Santa Lucia alla Badia - chiese esistenti Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
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Santa Lucia alla Badia

chiesa di Santa Lucia alla Badia
Nella seconda metà del XVIII secolo, a Siracusa era in atto il processo di rinnovamento seguito alla ricostruzione post terremoto del 1693. Nel balatizzo del Vescovado (piazza Duomo), modificato tra il 1608 e il 16331, si condensavano molteplici iniziative sia reli¬giose che civili. In questo contesto, la chiesa del Regio Monastero di Santa Lucia sotto la regola di San Bernardo (comunemente detta La Badia) era una delle fabbriche simbolicamente più importanti, perché legata al culto della vergine e martire siracusana [fig. 1];

riedificata dopo il sisma del 1693, fu consa¬crata nel 1705, circa vent'anni prima del concorso bandito per la facciata della cattedrale (1728)2. La chiesa originaria, orientata in direzione est-ovest, fu completamente demolita, come indica il contratto di appalto del 1695 nel quale si legge di «gittare a terra tutti li mura che si ritrovano nel sito dove si deve fabricare detta nuova chiesa»3 e ricostruita secondo il nuovo orientamento (nord-sud) con la facciata rivolta verso la piazza. Il prospetto, come si chiarirà più avanti, sarà in seguito modificato ad opera dell'ingegnere francese Louis Alexander Dumontier e del caput magister Luciano Alì; l'intervento rientrava in una operazione di riconfigurazione della chiesa attuata tra il 1771 e il 1784. Il prospetto della fabbrica d'inizio Settecento era scandito da due ordini sovrapposti di lesene (ioniche e corinzie) e concluso da un frontone, il progetto di ricostruzione prevedeva inoltre un belvedere4 (forse in parte realizzato); i capitelli ionici, di tipo miche-langiolesco, sono simili a quelli del vicino palazzo Senatorio (1629-1633). Non poteva non esercitare una certa influenza anche il palazzo arcivescovile, voluto dal vescovo Giovanni Torres (1564-1632), nella stessa piazza, del quale gli studi più recenti hanno attribuito l'ideazione all'archeologo-architetto e accademico dei Lincei Vincenzo Mirabella e Alagona (1570-1624)5.
Nel 1758 si inaugurava la nuova facciata della catte- drale6, mentre erano in corso i restauri del palazzo del Senato diretti dal capomastro Carmelo Bonaiuto detto Carancino (1707-1787)7. I lavori per la «nuova fabrica del aumento da farsi nel piano superiore del Palazzo Vescovile»8 iniziarono nel 1761, in concomitanza con il cantiere per la Casa degli Esercizi (1762), e furono diretti da Dumontier su incarico del vescovo Giuseppe Antonio Requesens del Carretto (1703-1772)9. Marco Rosario Nobile ha rilevato che l'incisione di Antonino Bova, edita nel 1761 e realizzata poco prima dell'intervento di Dumontier [fig. 2],

mostra un attico con finestre con mostre "ad orecchie"10. L'ingegnere francese, dunque, si sarebbe limitato al rifacimento parziale di un piano esistente mettendo in opera nuove finestre e introdu¬cendo come unico decoro il sottodavanzale a volute. Nella seconda metà del Settecento, il vescovo Requesens diede impulso all'edilizia religiosa di Siracusa. Verosimilmente, questi interventi in piazza Duomo dovettero aver generato anche la necessità di "riformare" la fabbrica di Santa Lucia. Dopo la morte dell'architetto-sacerdote Pompeo Picherali (1746 ca.), gli ingegneri militari Dumontier e Nicolò Sapia (f1792) si affermarono come principali "referenti" nell'ambiente ecclesiastico. Per la chiesa di Santa Lucia, non sembra essere stato bandito un concorso come per la facciata della Cattedrale. Molto probabilmente l'incarico fu affidato a Dumontier, che - come vedremo - curò sia il disegno che il capitolato d'appalto. Nel 1770, il vescovo Requesens era stato colpito da una paralisi e la guida vescovile era stata affidata all'arcidiacono della cattedrale Sebastiano Landolina (f1787); contemporaneamente, il procuratore generale del monastero, Agostino Macca, e la madre badessa, Eleonora Catalano, iniziarono le pratiche per avviare i lavori nella chiesa. La morte del vescovo sopraggiunse nel 1772, dopo appena un anno dall'inizio del cantiere. Gli interventi di Dumontier sulla facciata di Santa Lucia si inseriscono dunque a cavallo tra gli anni dell'episcopato di Requesens e quelli di Giovan Battista Alagona e Giustiniani (1726-1801)11 a cui si deve il rinnovamento culturale di Siracusa [fig. 3].


