terrazza superiore
la terrazza del Temenite tratto da:
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Oggi il teatro è dominato da una vasta terrazza di forma all'incirca triangolare, ottenuta tagliando il pendio del colle, che originariamente era unitario, mediante due pareti di roccia ortogonali tra loro, l'una a nord e l'altra a ovest. Il lato a valle è chiuso dalle strutture del teatro, che, come si è già detto, nella loro parte più alta, non sono più tagliate nella roccia ma costruite sopra un adeguato imbonimento di terra. Restano emergenti solo tre grossi ed evidenti spuntoni di roccia, uno, a est, dove è la c.d. "casa dei mugnai", uno sull'asse del teatro, il terzo presso il margine sud- ovest della terrazza. Nella situazione originaria tra i tre spuntoni il pendio doveva formare come due av¬vallamenti lungo i quali dobbiamo immaginare confluissero le acque sorgive provenienti dalla zona più alta e le stesse acque piovane.
La terrazza è dunque contemporanea alla costruzione della parte più alta del teatro ed appartiene appunto al monumentale rinnovamento di esso promosso dal re di Siracusa Gerone II (269-215/214 a.C.; ma l'epoca del teatro va ristretta tra il 238 e il 215/214 a.C.). È probabile che già allora (fatto inusitato e nuovo) fosse prevista una galleria a coronamento del teatro e pertanto la terrazza, diversamente da come appare ora, si presentava come un ampio ambiente chiuso, al quale si accedeva dal basso o attraverso degli appositi passaggi nella galleria o dalla strada periferica che il nostro visitatore ha appena percorso. Collocata tra il teatro e il sovrastante santuario di Demètra e Kore, di cui parleremo appresso, la sua funzione era duplice: dare in caso di pioggia un ulteriore riparo agli spettatori entro due lunghi edifici costruiti a ridosso delle pareti rocciose e costituire una grande e monumentale piazza di accesso al santuario stesso.
Va però tenuto presente che i due edifici, pur previsti nell'originario progetto geroniano, saranno costruiti solo molto più tardi, in età imperiale romana. Essi con ogni probabilità non erano dei portici colonnati e quindi aperti ma degli ambienti chiusi, almeno in buona parte, salvo dei larghi accessi pilastrati; certo erano anche illuminati da finestre. Visibile dall'esterno doveva essere anche la parte centrale della parete nord, in corrispondenza del grande ninfeo. Anche in corrispondenza dell'inizio della via, che si vede profondamente tagliata nella roccia presso l'angolo nord-ovest della terrazza, ed in corrispondenza dell'ambiente situato in quello stesso angolo (ambiente net¬tamente distinto dal resto per la diversa fattura del pavimento e per altri particolari), il volume uniforme dei due lunghi edifici a nord e ad ovest della terrazza doveva subire una interruzione e assumere un aspetto più vario e monumentale.
Il pavimento dei due edifici lunghi era semplicemente in terra battuta; le pareti di fondo erano le stesse pareti naturali risultanti dal taglio del pendio roccioso. Questi edifici, come diremo appresso, parlando dei riti propri del santuario sovrastante, dovevano anche assolvere funzioni proprie di quei riti.
In epoca moderna si installò sulla terrazza un mulino subito ad est del ninfeo; inoltre a ridosso della grotta che si vede nella parete ovest sorse una chiesetta.
detta appunto S. Maria della Grotta. E l'uno e l'altra furono demoliti ai tempi nostri; ma i guasti arrecati dal mulino sono tuttora ben visibili. All'opera di mugnai e contadini sono dovute le canalizzazioni che solcano qua e là il piano della terrazza; alcune, ad est, sono recentissime, fatte per smaltire l'acqua del ninfeo o per approvvigionare d'acqua la città. Antico invece è il condotto che, partendo dal ninfeo, corre ingrottato lungo la parete nord in direzione ovest e lungo la parete ovest in direzione sud; ad ovest, nel tratto oltre la strada, il condotto è sotterraneo ai piedi della parete fino a sboccare al suo termine sud sopra la balza sottostante. Un altro acquedotto, pure ingrottato, a metà parete, parte dal ninfeo in direzione opposta al precedente; è di epoca molto tarda, comunque posteriore a tutte le opere della terrazza che esso attraversa.
