Decima MAS - Siracusa era

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Siracusa era
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Decima MAS

Era fascista

La Xª[N 1] Flottiglia MAS (dal 1º maggio 1944, con l'unificazione di vari battaglioni, rinominata in Divisione fanteria di marina Xª [1] anche nota come Xª MAS) è stato un corpo militare indipendente, ufficialmente di fanteria di marina della Marina Nazionale Repubblicana della Repubblica Sociale Italiana, attivo dal 1943 al 1945. La Xª Flottiglia MAS al nord, al comando del capitano di fregata Junio Valerio Borghese in seguito all'armistizio di Cassibile strinse accordi di alleanza con il capitano di vascello Berninghaus della Marina da guerra germanica.


Durante i due anni che seguirono operò in coordinazione coi reparti tedeschi, sia per contrastare l'avanzata alleata dopo lo sbarco di Anzio e sulla Linea Gotica e nel Polesine, sia in operazioni contro la resistenza italiana con forte determinazione e perdite significative. Attività durante la quale l'unità impiegò strategie tipiche della controguerriglia e in alcuni episodi si macchiò di crimini di guerra[2], e infine nel tentativo di difendere i confini nordorientali dalla controffensiva iugoslava, cercando anche di affermare l'italianità di quelle regioni di fronte alle politiche annessionistiche dell'occupante tedesco[3][4][5] sostenuto da elementi collaborazionisti serbi, croati e sloveni[6]. Peraltro questi tentativi ostacolati anche dagli stessi tedeschi non ottennero risultati definitivi ed i reparti inviati in Friuli furono presto fatti trasferire oltre il Piave, a Thiene, dal Gauleiter Rainer, deciso a mantenere il controllo totale della regione[7].

La Xª Divisione MAS si arrese il 26 aprile 1945 ai rappresentanti del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) nella caserma di piazzale Fiume (l'attuale piazza della Repubblica) a Milano dopo la cerimonia dell'ammaina bandiera[8].

Augusta foto  di gruppo X MAS







All'alba del 26 luglio 1941, mezzi di superficie e subacquei della X Flottiglia MAS partiti la sera prima dalla base militare di Augusta (SR) attaccarono Malta. L’eroica azione si concluse con una disfatta. Sedici furono gli uomini che persero la vita, diciannove i prigionieri, mentre due M.A.S., due S.L.C. ed otto M.T.M. andarono distrutti o catturati. L'azione di Malta viene tutt’oggi considerata una delle più gloriose pagine della Marina Italiana. Un'audacia e uno spirito di sacrificio totale la caratterizzarono. Il 4 ottobre 1941 Sir Edward Jackson, Vice governatore di Malta, elogiò sulle pagine del Daily Mirror il coraggio degli incursori italiani che avevano posto in essere lo spericolato attacco.

Originariamente stava per Motobarca Armata Svan,dal nome del primo mezzo che venne fornito per le operazioni speciali dell'unità (SVAN era la casa costruttrice del mezzo: Società Veneziana Automobili Nautiche). I mezzi che successivamente vennero forniti in dotazione vennero chiamati Motoscafi Anti Sommergibili, un pò perchè quella era la loro funzione un pò perchè così facendo l'unità manteneva l'accoppiamento nome/mezzo da battaglia. D'Annunzio coniò su quello stesso acronimo il motto dell'unità Memento Audere Semper...
(COMMENTO A CURA DI GIOVANNI GRASSO https://www.facebook.com/giovanni.grasso.52)


