Gaetani Cesare
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Cesare Gaetani della Torre, nacque a Siracusa l’8 agosto del 1718, dal conte Onorato e da Francesca Gaetani di Layatico e il 26 agosto 1805 morì ivi il 26 agosto 1805.
Archeologo, traduttori di Classici, Poeta e Storico, testi a cura di Arturo Messina
A lui è intitolata la via Cesare Gaetani in Ortigia: va dai numeri 19-20 di Piazza Duomo. Cesare Gaetani della Torre nacque a Siracusa l’8 agosto del 1718, dal conte Onorato e da Francesca Gaetani di Layatico. Nella sua nobile famiglia già si annoveravano uomini insigni come Ottavio e Costantino Gaetani, del Cinquecento. Fin da piccolo dimostrò l’eccezio9nalità del suo talento, per cui fu mandato a Palermo, a seguire l’insegnamento del chiarissimo gesuita Padre Anton Maria Lupi, famoso conoscitore di lettere classiche e scrittore, che gli trasmise la sua stessa passione per lo studio della storia e dell’archeologia, nonché per la limpidezza dei versi. Molte prove diede del suo straordinario e precoce talento nell’Accademia del suo maestro; purtroppo quelle prime testimonianze e quelle prime pubblicazioni furono perdute. Basti, comunque, dire che, avendolo ascoltato ed essendosi reso pienamente conto del suo straordinario talento il Mungitore si rivolse al reverendo rettore di quel collegio e gli disse espressamente queste parole: “ Fate conto di questo giovanetto che di sé fa sperar lietamente.” Compiuto a Palermo il corso di studi in modo impareggiabile, ritornò alla sua Siracusa, continuando a percorrere la splendida via cui l’insigne maestro l’aveva indirizzato, senza farsi per nulla distrarre dai futili interessi che generalmente attraggono quasi tutte le persone di quella giovane età. E pur essendo il rampollo di una delle più nobili famiglie di Siracusa, tenne sempre un comportamento esemplare, modesto, sempre attento agli intramontabili e insostituibili valori ideali, e non agli interessi materiali, assiduamente applicato allo studio e alla ricerca degli argomenti più elevati. Egli , tra le prime e più importanti opere che pubblicò allora fu una dissertazione storico critica “Intorno alla origine e alla fondazione della chiesa siracusana” a partire dal Principe degli Apostoli, San Pietro, stampata nel 1784, in cui sostiene che S. Marziano fu delegato da san Paolo a Vescovo di Siracusa, come s. Pancrazio a Taormina.Numerosi altri argomenti aggiunse a quella dissertazione e svolse , che fornirono importanti notizie a coloro che si interessarono di storia sacra continuando l’opera di Rocco Pirro.Nel 1745, all’età di 27 anni, si innamorò di una giovane siracusana ed avrebbe voluto sposarla; ma l’orgoglioso suo padre, non ritenendo che lei fosse degna di suo figlio, di così nobile casato, si oppose fermamente. Cesare allora indossò l’abito talare, e dichiarò di volersi fare prete se ancora il padre gli avesse impedito di portare all’altare quella virtuosa fanciulla. Il padre, considerata la sua ferma volontà, finalmente accondiscese alla nozze. La sua straordinaria attività didattica archeologica, poetica e storica Il 2 dicembre del 1767 Bernardo Tanucci, il tutore del giovanissimo Ferdinando IV, emanò il decreto di espulsione dei Gesuiti da tutto il Regno di Napoli, cui seguì, nel 1773, la bolla papale di Clemente XIV con cui la Compagnia di Gesù veniva temporaneamente sciolta. Tutti i beni dei Gesuiti furono assegnati o per il culto o per la pubblica istruzione. Il Gaetani, la fama della cui ineguagliabile cultura e bontà si era già diffusa dovunque, fu nominato custode della libreria della Compagnia di Sant’Ignazio da Loyola e poco dopo governatore e rettore dell’Accademia e del convitto dei nobili giovanetti, per delibera del vicerè, marchese Fogliani. Egli in Accademia fu chiamato “ il Pastore Arcade aretuseo” Infatti nell’ex Collegio gesuitico nel 1769 furono aperte scuole laiche pubbliche, gestite e finanziate esclusivamente dal Senato siracusano, la cui direzione fu affidata al Gaetani . I programmi scolastici furono formulati sul modello di quelli di Palermo e delle altre città della Sicilia. Furono create quattro facoltà: morale, storia sacra e profana, teologia dogmatica e liturgia, che furono affidate a quattro insegnanti ecclesiastici Ad esse furono aggiunte altre sei cattedre: filosofia, matematica, greco, retorica, aritmetica e calligrafia, più tre di latino. Alla cattedra si accedette per pubblico concorso. Il Convitto