concerie - Monumenti Greci

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Monumenti greci
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concerie

Le concerie, nella parlata siracusana, "a cunzaria", in epoca medievale, vennero utilizzate per la «concia dei cuoiami» e in tutto il quartiere circostante il lavoro era assicurato con le attività artigianali collegate.

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concerie la cui testimoninaza storica è spesso data in maniera superficiale e peraltro in discorsi aventi altri scopi descrittivi. Le prime notizie che danno un certo affidamento risalgono al Fazello (Tommaso Fazello: «De Rebus siculis», 1558) che tuttavia ne parla in maniera sfumata a proposito della descrizione della fonte Aretusa. Gli storici siracusani, il Privitera in primo luogo, aggiungono alle informazioni del Fazello alcune note, di tipo ridotto e di valore secondario, su notizie del proprio tempo. Si sa da essi che le concerie ebbero una particolare utilizzazione per la «concia dei cuoiami»; sembra inoltre, da certe descrizioni, che l'intero quartiere ruotante intorno all'Aretusa avesse questa singolare vocazione artigianale. Se tale uso è rilevabile dal Cinquecento in poi, altrettanto non può affermarsi per l'origine delle vasche e quindi per la data di intaglio di queste cavità artificiali. Senza volerle considerare parte di quell'enorme bacino idrico di cui danno notizia gli storici (deve infatti pensarsi che quest'ultimo fosse costituito esclusivamente dall'Aretusa), può senz'altro affermarsi che la loro origine è di epoca classica. Lo stesso taglio della pietra, molto simile tecnicamente a quello delle latomie ne è prova inconfutabile (pareti ad imbuto rovescio con forte rastremazione alla base). Era nota in epoca greca la presenza delle enormi risorse idriche del territorio ibleo e le sorgenti naturali di Ortygia ne erano lo sfogo evidente; tali scaturigini ebbero l'importante funzione di consigliare la scelta del sito urbano ai primi colonizzatori. Gli abitanti dell'isola per raggiungere le bocche della falda freatica non avrebbero dovuto fare altro che seguire le vene idriche e così fecero creando enormi vasche sotterranee scavando nella tenera roccia. Il rilievo di Cristoforo Cavallari (F. Saverio Cavallari e Cristoforo Cavallari, op. cit.). Il primo rilievo delle concerie della zona della fonte Aretusa fu eseguito nel 1880-81 da Cristoforo Cavallari il quale ne segnala tre: due nella striscia compresa tra il Lungomare Alfeo e la Via Maniace, una sotto le abitazioni ad est dell'Aretusa. La descrizione che ne da è la seguente: «Sotterranei incavati nella roccia nei quali si osservano i canali come quelli della fonte Aretusa, e da dove similmente sgorgano copiose acque». Tali «ricettacoli sotterranei... sono comunemente chiamati Concerie». A proposito della descrizione dell'Aretusa egli aggiunge altre notizie: «Il fondo dell'emiciclo e dei canali è formato di roccia con una superficie alquanto irregolare: il piano del primo è più depresso dal livello medio del mare di circa m. 0,40, mentre quello dei canali varia dai m. 0,10 ai m. 0,15. Nel bacino sotterraneo, prossimo alla fonte Aretusa, nel lato orientale, oltre il canale naturale per cui riceve le acque dell'Aretusa, ne esistono altri tre; uno di questi funziona come emissario naturale, per smaltire le acque a mare e negli altri intagliati nella roccia, in cui si internano non più di m. 2, vi sgorga l'acqua. Nell'altro bacino sotterraneo, presso il vicolo a mezzogiorno della fonte Aretusa, si incontrano altri quattro canali profondi poco più di un metro, dei quali tre intagliati nella roccia a sezione rettangolare in cui sorge l'acqua ed il quarto naturale che funziona come canale di scolo. Nel terzo bacino prossimo al precedente, il cui accesso è nel medesimo vicolo, vi sono due canali artificiali: in uno sgorga l'acqua e nell'altro si smaltisce. Tutti i canali artificiali sopra descritti sono in diretta comunicazione con i meati naturali sotterranei, i di cui orifizi hanno un'altezza che varia dai 18 ai 26 centimetri». Il rilievo del Mauceri (Luigi Mauceri: «La fonte Aretusa nella leggenda, nella storia e nell'idrologia», Torino 1939). Anche il rilievo del Mauceri si presenta subordinato a quello della fonte Aretusa. In particolare egli aggiunge: «Dette concerie, che in numero di tre erano in prossimità dell'Aretusa, venivano alimentate dalla stessa falda acquifera, e perciò nella intermittenza del 1870 rimasero prive di acqua. Queste concerie, sino a pochi anni fa addette a lavatoi, furono costituite da grandi escavazioni a parete verticale praticate nella roccia per raggiungere le vene idriche esistenti nei calcari nella zona circostante alla fonte. In origine (quale origine? n. d. a.) furono destinate all'industria della concia dei cuoiami, che era molto sviluppata a Siracusa nel Cinquecento e nel