Ma chi era Louis Alexander Dumontier? Santi Luigi Agnello ne fa, per primo, un accenno in un articolo del 195212; successivamente, in un breve saggio bio¬grafico, Giuseppe Agnello analizza alcune opere dell'architetto militare13. Probabilmente nacque nella prima metà del Settecento ed ebbe forse contatti con Luigi Vanvitelli14, che nel 1752 aveva realizzato il ciborio di legno per la cattedrale di Siracusa15. Alcuni membri della famiglia Dumontier sono documentati in Sicilia (Siracusa) sino alla fine del XIX secolo16. Nuove indagini condotte presso l'Archivio di Stato di Siracusa hanno permesso di fare luce sulla sua figura e sull'attività professionale nonché sui rapporti con il caput magister Luciano Alì. Louis Alexandre Dumontier, «Ingegnere Ordinario dell'Eserciti», nacque da Angela Muchia e da Louis Du Montier, anch'egli ingegnere militare17. Se la famiglia poteva già vantare un'ottima posizione economica, Dumontier ne garantì l'ascesa sociale. A questa strategia va ricondotto il "fortunato" matrimonio celebrato a Siracusa con Raimonda Cortada e Gaetani18, figlia di Lucia Gaetani dei conti della Torre e del cavaliere spagnolo Antonio Cortada y Brù (f1790)19, colonnello e tenente della Piazza di Siracusa dal 176520 che fu anche governatore di Messina (1776)21 e presidente interino del Regno di Sicilia, in sostituzione del viceré Marco Antonio Colonna principe di Stigliano (1780)22. Alcuni componenti della famiglia dell'ingegnere francese godevano di alte cariche nell'esercito e per esigenze logistiche erano soggetti a spostamenti. È molto probabile che Dumontier dalla Francia si sia trasferito in Sicilia dopo l'istituzione del Corpo degli ingegneri militari da parte di Carlo III (1742), prendendo servizio come ingegnere ordinario a Siracusa 23, dove fu attivo a partire dalla metà del Settecento (1748-1782). È del 1748, forse, il primo progetto per l'ospedale militare nei pressi della caserma borbonica detta Quartiere nuovo, vicino il castello Maniace24; del 1761 è la piccola chiesa di San Giacomo addossata al muro esterno dello stesso castello federiciano (oggi scomparsa)25 [fig. 4].

