chiesa di San Giuseppe
chiesa di San Giuseppe
Siracusa, chiesa di San Giuseppe
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La chiesa di San Giuseppe si trova a Siracusa, al centro di piazza San Giuseppe ed è la sola in Ortigia a poter essere ammirata dai quattro lati.
Secondo gli storici, venne fatta edificare dalla confraternita dei maestri falegnami, sulle rovine della chiesa, di rito greco ortodosso di San Fantino, la quale, era a pianta rettangolare e mono navata con orientamento est-ovest, dov’era l’ingresso, come si rileva da una pianta realizzata tra 1694-95, immediatamente dopo il disastroso terremoto del 1693.
L’attuale edificio, di forma quadrangolare, in stile barocco siracusano, orientato in senso ovest-est, con ingresso ad est, al centro della omonima piazza, si erge su un podio rettangolare alto circa due metri dal piano stradale.
Della chiesa di San Fantino rimane traccia sotto il pavimento all’ingresso dell’attuale chiesa, il cui abside venne utilizzato come ipogeo funerario accessibile da una botola oggi chiusa.
I confrati falegnami, per edificare la nuova chiesa, utilizzarono il ricavato della vendita alla congregazione dei Cocchieri e Stallieri della chiesa di San Giuseppe il vecchio di vicolo Sant’Anna, e con il contributo del Marchese Torresena, Giuseppe Diamanti e il Decano Arezzo Barone della Targia, come ricordavano due iscrizioni poste all'interno della Chiesa, oggi non più esistenti.
I lavori vennero eseguiti tra il 1752 e il 1754 dal maestro capo mastro Carmelo Bonaiuto, detto il Carancino, forse anche autore del progetto, e completati tra 1772-73.
L’edificio, edificato, con molta probabilità con il materiale rimasto della chiesa di San Fantino, si eleva su due ordini sovrapposti realizzati in conci di calcare bianco.
Il primo ordine inferiore è caratterizzato dal portale, al quale si accede tramite 8 scaloni alti circa 20 centimetri, sagomati come la facciata, delimitato da elaborati stipiti e architrave sagomato al centro del quale svetta un cartiglio-stemma nobiliare e il timpano semicircolare, inglobato da quattro paraste con capitelli corinzi e in alto da un elaborato cornicione aggettante.
Il prospetto principale è racchiuso ai lati da angoli a semiarco rientrato con al centro una nicchia uguale a quelle delle altre due sul davanti e in basso, una finestrella presa d’aria per l’ipogeo funerario, oggi tamponata.
Tra le due paraste, una splendida nicchia per lato, poggiante su una cornice aggettante arricchita da bassorilievi a volute e fiorame.
Il secondo ordine, di analoga forma architettonica del primo con al centro, tra due nicchie, un finestrone con semplici stipiti e arco a tutto sesto e, negli angoli a semiarco rientrato, una finestra più piccola.
Nelle facciate laterali, nell’ordine inferiore gli stessi elementi architettonici della facciata principale, con a destra, un semplice portale laterale squadrato e una piccola finestrella.
Sulla facciata posteriore semplicemente liscia svetta la grande vela a torrione campanario arricchita da tre archi a tutto sesto con due campane tra bassorilievi a volute e fogliame e pinnacoli squadrati ai lati e sulla cornice di chiusura la guglia con due cornici a forma di esse e spirali sormontata da un basamento squadrato con croce sopra.
L'interno, a pianta ottagonale ed unica navata e cupola a padiglione con volta in canne e gesso, è contornata da paraste con capitelli a fiorame ed eleganti cornici a stucco, con all’interno altari e nicchie contenenti dipinti e statue di Santi.
All’ingresso, una botola con scala, immetteva in una stanza ipogeo funerario con volta semicircolare quasi certamente rimasto dalla precedente chiesa di San Fantino.
In alto, sopra ogni porta di accesso, un antico organo a canne sopra i quali, in tutto il perimetro, un elaborato cornicione aggettante e la cantoria con balaustra in gesso decorate con rilievi dorati.
Al centro del presbiterio, di forma semicircolare, delimitato da un arco a tutto sesto poggiante su paraste con capitelli corinzi, l’altare maggiore sulla quale, campeggia la settecentesca statua di San Giuseppe con bambino, commissionata a Napoli dal Barone Arezzo della Targia, e la tela d’altare con la sacra famiglia, opera di ignoto.
Nonostante i notevoli furti e manomissioni la chiesa di recente restaurata conserva nelle nicchie e sull’altare maggiore preziosi dipinti, tra i quali, la riproduzione del Seppellimento di S. Lucia del Caravaggio, opera del pittore Mario Minniti, o forse, secondo Michele Romano, opera di Raffaele Politi, e vari quadri di autori ignoti.
Per la storia: Nel 1867, la chiesa con la legge di soppressione degli ordini religiosi, rischiò di essere demolita per consentire l'ampliamento della piazza.
Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento fu oggetto di lavori di restauro e, durante la Prima Guerra Mondiale, fu requisita dalle autorità e adibita ad alloggio per le truppe.
Nel 1922, riconosciuta come bene di interesse artistico e monumentale, la Soprintendenza ai Monumenti, si adoperò per eseguire lavori di restauro e riparazione dei danni subiti dall'edificio e consentire la riapertura al culto.
I lavori, in parte finanziati con il contributo della Congregazione dei Falegnami, proseguirono fino alla fine degli anni Trenta. L’edificio fu danneggiato dai bombardamenti del 1943 e i lavori di restauro e consolidamento furono eseguiti nel dopo guerra.