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TESEO TESEI         


AVVISO DI CHIAMATA

      MALTA  

   TESEI E GLI ALTRI EROI DELL'ASSALTO A MALTA



… L'obiettivo dell'attacco era un grosso convoglio entrato nel « Grand Harbour », cioè nel più protetto rifugio del porto di Malta. La forza impiegata, che partì da Augusta, al calar della notte del 25 luglio 1941, si componeva della nave « Diana » (un avviso veloce, già panfilo del Duce) al comando del capitano di fregata Di Muro, che portava nove « barchini » e un « barellino guida »; del Mas 452, comandato dal tenente di vascello Giobatta Parodi e con a bordo Vittorio Moccagatta, il medico Bruno Falcomatà e dodici uomini dell’equipaggio; del Mas 451, comandato dal sottotenente di vascello Giorgio Sciolette ospitante complessivamente tredici uomini. Quest'ultimo Mas prese poi a rimorchio uno speciale motoscafo del tipo « M.T.L. », da principio rimorchiato dalla nave « Diana », sul quale erano stati collocati due « maiali ». Appuntamento in mare, in un punto stabilito con « K », a ragionevole distanza dall'isola: poi, secondo il piano, il « Diana » mise a mare i « barchini », mollò il motoscafo speciale e invertì la rotta. Il suo compito era quello di « pendolare » in una zona presso Capo Passero fino alle ore dieci del mattino, come punto di appoggio per i reduci dall'azione. Notte senza luna, calma piatta. Alle due della notte la manovra dello « sganciamento » fu compiuta e le forze di attacco iniziarono la marcia di avvicina-mento all'obiettivo. Sul « barchino-guida » aveva preso posto il capitano di corvetta Giorgio Giobbe. L'attacco doveva svolgersi nel modo seguente: alle 4.30 il « maiale » di Tesei-Pedretti avrebbe fatto saltare la ostruzione del Ponte Sant'Elmo ed i nove «barchini» (che si tenevano pronti ad una distanza di cinquecento metri) avrebbero fatto irruzione nel porto attraverso quella breccia, puntando sui bersagli. Allo stesso tempo, un secondo « maiale », pilotato dal sottotenente di vascello Franco Costa (secondo uomo il sergente-palombaro Luigi Barla) avrebbe attaccato i sommergibili ormeggiati in altro settore del porto, chiamato Marsa Muscetto. Franco Costa è l'ultima persona vivente che vide Tesei. Quando i due « maiali » furono messi a mare, l'orologio segnava le tre. L'apparecchio di Costa aveva delle difficoltà e Tesei si incaricò di metterlo in efficienza. Così, la partenza dei due equipaggi, su diverse direttrici, non potè effettuarsi che alle 3,45. Il che significava un'ora di ritardo sulla tabella prevista. Il tempo rimasto a Tesei, dato che la ostruzione doveva saltare alle 4,30 (poi l'alba incalzava), era davvero ristretto. « Presumo » egli disse a Costa « che farò appena a tempo a portare sulla rete il mio apparecchio. Ma alle quattro e mezzo la rete deve saltare e salterà. Se sarà tardi, spoletterò al minuto. » II che significava che avrebbe fatto scoppiare subito l'ordigno, rinunciando alla possibilità di mettersi in salvo. Franco Costa riferì tali parole al ritorno dalla prigionia, parole che gli erano rimaste scolpite nella memoria. Il suo « maiale », nonostante la riparazione, non funzionava a dovere e la sua missione non potè essere compiuta. Da quel momento, di ciò che è stato di Tesei e del suo compagno Alcide Pedretti, secondo-capo palombaro, nessuno sa più nulla di preciso. Gli inglesi ripescarono una maschera di respiratore con brandelli di carne e un po' di capelli attaccati. La carica di tritolo scoppiò contro l'ostruzione? Sembra di sì, a giudicare da vari indizi. Il sottotenente di vascello Frassetto avvertì sullo scafo del suo « barchino » come una frustata. E infatti tale è l'effetto delle esplosioni subacquee. Un rapporto del « Royal Malta Artillery», d'altra parte, avvalora l'ipotesi più accreditata, cioè che Tesei assolse puntualmente il suo compito. Dice, infatti, descrivendo il momento dell'attacco in superficie, che avvenne alle 4,44: « Poco prima, una sentinella della batteria Upton aveva scorto un piccolo sommergibile che doveva creare una breccia sul Breakwater Viaduct ». E accenna anche ad una esplosione. Il comandante dei « barchini », capitano di corvetta Giobbe, attendeva in ansia per dare l'ordine del via. Quei minuti dovettero sembrargli eterni. Già la notte preludeva all'aurora. L'azione non poteva essere più ritardata. Giobbe aveva sempre manifestato grossi dubbi sul suo esito. Ciò è rispecchiato anche dal diario di Moccagatta. Non aveva elementi decisivi per