Qualche anno dopo nel 1763, Dumontier coordinò la costruzione della cosiddetta "seconda porta di mare", accanto a quella del XV secolo e poi demolita nell'Ottocento26. In questo periodo gli incarichi si concentrarono a Ortigia, nella contrada della Chiesa Matrice. Tra il 1761 e il 1763, come si è già accennato, l'ingegnere diresse il cantiere per la sopraelevazione del palazzo vescovile e della Casa degli Esercizi. Inoltre egli si occupò del restauro dell'ex palazzo dei baroni Beneventano, allora ubicato di fronte il cimitero della cattedrale «per cossi renderlo abitabile [...] giacchè l'antiche ed invecchiate fabriche furono ridotte in stato pur troppo deplorabile»27. Già ingegnere di fiducia del vescovo Requesens, la sua notorietà crebbe negli ambienti della diocesi, infatti, possiamo ricordare, per esempio, che i procuratori dei monasteri Santa Maria di Monte Carmelo (1768)28 e di Santa Maria Immacolata Concezione (1771)29 lo incaricarono di rinnovare gli ambienti della clausura. L'intervento nella Badia non costituisce quindi un episodio isolato ma rappresenta "l'apice professionale" di Dumontier che si accompagna anche alla ricostruzione della cupola della Cattedrale (1771)30. In questo contesto si pone il siracusano Luciano Ali (1736-1820) experto murifabro e principale "esecu¬tore" dei progetti e dei cantieri diretti dall'ingegnere francese. Ali apparteneva ad una nota famiglia di capimastri, già attiva dopo il terremoto del 169331; appena ventenne, si era formato nei cantieri delle chiese del Carmine (1755)32, dello Spirito Santo (1758)33 e di San Giuseppe (1759)34, specializzandosi nelle tecniche dello stucco e dell'intaglio. Il rapporto di lavoro con Dumontier durò undici anni (1762¬1773) e si concluse, come vedremo, in occasione del "rifacimento" della facciata della chiesa di Santa Lucia. Nel 1764, grazie all'appoggio dell'ingegnere, Ali fu incaricato dal nipote del vescovo, Giuseppe Antonio Requesens principe di Pantelleria, di dirigere i lavori per la nuova chiesa Madre di San Paolo Solarino35. Luciano Ali, da semplice intagliatore, si impose presto come abile tecnico nella progettazione e nella gestione del cantiere36. Nel 1779 Guglielmo Maria Beneventano (f1799), che ebbe modo di co¬noscerlo nel cantiere del suo precedente palazzo, diretto da Dumontier, gli affidò la realizzazione della nuova residenza in piazza Duomo, da edificarsi sul sito occupato dalla Commenda dei Cavalieri di Malta37, da quasi trent'anni in stato di ro- vina38. In seguito Ali riuscì ad acquisire una piena autonomia e ad affermarsi professionalmente: dopo essere stato nominato dal Senato «Capo mastro delle regie fabbriche» della città di Siracusa (1781)39, fu impegnato nel cantiere per il restauro della chiesa dei Gesuiti voluto dal vescovo Alagona e diretto dall'architetto Giuseppe Bartolomasi (1782), e venne incaricato dai Bonanno40 e dai Francica-Nava41 per curare i progetti delle loro residenze di campagna. Come già accennato, Dumontier era all'apice della sua carriera quando nel 1771 predispose il capitolato per i lavori da eseguire nella chiesa del Regio Monastero di Santa Lucia, consegnato al procuratore e alla madre badessa; Il prestigioso incarico (unitamente a quello del palazzo vescovile) lo consacrò «Praecipuo Architecturae Militaris Professore»42. Il progetto prevedeva anche la realizzazione del «nuovo belvedere nella facciata sopra la chiesa del medesimo [monastero], questo giusto la forma del disegno a tale effetto fatto, e formato dall'ingegniero D. Luiggi Dummontier»43, in modo che le monache di clausura potessero assistere alle cerimonie che si svolgevano nella piazza44. Era stato approntato anche un modello ligneo in scala della facciata, che fu spedito a Palermo presso il Tribunale della Regia Gran Corte Civile. Il modello (perduto) era stato eseguito dagli intagliatori Giuseppe Bufardeci e Croce Gagliardi con la collaborazione dell'ingegnere Nicola Sapia45.
I lavori per la facciata iniziarono nell'estate del 1771. Tuttavia, nel corso del cantiere sorsero liti con Giuseppe Maria Borgia e Salonia barone del Casale a causa dello spazio occupato dai ponteggi, in quel momento, infatti, erano in atto anche i lavori per il rifacimento del suo palazzo prospiciente la strada a destra della chiesa.
Il primo luglio fu stipulato l'atto di obbligazione tra il procuratore del monastero, Agostino Macca, e i muratori Gaetano Bonaiuto, Francesco La Rocca e Gaetano Alì, quest'ultimo già impegnato nel cantiere del monastero di Santa Maria diretto dallo stesso Dumontier46. I maestri si impegnavano, sotto la direzione dell'ingegnere francese, a rimuovere parte del vecchio tetto della chiesa e a realizzare «tutta la fabbrica tanto della facciata, che le due ale di d.o belvedere à tenore del disegno»47. L'incarico per assemblare la carpenteria del tetto e per il montaggio delle «grade a punta di diamante»48 alle aperture fu affida¬to ai mastri falegnami Andrea Mauceri e ai fratelli Ignazio e Agatino Santuccio. Il cantiere proseguì senza impedimenti fino alla morte del vescovo Requesens avvenuta, come si è detto, il 28 agosto 177249. La scomparsa del vescovo mecenate fu un grave colpo per Dumontier, poiché vennero a mancare quelle solide garanzie che lo avevano sostenuto per quasi vent'anni. Infatti, la nomina del successore Giovanni Battista Alagona (31 ottobre 1773)50, già Inquisitore fiscale del Sant'Uffizio a Palermo, coincise con l'ascesa di Luciano Alì e l'uscita di scena di Dumontier, che probabilmente deve aver lasciato la Sicilia per la Piazzaforte di Longone sull'Isola d'Elba51 (possedimento borbonico fino al 1799); qui, infatti, è menzionato come «ingegnero delle R. Opere di Fortificazioni» responsabile, e probabilmente anche autore, del piano di trasformazione del centro fortificato che era stato precedentemente inviato, nel luglio del 1782, al segretario di Stato di Napoli John Francis Edward Acton52. Durante l'assedio francese a Longone (1799), Dumontier figurava tra i comandanti dell'esercito napoletano53, ma fu ucciso da un gruppo di rivoltosi54.
Dopo la morte del vescovo Requesens, gli interventi sulla facciata della chiesa di Santa Lucia erano stati solo in parte compiuti, ma subentrarono problemi per la gestione dei fondi. Il procuratore Macca e la badessa del monastero chiesero all'arcidiacono della cattedrale un finanziamento di 200 onze: «Eccellenza Rev.ma. La Rev. M.re Badessa e Proc.re Gen.le del Ven.le e Regio Mon.o di S.ta Lucia di questa Ill.ma Città di Siracusa e le monache tutte di esso Mon.o l'espongono, che desiderano per maggior decoro della Chiesa; E comecche nell'Arca del Mon.rio trovansi depositate onze 400: e non avendo l'Esp.ti pronto il danaro per poter perfezzionare sud.a facciata, perciò desiderano mutuarsi dalla sud.a Arca onze ducento coll'obligo di rimplazzarle alla rag.e di onze otto all'anno»55.
L'istanza fu accolta e dopo un mese il cantiere riprese. L'11 febbraio 1773, il procuratore stipulò l'obbligazione di due mesi con Luciano Alì - già impegnato nel cantiere della chiesa del monastero di San Francesco (1770-1771) - per completare le opere di fabbrica e d'intaglio56. Secondo il contratto, Alì doveva rimuovere tutto l'intaglio "vecchio" e attenersi alla «forma della detta pianta seu disegno [...] quale conservasi in potere della Rev. M.re Abbadessa»57, cioè il disegno elaborato da Dumontier. Tuttavia, come indica l''apoca datata 14 febbraio 1774, Alì fu pagato, «nel aver formato il disegno di essa facciata»58. Purtroppo la perdita sia dei disegni di Dumontier che di quelli di Luciano Alì non consente di precisare quali modifiche furono apportate da quest'ultimo al progetto dell'ingegnere francese. Qualche indicazione però si può trarre dal contratto del 1773 e dal confronto con quanto realizzato. Secondo gli accordi, la calce e il ferro per «serrare» i conci di pietra dovevano essere forniti dal procuratore del monastero, mentre Alì doveva provvedere al rifornimento dell'acqua per impastare la calce e per «bagnare la fabrica». Aveva inoltre l'obbligo di anticipare la somma di 3 onze a garanzia del corretto svolgimento dei lavori e di completare gratuitamente il nuovo tetto con «canalate» per lo smaltimento delle acque. Uno degli interventi più impegnativi - previsti nel progetto di Dumontier - era la sostituzione della cornice del primo ordine con una più aggettante per la "galleria" delle monache (originariamente in legno)59. Proprio questa cornice, dunque, delimita in modo chiaro "il confine" tra la precedente facciata e quella realizzata a fine del Settecento [fig. 5]. Nel secondo ordine, ai lati del finestrone centrale sormontato da un timpano, furono aggiunte due specchiature simmetriche «con loro brachettone e foglie travagliate»; sopra il finestrone, un'apertura funge da "presa d'aria" al sottotetto. Sul «finimento» del frontone era prevista «la croce con la corona», alla quale Alì aggiunse il simbolo del martirio di Lucia (colonna e palma) sul modello di quello esistente nel portale d'ingresso. Nel belvedere superiore, tozze lesene con mensole «che fanno capitelli» riprendono la scansione degli ordini inferiori. Nei campi laterali, due finestre con loro «brachettone» (oggi murate, ma allora protette da Cardona (1730-1820), membro della mastra nobile di Siracusa, e il sacerdote Sebastiano Vella incaricarono, il 6 maggio 1782, Benedetto Bonajuto di demolire le vecchie cappelle e di realizzare gli apparati in stucco62. Gli affreschi sul «quadrone grande nel tetto della chiesa», raffiguranti il miracolo di Santa Lucia furono affidati al senese Marcello Vieri63 La chiesa ristorata fu infine inaugurata alla presenza del Vescovo Alagona il 18 aprile 1784, come riporta sia l'annalista Giuseppe Maria Capodieci64, che l'iscrizione posta all'interno dell'aula65. grate) corrispondono alle specchiature dei registri sottostanti. Secondo il capitolato di Dumontier la parte terminale prevedeva solo le aperture centrali; quelle laterali - a imitazione di quelle del belvedere - furono realizzate da Alì probabilmente per rendere l'attico più leggero e per non farlo gravare sulle strutture sottostanti. La cornice sovrastante presenta cartocci e «foglie di lato a lato festonate», un gruppo di puttini seminascosti da nuvole e sorreggenti una croce in ferro conclude il coronamento [fig. 6].
Il cantiere si chiuse nel 1777 con la realizzazione, sul cornicione del primo ordine, del nuovo balcone, ossia la «galleria di legname con sue grade», realizzata da F. F. Gallo, Siracusa barocca. Politica e cultura dell'età spagnola (secoli XVI-XVII), Roma 2008, pp. 114-122.

