Lanza Raffaele
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Raffaele Lanza fu uno dei più stimati, accesi, intraprendenti e audaci patrioti siracusani.
Fu sindaco di Siracusa dal 1885 al 1889.
vedi anche: https://www.antoniorandazzo.it/nobili/lanza.html
Raffaele Lanza fu uno dei più stimati, accesi, intraprendenti e audaci patrioti siracusani. Quando a metà giugno del 1837 si sparse la voce a Siracusa – dove allora si erano già manifestati i primi casi di colera fra gli abitanti del quartiere di fonte Aretusa- che la città di Messina si era ribellata contro i Borboni, egli con altri due patrioti siracusani fu scelto- appunto perché doveva avere molte conoscenze e alcuni parenti in quella città- per andare ad incontrare segretamente i patrioti a Catania, per avere conoscenza della situazione politica nelle città siciliane, se queste erano effettivamente insorte e concordare che cosa bisognava fare. Qualche mese prima, infatti, proprio a Siracusa si erano riuniti i maggiori rappresentanti liberali dell’isola, come il messinese Carlo Gemelli, il palermitano Giovanni Denti Piraino, il catanese Gabriele Carnazza, con l’obiettivo di formulare un programma comune per la lotta contro il governo borbonico. Un’avventurosa impresa del giovane Raffaele Lanza Racconta Salvatore Chindemi in “Siracusa dal 1826 al 1860“ che, purtroppo, la missione non potè essere condotta a termine perché, arrivati al fiume Simeto, Lanza e i due compagni non trovarono la barca che doveva traghettarli all’altra sponda, per potere proseguire il viaggio, ma scorsero i gendarmi pronti a sparare su chiunque tentasse di guadare il fiume: c’era, infatti il blocco per impedire che il colera si espandesse. Il Lanza fece in tempo a evadere, con i suoi compagni, la sorveglianza delle guardie in quel tratto di riva e riuscì a portarsi a un altro punto e a guadare il fiume eludendo la sorveglianza dei gendarmi. Tuttavia la prodezza non gli servì a nulla perché la gente del luogo, avendo paura che si trattasse di contagiati dal colera, li cacciò via. Impossibilitato, pertanto a proseguire, cercò una persona alla quale affidare il compito di recare il messaggio a Catania; ma non essendogli possibile avvicinare alcuno, dovette fare ritorno a Siracusa con i suoi compagni. La rivolta siciliana, suscitata a Siracusa da Mario Adorno (che per suscitare maggiore odio contro il governo borbonico convinse il popolo che era proprio il governo a favorire la diffusione dell’epidemia prezzolando degli untori…) fu sedata dal Del Carretto ferocemente, con la morte dello stesso Adorno, del figlio Carmelo, di un Lanza e di altri patrioti. Gli esponenti siciliani del movimento mazziniano che riuscirono a sottrarsi alle ire del feroce giustiziere borbonico presero la via dell’esilio. Raffaele Lanza, che era tra i 115 proscritti siracusani, si rifugiò a Malta. Malta era infatti il centro dove si riunivano i proscritti provenienti da tutte le parti per porsi in salvo e organizzare dall’esterno la riscossa e la lotta di liberazione, inviando messaggi segreti in patria. Lanza fu tra questi patrioti e già nel 1840 fu il primo a mettersi in contatto con i liberali delle altre città siciliane e gli altri patrioti proveniente da tutta Italia. La farmacia di Luigi Cassia: “rivendita” della società segreta Lanza si teneva in contatto con Siracusa inviando i messaggi presso il dott. Luigi Cassia, la cui farmacia costituiva il punto di riferimento per i patrioti della città, dove avevano fondato la società segreta “La Coccarda”, i cui capi erano Salvatore Chindemi e il Sacerdote Francesco Serafino, oltre al Cassia e, ovviamente, al Barone Pancali. E proprio al fianco del Chindemi e del Pancali fu scelto deputato, dopo la rinuncia di Mariano Stabile, a rappresentare Siracusa al Parlamento Generale di Palermo ( che era stato costituito la prima volta nel 1812 ) quando a Palermo si ricostituì il 12 gennaio del 1848 e si formò il Comitato Provvisorio che dichiarò l’indipendenza della Sicilia, sotto la presidenza di Ruggero Settimo, in onore del quale- nella stessa zona di Ortigia la cui toponomastica è dedicata ai grandi siracusani, a partire da porta marina -venne dedicata una via . Allora Raffaele Lanza venne scelto in seno al Comitato Segreto formatosi a Siracusa. 