giudicare se il « congegno Tesei » aveva funzionato. In cuor suo. sarebbe stato propenso, nell'incertezza, a dare l'ordine subito. Ma se poi Tesei fosse stato ancora a ridosso della rete? Le esplosioni dei « barchini » lo avrebbero ucciso. Incertezza drammatica. Alla fine, stringendo davvero il tempo, Giobbe prese la decisione: « Ragazzi, forza e in bocca al lupo!... ».Secondo i suoi ordini, scattarono per primi i « barchini » di Frassetto e di Carabelli, diretti allo sfaldamento dell'ostruzione in superficie. Frassetto fu regolarmente sbalzato nella scia, dopo aver aggiustato la direzione del mezzo e fissato i timoni. Carabelli, invece, filò col suo piccolo motoscafo esplosivo fin sul bersaglio. Proprio come un « kamikaze » giapponese. Un pilastro del ponte Sant'Elmo, investito in pieno, crollò e ingombrò ancor più il passaggio con la tra-vata metallica. Ma ormai era finita, per tutti gli assalitori. Di colpo si accesero sui roccioni del porto di Malta i riflettori, mentre le batterie della difesa aprivano il fuoco. Due minuti d'inferno, poi silenzio completo. Tutto era pronto per fronteggiare l'attacco, nell'isola. Gli inglesi disponevano del « radar » e avevano avuto, tramite l'apparecchio, la segnalazione dell'avvicinarsi sia del Diana che dei Mas. Così, la guarnigione era in stato di allarme da circa tre ore e i cannoni erano stati puntati subito sugli imbocchi del porto. L'elemento-sorpresa, sul quale da parte italiana si era fatto affidamento, era mancato. Un ammasso di rottami e di resti umani galleggiava attorno. Il comandante Giobbe, uditi gli scoppi, viste le fiammate dell'attacco di Carabelli e di Frassetto, visti partire gli altri « barchini », rimase ancora un po' nella sua posizione, a cinquecen-to o più metri dal Ponte Sant'Elmo, per cercare di capire meglio che cosa effettivamente era accaduto. Fatto segno al fuoco anche lui, si allontanò, pen¬sando che gli obbiettivi fossero stati raggiunti. Il suo « barchino-guida » puntò verso la zona dove il Mas 452, con Moccagatta comandante in capo della spe¬dizione, stava in attesa. Giobbe si trasferì sul Mas e fece una relazione drammatica ma piuttosto ottimista. Bisogna aggiun¬gere che le luci dei potenti ri¬flettori lo avevano accecato, co¬sì da non permettergli di vedere altri particolari. Tanto il Mas 452 che il Mas 451 si diressero sulla rotta del ritorno, navigando a una veloci¬tà di ventotto miglia. Quello di Moccagatta, però, lasciò la zona con un certo ritardo. Il fatto è che il comandante della spedizione non si decideva a partire, nella speranza di poter recuperare qualche superstite. Vittorio Moccagatta non voleva abbandonare uno dei suoi uomini in mare. E ciò fu la causa di un ulteriore bagno dì sangue. Appena il cielo si fece chiaro, la caccia inglese si alzò in volo e si dette all'inseguimento dei superstiti. Alle sei e un quarto, il Mas 452 fu avvistato. Anche la nostra caccia fece la sua apparizione: cinque apparecchi si portarono sul battello ritardatario, rimanendo in posizione di scorta. Ma gli aerei inglesi erano ben più del doppio, erano tredici. Nel duello aereo il maggior numero si impose. Tre dei nostri furono abbattuti. Il Mas 452 subì serrati mitragliamenti. Alle prime scariche caddero Moccagatta, Giobbe e Parodi, poi Falcomatà e gli altri. Non miglior sorte ebbe l'altro Mas che si incendiò e dovette essere abbandonato. Gli inglesi, più tardi, tornando in ricognizione sul mare, avvistarono il Mas 452, ancora galleggiante, come un battello-fan¬tasma, con tutti morti a bordo. I vivi, gli undici uomini che ebbero in sorte di ritornare a casa, erano sul motoscafo-silurante. Con quello poterono raggiungere il « Diana » che « pendolava » puntualmente al largo di Capo Passero. Un'impresa temeraria, osservano i critici militari. Malta era una fortezza munitissima, in ogni senso. L'Italia non aveva nell'isola nessun agente segreto, nessuna fonte di informazione diretta. Non si conoscevano nemmeno la dislocazione e la forza ef-fettiva degli apparati difensivi del porto. Soltanto le fotografie degli aerei da ricognizione pote-rono essere prese a base della elaborazione del piano di attacco. Per di più, qualche cosa non funzionò a dovere. Era stabilito che vi fossero tre « diversivi » sotto forma di bombardamenti aerei, quella notte. Ma il primo non fu effettuato per niente, il secondo con un solo apparecchio, il terzo con due.
Tratto da Storia Illustrata anno 1968, del mese di 128, numero luglio. Autore: Beppe Pegolotti.