note
M. R. Nobile, I volti della "sposa". Le facciate delle chiese Madri nella Sicilia del Settecento, Palermo 2000, pp. 19-31. Sulle vicende costruttive della Cattedrale tra Cinquecento e Settecento si veda anche: Id., Il tempo grande costruttore, in «Casabella», 727, 2006, pp.83-88.
Il documento è citato in G. Agnello, Un architetto ignorato del sec. XVII: Luciano Caracciolo, in «Archivi», a. V, 1, 1938, pp. 1-7, 2. L'appalto fu aggiu¬dicato dal capomastro Antonino Puzzo e i lavori vennero completati verso la fine del 1703.
Come si legge nel capitolato di appalto: Ivi, pp. 1-7.
La sede vescovile è stata tradizionalmente attribuita, in assenza di evidenze documentarie, ad Andrea Vermexio. Tuttavia i dati a nostra disposizione sembrano invece suggerire che i Vermexio abbiano avuto un semplice ruolo esecutivo o di direzione dei lavori: M. R. Nobile, I palazzi del potere nella prima metà del Seicento a Siracusa, in Architetture e territorio nell'Italia meridionale tra XVI e XX secolo. Scritti in onore di Giancarlo Alisio, a cura di M. R. Pessolano, A. Buccaro, Napoli 2004, pp. 125-133. Si veda anche la voce Vermexio, di F. Scaduto, in Enciclopedia della Sicilia, a cura di C. Napoleone, Parma 2006.
Il progetto finale è attribuito alla scuola di Giacomo Amato, forse Giuseppe Mariani?: M.R. Nobile, Il tempo..., cit., p. 87.
Archivio di Stato di Siracusa (ASSr), Senato, Atti, vol. 51, 20 aprile 1757, cc. 227-233v; IVI., vol. 52, 3 agosto 1763, cc. 113r-116r.
ASSr, Fondo Notai Defunti, not. Sebastiano Innorta, vol. 12241, 8 gennaio 1763, cc. 707r-709r.
Per una scheda biografica del vescovo, si veda: O. Garanà, I Vescovi di Siracusa, Siracusa 1969, pp. 192-196.
M. R. Nobile, I palazzi del potere., cit., p. 126.
Nel 1780, il vescovo fondò la biblioteca Alagoniana di Siracusa riunendo parte del patrimonio librario del suo predecessore. Per la storia della biblioteca: G. Agnello, La biblioteca Alagoniana nella vita intellettuale del Settecento a Siracusa, in «Archivio storico siracusano», II, 1956, pp. 127-145.
S. L. Agnello, Architetti ignorati del Settecento a Siracusa: I. Del Pozzo, L. A. Dumontier, G. Olivares, P. Sbarbi, A. Blanco, N. Sapia, in «Archivio Storico della Sicilia Orientale», a. IV, f. II-III, 1952, pp. 1-14.
G. Agnello, Luigi Alessandro Dumontier architetto militare del sec. XVIII, in «Archivi», a. XXV, 4, 1958, pp. 343-360.
Così Luigi Vanvitelli, nipote dell'omonimo architetto, scriveva nella sua biografia: «Richiesto dette ancora il suo avviso sul nuovo metodo per costruir un ponte levatoio progettato dall'ingegnere militare Dumontiers per mettersi alle quattro porte della piazza di Siracusa, la di cui invenzione per altro era da gran tempo conosciuta in Francia ed in Germania». L. Vanvitelli, Vita dell'architetto Luigi Vanvitelli, Napoli 1823, pp. 42-43.
G. Agnello, Capolavori ignorati del Vanvitelli e del Valle nella Cattedrale di Siracusa, in «Per l'Arte Sacra», IV, 1927, pp. 3-5; Id., Un capolavoro: il Ciborio di Luigi Vanvitelli nella Cappella del SS. Sacramento nella Cattedrale di Siracusa, in «Vita nostra», IV, 1939, p. 2; Id., Due cibori di Luigi Vanvitelli, in «Arte cristiana», LX, 3, Milano 1967, pp. 71-74.
L'omonimo nipote (1800-1879) fu capitano del Genio: ASSr, Fondo Notai Defunti, not. Alfonso Zivillica, IV vers., vol. 469, 5 febbraio 1880.
ASSr, Fondo Notai Defunti, not. Sebastiano Innorta, vol. 12243, 25 dicembre 1764, cc. 401r-403v. La sorella Teresa era sposata con Agostino Ducci capitano del reggimento reale a Palermo.
Dall'unione tra Dumontier e Raimonda Cortada nacque Rosa Maria, che nel 1793 sposò Vincenzo Cimaglia, originario di Foggia, tenente colonnello degli eserciti e capitano di Fregata della piazzaforte di Longone (isola d'Elba): Archivio di Stato di Napoli (ASN), fondo archivio Gaetani dell'Aquila di Aragona, 7/IX a 2.
Al momento della morte, Antonio Cortada era governatore della Piazzaforte di Augusta come risulta dal suo testamento: ASS, Fondo Notai Defunti, not. Rosario Zanti, vol. 1380, 25 novembre 1790, c. 84r-86v.
ASSr, Senato, Lettere, vol. 93, 22 maggio 1765, c. 39r
V. L. Castelli, Fasti di Sicilia descritti da Vincenzo Castelli principe di Torremuzza, 2 voll., Messina 1820, II, p. 132.
J. L. De Burigny, Storia generale di Sicilia, Palermo 1794, p. 15.
M. D'Ayala, Napoli militare, Napoli 1847, pp. 183-193.
Il progetto è custodito presso l'Archivio di Stato di Napoli con la dicitura: Plano del terreno, donde se deve colocar el Nuevo Ospital che se deve construir para la plaza de Siracusa. L. Dufour, Siracusa città e fortificazioni, Palermo 1987, tavola allegata. Oggi la caserma è sede della Struttura Didattica Speciale di Architettura dell'Università di Catania
C. Gaetani, Annali di Siracusa, (ms. del XVIII sec.), vol. 3, Biblioteca Alagoniana di Siracusa, c. 143.
G. M. Capodieci, Annali di Siracusa, (ms. del XVIII sec.) Biblioteca Alagoniana di Siracusa, vol. XII, c.263.
L'edificio, di proprietà del marchese Saverio Guttadauro, fu acquistato dal barone Guglielmo Beneventano: ASSr, Fondo Notai Defunti, not. Sebastiano Innorta, vol. 12242, 29 febbraio 1764, cc. 725r-728v. Cit. in G. Agnello, Luigi Alessandro Dumontier., cit., p. 354. Dumontier trasformò il palazzo (l'impaginato dei prospetti con nuove aperture) che fu in parte demolito nel 1909.
ASSr, Fondo Notai Defunti, not. Emanuele Romano, vol. 12947, 30 ottobre 1768, cc. 229r-231r.
Ivi, vol. 12949, 25 maggio 1771, cc.789r - 791v.
La vicenda è stata ampiamente documentata da L. Gazzè, Parlano gli archivi, in La Cattedrale di Siracusa. Cronache di un restauro/presbiterio, a cura di M. Muti, Siracusa 2009, pp. 25-53.
E. Fidone, Gli Alì, una dinastia artigiana tra Settecento e Ottocento, in Dal tardobarocco ai neostili. Il quadro europeo e le esperienze siciliane, a cura di G. Pagnano, Messina 1997, pp. 147-154.
S. L. Agnello, La rinascita edilizia a Siracusa dopo il terremoto del 1693, in «Archivio storico siciliano», s. III, V, 1953, p. 13.
Ivi, not. Sebastiano Innorta, vol. 12234, 23 aprile 1758, c. 587r.
Ivi, not. Francesco Di Giovanni, vol. 12477, 16 luglio 1759, c. 737r.
Ivi, not. Sebastiano Innorta, vol. 12242, 9 marzo 1764, c. 741r. Cit. in E. Fidone, G. Susan, Nuove acquisizioni filologiche su Luciano Alì (1736-1820), in Il Barocco in Sicilia tra conoscenza e conservazione, a cura di L. Trigilia, Palermo 1987, p. 83.
Ivi, pp. 55-98.
ASSr, Fondo Notai Defunti, not. Sebastiano Innorta, vol. 12260, 6 gennaio 1779, cc. 425r - 426v. Cit. in G. Agnello, I cavalieri di Malta a Siracusa. L'ex palazzo Borgia e l'opera di ignorati artisti del sec. XVIII, in «Per l'Arte Sacra», marzo-aprile 1936, pp. 11-25.
