zona Duomo - ortigia heritage

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
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5 - LA ZONA DEL DUOMO
Scheda introduttiva
La Piazza del Duomo è il nodo urbanistico di Ortygia, quell'ambiente di vita nel quale i siracusani di ogni tempo sono stati spettatori ed attori di una storia umana ricca di vicende a volte gloriose, altre volte drammatiche. Luogo di riunioni in tempo di festa e di gioia popolare, punto di riferimento in tempo di crisi e di epidemie. Luogo per le esaltazioni religiose, mercato di di panni, ospedale all'aperto: ambiente polifunzionale senza una vocazione specifica.
Luogo di incontri poiché unico spazio libero all'interno della città fortificata; nodo urbanistico poiché meta delle vie pricipali che si partivano dalle porte della città: la Via Diohe e l'ex Via dei Bottari provenienti dalla Porta di Terra, la Via Carceri Vecchie proveniente dalla Porta di Mare, la Via Picherali proveniente dalla Porta Saccaria situata in prossimità della Fonte Aretusa; ambiente di vita poiché spazio umano aperto all'uomo ed alla proiezione sociale delle sue attività, del suo pensiero, dei suoi sentimenti.
La sua posizione decentrata è dovuta al vescovo Zosimo il quale stabilendo l'attuale orientamento del Duomo eliminò lo spazio antistante il tempio greco dal lato della via sacra e stimolò la crescita di una dilatazione spaziale dal lato opposto. Tale scelta guidata da criteri religiosi sull'orientamento delle chiese non influì molto sull'antica planimetria di Ortygia ed infatti l'attuale piazza non è che uno slargo dell'antico tracciato Via Landolina (già Gioberti) - Via Picherali (già Maniaci).
Per settore del Duomo in questo studio ho inteso denominare quella zona del centro storico compresa tra le vie Amalfitania, Roma, Capodieci e la Passeggiata Aretusa: zona caratterizzata da un insieme complesso di architettura nobiliare frammista ad architettura religiosa (10 chiese in tutto il settore fino alla seconda metà del sec. XIX).
5/A - ANALISI STORICA.
Con il trasferimento della sede vescovile e della Cattedrale dall'antica sede di San Giovanni extra-moenia alla nuova sede di Ortygia (sec. VII), l'area antistante il Duomo prese un particolare significato urbano: divenne centro della vita cittadina e sede ideale delle residenze gentilizie. Il trasferimento della Cattedrale e del Vescovado fu attuato per motivi di sicurezza, giacché continue erano le invasioni sulla costa di Acradina, e fu favorito dall'esistenza di una struttura architettonica di modulo monumentale (il Tempio dorico dedicato ad Athena). La costruzione dei palazzi gentilizi è spiegabile con la posizione favorevole della piazza il cui livello altimetrico, superiore ad ogni altro punto di Ortygia (la Piazza è collocata ad oltre 15 metri di altezza, sulla terrazza naturale che si proietta sul Porto Grande), conferisce una felice esposizione alle residenze.
La dimensione delle strade vicine alla Piazza fu in ogni tempo mantenuta larga. Significativo è il caso della Via Minerva (già Piazza Minerva) in cui la Chiesetta aragonese di San Sebastianello (demolita nel 1963) già nel Quattrocento era distante dal colonnato settentrionale dell'Athenaion ben nove metri, e sono molti se si pensa che la Via Dione (asse della città) è larga solo 3,5 m.
La Via Minerva fu confermata nelle sue dimensioni anche nel Seicento, si veda infatti il sito del Palazzo del Senato. Ciò avveniva nel rispetto del Duomo, infatti oltre il colonnato greco la Via Minerva si restringeva per dare appunto una maggiore sensazione di spazio lateralmente al tempio. È del primo quarto del nostro secolo l'abbattimento degli edifici che restringevano ad est la Via Minerva.