Teseo Tesei che in quell’azione perse la vita aveva precedentemente scritto: « Occorre che tutto il mondo sappia che ci sono degli italiani che si recano a Malta nel modo più temerario: se affonderemo qualche nave, oppur no, non ha importanza: quel che importa è che noi si sia capaci di saltare in aria col nostro apparecchio sotto gli occhi del nemico: avremo così indicato ai nostri figli e alle future generazioni a prezzo di quali sacrifici si serva il proprio ideale e per quale via si pervenga al successo. »


TRATTO DA:
http://associazioneitalia.blogspot.it/2008/12/la-decima-mas-e-teseo-tesei-contro.html
La Decima MAS e Teseo Tesei contro Malta Then and now
La Valletta, ingresso del porto. Alla estremità di sinistra del frangiflutti, verso la costa e non visibile nella foto, si trova il ponte di Sant'Elmo.

I resti del ponte di Sant'Elmo oggi... e dopo l'attacco.





    L'esposizione sulla "Battle of Valletta" nel Museo Militare di Malta.


Il barchino nella foto sopra non partecipò all'attacco; fu stato catturato in Sicilia nel 1943.


Attaccare Malta avrebbe significato tentare di espugnare una vera e propria fortezza ; lungo gli stessi bastioni che già nel 1565 avevano fieramente resistito all' invasione turca , gli uomini della Royal Malta Artillery avevano posto i propri pezzi d' artiglieria in grado di battere tanto i cieli quanto i mari in cerca di una qualche traccia della presenza nemica . Il dispositivo di difesa nell' area del Grand Harbor e di Marsamxett era stato approntato assegnando ad ogni batteria costiera un settore di tiro tanto verso il mare quanto contro i cieli ; l' artiglieria e le mitragliatrici pesanti erano in grado di spazzare i rispettivi settori di tiro ( decisamente ristretti se si pensa che l' ampiezza massima raggiunta da entrambe le baie è di soli 350 metri circa ) con invidiabile efficacia permettendo di erigere un vero e proprio muro di fuoco contro chiunque avesse tentato di attraversare indenne l' area . Un complesso sistema di riflettori oppurtanamente occultati all' interno delle mura avrebbe permesso inoltre di illuminare quasi a giorno la zona del porto . All' imboccatura di entrambe le baie erano inoltre state poste apposite ostruzioni tanto di superficie quanto subacquee . Nel Grand Harbor l' ostacolo principale sarebbe stato costituito dal ponte girevole il quale era posto tra Forte Sant' Elmo ed un molo roccioso il quale si allungava dinnanzi l' imboccatura della baia ; dal ponte pendeva una rete d' acciaio la quale si estendeva anche in profondità . Tra il molo e Forte Ricasoli era inoltre posta una rete antisommergibile minata , un ostruzione di simile fattura chiudeva in ultimo la baia dallo stesso Forte Ricasoli a La Valletta . A completare l' impenetrabile difesa dell' isola venne posta , fin dal marzo 1939 e ad ovvia insaputa degli italiani , una delle prime rudimentali installazioni radar britanniche la quale sarebbe stata probabilmente in grado di individuare il mezzo avvicinatore ( l' Avviso Veloce Diana ) . Sembra inoltre che , verità a lungo nascosta dagli inglesi anche a decenni di distanza dal termine del conflitto mondiale , l' ammiragliato di Malta , per mezzo dell' intercettazione di messaggi provenienti dalle macchine di codifica ENIGMA utilizzate dall' Asse per comunicare e decriptate tramite la macchina ULTRA , avesse ricevuto un' informativa riguardo ad un imminente attacco da parte italiana così che il personale in servizio presso le batterie costiere venne posto sotto massimo stato di allerta .Alle ore 20:00 circa del 25 luglio 1941 il dispositivo d' attacco della Decima veniva ad esser così composto :- Avviso Veloce DIANA ( 1568 tonnellate ) al comando del Capitano di Corvetta Mario di Mauro incaricato di trasportare fino a venti miglia dal " PUNTO C " nove M.T.M. , un M.T.S. ed un M.T.L. recante a rimorchio due S.L.C.