Così il capo mastro Ignazio Calvo Reggio descriveva l'edificio nel 1751: «Sud.o ten.to di case stà per precipitarsi dell'intutto per la mancanza dè travi seù bordoni ne tetti, per le canne che sostengono il copertizzo della facciata d'esso tenim.to di case tutto fracito, i tavolati buona parte cadenti per l'antichità delle tavole tutte tarlate et altri difetti». ASSr, Fondo Notai Defunti, not. Sebastiano Innorta, vol. 12225, 20 febbraio 1751, cc. 578r-583r.
ASSr, Senato, lettere, vol. 96, 20 aprile 1781, cc. 153v-154v. Ordine di Capo M.ro istituito in p.na di M.ro Luciano Alì.
ASSr, Fondo Notai Defunti, not. Domenico Del Serro, vol. 13085, 12 maggio 1781, cc. 531r-534v.
Ivi, not. Emanuele Romano, vol. 12966, 8 gennaio 1788, c. 421r.
La citazione è tratta dall'iscrizione collocata nella chiesa di San Giacomo: C. Gaetani, Annali di Siracusa, (ms. del XVIII sec.), vol. 3, Biblioteca Alagoniana di Siracusa, c. 143.
ASSr, Fondo Notai Defunti, not. Emanuele Romano, vol. 12949, 1 luglio 1771, cc. 897r-899r.
Per approfondimenti sul tema: S. Piazza, Cupole e facciate loggiate nella architettura chiesastica siciliana del Settecento, in «Espacio, Tiempo y Forma», s. VII, 11, 1998, pp. 217-234.
Del 19 settembre 1773 è l'apoca di 8 onze «tanto per attratto, seù materiale di legname, quanto per mercede per aver fatto, e formato un modello di legname della facciata della Chiesa di esso Mon.o [...] per aver fatto la cassa seu fodera di esso modello ove fu riposto, e rimesso in Palermo al Tribunale della Regia Gran Corte Civile». ASSr, Fondo Notai Defunti, not. Emanuele Romano, vol. 12952, 19 settembre 1773, c. 69r. Verso la metà del Settecento, l'uso del modello - come tecnica di rappresentazione - era una prassi diffusa e ampiamente divulgata; Dell'utilità e della dilettazione de' modelli pubblicata a Brescia nel 1765 da Girolamo Francesco Cristiani riassume, infatti, l'importanza del modello come strumento di verifica e di affi¬namento alla progettazione. Sul tema si rimanda anche a D. Sutera, Modelli e microarchitetture lignee, in Ecclesia Triumphans. Architetture del Barocco siciliano attraverso i disegni di progetto. XVII-XVIII secolo, a cura di M. R. Nobile, S. Rizzo, D. Sutera, catalogo della mostra (Caltanissetta, 10 dicembre 2009-10 gennaio 2010), Palermo 2009, pp. 161-166
ASSr, Fondo Notai Defunti, not. Emanuele Romano, vol. 12949, 25 maggio 1771, cc. 789r-791r.
Il tutto stimato per 58 onze e 23 tari, Ivi, 1 luglio 1771, cc. 897r-899r, il tutto stimato per 58 onze e 23 tari
Il lavoro fu stimato per 5.24 onze. Ivi, 23 luglio 1771, c. 931r.
O. Garanà, I Vescovi..., cit., p. 196.
Per un profilo biografico si veda: G. Cannarella, Profili di Siracusani illustri, Siracusa 1958, pp. 18-24.
Oggi Porto Azzurro.
La pianta del piano è custodita presso l'Archivio di Stato di Napoli; è stata pubblicata nel volume: Fonti cartografiche nell'Archivio di Stato di Napoli, Napoli 1987, tavola allegata.
M. D'Ayala, Le vite de' più celebri capitani e soldati napoletani dalla giornata di Bitonto fino a' di nostri, Napoli 1843, p. 497.
Gazzetta Universale, n. 41, 21 maggio 1799.
ASSr, Fondo Notai Defunti, not. Emanuele Romano, vol. 12951, 16 gennaio 1773, c. 409r.
Ivi, 11 febbraio 1773, c. 499r. Obligatio Pro Rev. Sac. Agustino Macca a Mag.ru Lucianu Alì. Ali aveva all'epoca 37 anni ed aveva raggiunto una piena maturità professionale; nel 1771 era stato incaricato da Giuseppe Maria Francica Nava e Montalto barone di Bondifè (f 1777) di realizzare lo scalone del suo palazzo in piazza Duomo. Ivi, vol. 12949, 14 maggio 1771, c. 759r-v. Obligatio pro Spl.e B.ne D. Josepho M.a Francica Nava et Montalto a Mag.ru Lucianu Ali.
Ivi, vol. 12951, 11 febbraio 1773, c. 499r.
Ivi, 14 febbraio 1774, c. 501r. Apoca Pro Rev. Sac. Austino Macca a Mag.ru Lucianu Alì.
L'operazione richiese uno scasso nella muratura, ma non pregiudicò la staticità della fabbrica. Le monache accedevano al balcone da una porta late¬rale del monastero.
Giuseppe Bufardeci era stato incaricato di «farci una galleria di legname con sue grade nella facciata della Chiesa di esso Monasterio con metterci solamente il materiale di chiodi, taccioni, e colla che vi saranno di bisogno per servizzo di detta galleria, ed il cennato Rev. di Vella debba metterci tutta quella legname e ferramenti, che vi vorranno per la facciata sudetta». ASSr, Fondo Notai Defunti, not. Emanuele Romano, vol. 12955, 13 agosto 1777, cc. 773r-v.
Nel frattempo, tra il 1775 e il 1778, la chiesa era stata visitata dal vescovo Alagona, Archivio della Curia di Siracusa (ACS), Alagona Visitatio Ecclesiarum 1774, visita 23 gennaio 1775, cc. 641r-v; Alagona Visitatio Ecclesiarum 1780, visita del 19-20 febbraio 1778, cc. 365r-367r. È stato riscontrato che l'anno di riferimento sul dorso dei volumi non corrisponde a quello dei documenti rilegati all'interno.
Benedetto Bonajuto doveva «farci tutto quel servizio attinente al nuovo stucco di d.a Chiesa con di porre l'ossature, che dovranno nascere di fabrica di rustica giusta la forma del disegno a tale effetto fatto e formato, e capitoli spettanti in d.o servizzo, e questo con tutto l'attratto seù materiale di calce, arena, intaglio ed ogn'altro bisognevole proprio d'esso Monasterio». ASSr, Fondo Notai Defunti, not. Emanuele Romano, vol. 12960, 6 maggio 1782, c. 471r. Obligatio Pro Ven.i Regio Mon.rio S.te Lucie a D. Benedictu Bonajuto. Tra il 1786 e il 1787, Bonajuto elaborò il disegno per il pavimento mar¬moreo della cappella del Sacramento e ottenne l'appalto per la costruzione della volta del coro della cattedrale di Siracusa su progetto dell'architetto Giuseppe Mazza. S. L. Agnello, Architetti, capimastri e scalpellini a Siracusa nei secoli XVII e XVIII, in «Archivi», s. II, a. XIX, 1-2, 1952, pp. 102-120.
ASSr, Fondo Notai Defunti, not. Emanuele Romano, vol. 12961, 31 ottobre 1782, cc. 203r-v. Obligatio Pro Rev. Sac. D. Sebastiano Vella a D. Marcellu Vieri.
«Il Vescovo Mons. Alagona e Giustiniani a 18 aprile giorno di Domenica in Albis consacra la ristorata chiesa del Monastero Cistercense di S. Lucia di questa città». G. M. Capodieci, Annali di Siracusa, (ms. del XVIII sec.), XIII, c.142.
SACRAM.^DEM.DIV^.LVCM;./JAM.PENE.COLLABESCENTEM./ANTISTITA.SORORE.XAVERIA.FRAMARINO./DECANA.SOROR.ANGELICA.SALONIA.SACR^Q.VIRGINES / QVO.ERANT.RELIGIONIS.STVDIO.QVA.PIETATE. / INSTAVRARVNT.REFECERVNT.EXORNARVUNT /A.JOANNE.BAPTISTA.ALAGONA.SYRACVSANO.PONTIFICE. /XV. CAL. MAJAS. AN. SAL. MDCCLXXXIV./ SOLEMNI.CVRARVNT.RITV.CON- SECRANDAM. / CVJUS.CONSECRATIONIS.DIEM.PR^SVL.IPSE.RECOLENDUM / PRIMO.QVOLIBET.DIE.DOMINICO.JVLII.QVOTANNIS /