Nel Seicento e nel Settecento la Piazza prese la configurazione attuale: i vescovi ed i signori, senza un piano preordinato ma con delle idee ben precise sulla composizione urbanistica dell'insieme, vi promossero la costruzione di chiese e di residenze gentilizie, quest'ultime disposte ad emiciclo dinanzi al Duomo e al Palazzo Vescovile e ciò per un mutuo rispetto architettonico e per la composizione di una scenografia sui generis. L'attuale sagoma della pianta della gradinata del Duomo inganna poiché fa erroneamente pensare che gli edifici facciano da corona solo al Duomo; essa in effetti è recente (la gradinata antica, sostituita nel nostro secolo, era a pianta rettangolare e non aveva la pretesa di creare giochi concentrici attorno a sé).
D'altra parte se si considerasse solo il Duomo fulcro della Piazza non si spiegherebbe il significato dello slargo dinanzi al Palazzo Toscano e neppure la assialità tra l'imboccatura della Via Carceri Vecchie e il settore centrale del prospetto del Palazzo Vescovile.
A parte i rapporti di interdipendenza tra gli edifici c'è da lire che l'insieme architettonico attuale, ricco di espressioni plastiche e di giochi chiaroscurali, si coagulò nel periodo barocco secondo quello stile passionale e avvinghiante che anima il volto stesso della città aretusea.
5/B - ANALISI URBANISTICA DEL SETTORE DELLE VIE AMALFITANIA, ROMA, CAPODIECI E PASSEGGIATA ARETUSA
Anche il settore del Duomo è delimitato dal cardo (Via Roma) e dal decumano (Via Dell'Amalfitania) dell'antico tracciato greco-romano. È un rettangoloide caratterizzato da strade di brevi dimensioni ma più larghe, rispetto a quelle degli altri quartieri, e quasi tutte convergenti nella Piazza del Duomo.
Il settore in quanto sede della Cattedrale, del Vescovado, della Camera Reginale e poi del Palazzo del Senato, ha avuto in ogni tempo una configurazione architettonica caratterizzata da un modulo costruttivo monumentale. Tale modulo fu adottato dai greci (col Tempio di Athena), fu confermato nei secoli XIV e XV e poi nel Settecento quando, dopo il terremoto del 1693, si progettarono le nuove residenze calcanti le antiche nel perimetro di fondazione (fattore costante per quasi tutta Ortygia relativamente all'edilizia civile). Anche l'architettura religiosa ebbe modulo monumentale ma a differenza di quella civile non sempre rispettò i perimetri dei vecchi fabbricati. Interessante è l'esempio del Collegio dei Gesuiti che sorse su un vecchio tracciato e portò alla creazione di una nuova strada nel 1649 (l'attuale Via del Collegio già Pace).
Per la rinascita architettonica settecentesca furono chiamati ad operare ingegneri, architetti e capi mastri di provate capacità: Luciano Caracciolo (Badia di Santa Lucia), Andrea Palma (Cattedrale), Pompeo Picherali (Cattedrale e San Benedetto), Luigi Alessandro Dumontier (soprelevazione del Palazzo Arcivescovile), Luciano Ali (Palazzo Beneventano Bosco). Alcuni di essi si formarono proprio durante la fase della ricostruzione che durò per tutto il Settecento. Tipico è il caso di Luciano Alì che per molto tempo ed in varie occasioni lavorò alle dipendenze dell'ingegnere francesce Dumontier. L'Ali traduceva nella pietra i disegni del francese e da questi non poteva che ricevere elementi per la sua formazione. Nel 1779 sarà però chiamato Caput Magister Fabri- carum Urbis ed avrà affidati lavori di primo piano.
L'architettura residenziale del Settecento seguiva una pista ben precisa dal punto di vista compositivo: quella vermexiana. Il sistema distributivo dei Palazzi di Giovanni Vermexio fu infatti modello di costante riferimento. Minore influenza ebbe lo stile delle sue chiese e ciò perchè i maestri venuti da fuori portarono soluzioni chiesastiche della scuola palermitana, di quella romana ed anche elementi del barocco d'oltralpe.