Seicento, e poi decadde. Una di queste concerie stava a levante dell'Aretusa e due si trovavano a mezzogiorno con accesso dalla Via Alfeo; l'acqua vi penetrava da piccoli meati naturali, in qualche punto allargati con brevi cunicoli, e poi si scaricava in mare mediante altri cunicoli». La scoperta. Con una certa fortuna e con l'aiuto determinante delle indicazioni del Cavallari sono riuscito a trovare le tre concerie su menzionate; esse sono così rilevabili: 1) - Lungomare Alfeo, numero civico 6, particellata catastale C. U. 2205, proprietà Cannizzo; 2) - Lungomare Alfeo, numero civico 11/A, particella catastale C. U. 2209, proprietà Bongiovanni; 3) - Largo Aretusa, numero civico 5, particella catastale C. U. 2062/2063, proprietà la stessa del negozio di souvenir soprastante. Le tre concerie sono attualmente in disuso e due di esse, dopo avere sperimentato varie funzioni, sono state murate. La unica rimasta quasi intatta è la conceria Cannizzo. La conceria Bongiovanni è pure visibile, infatti si può arrivare alla sorgente da una piccola scaletta; un recente intervento l'ha deturpata con l'inserimento di un solaio in cemento armato. La Conceria Cannizzo - Bellomia È una copiosa sorgente d'acqua con più vasche, alcune di recente costruzione, e più scaturigini. Prima dell'abbandono dopo essere divenuta lavatoio pubblico, era servita all'allevamento delle anguille e alla macerazione dei lupini. Consiste in uno scavo abbastanza ampio, praticato nella viva roccia con lo scopo di raggiungere la bocca della sorgente. Dopo un taglio nettamente verticale, nella parte sottostante, va a rastremare e ciò per ottenere una maggiore superfìcie utilizzabile. Sopra, all'altezza del piano di Via Maniace (con cui l'ambiente non comunica per via di un muro di tamponamento), sono evidenti i segni dell'appoggio di una copertura. I cunicoli del lato nord furono sicuramente praticati per ricercare i piccoli meati naturali. Le bocche di maggiore portata sono quella dell'angolo di nord-est e quella situata a metà della parete nord. Nelle vicinanze della parete sud sembra invece esservi un canale di risucchio. II flusso dell'acqua viene convogliato in un unico canale che corre verso il mare. La prima metà della vasca è coperta da una volta a conci squadrati di arenaria gialla (sembra essere opera di fine Settecento unitamente all'abitazione che sorregge). Alcuni rinforzi strutturali, per la verità poco felici, vi furono praticati nel 1968 a seguito del crollo della parete dell'alloggio del lato nord. Elemento negativo è il fatto che nelle acque sorgive vi si scarichi attualmente l'impianto di un w. c.; le abitazioni che si affacciano nella conceria hanno inoltre fatto della vasca grande un ricettacolo di rifiuti. Un particolare curioso è sulla parete sud. nella parte alta: un rilievo raffigurante la Madonna. Il luogo è altamente suggestivo e merita di essere riutilizzato per un uso ad esso congeniale. La Conceria Bongiovanni Consiste in uno scavo di quattro metri praticato nella viva roccia miocenica. Le dimensioni della vasca sono di m. 3,90 per m. 6,25. L'altezza dell'ambiente coperto da una volta a botte risolta con conci squadrati di arenaria, è di circa 8 m. Al fondo della vasca si perviene attraverso una scaletta poggiata alle pareti ovest e sud. La parete est è quella in cui è ricavato il cunicolo che attinge alla vena idrica. La stessa parete presenta nella parte alta una tamponatura e tracce di un arco a tutto sesto. Anche le pareti di questa vasca, nella parte inferiore, vanno a rastremare. L'ultimo uso che si ricordi è quello di lavatoio pubblico. Più di dieci anni fa la vasca fu coperta da un solaio in cemento armato collocato all'altezza di quattro metri circa; il passaggio per scendere alla sorgente fu lasciato sulla parete sud. Attualmente la conceria è piena di macerie che non consentono una chiara lettura della vasca. Anche qui vi è uno scarico fognante che dovrebbe essere eliminato. All'esterno l'ingresso della conceria è qualificato da un robusto portale settecentesco in parte sottostante al livello di Via Alfeo. La Conceria dell'Aretusa Secondo le notizie storiche e quelle attinte nel quartiere si è potuto capire che questa conceria è ubicata sotto il negozio di souvenir del Largo Aretusa. Essa non è comunque visibile e ciò perchè un solaio in cemento armato ha completamente chiuso la vasca. L'ingresso alla conceria doveva essere al n. 5 del Largo Aretusa ove è attualmente una vetrina di esposizione. La sorgente pare fosse in prossimità della parete est; le acque sorgive dovevano scaricarsi nell'Aretusa. La considerazione prima che è venuta fuori dallo studio di questi singolari «monumenti» di Ortygia è basata sul rincrescimento dovuto al constatare il penoso stato di abbandono e gli interventi deturpanti cui sono state sottoposte nell'ultimo ventennio le concerie.
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