tratto da Galleria Roma Siracusa- Storia della costruzione
La Chiesa e il convento cistercense dedicato a S. Lucia avevano un posto di rilievo nel culto cittadino, per la sua ubicazione nel cuore di Ortigia e soprattutto per la festa di S. Lucia di maggio, istituita a ricordo di un miracoloso intervento (ancora oggi celebrato la prima domenica di maggio) della Patrona durante la carestia del 1646, quando la Santa avrebbe condotto due navi cariche di cereali nel porto interrompendo la lunga fame dei Siracusani, quella "dira fames" che aveva fatto soffrire il popolo, come ricorda la lapide esistente nella chiesa al disotto del coro delle monache.
Le notizie sulla Chiesa e il convento non sono esattamente precisabili per carenza di documentazione: alcune fonti attribuiscono la costruzione della vecchia chiesa al 1427 per volere della regina Isabella, moglie di Ferdinando di Castiglia, sul luogo in cui fu brutalmente violentata la Santa; altre testimonianze affermano che la Chiesa già esisteva e che la regina la migliorò nel 1483.
Da un documento del 1695 si può apprendere la storia della ricostruzione della chiesa dopo il sisma del 1693.
La Chiesa, dapprima sede di un monastero di monache bernardine, fu distrutta e successivamente ricostruita per volere della Rev. Madre Badessa che richiese in un primo momento di poter costruire una baracca dentro lo stesso monastero con funzione di chiesa, ma essendo ciò contro le disposizioni dei sacri canoni, momentaneamente richiesero che la stessa fosse approntata anche in un altro luogo, pur di liberare la fabbrica per la ricostruzione.
Le monache vollero che la Chiesa risorgesse più ampia di prima ma che avesse un posto suo nella piazza che rappresentava il centro della vita civile della città. E per questo che fecero spostare l'ingresso della chiesa dalla attuale Via Picherali alla piazza, con i lati della suddetta chiesa uno verso ponente, scendendo verso la Fontana Aretusa, e l'altro verso levante, dentro la clausura del monastero, terminando con l'altare maggiore e la cappella verso mezzogiorno. È probabile, ma non si ha certezza, che la facciata del precedente edificio, posta nell'odierna Via Picherali, fosse bizantino-normanna con la disposizione ad oriente.
La ricostruzione della Chiesa fu eseguita a spese del monastero e delle offerte della popolazione e il materiale di risulta fu scaricato dietro le mura della città. L'appalto fu aggiudicato al capomaestro Antonino Puzzo. Scarse notizie si hanno sulla redazione del progetto, infatti non è sicuro che l'autore sia stato Luciano Caracciolo; i lavori per contratto avrebbero dovuto realizzarsi entro due anni ma si protrassero fino al 1703 e il Caracciolo non appare menzionato. La lunga e dettagliata relazione del 1704 fu redatta da Luigi Casanova, nominato esperto dalla Madre Badessa e dal Procuratore generale del Monastero.