Ciò che venne fuori dalla ricostruzione fu un insieme omogeneo che ha purtroppo conosciuto nell'ultimo quarto del secolo scorso e in tutto il nostro secolo irreparabili menomazioni. Relativamente antica è la costruzione dell'attuale Palazzo Arezzo della Targia e del Palazzo del Museo Archeologico; recenti sono gli abbattimenti della Chiesetta aragonese di San Sebastianello e della caratteristica Corte degli Avolio. Il settore si presenta inoltre in uno stato di incredibile abbandono: l'ex Camera Reginale e la terrazza di Casa Migliaccio minacciano di crollare, il Palazzo Beneventano Bosco riporta ancora nell'ala sud i danni dell'ultima guerra, i palazzi vermexiani di Via Roma (tratto Turba) rischiano di crollare per le passate e recenti superfetazioni, le costruzioni di Via Capodieci sono in uno stato di abbandono indescrivibile, la Chiesa di Montevergini dal 1943 è ancora senza tetto.
Il quadro dunque è quello di un quartiere architettonicamente valido ma in piena decadenza strutturale.
Anche gli alberghi della Passeggiata Aretusa, quegli alberghi di cui Siracusa ha tanto bisogno, sono strutturalmente fatiscenti ed ormai da anni non vengono utilizzati. Si aspetta forse che... crollino per poterli sostituire con qualche sogno in ferro-cemento?
5/C - ANALISI ARCHITETTONICA: INTRODUZIONE
L'architettura del settore è stata progettata secondo un modulo monumentale riscontrabile sia nelle costruzioni del periodo gotico che in quelle del periodo barocco. Monumentale è il modulo costruttivo del Palazzo Lanza (Piazza Archimede), del Palazzo Rizza (Via del Consiglio Reginale), dei palazzi Chiaramonte e Francica-Nava (Via Landolina), del Palazzo Bellomo e quindi del Palazzo Ardizzone (Via Roma), del Palazzo Oddo (Via Roma), dei palazzi Borgia e Beneventano (Piazza Duomo).
Alla costanza modulare non fa però seguito una costante sistemazione distributiva, infatti le costruzioni del periodo gotico sono ispirate ai modelli chiaramontani (palazzi Chiaramonte e Francica-Nava) o ai modelli catalani (Palazzo Bellomo, Camera Reginale); quelle del periodo barocco risentono l'influsso dei modelli vermexiani (palazzi Ardizzone e Oddo).
Non mancano i casi tipologicamente singolari, come ad esempio il Palazzo Lantieri di epoca rinascimentale, il cui genere architettonico e decorativo non si riscontra in altre costruzioni siracusane, oppure il Palazzo Migliaccio del sec. XV la cui terrazza è un fatto unico per Siracusa.
Alle tipologie progettate si aggiungono quelle ibride ottenute dall'abbattimento del precedente edificio gotico con la costruzione barocca.
Interessante è la fusione tra la cortina muraria a conci squadrati e il portale cordonato quattrocenteschi con la ringhiera a petto d'oca e i fantasiosi balconi settecenteschi nell'edificio n. 99 di Via Roma. Meno felice è la soprelevazione dell'edificio n. 22 di Via Capodieci ove la forza la cortina muraria a conci squadrati (sec. XV) si unisce alla superfetazione dell'ordine superiore.
Anche l'architettura religiosa ha modulo monumentale. La facciata incompleta e lo straordinario volume delle coperture nella Chiesa dei Gesuiti sono le espressioni più significative di tale tendenza costruttiva. L'ordine architettonico della facciata è sproporzionato nei confronti delle costruzioni della Via Landolina. Il contrasto formale e dimensionale con la strada è accentuato dalla gradinata.
Il criterio monumentale delle costruzioni chiesastiche del settore è compiutamente espresso dalla facciata della Cattedrale ove Andrea Palma proietta gli elementi costruttivi del prospetto verso la Piazza creando forti giochi plastici e ciò proiettando fuori dall'appiombo murario colonne e cornicioni. Meno dinamico nella superficie ma certo non inferiore nelle proporzioni è l'altissimo prospetto della Badia. La monumentalità delle tre chiese, oltre che dal modulo costruttivo, è conferita dalla posizione privilegiata che occupano nel territorio di Ortygia: la parte più alta.