76 Quando, il 25 aprile dello stesso anno 1848, fu aperto solennemente a Palermo il Parlamento Generale, Raffaele Lanza vi fu inviato come delegato assieme all’abate Don Emilio Bufardeci. Fu in quella circostanza che essi ottennero che a Siracusa fossero restituiti i diritti di Capoluogo, che il Governo Borbonico le aveva tolto per darli a Noto, nel 1837 per punirla della ribellione, di cui aveva pagato il fio con la “ moschettatura” degli Adorno padre e figlio e di uno dei Lanza. Sedata, purtroppo, anche questa rivolta e avvenuta la disfatta, Raffaele Lanza, che aveva combattuto nella sfortunata difesa di Catania ed assieme ai suoi soldati era stato costretto a ripiegare su Siracusa, si ritirò a Castrogiovanni. Lì vi era rimasta ancora una piccola guarnigione siracusana e quando Salvatore Chindemi, anch’egli in fuga, si rifugiò nella stessa guarnigione, il Lanza gli mise a disposizione denaro, vitto e aiuto, pregandolo di rimanere lì in salvo. Ma sappiamo che il prof. Chindemi preferì recarsi ad Aidone, dove aveva una sincera amica, la signora Mascari, e dove c’era Vincenzino Cordova, e tra le montagne della provincia di Caltanissetta stette per parecchio tempo, travestito da pastore. Quando Raffaele Lanza decise di mettersi in salvo a Malta, come aveva fatto nel 1837, come tanti altri proscritti, invitò, anche in nome degli altri patrioti, il Chindemi a sottrarsi al grave pericolo di cadere in mano della polizia, e il Chindemi accettò e vi si recò assieme al suo amico Vincenzino Cordova. Lo stesso Chindemi nella sua opera citata racconta che Lanza “con tutto il trasporto del cuore e con quell’entusiasmo che usa mettere in tutte le buone opere che fa” si premurò a farlo accogliere nell’isola, visto che il professore era sfornito di passaporto, e gli trovò ospitalità in una casetta di Nisida. Raffaele Lanza Governatore del Distretto di Siracusa Lì il Lanza attese tempi migliori per le sorti della sua Siracusa, della Sicilia, dell’Italia tutta. E i tempi maturarono undici anni dopo, nel 1849, con la Seconda Guerra d’Indipendenza e l’anno successivo quando Garibaldi sbarcò a Marsala per liberare il Regno delle Due Sicilie dalla tirannia borbonica. Moltissimi Siracusani risposero all’appello garibaldino e combatterono eroicamente nel nome dell’Italia. Giuseppe Garibaldi nominò Governatore del Distretto di Siracusa prima Antonino Monteforte, che stabilì la sede a Floridia, che sostituì dopo appena un mese con Raffaele Lanza. Questi si diede a svolgere con grande perizia, “con fede e amore”, l’opera amministrativa che aveva iniziato il Monteforte e, pur se i tempi erano così difficili anche e soprattutto dal punto di vista economico, riuscì a mandare a Palermo un consistente contributo per le spese di guerra. Raffaele Lanza riorganizzò pure la Guardia Nazionale per la sicurezza pubblica e appena rimesso piede a Siracusa seppe andare incontro alle più urgenti necessità amministrative con saggia politica fiscale, esortando con un manifesto i cittadini tutti a collaborare attivamente alla causa della libertà ciascuno secondo le proprie possibilità, perché “ … la libertà esige sacrifizi e longanimità…” Fu per l’opera decisa e nello stesso tempo equilibrata che potè essere liberata la piazza di Siracusa; fu lui che con la sua prudente azione riuscì a convincere il generale Lo Cascio a lasciare con le buone “ l’ultimo cariato avanzo di un dominio già spento”, dopo che vi era sta- 77 to da parte di altri un vano tentativo di risolvere la delicata questione ricorrendo a una petizione presso i Consolati di Francia, Inghilterra, Austria, Russia, Spagna e Sardegna, petizione che non aveva dato esito. Quando, infatti, il Lanza dalla sede di Floridia era giunto a Siracusa, prendendo alloggio nella villetta dell’abate Emilio Bufardeci, vi si erano radunati coloro che cercavano di risolvere quella questione, di convincere, cioè, il nicchiante Lo Cascio , che chiedeva che almeno gli si lasciasse il comando della piazza d’armi. Raffaele Lanza riuscì a fargli firmare finalmente un accordo: il generale di obbligava a lasciare subito la piazza e il Governatore Lanza si obbligava a provvedere alla guarnigione i mezzi di trasporto per ritirarsi a Napoli. A esito felice avvenuto, il Governato Lanza si congratulò con i concittadini pubblicando un manifesto, in cui lodava la loro fermezza ma li esortava a “ non considerare nemico il soldato di Napoli, bensì fratello”. Quando il 21 ottobre 1860 vi fu il plebiscito e tutti i Siracusani votarono per l’annessione, eccetto il voto contrario dell’abate don Emilio Bufardeci, (che forse per questo in seguito venne trombato quando si presentò candidato al Primo Parlamento Italiano!) Raffaele Lanza con Gaetano Adorno Zappalà (quello che in seguito fu nominato senatore del Regno) Antonio Failla, Salvatore Chindemi e Filippo Cordova si recarono dal Re a presentarne l’esito. Fu in quell’occasione che le donne siracusane vollero dimostrare di sentirsi pienamente coinvolte nella causa dell’Unità d’Italia. Esse indirizzarono al Re Vittorio Emanuele II un loro messaggio, dichiarando, fra l’altro: “Le donne di Siracusa, della città che è la vedetta meridionale della Vostra Italia, non debbono rimanere ultime nel pronunciare quel Sì che è uscito unanime dalle urne della loro patria, ed alle quali la legge chiamò solo gli uomini.” Via Lanza: vicino al mercato e al palazzo delle poste
a lui è intitolata la via che collega Riva della posta a via De Benedictis