Adorno Mario
A
Mario Adorno, un patriota dalla personalità dinamica e ardimentosa, che osò affrontare anche il patibolo per i suoi principi, anche se questi poi si dimostrarono errati.
Il causidico Mario Adorno, martire della superstizione e della rivoluzione.
testi a cura di Arturo Messina
la lapide ricordo in piazza Duomo
il luogo del martirio
Via Mario Adorno dai numeri 27/29 di via Dione, ai numeri 56/58 di Corso Matteotti, è dedicata a un personaggio del risorgimento siracusano, che possiamo definire martire della superstizione oltre che del risorgimento italiano a Siracusa. Sempre nella stessa sfera urbana, le cui vie ricordano i più insigni personaggi del risorgimento italiano a Siracusa, vi è il Passeggio Adorno; ma quello si deve riferire non a Mario né al figlio superstite, Gaetano, ma al successivo sindaco, Gaetano Adorno, quando, come scrisse Antonio Privitera, ai suoi tempi “al forte che sovrastava la marina, sotto cui eravi l’orrido covo dei condannati alla catena---- cangiato in una bellissima ringhiera,” fu dato il nome di passeggiata Adorno.
I fatti storici riferiti a Mario Adorno si svolsero nel clima di sospetto e di rivolta che si registrarono a Siracusa in una delle più tragiche circostanze: il colera che scoppiò nel 1837 I primi casi della terribile epidemia si registrarono a Siracusa a metà giugno del 1837, fra gli abitanti del quartiere di Fonte Aretusa. Da poco era stato eletto sindaco Emanuele Francica, barone di Pancali, una delle figure più nobili che Siracusa abbia avuto nella pubblica amministrazione .Il Pancali , che faceva parte della Massoneria, nonché della Carboneria e che, anzi, aveva fondato la setta degli “Amici della Umanità”, voluta dal Chindemi: Rientrato da poco nella città aretusea, tra la stima dei liberali sia della prima che della seconda generazione, nonché di tutto il popolo, aveva molto esitato ad accettare tale carica in un momento così delicato, quando a Siracusa era molto difficile trovare un uomo che ispirasse veramente fiducia al popolo, disorientato in quel periodo dall’ingordigia e dall’incapacità di tutti i funzionari, a causa del Governo borbonico, per cui proprio a Siracusa si erano riuniti tutti i capi liberali dei maggiori centri dell’isola, che ritenevano giunto il momento di scuotere 24 il giogo della tirannia, visto che la situazione fra gli stati d’Europa era in fermento e difficilmente si sarebbe pensato a intervenire se la Sicilia fosse insorta per avere l’autonomia da Napoli. Eppure egli , pur convinto che la carica di Sindaco è “…carica scabrosa per gli onesti uomini, è ambita solo dagli uomini che ne fanno lucro…” accettò per il bene del popolo, il quale ne era entusiasta per le sagge delibere da lui prese a suo favore, quali quella del ribasso del pane e della farina. L’ignoranza trova sempre strada nei momenti più adatti ai pregiudizi e comincia a insinuarsi il sospetto che ilo morbo si propaghi per volere del Governo, per punire il popolo che soffre e non vuole stare al giogo del potere, mentre i ricchi che sono d’accordo con i Borboni “se la spassano sani e salvi” E in questo avanzare micidiale del colera e il malumore del popolo, per quanto il Pancali si prodigasse senza badare a pericoli di contagio e a sacrifici per sollevare aiutare e confortare il popolo, il sospetto e la ribellione si fanno sempre più vivi. Mario Adorno si mette a capo della rivolta siracusana A metter fuoco sulla legna fu proprio Mario Adorno. “ Il causidico Mario Adorno, padre di numerosa famiglia- così ne parla il Privitera- uomo di merito, di estesa clientela, bello e venerando nella persona, soave e facondo nel dire, saldo nei suoi propositi, liberale per sentimento… caldo nell’accesa fantasia ispirava col fascino della sua parola nell’animo di chi l’udiva non solo la credenza del veleno, ma impegno altresì di scoprire gli autori. Il Chindemi in “ Siracusa dal 1826 al 1860” ce lo presenta come un uomo fornito di buona prontezza di spirito, di facile parola e di spirito giovanile, malgrado i suoi 63 anni, convinto più di ogni altro che il male derivasse da un veneficio fatto diffondere dalle autorità governative per punire ed eliminare la gente .. Così divenne il capopolo della rivolta e l’investigatore accanito degli untori… A Siracusa in quel frangente si registrava la più sconcertante confusione: i liberali, non sapendo cosa succedesse nelle altre città isolane, essendo tagliati fuori da ogni comunicazione cercavano di esortare alla calma i popolani che divenivano sempre più esasperati e decisi a ribellarsi, assetati di vendetta, contro il malgoverno… Già i primi segni di rivolta si registrarono dal 18 luglio , giorno in cui Catania insorse, sotto la guida del Fernandez e del Tornabene, e le prime vittime caddero sotto i colpi della folla inferocita. Ma le cose precipitarono quando venne divulgato il famoso manifesto di Mario Adorno che gridava alla rivolta contro il Governo assassino che aveva diffuso il colera per eliminare chi aveva intenzione di ribellarsi. Quello fu il momento più drammatico e assurdo di tutto l’episodio. Il Sindaco Emanuele Francica Pancali, che stava nel mezzo tra il popolo ed il Governo, non avrebbe voluto firmare quel manifesto che incitava pubblicamente alla rivolta e lo coinvolgeva. Ma non potè sottrarsi dal fare la volontà dell’Adorno e dei tantissimi suoi seguaci. Riunitisi in piazza minacciosi. Così acconsentì ad aprire il processo contro i presunti untori. Un certo Schwentzer Lepyk detto Cosmorama, che stranamente confessò di essere untore, venne ucciso in carcere dai rivoltosi e si ebbero diverse uccisioni di funzionari del Governo Borbonico E fu la rivolta che doveva diffondersi per tutta la Sicilia, ma che non produsse affatto i risultati sperati perché non insorse, assieme a Siracusa, che la sola Catania. Per cui fu gioco facile al Governo sedarla nel sangue. Alla notizia della rivolta scoppiata anche a Catania, erano insorti numerosi paesi del- 25 la provincia di Siracusa. Come venne punita Siracusa. Fucilazione di Mario e Carmelo Adorno Solo a Noto la situazione si manteneva calma. E Noto sarà poi premiata dai Borboni con la concessione del capoluogo, di cui fu spogliata Siracusa. Mario Adorno, postosi a capo della rivolta contro i Borboni, cercò di mettersi in contatto con i cospiratori delle altre città, mandando degli uomini fidati a chiedere informazioni a Catania, a Messina, a Palermo. Ma la notizia che subito giunse fu quella che il Governo Borbonico già si era mosso con tutta la sua rabbia per sedare la rivolta e punire i rivoltosi: aveva infatti dato l’incarico di intervenire con un forte contingente e stava già per giungere il Ministro della Polizia , alto Commissario e alter ego del Re, marchese Del Carretto . L’8 agosto è già a Siracusa e l’indomani mattina chiama a rapporto anche il Pancali ; emana l’ordinanza che obbliga tutti i cittadini siracusani di consegnare le armi, pena .la morte e tutti quelli che sono usciti dalla città di ritornare immediatamente, pena lo scassinamento delle loro abitazioni. Cominciano gli arresti e i processi . Nella sola Siracusa ben 115 sono i patrioti deferiti alla corte militare: tra questi c’era anche il Chindemi, ma egli in quella occasione venne prosciolto perché risultò che nei giorni della rivolta non era in città. Comunque, la Polizia tanto fece che trovò un qualsiasi pretesto per arrestarlo e processarlo; così fu rinchiuso in carcere per nove mesi e sette giorni. Il padre, la madre, la sorella Concetta, costretti a rientrare in città, furono colte dal terribile morbo e morirono.. Il Pancali fu condannato solo a 10 anni di domicilio coatto nei suoi poderi., perché fu riconosciuto che avesse agito in stato di costrizione. Le ire della Commissione Militare per il Consiglio di Guerra in Siracusa si riversarono allora su Mario Adorno e su suo figlio Carmelo.; furono sottoposti a lungo ed estenuante interrogatorio. Quando furono invitati a scegliersi un avvocato difensore, entrambi scelsero l’avv. Don Giuseppe Failla. Il processo di svolse nel salone del Castello Maniace Ce ne tramandò lo svolgimento Gaetano Adorno, figlio superstite di Mario , il quale riferì che se tutto venne condotto con il più scrupoloso rispetto della legalità dal Giudice Istruttore Francesco Mistretta, si sapeva benissimo come sarebbe finito: con la condanna a morte sia di Mario che di Carmelo Adorno, giacchè si cercava un capro espiatorio e quello si era già designato chi sarebbe stato. La morte da eroe di Mario Adorno: assistette prima alla fucilazione del figlio Dice Vittorio Guardo nella sua pregevole opera su “ Emanuele Francica – barone di Pancali- Lotte e ideali nella