5/D - ANALISI DELLE EMERGENZE ARCHITETTONICHE
L'ATHENAION E LA CATTEDRALE
Quando Tucidide pone la fondazione di Siracusa al 734 a. C. fa riferimento al fatto che i greci fondarono la colonia dopo avere scacciato dall'isola i siculi che prima l'abitavano.
«L'anno seguente Archia, discendente degli Eraclidi, venuto da Corinto, fondò Siracusa, dopo avere prima però scacciati i Siculi dall'isola che ora, non più circondata dalle acque, costituisce la parte interna della città...» (Tucidide, «La guerra del Peloponneso», VI, 3. 431-400 a. C.).
Il riferimento di Tucidide è stato confermato da Paolo Orsi il quale nella campagna di scavi del periodo 1910- 1917 nell'area sacra dell'Athenaion al sommo di Ortygia scopre un gruppo di capanne circolari abitate dai siculi. La loro presenza fu documentata anche dal vasellame indigeno e dagli utensili rudimentali per l'agricoltura ritrovati nella stessa area. Dunque prima ancora della colonizzazione greca Ortygia ospitava un fiorente abitato (850 - 734 a. C.), sicuramente sbocco marittimo Hybla ed in ogni caso scalo commerciale delle rotte dei popoli fenici e afro-asiatici.
Le ricerche archeologiche effettuate nell'area sacra dell'Athenaion hanno portato alla scoperta dei frammenti di un primo tempio arcaico sorto probalbimente tra il sec. VIII e il sec. VII a. C. e delle enormi strutture di un grandioso tempio ionico (il secondo sorto nell'area) di tipo períptero esastilo, costruito intorno al 530 a. C., con lo stilobate di m. (55x22). Gli scavi dell'Orsi portarono alla luce molti elementi architettonici di questa singolare costruzione della quale purtroppo non si hanno notizie sicure relativamente all'organizzazione dello spazio centrale (la cella). La completa assenza di fregi, di parti della trabeazione e della copertura ha fatto giustamente pensare che il tempio ionico non fosse mai stato terminato.
Il complesso archeologico comprendente il tempio arcaico e quello ionico si estende dalla Via Minerva alle fondazioni del Palazzo del Senato. Esso riporta i segni delle trasformazioni operate da Gelone nel 480 a. C. quando, per festeggiare la vittoria dei Siracusani sui Cartaginesi, nei piani di Imera, promosse la costruzione dell'attuale tempio dorico períptero esastilo (il terzo sorto nell'area). Per la costruzione delle poderose fondazioni e dell'ingegnoso vespaio Gelone fece abbattere e coprire ogni struttura precedente. Nel periodo bizantino il tempio fu adattato a chiesa cristiana; le opere di trasformazione furono iniziate dal vescovo Zosimo nel sec. VII quando ne fu invertito l'orientamento. «Schermati gli intercolumni esterni e segate le mura della cella con archi, i cristiani sapranno trarre dall'antico tempio di Athena un capolavoro inimmaginabile: un ritmo spaziale condizionato nelle proporzioni elleniche» Bruno Zevi, «Saper vedere l'architettura», Torino 1948).
I normanni alzeranno il muro della navata centrale, progetteranno il prospetto e rivestiranno l'abside di mosaici. Le modifiche più radicali saranno comunque effettuate dopo il terremoto del 1542 e dopo quello del 1693.