- M.A.S. 451 del Sottotenente di Vascello Giorgio Sciolette- M.A.S. 452 al comando del Tenente di Vascello Giobatta Parodi e recante a bordo il Capitano di Fregata Vittorio Moccagatta ed il Capitano Medico Bruno FalcomatàA comando dell' operazione Moccagatta ed il Capitano di Corvetta Giorgio Giobbe .Una volta giunti in prossimità del " PUNTO C " , l' Avviso Veloce Diana avrebbe rilasciato il proprio carico costituito da un M.T.S. al comando di Giobbe e con a bordo il Sottocapo Cannoniere Leonildo Zocchi e il Secondo Capo Motorista Luigi Costantini , un M.T.L. con a bordo le due coppie di piloti del S.L.C.1 e del S.L.C.2 costituite rispettivamente da Tesei e dal Secondo Capo Palombaro Alcide Pedretti e dal Tenente di Vascello Francesco Costa ed il Sergente Luigi Barba nonchè nove M.T.M. rispettivamente pilotati da Bosio , Frassetto , Carabelli , Marchisio , Montanari , Follieri , Pedrini , Zaniboni , Capriotti . I M.A.S. 451 e 452 avrebbero aperto la strada fino a cinque miglia da La Valletta ove Tesei e Pedretti sarebbero stati rilasciati a bordo del S.L.C.1 per portarsi fin sotto al ponte girevole in prossimità di Forte Sant' Elmo e far saltare con la carica del proprio mezzo le ostruzioni retali così da permettere alle squadre di M.T.M. di irrompere attraverso la Grand Harbor ; tutto ciò mentre il S.L.C.2 di Costa e Barba avrebbe distrutto le ostruzioni all' imboccatura di Marsamxett . Un M.T.S. al comando di Giobbe avrebbe guidato la formazione fino a 1000 metri dall' obiettivo per poi ritirarsi in posizione coperta ed eseguire il recupero degli incursori i quali sarebbero tornati a nuoto verso il punto di estrazione . Il Sottotenente di Vascello Roberto Frassetto a bordo del proprio M.T.M.2 si sarebbe lanciato contro il ponte sotto Forte Sant' Elmo in caso di fallimento di Tesei onde aprire un varco nelle ostruzioni ( i Motoscafi da Turismo Modificati o M.T.M. permettevano all' operatore di puntare il bersaglio con il proprio mezzo il quale era munito di una carica esplosiva ; il pilota si sarebbe eiettato dal mezzo pochi istanti prima dell' impatto contro il bersaglio ) con il M.T.M.3 del Sottotenente Armi Navali Aristide Carabelli quale riserva . Il Sottotenente di Vascello Carlo Bosio , portatosi con il M.T.M.1 a 500 metri da forte Sant' Elmo , avrebbe condotto l' assalto all' interno della baia con i compagni a seguito sul M.T.M.4 del Segnalatore Vittorio Marchisio , 5 del Secondo Capo Cannoniere Vincenzo Montanari , 6 del Secondo Capo Meccanico Alessandro Follieri , 7 del Secondo Capo Enrico Pedrini , 8 del Capo ... Pietro Zaniboni , mentre il M.T.M.9 del Capo Meccanico Fiorenzo Capriotti avrebbe dovuto attaccare eventuali unità nemiche che avrebbero potuto interferire nell' azione . Alle ore 20 00 il dispositivo salpò da Augusta .