Al limite sud-ovest della terrazza, al di là di una ringhiera di protezione, si possono distintamente vedere lungo la china dirupata le fondazioni robuste di due lunghi muri, che sono esattamente in allineamento una con la parete rocciosa ovest della terrazza e l'altra con una lunga fascia pure rocciosa, antistante e parallela alla parete, fascia che certo segnava la fronte dell'edificio corrispondente. Non c'è dubbio che i due muri lungo la china erano fatti per sostenere una grande terrazza artificiale protesa a sud a reggere l'ala oc-cidentale del teatro nelle sue massime dimensioni e quindi a sostenere l'ultimo tratto della sua galleria. In qualche modo qui la galleria doveva collegarsi con l'edificio ovest della terrazza.
Un terzo muro, che oggi si vede in parte ricostruito parallelo ad ovest dei due precedenti, doveva anch'esso reggere una seconda terrazza artificiale ad un livello più basso dell'altra. Questo muro, proprio sotto la balza, piega ad angolo poco più che retto verso ovest; qui una scala doveva permettere di salire dall'esterno al colmo del teatro, come è consueto nei grandi teatri d'età imperiale (per es. ad Orange). Questa scala tuttavia non fu mai realizzata; pertanto il restauro vistoso di quel terzo muro è un discutibile intervento operato recenti niente.
Le pareti nord ed ovest della terrazza sono interamente coperte da nicchiette più o meno quadrangolari, la maggior parte tagliate nel vivo della roccia, altre, per esempio all'angolo nord-ovest, ricavate in una spessa parete di cocciopisto stesa per regolarizzare in quel sito una evidente incurvatura del taglio. Queste nicchiette erano destinate a contenere quadretti in pietra o terracotta o ad essere dipinte con immagini religiose. Il fatto non è esclusivo di questo posto ma è diffuso in tutta Siracusa e nella Sicilia stessa; alcune ili queste tavolette (pero non provenienti dal teatro) si possono vedere al museo archeologico della città.
Invece tutte le camere che si vedono scas ate nelle pareti nord e ovest della terrazza (e altre ancora si vedono sulla balza che sta dietro la "casa dei mugnai" e finisce sopra la latomia del Paradiso), sono tutte tombe di famiglia, ricavate ovviamente quando il teatro aveva cessato le sue funzioni profane (o, più esattamente, pagane), comunque nel V secolo d.C. Esse ora si presentano spoglie e dirute; ma, per una esatta valutazione dell'ambiente antico, va tenuto presente che in origine erano regolarmente architettate secondo forme canoniche, rivestite di intonaco o anche di lastre marmoree, spesso dipinte e ornate di figurazioni varie.
Un'ultima riflessione merita la scala monumentale che sta all'estremità est dell'edificio settentrionale. Oggi la scala manca di tutta una parte iniziale (vi supplisce un manufatto recente) e presenta qua e là larghe manomissioni, alcune forse già antiche e riparate con conci in opera. Comprendeva almeno 40 gradini ed era larga m. 4.40; due pareti la limitavano a est e ad ovest, parte in roccia appositamente acconciata e parte in muratura. Si tratta di un'opera piuttosto tarda, certo posteriore al contiguo edificio della terrazza. Ciò però non esclude che egualmente in quel sito un qualche passaggio non fosse stato previsto per salire da quella parte alla zona sovrastante. La scala infatti doveva servire per accedere al ricordato santuario di Demètra e Kore ma, data la sua ubicazione, anche ad altri luoghi sacri e non sacri ubicati in cima.al colle Temenite e sulla immediata frangia dell'Epipole.