II primo terremoto scosse la costruzione dalle fondamenta al punto tale che per evitare crolli furono protette le colonne del lato nord con robusti contrafforti. A causa del secondo terremoto crollò la facciata normanna, furono compromesse le absidi e le antiche coperture. La ricostruzione barocca trasformò l'intero organismo basilicale: fu costruito il profondo presbiterio nella parte mediana oltrepassando di gran lunga il perimetro dell'antico tempio dorico; sul lato sud furono abbattute tre colonne e venne creata la Cappella del Crocifisso. La costruzione della facciata comportò la mutilazione più grave del tempio dorico. A progettare quest'ultima sarà chiamato il trapanese Andrea Palma (1728 - 1754) il quale senza considerazione alcuna per le strutture precedenti addossò al tempio l'attuale facciata barocca che mal si sposa alla semplicità costruttiva e compositiva del tempio dorico. Lo scopo del progetto del Palma era comunque essenzialmente scenografico e mirava più a misurarsi con le altre facciate della Piazza che a fondersi con l'organismo greco retrorestante. La facciata doveva divenire il punto ideale di riferimento visivo della Piazza, il nodo architettonico in cui le tensioni plastiche di tutto il complesso urbano dovevano convergere (come poteva il Palma trascurare tanta azione esteriore?).
Il risultato è eccezionale: la facciata è il perno di quell'ineguagliabile continuità architettonica del piano del Duomo che pur non essendo mai stata progettata si presenta unitaria ed equilibrata. Tali pregi sono anche dovuti al costante uso della pietra calcarea bianca siracusana oltre che all'unità stilistica delle forme seicentesche con quelle settecentesche.
PALAZZO DEL SENATO
Massiccia costruzione seicentesca commissionata dal Senato Siracusano nel 1628 all'architetto ispano-siculo Giovanni Vermexio il quale portò a termine i lavori il 26 gennaio del 1632. L'edifìcio è concepito come un cubo dalla struttura massiccia e dalla tessitura decorativa fitta e severa. Il primo ordine è modellato dal bugnato vermexiano che aumenta il senso della robustezza volumetrica. L'ordine superiore, diviso dal primo tramite la balconata continua decorata dalla fantasiosa ringhiera in ferro battuto, è più leggero e si discosta di più dagli stilemi spagnoli tardo-rinascimentali. Le mostre dei balconi sono quelle tipiche della produzione vermexiana riscontrabili in molte altre opere di Giovanni. Le paraste, nonostante creino forti giochi plastici, danno per il loro verticalismo quel senso di leggerezza non avvisato nel primo ordine. Forse la vicina trabeazione del Tempio di Athena consigliò a Giovanni Vermexio l'uso dei triglifi e dei cornicioni classicheggianti misti a stemmi spagnoli e ad addobbi decorativi di diverse matrici. L'organizzazione interna è molto semplice; al piano superiore ruota intorno all'aula consiliare luminosa e imponente.
PALAZZO ARCIVESCOVILE
È costituito da un complesso di costruzioni risalenti a varie epoche. Le strutture più antiche ancora visibili al piano terra, nel lato sud, sono del sec. XIII; quasi intatto, sebbene soffocato da tramezzature e partizioni varie, è un ambiente trasformato in cappella nel quale sono chiaramente visibili le severe volte a crociera ed altre strutture del periodo svevo. Il Palazzo Arcivescovile non è scaturito da un progetto unitario ma deriva da un insieme di edifici di diverso stile e di diverso modulo costruttivo. Il blocco iniziale, quello che ha fronte sul piano del Duomo, fu commissionato dal vescovo spagnolo Giovanni Torres nel 1618 probabilmente all'architetto Andrea Vermexio («D. Jo. De Torres Episcopus Syracusanus fecit anno MDCXVIII»), Il progetto vemexiano, dallo schema tardo-rinascimentale e dai particolari costruttivi massicci ed imponenti di chiara derivazione spagnola (notare le finestre del piano terra), nel 1751 fu alterato dall'ingegnere francese Luigi Alessandro Dumontier il quale aggiunse il secondo piano e trasformò in balconi le finestre timpanate del primo.
Il vestibolo settecentesco fu fatto costruire dal vescovo Trigona il quale fece riutilizzare dei tronchi di granito e di marmo di epoca romana. «E fu laudevolissimo pensiero quel che destossi allora, di far uso cioè di questi avanzi della grandezza e della opulenza di Siracusa antica per sostegno e decoro di nuovi edifici; e ne diede l'esempio Monsignor Trigona medesimo, il quale fabbricando nel 1774 il portico che unisce i due cortili del palazzo vescovile, fe' collocarvi dieci colonne di granito egizio e due più snelle di marmo bianco, oltre alle due alte e robuste anche di granito che oppose nel portone di mezzodì dello stesso palazzo. Così almeno le cose antiche si conservano e perdurano» (Serafino Privitera, op. cit.). Come ricorda lo stesso Privitera, il Trigona nel 1745 fece anche praticare l'ingresso di Via Torres nella ciclopica muratura bastionata spagnola.