Particolare della balconata


CHIESA DI SANTA LUCIA ALLA BADIA piazza Duomo
 





Descrizione della Chiesa
S. Lucia alla Badia sembra costruita in due stili diversi: la parte inferiore è alla maniera del Picherali, con bei rilievi degli stemmi spagnoli come era prima dell'ascesa al trono di Filippo V nel 1705, mentre la decorazione dell'ordine superiore è una specie di variante di rococò che ricorda i pannelli in legno così frequenti nelle sacrestie siciliane. Rilievi dello stesso stile ornano la facciata di Palazzo Borgia. Una forma diversa di quasi rococò si può vedere nei capitelli del tempietto ottagonale di S. Lucia al Sepolcro. Lo stile è del tutto insolito in Sicilia: l'unica analogia sembra offerta dai rilievi nei pennacchi dell'ex chiostro dell'Olivella, ora Museo Nazionale, a Palermo.
Portale con i simboli di S. Lucia


Facciata

La chiesa ha un alto prospetto (m. 25) composto da paraste ioniche, la cui trabeazione è costituita da una balconata chiusa da una elaborata ringhiera a petto d'oca. Il portale con frontone spezzato sorretto da colonne tortili con alto piedistallo è decorato da una cornice contenente raggi, su cui sono posti una colonna, una spada, una palma e una corona, simboli del martirio di S. Lucia. Ai lati, racchiusi entro cornici, stemmi dei reali di Spagna sormontati da corone. Sulla sommità una croce di ferro rimossa perché pericolante.


Interno
Ad unica e raccolta aula, è quello tipico delle chiese monastiche.
Nella volta un affresco fervido settecentesco con il "Trionfo di S. Lucia". Dietro l'altare maggiore vi è un "Martirio di S. Lucia", dipinto intensamente narrativo di Deodato Guinaccia (II metà del secolo XVI).