Sicilia Borbonica” che, tranne il Bufardeci,( in “ Le funeste conseguenze di un pregiudizio popolare”, Firenze 1868) nessuno ha scritto una sola parola che possa adombrare la pura personalità di Mario Adorno che, se nel processo attribuì a sé ogni responsabilità, scagionando ogni altro, fu- come dice il Parlato- nell’ultimo suo giorno un eroe < Obbligato da crudeltà brutale di assistere al supplizio del figlio suo, col quale ebbe comune il tragico supremo momento, seppe vincere tutto lo strazio atroce…> Egli stesso incoraggiò nel passo fatale, con ferma voce… lo spirito smarrito del suo Carmelo; lungo la via che li portava a morire… rompendo tutte le regole del cuore, tutti i comandi di natura, lo fe’ degno di salire alla espressione più alta delle bellezza morale… piangevan tutti! Egli solo guardò con ciglio asciutto l’uccisione del suo figliolo; e poi volse lo sguardo al popolo, che 26 assisteva commosso allo spettacolo orrendo, e senza lamento e senza benda agli occhi, fu fucilato alle spalle… solenne e luminoso esempio di come si affronti il martirio della tirannide. La fucilazione avvenne in Piazza Duomo il 18 agosto 1837. Il popolo assistette fremente e ci furono alcuni popolani che decisero di vendicarsi uccidendo il Del Carretto Lo avrebbero fatto mentre egli si recava a Noto per essere ringraziato dell’atto di…. generosità compiuto nel nominarla capoluogo al posto della ribelle Siracusa. Fu per merito del Pancali, che mantenne sempre il suo alto ascendente nell’animo della popolazione siracusana che li dissuase, facendo loro capire che quella vendetta avrebbe attirato altra peggior vendetta da parte del Governo Borbonico. Non si è mai saputo chiaramente perché Mario Adorno odiasse a morte il Pancali, pure essendo entrambi liberali; odio che già si notava fin dai moti del 1820/21 Lo afferma il figlio Gaetano Adorno in “ Mario Adorno e le false accusa del Sac. Emilio Bufardeci” quando nel criticare il Bufardeci per il giudizio negativo espresso nei confronti del padre, lo biasima soprattutto per il giudizio troppo ruffiano espresso dal Sacerdote politico stesso nei confronti del Pancali. Forse la causa di quell’avversione intende farcela intuire nel passo in cui cita l’opinione del Calvi: “… Un Mario Adorno, uomo di curia, cuor libero e puro, o solo, o pressoché solo nella corrotta sua casta, impugnava la penna, e quel famoso bando dettava, che ben presto circolando per tutta l’isola accrescea a più doppi l’universale abominazione pel nefando Governo…”-< Calvi non conosceva mio padre, né poteva così esprimersi senza le informazioni attinte dagli esuli suoi colleghi, e forse dallo stesso Pancali, ed in Malta ove fu scritta quella storia, e dove vivevano e Calvi e Pancali…> Quell’accenno alla sua corrotta casta, è forse la chiave dell’avversione che l’Adorno nutriva per il Pancali: l’Adorno sapeva che il Pancali, separato poi dalla moglie per incompatibilità di carattere, aveva un’altra donna ! E ciò davanti agli occhi dell’integerrimo amico era intollerabile; tanto vero che lo stesso giudizio ne esprime Gaetano Adorno quando dice: “ Il nome del fu barone Pancali, che con rispetto e venerazione pronunciamo, come privato cittadino, mi duole il dirlo, colpa di chi mi vi ha tirato pei capelli, non è lodevole in quanto a morale.” E qui si aprirebbe quella polemica che oggi è così viva nel porre i limiti giusti tra la trasparenza e la riservatezza, l’obiettività totale e la privacy, tra coloro che, come gli Americani, ci tengono acchè un politico abbia un comportamento esemplare sia ufficialmente che privatamente e non ammettono sexy-gate alla Clincton, e coloro che invece pretendono di affermare che un conto è la sfera privata di un politico e un conto è il suo comportamento politico. Strano, comunque, che un prete come l’abate Bufardeci (non scandalizzandosi affatto e non tenendo in alcun conto il fatto che il Pancali si mantenesse un’amante e vivesse separato dalla moglie) ritenesse il barone la persona più dignitosa e rispettabile di Siracusa, mentre pare che avesse il degno avvelenato e non si lasciasse sfuggire occasione per esternare le critiche più aspre contro Salvatore Chindemi e soprattutto contro Mario Adorno, la cui famiglia, ciò malgrado, è stata una delle più rispettabili nel passato e lo è fino ad oggi, a Siracusa e in provincia