Anche il corpo sormontante il vestibolo, così come tutto l'insieme del secondo cortile, è del Settecento. Il prospetto del secondo cortile, rispondente ai criteri compositivi di Luciano Ali (si confronti il corpo principale di questo prospetto con quello centrale del Palazzo Beneventano Bosco), appartiene ad un blocco ruotante intorno ad un terzo cortile compositivamente più unitario dei primi due.
Il corpo della Biblioteca Alagoniana fu voluto dal Vescovo Alagona nel 1780. Poiché i vari corpi sono nati in maniera autonoma, in varie epoche, nel momento in cui si è sentita la necessità di metterli in comunicazione sono stati inventati corridoi, sono state aperte porte ed è stato persino creato un passaggio aereo, fatti che hanno guastato sia dal punto di vista strutturale che da quello compositivo l'intero complesso.
CHIESA DI SAN BENEDETTO
Il Monastero delle Benedettine fu istituito a Siracusa nel sec. XIV e fu ospitato nella residenza gentilizia del Barone Pietro Parisio nel 1365. Il nuovo uso della residenza comportò notevoli trasformazioni, tra le quali l'inglobamento di una buona parte del portico trecentesco nella nuova struttura muraria. Le trasformazioni più radicali vennero però attuate nel 1619 allorquando si volle inserire una chiesa nel già limitato perimetro del complesso monastico. Il progetto della chiesa è stato assegnato ad Andrea Vermexio e consiste in un'unica navata ed un prospetto tardo-rinascimentale. Il terremoto del 1693 guastò l'interno che fu rifatto apportando alcune modifiche. Nell'opera di ricostruzione vi mise mano pure Pompeo Picherali intorno al 1741. All'esterno il carattere barocco conferito alla ricostruzione trapela dal portaletto a bugnato e dalla fantasiosa ringhiera in ferro battuto.
CHIESA DI MONTEVERGINI
Costruzione seicentesca di Andrea Vermexio (1622) commissionata dal Barone Giovanni Nava di Bondifè ricordato nella cartella del cantonale destro della facciata («D.O.M. Templum Hoc Mons Virginum Appellatum Pietatis Gratia Joannes Nava Bondifè Baro Aere Proprio Erexit Anno MDCXXV»). Il primo ordine del prospetto è di linee chiaramente vermexiane, il secondo è stato più volte manomesso. L'interno, ad unica navata, crollò a causa di una violenta incursione aerea il 10 luglio 1943; d'allora nessun tentativo di restauro è stato fatto.
BADIA DI SANTA LUCIA
Elegante costruzione barocca costruita subito dopo il terremoto del 1693, attribuita a Luciano Caracciolo (lavori dal 1695 al 1703).
Si tratta con molte probabilità della prima chiesa ricostruita dopo il sisma. Risorse in un clima di grande fervore architettonico forse ad opera di quel «Lucianum Caracciolo Caput Magister Regiarum fabricarum huius Urbis» di cui parlano i Bandi del Senato di Siracusa dal 1695 in poi (Archivio di Stato di Siracusa, Bandi del Senato di Siracusa dal 1693 al 1702, voli. 23, 24). Il Caracciolo, nel corso della ricostruzione della città, fu il massimo responsabile tecnico. A lui erano affidate le valutazioni statiche, le perizie, i sopralluoghi e i piani di intervento.
La Chiesa della Badia è ad unica navata ampia e profonda. Il prospetto di notevoli dimensioni è scandito da più ordini architettonici; il primo ordine decorato dal portale a colonnine tortili è diviso dal secondo tramite la cancellata continua in ferro battuto. Il secondo ordine chiuso da un cornicione timpanato è seguito da un gioco sinuoso di decorazioni plastiche e di sagome ridonanti tipiche del barocco siciliano del primo Settecento.