Gli stucchi furono eseguiti da Biagio Bianco di Licodia nel 1705, mentre le dorature sono del 1784 così come il restauro delle volte con gli affreschi riguardanti il miracolo del 1646.
Il paliotto d'argento fu eseguito dall'orafo messinese Francesco Tuccio nel 1726. Nella parte destra si può ammirare una tela di Giuseppe Reati (l64l) con il miracolo di S. Francesco di Paola. La cantoria, infine, posta sulla verticale del vestibolo, è chiusa sulla navata da un'alta gelosia lignea ad andamento curvilineo.


 

da:  TESSUTI E ARGENTI DEL MONASTERO DI S. LUCIA
a cura di Michele Romano
La Chiesa
L'antica fabbrica, prospiciente la piazza del Duomo, venne totalmente distrutta dal terremoto del 1693 e alcuni mesi dopo riedificata nello stesso sito.
Al capomastro siracusano Luciano Caracciolo fu affidato il compito di ridigere la perizia tecnica delle cose più disastrate e nel 1695 di ricostruire dalle fondamenta la chiesa di S. Lucia.
Il tempio e l'annesso monastero sorgeranno di fronte alla piazza del Duomo, su cui fu trasferito nella ricostruzione l'ingresso principale.
Il sisma vi aveva seminato la distruzione, al punto che nessun elemento della vecchia fabbrica venne utilizzato, si fa anzi obbligo specifico nel contratto di appalto "... di gittare a terra tutti li mura che si trovavano nel sito dove si deve fabbricare detta nuova chiesa sino al pavimento del solo della chiesa antica... "
Luciano Caracciolo firma i capitoli di appalto della costruzione dove appare in qualità di "capo maestro delle regie fabbriche della città" e quindi, probabile elaboratore del progetto. Il caput-magister entra nel ruolo dell'architetto civilis e l'artigianato partecipa alla ricostruzione della chiesa, dove al Caracciolo non vengono posti vincoli per le precedenti forme.
È del 1694-95 l'atto del notaio Pietro Spucces in cui dice: ",. .primieramente lo sito di detta nuova chiesa per essere stato l'antico stretto, cinto e non capace, si deve voltare; cioè la facciata della porta maggiore si deve situare nel prospetto del 'chiane' verso tramontana... "
. Il prospetto della chiesa, che si apriva nella stretta via della fontana Aretusa, viene trasportata nella piazza del Duomo, e la forma basilicale verrà del tutto modificata. L'altra facciata presenta due ordini sovrapposti e suddivisi da una grata metallica sorretta dalla trabeazione del primo ordine, richiesta dalla regola della clausura, e conclusa da un alto coronamento. La semplicità dello schema compositivo, con un ordine di lesene aggettanti, viene riscattata al centro dal portale d'ingresso le cui colonne tortili libere sono concluse da un frontone spezzato, che ospita i simboli figurati del mar- tirio della Santa. Nell'ordine superiore la nota di rilievo architettonico è il frontone triangolare, sotto il quale si apre una parte ricoperta da una elegante e funzionale grata. Il coronamento si conclude con un belvedere altissimo che si piega come leggera spiovenza accompagnato da una cornice fra- stagliata che ospita teste di putti e la croce conclusiva.
Ai lati del portale d'ingresso dominano due stemmi parietali che ricordano le Reali Case di Castiglia, di Leon, di Aragona, di Aragona di Sicilia e delle Due Sicilie, quasi a ricordare che ne sia stata la fondatrice la regina Isabella moglie di Ferdinando II di Castiglia, XXV Re di Sicilia, alla quale fu affidata la camera reginale con il regio Diploma del 9 luglio 1470.
Interno
La navata unica accoglie quattro altari laterali mentre la volta fu decorata nel 1783 con modanature a stucco e affreschi, di cui quello centrale, opera di Marcello Vieri da Pisa, narra il Miracolo di S. Lucia con la raffigurazione di un bastimento carico di frumento mentre ai lati quattro medaglioni rappresentano scene sacre. L'altare maggiore sormontato da una cupola ospitava una pala d'al- tare con il Martirio di S. Lucia (1579) opera di Deodato Guinaccia. L'arco trionfale, con stucchi, angeli e teloni separa la navata dall'abside, mentre sul portale d'ingresso domina una grata lignea che serviva alle monache per le celebrazioni eucaristiche. Uno degli altari ospita dal 1929, grazie all'arcivescovo Carabelli, la statua di S. Sebastiano, compatrono della città aretusea e venerato dalla Fratellanza dei portuali di Siracusa'.
Il Monastero
Dal XV secolo si documenta a Siracusa la presenza delle monache di S. Lucia che scelsero successivamente di ospitare il simulacro della Santa patrona per ricordare la fine di una lunga carestia festeggiando con il voto delle colombe o quaglie'. Oggi, del grande e antico monastero rimane ben poco, fu rimaneggiato dopo il disastroso terremoto del 1693 e sono ancora visibili alcune parti, la parete muraria a conci squadrati di via S. Lucia alla Badia, il cantonale ad angolo con via delle Vergini e all'interno un'ampia sala che comunica con un corridoio luogo d'ascolto e d'incontro delle monache con i familiari. A differenza della chiesa quest'area è completamente disadorna, con finestre in alto e sguanci profondi, un'idea di semplicità in un monastero di grandi proprietà artistiche.
Il parlatorio
Di forma ovale ospita una serie di colonne doriche che sorreggono una pseudocupola con lacunari che decrescono in profondità. Il riferimento classico,: la copertura con lacunari e l'intonaco bianco suggeriscono un gusto neoclassico di fine Settecento. Inoltre, negli intercolonni si alternavano, le grate per le monache, la ruota per i doni e le due entrate, una per la chiesa e l'altra per il monastero. ' La pavimentazione originaria dipinta a mano, segue l'andamento curvilineo della sala e rappresentava al centro un pellicano, simbolo di pietà e carità verso il prossimo'".
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