Arieti Maniace - castellietorrimedievali

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Castelli e torri
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Arieti Maniace

Castello Maniace
 
la copia al Maniace foto Antonio Randazzo




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L’ariete bronzeo del Salinas e i suoi segreti

La statua ha una storia travagliata. Da Siracusa arriva a Palermo in coppia col suo “gemello” che viene distrutto nel 1848. Il restauro ha chiarito molto sulle sue origini
di Guido Fiorito

La bellezza e il mistero. L’ariete del Museo Salinas e la sua storia unica. Di questa statua di bronzo di raffinata fattura si sa tanto eppure poco. I luoghi dove è stata esposta, la fine della gemella, la meraviglia di famosi visitatori, da Goethe a Maupassant che lo definì “un dio bestiale, impuro, superbo”. Manca l’origine e l’autore. Il restauro però ha chiarito molte cose. Ha dato elementi agli studiosi per cercare di risolvere il giallo. Dell’ariete, del suo fascino e dei suoi segreti, si è parlato in un incontro a Palazzo Ajutamicristo, presentato da Lina Bellanca, soprintendente ai Beni culturali di Palermo.

L’ariete del Salinas

Breve storia illustrata daFrancesca Spatafora, direttrice del Salinas. I due arieti emergono dalle nebbie dell’antichità quando sono messi a guardia del castello svevo di Maniace a Ortigia, quindi a Siracusa, da Federico II. Niente sappiamo di certo sulla loro provenienza. Poi finiscono per breve tempo a Castelbuono, infine a Palermo, prima allo Steri, poi al Castello a mare e a Palazzo dei Normanni. Succede un 48, quello autentico, il 1848. Una cannonata manda in pezzi uno dei due arieti o forse vengono defenestrati. I resti sono fusi per far palle d’artiglieria. Sopravvive un solo ariete, orfano e ferito in modo non grave, che troverà ospitalità al museo dell’Università e poi al Salinas.

Copia dell’ariete al Castello Maniace di Siracusa

L’ariete era stato sempre considerato opera greca, (primi decenni III secolo avanti Cristo), da alcuni accostato alla scuola di Lisippo. Come accaduto alla Lupa Capitolina, il restauro condotto da Anna Maria Carruba, sotto la guida di Agata Villa, a quel tempo direttrice del Salinas, propone di posticipare la datazione dell’opera. In questo caso ad epoca romana(II-III secolo dopo Cristo). La studiosa, ha portato alla tesi le seguenti quattro prove: l’uso di una lavorazione a rotella non esistente prima dell’età Flavia; tasselli di riparazione poligonali di uso romano; la pupilla a falce di luna non usata prima dei romani; una cifra latina sullo zoccolo. Un quinto elemento, invece, non è coerente: la composizione della lega: i romani usavano molto piombo. Qui siamo al 90 per cento di rame, al 9 di stagno solo all’1 di piombo. L’archeologa Caterina Greco, presente all’incontro, continua a sostenere l’origine greca.
Modello 3D dell’ariete bronzeo

Esposto nel 2016, dopo il restauro, con un titolo preso a prestito dal cinema anni Sessanta, “Il magnifico cornuto”, il nostro ariete, già star a Piccadilly nella mostra “Bronze”, adesso è al primo piano del Salinas, di nuovo invisibile ai visitatori, in attesa della gara di appalto che porti a completare il nuovo allestimento del museo, dopo quello fruibile del piano terra. Intanto l’ariete orfano si è moltiplicato:esiste un modello in 3D fatto dall’Università di Palermo e due copie a specchio in bronzo realizzate da una matrice di stampo dalla storica fonderia Chiurazzi di Napoli e portate a Siracusa. Dovevano rimetterle all’ingresso del castello di Maniace. Ma finora non è successo. L’ariete, quello autentico, continua ad incantare, con il suo vello minuziosamente scolpito pelo su pelo, l’elegante spirale delle corna, lo sguardo fuori dal tempo.


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