Alle ore 23:00 l' Avviso Veloce DIANA ed il suo carico di mezzi giunsero presso il " PUNTO C " ; non appena posti in acqua i mezzi , un cavo da rimorchio finito tra le eliche del M.A.S.451 lo portò ad urtare contro un M.T.L. causandogli uno squarcio sulla scafo il quale costrinse il M.A.S. a rimanere in posizione arretrata raggiungendo però ben presto i compagni presso il " PUNTO B " . Come pianificato , Giobbe con il suo M.T.S guidò la formazione fino a 1000 metri dal porto de La Valletta , raggiungendo il punto inizio attacco alle ore 02:00 . I S.L.C. delle coppie Tesei / Pedretti e Costa / Barba vennero posti in acqua alle 03:00 per muovere rispettivamente verso ponte Sant' Elmo e Marsamxett . Il Siluro a Lenta Corsa 1 di Tesei avrebbe dovuto portarsi sotto il ponte girevole per farlo saltare in aria alle ore 04:30 circa in concomitanza con un raid aereo diversivo sull' aeroporto di Luqa ( pronuncia Luha ; NDR ) , ma il Maggiore del Genio Navale dovette ritardare la propria partenza verso l' obiettivo al fine di porre rimedio ad un guasto meccanico occorso al Siluro a Lenta Corsa 2 di Costa ; quando finalmente l' inconveniente tecnico venne rimediato Tesei e Pedretti poterono mettersi in movimento , ma a causa della forte corrente i due Siluri erano fortemente scaduti dai propri punti di inserzione . Erano le 03:35 , in meno di un ora i due incursori avrebbero dovuto portarsi sull' obiettivo piazzare la carica ed allontanarsi : divenne ben presto fin troppo evidente che , al fine di permettere la riuscita della missione , Tesei ed il suo secondo pilota avrebbero dovuto tentare di piazzare ugualmente la carica sotto il ponte anche non disponendo del tempo necessario per allontanarsi dal luogo della deflagrazione . L' ultima persona a vedere Tesei in vita fu il Tenente di Vascello Francesco Costa , primo pilota del secondo S.L.C. ; a costui Tesei disse " Presumo che non farò in tempo altro che a portare il mio apparecchio sotto la rete . Alle quattro e trenta la rete deve saltare e salterà . Se sarà tardi spoletterò al minuto " ; da quel momento in poi Tesei ed il suo secondo pilota Pedretti , che lo avrebbe fedelmente accompagnato fino alla fine , si allontanarono venendo inghiottiti dall' oscurità .
All' insaputa degli incursori , una postazione radar sita sull' isola aveva registrato l' avvicinamento dell' Avviso Veloce DIANA al " PUNTO C " alle ore 22:30 , e benchè la piccola flotta di battelli d' assalto risultasse del tutto invisibile alle stazioni anglo-maltesi , l' ultimo contatto radar registratosi alle ore 23:00 circa mise definitivamente in allerta gli uomini della Royal Malta Artillery .Il raid aereo su Luqa venne lanciato alle ore 04:15 circa da un solo apparecchio e con un quarto d' ora di anticipo . Alle 04:44 un boato assordante eccheggiò per la baia : era il segnale che Tesei e Pedretti erano riusciti a portare a termine il proprio compito sacrificando generosamente le proprie vite sull' altare della Patria . La conferma del coraggioso gesto compiuto dai due ci arriva direttamente dal rapporto redatto da Costa " ( ... ) non ha potuto avere il tempo di arrivare a rete per eseguire le operazioni di spolettamento con un conveniente anticipo per allontanarsi dalla zona di esplosione . Alle 04:45 ho udito lo scoppio . Il Maggiore Teseo Tesei ha volutamente , per la riuscita dell' azione , sacrificato la sua vita , con quella del suo secondo uomo che con lui ha voluto eseguire la missione fino alla fine , spolettando al minimo e saltando col suo ordigno " . Dei due eroi non si seppe effettivamente più nulla ; una maschera con brandelli di carne e capelli venne rinvenuta nei pressi del ponte , mentre i rottami del Siluro a Lenta Corsa saranno ripescati dallo specchio di mare dinnanzi Forte Sant' Elmo solamente nel 1966 .
