Siracusa. Targetta, quella torre dimenticata da sempre
Rimase dimenticata dagli annalisti siracusani, ma anche dai famosi viaggiatori del Grand Tour che nel XVIII e XIX secolo visitarono Siracusa
Al contratto di vendita del predio della Targetta è allegato un computo metrico per stimare il valore dei beni esistenti. Ci sono le descrizioni degli altri fabricati presenti nel predio, ovvero un portone, casa di masseria, stalla, cisterna, due gebbie e muri. Il prezzo totale di questi fabbricati è onze 88.1.10. La sola torretta è valutata onze 115.5.5. La stima è effettuata dal capomastro Sebastiano la Rocca "... quodam Muragmatum, lignamina et alia ... In primis aver misurato la fabbrica delli 4 muri della Targetta del fondamento fino al fine, comprese la sua grossezza esse canne 93 e palmi 4 reali ed averla stimata per essere di calce ed arena e per ritrovarsi cadente e sbottonata dentro e fuori alla ragione di tarì 13 canna... più aver misurato l‘altra fabrica nel lato della scala nel mediante di sotto essere canne 16 e palmi 6 ed averla stimata tarì 12 canne 11 e palmi 2 ed averlo stimato a tarì 21 canna... più aver numerato l‘assisi delle quattro cantoniere, ed essere in numero 160 stimati a tarì 4 l‘uno, più aver numerato l‘intaglio di tutto il fascittone delli 4 muri di detta Torretta essere n. 52, ed averli stimati a tarì 3 l‘uno più aver num. Li lanzisi..." ( stipite di una porta o di una finestra) "...di tutte le finestre di sopra ed essere n. 115 ed averli stimati a tarì 1.5 ogniuno più aver numerato li lanzisi della porta per cui s‘entra in detta torre essere n. 24 ed averli stimati 4 ogniuno... più aver numerato li guarrati..." ( ovvero quadrati )"... e fossate di dette apperture di suddetta torretta essere n. 250 ed averli stimati a tarì 1 per ogniuno più aver stimato due cagnoli con suoi sotto cagnoli, e parapetto d‘intaglio nel di sopra di detta torretta... più aver stimato n. 56 cagnoli di pietra nel fine di detta torretta a tarì 6 ogniuno più aver stimato altri intagli nella scala, e s.a la medesima che formano covertura al n. di 23 a tarì 2 per ogniuno... e più aver stimata una porta di legname per cui ventra in detta torretta... prezzo della torretta in tutto...115.5.5." (not. Baiona, n. 12922)Strada vicinale Targia dalla rotabile Teracati Priolo
Sotto il governo della Camera Reginale di Siracusa la famiglia del casato nobiliare de Orobellis Monpalao, di origine spagnola, si distinse particolarmente e molti dei suoi membri ricoprirono cariche pubbliche. La famiglia riuscì ad avere un ruolo primario anche dopo la soppressione della Camera avvenuta nel 1536.
Nel 1550, regnante Carlo V, Consalvo de Orobellis Monpalao fece costruire una torre nel feudo di Targia, a nord della città, in una zona pianeggiante che guarda al mare verso nord-est ed è protetta dalla terrazza rocciosa dell’Epipole. L’attribuzione è certa poiché il nome del suo fondatore è inciso sulla lapide di marmo che fu collocata lungo uno dei prospetti della torre. Così recita l’iscrizione: “Consalvus de Orobellis/ et Monopalao me fondavi/in hoc loco solattiorum/ regnante Carlo V/ imperatore anno a p a r t u / v i r g i n i s M.D.L.”. La costruzione militare è nota come Torre di Targia, ma anche come Targetta. Si tratta di una delle torri costiere edificate al fine di controllare eventuali attacchi barbareschi. Forse il De Orobellis volle tutelare la sua proprietà terriera.
In foto: Torre di Targia vista da nord
“Quello che sorprende è l’assoluto silenzio da cui appare circondata. Non una sola volta ci è riuscito di sorprenderne il ricordo nella storia degli avvenimenti cittadini. Non un solo richiamo ad essa hanno i due annalisti siracusani, il Gaetani e il Capodieci” (G. Agnello). Eppure il Capodieci aveva dato molto risalto alle incursioni piratesche che colpirono la città. Anche i famosi viaggiatori del Grand Tour che nel XVIII e XIX secolo visitarono Siracusa non ne hanno mai fatto cenno. Probabilmente la sua ubicazione lontana dall’Ortigia ne fu la causa e nessuno si occupò della torre. La Torre della Targia si presenta in buono stato di conservazione nonostante l’intonaco di colore grigiastro che è stato sovrapposto successivamente sui conci originari. Maestranze altamente specializzate furono incaricate della sua costruzione, come dimostrato dal fatto che rimase indenne durante il terremoto disastroso del 1693. La torre si sviluppa per un’altezza di m. 12,4, altezza che permette facilmente l’avvistamento nemico che veniva segnalato alle altre torri accendendo un falò sulla terrazza sommitale.
