dal principe Interlandi nel 1894 in occasione del dibattito sugli appalti per le strade dei nuovi quartieri .
Sette soggetti su trentuno appartenevano al ceto politico, provenienti da famiglie storiche del notabilato, ricche di relazioni politiche e sociali: De Benedictis, Lucchetti, Fiume Cassia, Spagna, Vinci, Orefice, Giaracà. I primi tre rivestirono cariche di governo nella giunta crispina. L'asse portante dei concessionari delle nuove aree esprimeva una calibrata miscela tra il notabilato della rendita e delle professioni, il settore più forte della borghesia commerciale del porto e un selezionato gruppo di appaltatori, capomastri e speculatori, che seguiva il processo espansivo della città e cresceva con esso. Il collante della politica era forte, tanto da dare una base oggettiva alle accuse lanciate dal principe Interlandi nel 1894 in occasione del dibattito sugli appalti per le strade dei nuovi quartieri .