Antichità Sicilia - Siracusa era

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Siracusa era
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Antichità Sicilia

ANTICHITà DELLA SICILIA-LO FASO DI SERRADIFALCO

Grazie alle ricerche del'amico Salvatore Gentile che ha trovato questo prezioso libretto ho potuto trasformarlo in immagine e metterlo a disposizione di chi ha voglia di leggere e conoscere la nostra città e i beni archeologici. NOTA BENE IL LIBRETTO è STATO SCARICATO DA GOOGLE LIBRI
( 56) Tavola II.
Siracusa al tempo della guerra Ateniese.
Cicerone ci ha conservata una estesa descrizione dell'ampiezza e della magnificenza dl Siracusa nell'epoca della pretura di Verre; ma a tale non era ella ancor giunta, quando la stolta fidanza de' Leontini e degli Egestani chiamò sulle nostre misere terre le prepotenti armi di Atene. Or noi imprendendo a dimostrare quale ella sia stata ai tempi di Nicia e di Gilippo , torremo a guida Diodoro e Plutarco, ma più che ogni altro Tucidide, come colui che udì raccontare quella sanguinosissima lotta da quei miseri Ateniesi che ne furon parte, e che dopo tante sciagure, ebbero in sorte di rivedere la patria (11). Nè lascerem di giovarci di altri scrittori, non che de' ruderi tuttavia esistenti, onde supplire alla narrazione di lui, la quale, comechè sia il primo fondamento del nostro lavoro, pure non basta di per se sola a chiarire tutte le circostanze che ci abbisognano, onde mostrare lo stato materiale di Siracusa, e gli avvenimenti che vi accaddero al tempo della guerra di Nicia.
Ortigia.
Tucidide, siccome abbiam sopra accennato(12) , riferisce che Ortigia (13), in cui aveva Archia stabilita la sua prima dimora, addimandavasi la città interna, e che rannodata a questa per una coslruzione di fabbrica, n° 1, sorgevale accanlo sulla vicina costa della Sicilia la cillä esterna. Non havvi dunque alcun dubbio sulla estensione della primitiva città, il di cui perimetro era naturalmente circonscritto nei confini dell'isola.
Nulla ricavasi dal succennato storico intorno alle mura di Ortigia; però considerando quanto lo acquisto di questa parte nobilissima di Siracusa avrebbe contribuito al buon successo della impresa degli Ateniesi, e ponendo mente ai mezzi potentissimi che per riuscirvi forniva loro la flotta, argomentasi di leggieri come di saldissime mura fosse a quel tempo difesa. Gli scritti di Diodoro però convertono in certezza gli argomenti della critica.
Narrando egli i fatti che successero alla espulsione di Trasibulo (Olimp. LXXIX an. 2°), riferisce che gli stranieri, i quali erano stati da Gelone ammessi alla cittadinanza di Siracusa, vedendosi esclusi dalle magistrature, » si misero in cospirazione, e separatisi dagli altri Siracusani occuparono l‘Acradina e l'Isola, i quali luoghi erano all‘intorno (ii^ori/m) muniti da una ben costruita muraglia » (14)> e poco dopo soggiunge, che i Siracusani, benche avessero vinto nel mare i rubelli, pure non ebber possa di superarli in terra, » a cagione de luoghi troppo forti che tenevano » (15). Dalle quali cose si può ben ragionevolmente dedurre che l'Isola era sin da quel tempo cinta di poderose muraglie.
Nell'epoca di che trattiamo sorgevano già in Ortigia i templi di Diana e di Minerva. L'antica esistenza del primo, n° 2, benchè non indicata palesemente dagli storici , devesi argomentare dall'essere stata quest'Isola dedicata a Diana; dalle parole di Pindaro che chiama Ortigia » sede fluviale di Diana » (16); da ciò che racconta il vecchio scoliaste di Teocrito intorno alle feste che ivi celebravansi in onore di questa dea, e nelle quali ebbe origine la poesia pastorale (17); dalle parole di Cicerone che lo novera il primo, ed innanzi all'altro di Minerva, certamente anteriore a Gelone(18); e finalmente dagli avanzi di due colonne doriche scanalate, che si osservano tuttavia nella casa Santoro, contrada di Resalibra, le quali, oltre che per antichissima tradizione veggonsi costantemente attribuite al tempio di Diana, per le robuste proporzioni, la forma de' capitelli e l'angustia degli intercolunni, si manifestano anteriori ad ogni altro monumenio di Siracusa(19).
La costruzione del tempio di Minerva, n° 3, si riferisce poi, come abbiam da Diodoro, al tempo del reggimento de' Geomori, i quali pria dell'eta di Gelone tenevano il governo di Siracusa(20). Le colonne di questo tempio sussistono ancora incastrate nelle mura della moderna cattedrale , e la maniera della loro architettura ne attesta la vetustà.
Oltre a' succennati templi afferma Cicerone, che altri non pochi vedevansene nell'Isola, e fra questi era probabilmente, nell'epoca di che ragioniamo, quello dedicato a Giunone fuori le mura e nella punta estrema di Ortigia di cui fa cenno Ateneo(21); perciocchè leggesi in Eliano, che in questo tempio si conservava la statua che i Siracusani avevano innalzala a Gelone dopo la vittoria d'Imera(22). E quindi noi, confortati da si fatte autorità, non abbiamo creduto scostarci dal vero ammettendolo nella nostra corografia nel silo segnato, n° 4» come quello che risponde alle indicazioni di Ateneo.
Fra le cose più singolari di Ortigia, era la fonte Aretusa, n° 5, altamente celebrata dagli antichi poeti, e divenuta oggidì misero ricetto di succide acque (23). Trecento passi da questa lontana, pullula nel mare una sorgiva d'acqua dolce, che addimandasi l'occhio della Zilica, n° 6, e che si suppone essere quel misterioso Alfeo di cui gli amori con la vergine siracusana porsero gentile argomento al poetare(24). Finalmente nell'Isola era pur l'arsenale,  giacchè abbiamo in Tucidide » che le triremi siracusane lanciaronsi tutte ad un tratto nel mare, trentacinque movendo dal gran porto, e quarantacinque dal piccolo ov' era il loro arsenale» (25). E che questo sia stato nell'isola ricavasi pure da Diodoro il quale, enumerando le opere eseguile per ordine di Dionigi in Ortigia, dice » e una rocca vi aggiunse con grande spesa ben munita la quale po¬tesse resistere ad ogni improvviso assalto; e al muro della rocca congiunse gli arsenali vicini al porlo piccolo » (26). Or siccome questa rocca esser doveva nell'istmo che separa Ortigia dall'Acradina , cosi non è a dubitare che qui pur fosse l'arsenale nel Iuogo se¬gnato, n° 7, quello appunto che e vicino al sito che occupava la rocca.

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