In foto: Torre di Targia o Targetta
La fabbrica si imposta su una base quadrata di m. 7,6 per lato e la parte basamentale è rinforzata da uno zoccolo alto m. quasi m. 1,05. Le parti angolari sono caratterizzate da contrafforti alti m. 2,76. Lungo il prospetto principale si apre l’unico ingresso, una porta architravata munita di sistema di chiusura di cui rimangono 4 fori negli stipiti. La porta è sovrastata da una finestra di dimensioni maggiori rispetto alle altre e dal piombatoio supportato da mensoloni. L’interno si caratterizza da un unico ambiente dal quale, mediante una scala retrattile, si poteva raggiungere l’ambiente al secondo piano attraverso un’apertura parallela ad una caditoia che aveva la funzione di poter lanciare sassi in caso di attacco nemico interno alla torre. La stanza al piano superiore presenta una volta a crociera poggiante agli angoli su possenti pilastri. Sono presenti un vano porta armi ricavato nello spessore murario e un sedile che permetteva l’osservazione esterna in comodità.
Un’ulteriore apertura consentiva il collegamento con la terrazza e con la caditoia dalla quale era possibile lanciare proiettili, pietre e altri materiali sugli assalitori. La collocazione della lapide sottolinea l’importanza di una costruzione che architettonicamente non ha caratteristiche stilistiche particolari eccezion fatta per il piombatoio. Non è rimasta traccia delle merlature che pur dovevano esistere. La Targetta si presenta dunque come un parallelepipedo lungo le cui pareti si aprono delle finestre rettangolari architravate. E’ visibile dalla strada statale 114. La torre di Targia rappresenta uno dei non pochi esempi di monumenti definiti minori che costituiscono parte di quel patrimonio monumentale spesso sottovalutato se non addirittura ignorato. Extra moenia si trovano, infatti, grandi e piccoli monumenti che meritano una giusta rivalutazione, che non possono prescindere dai necessari interventi di restauro e/o conservativi. Tesori da riscoprire e restituire alla pubblica fruizione.
In foto: Targetta vista da sud
Gli stravolgimenti agrari e industriali della zona di Targia in un arco di tempo brevissimo hanno alterato ogni originario elemento. Chi volesse oggi affacciarsi dalla Targetta non vedrebbe più soltanto il mare e la costa, ma sulla costa, tutte quelle strutture industriali che hanno irreparabilmente sconvolto l’assetto paradisiaco che caratterizzava una delle zone più naturalistiche del passato. (di Laura Cassataro)
La Torre della Targia venne edificata nel 1550 da Consalvo de Orobellis Monpalao, famiglia di origine nobile spagnola. Questa casata si stabilì, nella città siracusana, durante la guida politica del paese della Camera Reginale, riuscendo a ricoprire molte cariche direttive , e restando al potere anche con la successiva egemonia di Carlo V.
In questa fase storica si colloca la costruzione della torre, che venne edificata all'interno del Feudo della Targia, traendone il nome, per garantire il controllo dalle pressanti e periodiche incursioni barbariche.
La data e il nome del fondatore sono scolpiti in una lapide marmorea, tuttora esistente, che l'antica ma solida costruzione lascia leggere nel suo prospetto laterale.
L'edificio venne costruito a Nord-Est del Feudo della Targia, che si sviluppava su di un terreno livellato e prospiciente la costa ionica di colore smeraldo.
La torre svolgeva il suo ruolo di avvistamento in modo esemplare, riuscendo a controllare da un lato il feudo pianeggiante e generoso, dall'altro la scogliera incantevole ma piena di insidie.
Lo stato costruttivo e architettonico odierno del fabbricato è ottimo, così come lo strato superficiale dell'intonaco, attualmente uniforme e senza ripristini successivi, che avrebbero sicuramente alterato il grigio monocromatico, lasciato nelle sue mura, dai secoli passati.