Moscuzza Vincenzo senior
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Vincenzo Moscuzza senior, sacerdote, nacque a Siracusa nel 1734 e ivi morì il 2 gennaio del 1807.
Il reverendo padre Francesco Moscuzza, uomo molto pio e caritatevole, resosi conto delle straordinarie qualità intellettive del ragazzo, figlio di un suo congiunto, lo volle avviare alla vita religiosa e lo fece ammettere al seminario di Monreale , che allora era uno dei più celebri. Nel seminario di Monreale le qualità di mente e di cuore che aveva intraviste il religioso suo parente si rivelarono pienamente ed egli destò la meraviglia di tutto quel pio istituto da cui ricevette una rara formazione sia religiosa che culturale. Ordinato sacerdote, ritornò a Siracusa, si distinse subito per il suo ingegno pronto e vivace che sapeva perfettamente fondere con la funzione religiosa, diventando uno dei migliori maestri di eloquenza. Tommaso Gargallo (25 9. 1760 - 15.2.1843) che lo ebbe come maestro e ne ammirò la profondità del sapere e l’esemplare suo modo di comportarsi con i giovani, lo riconobbe come un uomo eccezionale e con viva gratitudine ne sottolineò la dolcezza del carattere e la disponibilità verso tutti, dote più che difficile a riscontrarsi in chi possiede una pur vasta conoscenza di nozioni, una grande erudizione, che però non costituiscono autentica cultura se esse non riescono a formare l’uomo intero, che è esclusivamente colui che pone il suo sapere al servizio degli altri. Egli definì il parroco Vincenzo Moscuzza “ il primo apportatore nella patria del gusto delle belle arti, delle belle lettere e della buona filosofia, uomo di mente luminosa ed analitica, dalla critica finissima, di un tratto squisito e sicuro, che avrebbe fatto dei gran voli e sarebbe stato di decoro alla nazione se non gli avesse tarpato le ali chi non può promuovere quelle scienze che non ha mai coltivato”. Il nobile poeta e letterato molto probabilmente si riferiva al torto che a Vincenzo Moscuzza venne fatto quando non gli fu conferita la nomina di curato, a cui molto teneva il colto e pio religioso. Eppure conosciamo bene che il conte Tommaso Gargallo, poeta e letterato di livello nazionale, apprezzato dai più grandi uomini d’arte e di cultura del suo tempo, compresi il Monti, Manzoni, Pindemonte.. era tutt’altro che facile alla critica positiva. Basti ricordare che quando per la venuta a Siracusa del re Ferdinando e di suo fratello, il reverendo monsignor Avolio lo pregò di dare un giudizio sui poeti siracusani per potere fare una selezione di liriche da recitare per quella circostanza e da pubblicare in elegante volume, egli rispose che nessuno dei lavori letti era degno della pubblicazione che si intendeva fare! Altro allievo prediletto fu Ignazio Avolio ( 9.7.1765- 11.3.1844) che fu condiscepolo di Tommaso Gargallo e poi divenne , parroco, canonico e pregevole storico . Di costui parliamo quando trattiamo del “ Cortile degli Avolio” in un’altra tappa della nostra toponomastica. Vincenzo Moscuzza insegnò filosofia al Seminario di Siracusa. Avendo superato brillantemente gli esami a Palermo, l’8 ottobre del 1769 fu promosso alla cattedra di filosofia morale e all’ufficio di catechista. Quattro anni dopo, nel 1773, il 19 dicembre, venne nominato parroco della parrocchia di San Giacomo e il 16 maggio del 79 1781 divenne parroco di quella, più importante, di San Paolo. Alcuni anni dopo, deluso e amareggiato per non avere ottenuto il beneficio di curato ( carica che era rimasta vuota e che egli desiderava ricoprire, come accenna il Gargallo) decise di ritirarsi dall’insegnamento di filosofia al Seminario. Così potè dedicare più tempo alla sua attività preferita: le lettere. Egli, infatti, oltre a scrivere pregevoli opere di argomento filosofico, ne scrisse diverse di letteratura e poesia. Molti suoi componimenti lirici egli stesso usò recitare all’Accademia Aretusea, della quale era socio stimato da tutti.Purtroppo, non avendo avuto nessun mecenate che si interessasse della loro pubblicazione, pochissimi suoi scritti rimangono. Tra questi possiamo ricordare l’orazione funebre che egli scrisse in morte del barone Francica Nava, che fu pubblicata dall’editore siracusano Puleyo nel 1768 . Ci sono rimaste anche alcune delle numerose poesie che egli compose in latino e in italiano, da cui possiamo renderci conto della finezza di sentimento e delle qualità artistiche da cui erano ispirate. Una delle poesie latine più riuscite appare- per i suoi versi pregevoli per contenuto e per forma, quella scritta in lode della traduzione dell’opera del Teocrito fatta dall’insigne poeta , storico e letterato siracusano Cesare Gaetani. Non ci rimane, ad esempio, il suo trattato di fisiologia, che fu molto apprezzato da chi potè leggerne il manoscritto. C’è, comunque, rimasta l’opera filosofica forse più importante che il Moscuzza scrisse: “ De actibus umanis”: un’opera densa di profonde riflessioni soprattutto morali, che dimostrano quale importanza avesse per lui l’azione umana, senza la quale tutto il sapere è vanità, contrariamente alla convinzione di Martin Lutero che soleva dire: “ Pecca fortiter, crede firmiter”, sostenendo che per la salvezza dell’uomo bastava la fede.