Non appena udito lo scoppio del Siluro di Tesei e Pedretti venne dato il via all' attacco ; Bosio sul M.T.M.1 diede l' ordine di procedere con l' assalto . Partendo da circa cento metri dall' obiettivo , Frassetto si lanciò contro le ostruzioni retali del ponte senza che il suo M.T.M.2 riuscisse nell' opera di danneggiamento . Ormai lanciatosi dal barchino , Frassetto segnalò mezzo torcia la posizione del bersaglio ai suoi compagni . Il M.T.M.3 di Carabelli ripetè l' azione ed il pilotà morì dilaniato dall' esplosione per non aver volutamente premuto i comandi del seggiolino eiettabile del mezzo : l' impatto contro il ponte fu talmente violento che parte di esso crollò in mare finendo per bloccare il varco ai rimanenti mezzi . Nelle parole del Sergente Zammit della Royal Malta Artillery riviviamo i drammatici momenti dell' inizio dell' attacco " Improvvisamente udii il suono di una imbarcazione , e benchè fosse ancora buio la vidi dirigersi verso il ponte ; ho dato l' allarme e la mia postazione si è messa all' opera proprio mentre l' imbarcazione colpiva il ponte saltando in aria . I fari illuminavano la scena , a poca distanza dal ponte vidi un' altra piccola imbarcazione , ho diretto il cannone su questo e con i primi due colpi è saltata in aria ; nuovamente ho mirato contro una terza e con i primi colpi questa è esplosa . Vidi tre altre dirigersi verso la Grand Harbour , tutte le bocche da fuoco le bersaglivano , una di esse venne distrutta e le altre due danneggiate . Circa un quarto d' ora dopo vidi due oggetti non identificati in lontananza , ho diretto il pezzo contro uno di essi , dopo 10 / 15 secondi le imbarcazioni si sono mosse ed ho immediatamente aperto il fuoco ; dopo qualche secondo tutte le altre postazioni hanno cominciato a bersagliare i battelli i quali hanno cominciato a zigzagare al fine di evitare il fuoco di sbarramento " . Non appena dato il via all' attacco quindi , un inferno di fuoco si scatenò contro gli incursori , e l' oscurità della baia venne squarciata dal baluginare dei riflettori i quali fendevano il buio della notte al fine di dirigere il fuoco delle batterie costiere contro gli invasori . Il Motoscafo da Turismo Modificato 6 di Follieri venne colpito e la deflagrazione fece perder conoscenza a Frassetto ancora in acqua . Stessa sorte colpì il M.T.M.4 di Marchisio , il quale , ferito , venne sbalzato in acqua . I M.T.M.7 ed 8 , danneggiati , furono autoaffondati dai propri piloti Pedrini e Zaniboni . Bosio , ferito sul suo M.T.M.1 , settò il dispositivo di autodistruzione del proprio barchino morendo dilaniato dalla deflagrazione per non esser riuscito a porsi al sicuro in tempo utile . Capriotti , rimasto in copertura con il Motoscafo da Turismo Modificato 9 , venne colpito mentre tentava di sganciarsi dal fuoco delle batterie costiere e , costretto a lanciarsi dal proprio M.T.M. raggiunse in acqua Marchisio trasportando il compagno ferito verso riva . Costa e Barba , a bordo del Siluro a Lenta Corsa 2 , dopo aver assistito inermi alla morte dei propri commilitoni