medaglie d'oro siracusa
Tratto da: I SIRACUSANI ANNO III N.11 GENNAIO FEBBRAIO 1998
medaglie d'oro siracusani documentazione pdf
L'esercito italiano nasce ufficialmente nel 1861 dalla riunione in un unico organismo della Armata Sardo Piemontese, dei piccoli eser¬citi dei vari stati, che erano stati annessi al Piemonte, del disciolto esercito del Regno delle Due Sicilie e del Corpo Volontari Garibaldini; operazione quest'ultima che si rivelò estremamente complessa, difficile ed anche dolorosa. L'Armata Sardo Piemontese aveva combattuto da sola la Prima Guerra d'Indipendenza (1848-1849), conclusasi con la funesta giornata di Novara.
Ma anche le sconfitte, quando sono giustamente interpretate, possono fornire dei salutari ammaestramenti. In questo caso non v'era dubbio che il Piemonte da solo non avrebbe mai potuto battere l'ancora vigoroso Impero Austro-Ungarico.
Era indispensabile cercarsi degli Alleati. Il Cavour "trovò" la Francia che combatté, al fianco del Piemonte, la Seconda Guerra d'Indipendenza (1859) conclusasi felicemente con la gloriosa giornata di Solferino e San Martino.
Da quel momento cominciano le annessioni al Piemonte dei vari stati italiani che si concludono, al termine delle imprese garibaldine, con l'annessione del Regno delle Due Sicilie. L'Italia era ormai quasi fatta: mancavano ancora Roma e le tre Venezie (Veneto, Trentino e Venezia Giulia). Ma erano fatti gli italiani? Sicuramente no!
Molti di essi erano ancora fortemente legati alle loro tradizioni regionali, che sentivano proprie molto di più delle tradizioni nazionali, peraltro praticamente inesistenti. E questo sentire "regionalmente", piuttosto che italianamente, continua, malgrado il tanto tempo trascorso, a persistere ancora oggi.
La guerra, pur nella sua drammaticità non sempre raggiunge l'obiettivo di compattare una nazione, di darle una identità. Scusate il banale paragone, ma allorché la nazionale di calcio è impegnata in qualche importante incontro, gli italiani dimenticano le loro divergenze, e le si stringono compatti intor¬no. Lo stesso si può dire per una guerra, almeno quando la maggioranza di una popolazione la sente come giusta.
Ritornando sul filo del nostro discorso, per completare l'Unità d'Italia era più che inai necessario cercarsi dei validi alleati e questa volta, non potendo contare più sulla Francia (con la quale restava aperta la questione di Roma in quanto Napoleone III si dichiarava paladino del papato), ci si volse verso la Prussia che era in procinto di attaccare l'Austria per strapparle la supremazia sulle popolazioni di lingua tedesca. Siamo ormai nel 1866, anno di inizio della Terza Guerra d'Indipendenza, la prima combattuta dall'Esercito Italiano in quanto tale. L' inizio di questa guerra è alquanto disastroso per le armi italiane. Le cause sono molteplici: la scarsa e diversificata preparazione dei quadri (non era ancora stata fondata l'Accademia Militare di Modena), ma soprattutto l'incompleta omogeneizzazione delle truppe (più o meno quello che succede ad una squadra di calcio quando gioca la prima partita avendo elementi tutti nuovi provenienti dalle parti più disparate). L'Esercito va incontro alla disastrosa giornata di Custoza, città decisamente infausta, infatti anche nella Prima Guerra d'Indipendenza, i piemontesi vi subirono una pesante sconfitta. Oggi, grazie a Dio Custoza, è familiare solo per i suoi vini.
Sul mare le cose vanno ancora peggio. La Marina Italiana, un insieme eterogeneo di navi di varie provenienze, comandata dall'Ammi¬raglio Persano, subisce la poco onorevole sconfitta di Lissa ad opera dell' Ammiraglio Teghetoff, la cui statua troneggia all'ingresso del Prater di Vienna. Si disse allora che navi di legno comandate da uomini di ferro, avevano battuto navi di ferro comandate da uomini con la testa di legno. Ma alla fine, grazie alle vittorie della Prussia (Poltowa ed altre) la guerra si conclude positivamente. L'Italia ottiene il Veneto anche se in maniera poco simpatica; infatti l'Austria lo cedeva alla Francia che a sua volta lo girava all'Italia. Ho detto "in modo poco simpatico", ma fu una vera e propria umiliazione. E già in questa guerra i soldati siracusani si presentano come meglio non avrebbero potuto. Due di essi, un ufficiale ed un soldato, si meritano la medaglia d'oro al valore militare. Sono fra le prime concesse, ed allora era molto difficile ottenerle; dopo, specie nella Seconda Guerra Mondiale, fu meno difficile, entrando in hallo considerazioni di ordine politico e di propaganda. E vediamo chi sono questi due siracusani: il primo, al quale in Piazza San Giuseppe è intitolata una caserma, è il Ten. Col. dei Granatieri Vincenzo Statella. Una lapide posta sul muro dell'ex caserma ne ricorda ai siracusani - spesso immemori — il sacrificio.
Il secondo è un soldato semplice (come grado), ma di grandi virtù d'animo, Gaetano Fuggetta. Una lapide sul muro del Liceo Nautico, sempre in Piazza San Giuseppe, ne ricorda le gesta. Continuando in questa veloce cavalcata nella storia, vediamo come l'Italia dopo la conquista di Roma (1870), s'impegna in alcune guerre coloniali con alterna fortuna. Alla triste giorna¬ta di Adua (1896), fa seguito la conquista della Libia (1912), per giungere infine alla prima Guerra Mondiale (1915-1918), che l'Italia com¬battè a fianco della Francia e della Gran Bretagna, contro gli imperi centrali di Germania e Austria.
