Identità e memoria - Siracusa era

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Siracusa era
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Identità e memoria

IDENTITA' E MEMORIA di ELIO TOCCO.pdf


IDENTITA’ E MEMORIA
L’Identità di una Città è nell’insieme complesso di eventi presenti e trascorsi, necessari e compresenti, invisibili e concreti. Da questo sistema complesso si generano il senso di appartenenza dei suoi cittadini, la fascinazione urbana, la cultura della memoria collettiva e condivisa ancorata alle parlate, ai lavori, alla narrazione della vita urbana.
Tutto questo sistema di valori, usi, tradizioni, si in futura nella conservazione gelosa degli spazi e dei ritmi, dei colori e degli afrori, insomma tutto ciò che costruisce il Volto della Città.
Questo fa sopravvivere una civiltà urbana di generazione in generazione, così come sopravvive una Fiaba continuamente narrata, di sera in sera, entro una dimensione transgenerazionale.
Ad attraversare Siena, o Mentiva o la piccola Montepulciano si percepisce netto e chiaro questo spirito del tempo cui ogni cosa, fato, evento, è organica.
E’ quindi evidente e chiaro che Siracusa non possiede alcun’identità. L’informe realizzazione della città nuova ha creato un’immensa periferia amorfa, priva di qualità, evidente non-luogo.
Una speculazione sfrontata e, soprattutto, rozza, tipica dei piccoli ma voracissimi mandarini di periferia, ha tolto ogni dimensione culturale allo sviluppo della città che, in atto, è solo una sommatoria di strade e palazzi.
Ma la mancanza più evidente di Identità è nell’assenza di una Memoria collettiva (madre del senso di appartenenza). La mancanza di memoria genera mancanza di orgoglio ed assenza i punti di riferimento. E’ a causa di questo che Siracusa non ha amore di se: non ha mai nemmeno riuscita a capire i (pochi) uomini che l’hanno difesa e valorizzata, incensando, invece, i cialtroni che la ridicolizzano.
Ortigia è un guscio vuole che riesce a sopravvivere in modo inerziale nonostante i tanti assalti che, dagli anni Cinquanta in poi, ne hanno tentato la soluzione finale. Ci si è quindi acconciati a disintegrarne ambienti e spazi (così come sta avvenendo nel territorio organico alla città ed alla sua storia).
Ma l’operazione di distruzione dell’identità, primo e unico baluardo contro la nullificazione, è riuscita togliendo l’anima dei luoghi (mestieri, usanze, parlate, modi d’essere).Mentre la città “moderna” (che della modernità ha solo il terrificane volto del cemento, né la cultura, né i servizi, né l’orizzonte antropologico) piantava i suoi plinti di cemento fin dentro le Catacombe, organicamente Ortigia si svuotava e rovinava entro un’amnesia, simile al Nulla de La storia infinita.
Ma mentre caricature provinciali apparecchiavano, come continuano a fare, sempiterni teatrini ancora ben presenti, io credo occorra costruire un progetto che, lambendo i piani dell’Utopia, tenti di ridare un volto a questa statua acefala (Siracusa).
Ed una componente di questo progetto non può che essere la Presenza dell’Antico.
Una Presenza viva ed agente, condivisa e non residuale, continua e non episodica.
Le tracce della grecità e della romanità, insieme agli altri linguaggi del tempo, vanno tutte messe in luce e salvaguardate; esse dovrebbero contrappuntare strade orribili e, fra poco, inutili, ricostituendo un tessuto narrativo che vada dalla Nespoli ad Ortigia.
L’Archeologia è vitalità che deve saper trovare comunicatività sociale e sicure competenze didattiche.
Questo fatto-evento se partecipato, spiegato, introiettato, può ricostituire un volto e suggerire una dimensione urbana.
Se questi antichi lineamenti di Memoria e di Identità, di pietre e di tempo, riuscissero ad essere metabolizzati dalla gente un’identità urbana potrebbe rinascere e, forse, un nuovo senso di appartenenza, di orgoglio condiviso di senso della Polis.
Il possibile nuovo cominciamento è sotterrato, andrebbe rimesso in luce, come in una partogenesi del tempo.

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