decisero di non rendere maggiormente pesante il bilancio di sangue e , dopo essersi allontanati da Marsamxett ed al termine di circa cinque ore di navigazione con il proprio mezzo , raggiunsero la terra ferma venendo immediatamente individuati e catturati dagli anglomaltesi .Nel frattempo il Capitano di Corvetta Giorgio Giobbe unitamente a Zocchi e Costantini , pur essendo rimasto in posizione arretrata a bordo del proprio M.T.S. al fine di porre in essere il recupero degli incursori , veniva fatto oggetto del fuoco delle batterie costiere . L' imbarcazione manovrò a lungo al fine di evitare il fuoco avversario cercando di rimanere nella zona prestabilita per l' estrazione nella vana speranza di recuperare qualche incursoro eventualmente di ritorno ( Giobbe era infatti stato in grado di udire le esplosioni dei barchini attribuendole però al fatto che i mezzi erano stati in grado di colpire i bersagli assegnati ) . Quando Giobbe decise di far ritorno al " PUNTO B " verso i M.A.S. 451 e 452 ( su quest' ultimo si trovava il Capitano di Fregata Moccagatta con il Capitano Medico Bruno Falcomatà ) , il sole aveva ormai iniziato a rischiarare la zona d' operazioni e trenta Hurricane del 126° , 185° e 251° Squadrone si levarono in volo dai campi d' aviazione di Luqa per dare la caccia alle imbarcazioni superstiti congiuntamente ai natanti della Royal Navy ; quasi contemporaneamente dieci Macchi 200 del 54° Stormo si portavano verso le imbarcazioni della Decima per coprirne la ritirata . La battaglia che ne seguì fu caotica e furiosa . Il M.A.S. 451 del Sottotenente di Vascello Giorgio Sciolette tentò di abbattere , mitragliandolo dal mare , un apparecchio britannico , ma l' imbarcazione fu colpita ai serbatoi e nove uomini d' equipaggio sui tredici imbarcati riuscirono a salvarsi gettandosi in acqua e finendo prigionieri del nemico . Il M.A.S. 452 ( il quale aveva imbarcati Moccagatta , Giobbe , Falcomatà e diciassette uomini d' equipaggio ) viene colpito e a perdere la vita sono i tre ufficiali unitamente a sei marinai . I rimanenti undici uomini trovano la salvezza allontanandosi a bordo del M.T.S. di Giobbe il quale era stato rimorchiato dal M.A.S. ormai semidistrutto ricongiungendosi con il DIANA nei pressi di Capo Passero .L' operazione " MALTA2 " aveva così termine con uno dei bilanci maggiormente tragici mai subiti dalla Regia Marina e dalla Decima Flottiglia M.A.S. : quindici erano stati gli operatori a perdere la vita , diciotto i prigionieri mentre due M.A.S. , due S.L.C. ed otto M.T.M. andarono distrutti o catturati . La Decima registrava inoltre la perdita dei propri comandanti e di alcuni fra gli incursori maggiormente valorosi . A cagion dell' eroismo dimostrato vennero concesse otto Medaglie d' Oro ( due delle quali vennero assegnate a Tesei e Pedretti per il loro volontario sacrificio ) una sola di queste ad un vivente , tredici Medaglie d' Argento , sette Medaglie di Bronzo ed una Croce al Valor Militare . Nei cieli si registrava invece l' abbattimento di tre Hurricane britannici e due Macchi italiani ( gli inglesi affermeranno invece di aver abbattuto tre apparecchi italiani a fronte di un Hurricane ) .
Da: decimaflotttigliamas
GRAN PARTE DELLE FOTO INEDITE SONO STATE FORNITE DAL FIGLIO DI UNO DEI SOPRAVVISSUTI CHE NON DESIDERA ESSERE NOMINATO
















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