Durante la prima Guerra Mondiale, fra gli innumerevoli eroici combattenti siracusani, un nome spicca fra tutti: quello di Francesco Angelino, con le cui figlie abbiamo in questi giorni amabilmente conversato.
E giungiamo così alla seconda Guerra Mondiale, che vede un totale rovesciamento delle parti, in quanto l'Italia combattè a fianco della Germania contro i vecchi alleati, ma il fatte» politico interessa poco; noi qui parliamo del valore e questo non ha colore: è valore e tanto deve bastare. Ed è proprio combattendo sulle spiagge siracusane, durante lo sbarco degli alleati (1943), che si guadagnò la medaglia d'oro Luigi Adorno. Un altro fulgido eroe di quei giorni, combatten¬do nei cieli del Mediterraneo, fu Francesco Maiore che si meritò una medaglia d'oro e una di bronzo al valor militare. Nell'albo delle medaglie d'oro siracusane spicca anche il nome di una donna: la crocerossina Costanza Bruno, alla quale il Comune di Siracusa ha intitolato una via, e le spoglie della quale riposano nel Pantheon cittadino.
Anche durante il doloroso episodio della guerra fra italiani, perché tale fu la Resistenza, ovvero la Guerra di Liberazione, spicca il nome di un siracusano ancora vivente: Luigi Briganti.
STATELLA Vincenzo da Spaccaforno (oggi Ispica) Tenente Colonnello II Reggimento Granatieri Medaglia d'oro al V.M. (alla memoria) «Pel coraggioso sangue freddo dimostrato durante tutto il combattimento. Uccisogli il cavallo continuò a piedi nel comando del battaglione, finché colpito da palla nell'ultimo attacco rimase estinto sul campo»
Monte Croce, 24 giugno 1866
FUGGETTA Gaetano da Siracusa
Soldato del 51 ° Reggimento di Fanteria (Brigata Alpi) Medaglia d'oro al V.M. «Gravemente ferito ad un braccio, mentre con esso spingeva un suo cannone che tentava salvare, non volle desistere dal suo intento ed incoraggiando i compagni che l'aiutavano, continuò a spingere servendosi dell'altro braccio, rimasto anche questo gravemente offeso dal fuoco nemico, il prode soldato cadde a terra privo di forze continuò ad animare i commilitoni sino a quando venne raccolto dal nemico» Custoza, 26 giugno 1866
ANGELINO Francesco da Siracusa Nocchiere di Porto Medaglia d'Oro al V.M. «Con sublime spirito di sacrificio e con sommo disprezzo di ogni pericolo, si offriva volontario per formare l'equipaggio di un motoscafo destinato a forzare il porto di Pola. Con ammirevole freddezza coadiuvava il suo comandante nel forzamento della base nemica. Fulgido esempio di virtù militari e di devozione al dovere» Pola, notte sul 14 maggio 1918
MAIORE Francesco da Noto Aviere Scelto Medaglia d'Oro al V.M. (alla memoria)
«Addetto intrepido specialista di velivolo aerosilurante, esentato dal servizio, per le ferite riportate, chiedeva al proprio comandante in procinto di partire per una nuova missione, la concessione di poterlo ancora seguire e l'onore di far parte ancora una volta dell'equipaggio. Assecondato nel suo desiderio, incurante delle raffiche della caccia avversaria che colpiva gravemente l'apparecchio, impavido e sereno partecipava, in piena comunione di spirito col proprio comandante ad una epica gesta: il lancio dell'apparecchio in fiamme e del siluro contro una nave nemica che veniva colpita e incendiata» Cielo del Mediterraneo, luglio 1942
ADORNO Luigi da Noto
Sottotenente di Fanteria Medaglia d'Oro al V.M. (alla memoria) «Comandante di posto di blocco costiero, benché circondato per varie ore da proponderanti nuclei di paracadutisti ed attaccato dopo da colonne nemiche, fedele alla consegna di resistere fino all'ultimo, combattè strenuamente senza lasciarsi sgomentare dalle gravi perdite subite dal suo plotone, infliggendone assai gravi al nemico finché più volte colpito mortalmente, cade al grido di Viva l'Italia immolando la sua giovane vita» Sicilia, luglio 1943
BRIGANTI Luigi da Lentini
Tenente medico Medaglia d'Oro al V. M.
«Comandante di distaccamento di una formazione partigiana, dà ripetute vivissime prove di temerarietà ed ardimento, incitando e trascinando i compagni nelle azioni più rischiose. Nel corso di un 'azione isolata contro impianti militari delle truppe nazi-fasciste, compiuta a Casale Monferrato, cade prigioniero in mano nemica. Sottoposto alle più atroci torture nell 'intento di ottenere da lui notizie sulla organizzazione delle forze partigiane, rifiuta sdegnosamente di fornire la benché minima informazione... Sottoposto ad altre e più feroci e beffarde torture dà ancora una volta esempio di altissima fedeltà alla causa opponendo ai barbari aguzzini il suo eroico silenzio...» Alto Monferrato, aprile 1945
BRUNO Costanza da Siracusa Crocerossina
Medaglia d'Oro Florence Nightingale (alla memoria)
«Presentatasi spontaneamente ad uno Ospedale Militare, fu addetta alla assistenza dei feriti. Durante una violenta incursione, con spirito altamente umanitario e sereno coraggio, rifiutava di scendere in rifuggio per rimanere in corsia con gli intrasportabili. Colpita da mitraglia all'addome rifiutava le cure dei sanitari perchè fossero assistiti gli altri feriti e poco dopo spirava. Fulgido esempio dei più nobili esempi di pietà e di altruismo e simbolo degli alti ideali di fraterna solidarietà della Croce Rossa». Sicilia, luglio 1943