affidato alla direzione del Gaetani fu detto Convitto Reale e vi si mantenevano gratuitamente venti convittori provenienti da famiglie aristocratiche ma in cattive condizioni economiche; lo frequentavano altri giovani di famiglia gentilizia facoltosa ma a pagamento. Nel 1778 il Convitto Reale di Siracusa, come quello di Catania e Trapani, fu trasformato in Accademia, sempre sotto la direzione del Gaetani. Il Collegio divenne il Palazzo del Governatore: per questo ancora quella via vien detta dai Siracusa “ ’a calata d’’o Guvernaturi”. Fu in quel periodo che alcuni operai, mentre scavavano una fossa per la calce, trovarono alcune stanze con il pavimento di marmo, in una delle quali c’era un bellissimo busto femminile di pregiato alabastro. Il Gaetani fu incaricato dal Governo di curare quella campagna di scavi e scoprì che quella stanza era un bagno, dove trovò anche una stufa antichissima, conforme al tipo descritto già da Vitruvio. 135 Da allora egli intensificò la sua attività di archeologo e si dedicò con la più viva passione a sempre nuove ricerche e pubblicazioni, scandagliando grandissima parte del sottosuolo dei vari quartieri di Siracusa, che gli fruttò la scoperta di moltissimi e importantissimi reperti. I suoi studi e i suoi ritrovamenti destarono l’interesse dei più insigni archeologi e viaggiatori del suo tempo, come il Sestini, Enrico Swinburnd, il conte di Boch, il conte di Bridon e altri famosi stranieri, con cui tenne una fitta corrispondenza. Pubblicò anche gli atti di Santa Lucia con la vita descritta dal canonico Di Giovanni, dopo averli tradotti e commentati. Altre opere importanti : “ La vita di Giuseppe Veneziano”, l’eremita di Grottasanta. ( 11766), “ Dissertazione sopra un antico idoletto di creta”, inserito negli opuscoli siciliani; “ Sui piombi antichi mercantili”; “ Sapra un antico cammeo che conservasi nel cimelio posto nel santuario di santa Lucia”; ” Sopra un antico dittico”; “ Memoria sull’antico teatro greco e gli antichi acquedotti di Siracusa”… Pur dedicandosi così intensamente alla ricerca archeologica e agli studi storici, trovò sempre il tempo per dedicarsi anche alla poesia e alla musica. Tradusse in ottimi versi parecchi classici greci di Siracusa, come Bione, Mosco e Teocrito, e tali traduzioni gli procurarono il plauso dei migliori letterati italiani. In seguito ottenne la cattedra di Latino e dalle sue lezioni e traduzioni scaturì il poema didascalico intitolato “I doveri dell’uomo”, dove metteva in luce le sue rare qualità di poeta e di filosofo. Tale opera venne stampata a Siracusa dalla Tipografia Vescovile Puleyo nel 1797. Uno dei suoi idilli più riusciti fu quello ispirato alla pesca, che egli amava tanto, recandosi a trascorrere qualche giorno di estate a Fontane Bianche, dove c’era una tonnara. Compose anche parecchi drammi: “ Il sacrificio di Gefte”,che poi musicò Giambattista Arezzo, “ La forosetta”, “ Il vaticinio di Tobia”, “ Il giudizio di Salomone”, “ “ Mosè bambino” “ Il martirio di santa Lucia”, “ La luce degli occhi”, “La scala di Giacobe”, “ Gli amori di Aretusa e di Alfeo” e diversi altri. Molte opere sacre non furono pubblicate. Altre ne musicò pure in seguito Vincenzo Moscuzza. Nell’Accademia aretusea si dedicava alla formazione culturale e morale dei giovani dimostrando oltre che una straordinaria cultura, un grande amore per i suoi discepoli, sì da accattivarsi la più grande venerazione da parte di tutti. Con il vescovo Alagona si dedicò alla fondazione della biblioteca che dal vescovo prese il nome. Si dedicò pure all’attività amministrativa della città aretusea con grande cura e correttezza, sì da dare l’esempio a tutti. Per arrivare a compiere tutto questo insieme di attività varie si alzava ogni mattina prima del sole, dopo breve sonno. Dopo di avere ascoltato la santa messa nella vicina cattedrale, se non si doveva recare a insegnare, si ritirava celermente a casa, senza concedersi nemmeno una passeggiata e si sprofondava nei suoi studi fino all’ora di un parco pranzo; dopodiché riprendeva la sua attività o di studio o di ricerca, o delle sue letture preferite, come Dante e l’Ariosto, fino a tarda sera. Ciò fece fino all’ultimo dei suoi giorni, quando la morte sopraggiunse il 26 agosto 1805, nel compianto di tutta la città che si vestì a lutto. Ce lo tramandano come un uomo di bassa statura, con gli occhi scintillanti, dal passo lento, meditativo, disponibile con tutti, caritatevole.