CHIESA E COLLEGIO DEI GESUITI
La fondazione del Collegio dei Gesuiti a Siracusa risale al 1554; il primo insediamento avvenne nella Chiesa di San Giuseppe dei Bottari (6 giugno 1554). L'opera pedagogica dei padri iniziò solo alcuni mesi dopo l'arrivo a Siracusa, ma fu interrotta varie volte per ragioni politiche. L'attuale chiesa non è che la soluzione definitiva di una serie di progetti spesso solo intrapresi, e solo in due casi portati a compimento.
Abbattuta la primitiva Chiesa di San Giuseppe, il 18 giugno 1563 vengono iniziati i lavori di una chiesa con prospetto e ingresso principale dal lato di Via Ruggero Settimo. Tale chiesa dovette essere completata nel 1576 (nell'agosto del 1575 i padri compravano ancora legname per la copertura). Intorno al 1632 il nuovo gusto e forse anche le mutate esigenze consigliarono ai padri di costruirsi una nuova chiesa.
Fecero subito iniziare il progetto ispirato all'architettura gesuitica della controriforma. I lavori sarebbero iniziati nel mese di settembre dello stesso anno se non ci fossero state le solite liti con le vicine chiese e i proprietari delle aree da acquistare. I lavori furono così inziati nel 1635 e la chiesa, a tre navate, sorgeva affiancata all'Amalfitania. Ma i lavori furono ben presto interrotti perchè si pensò ad una nuova posizione per la chiesa: l'attuale. Purtroppo per tale nuova posizione la chiesa doveva coprire una vecchia strada e i padri avrebbero dovuto comprare nuove aree. Si può dunque immaginare quali grossi problemi si dovettero risolvere prima di iniziare i lavori. La costruzione fu iniziata il 27 luglio del 1649 e fu portata a termine nel novembre del 1687. Il terremoto del 1693 vi arrecò vari danni che comportarono circa 15 anni di restauri.
Per quanto riguarda i progettisti di questa eccezionale costruzione sono stati fatti vari nomi: Andrea Pozzo (ma è un errore grossolano perchè il Pozzo nel 1632 non era ancora nato), Giovanni Vermexio (ma pochi sono gli elementi architettonici che ce lo fanno riconoscere), per citare i più famosi. Un intervento sicuro, sebbene legato ad opere di ristrutturazione della prima metà del '700, sembra invece essere quello di Rosario Gagliardi come hanno fatto notare Luigi Di Blasi e Franceso Genovesi facendo alcune considerazioni su due planimetrie del complesso del Collegio disegnate dal Gagliardi: «Dall'esame dello stato attuale del tempio, appare certo che la soluzione proposta dal Gagliardi, in questo studio, sia stata integralmente rispettata. La riscontrata presenza di taluni elementi tipici nella struttura e nelle opere di finitura ed arredamento, ci induce infatti ad estendere l'intervento del Gagliardi ad un più generale rifacimento templare per la riapertura al culto» (Di Blasi -Genovesi: «Rosario Gagliardi», Catania 1972).
Recenti studi hanno messo in evidenza anche la figura di un Fratello gesuita, Giacomo D'Angelo, il quale avrebbe lavorato nella fabbrica del Collegio per tutto il tempo che durò la costruzione (Francesco Salvo S. J.: «Notizie storiche sui Gesuiti a Siracusa», 1977).
Pur ammettendo comunque l'intervento di architetti siciliani e di maestranze locali c'è da notare che il modulo e lo stile della chiesa sono estranei al barocco siracusano, sembrano infatti avere molte affinità col barocco romano dell'epoca.
PALAZZO BELLOMO - PARISIO
L'originario impianto di questo complesso architettonico risale al sec. XIII. Il corpo est ancora ricco di strutture sveve fu abitato per oltre tre secoli dalla famiglia Bellomo e dopo varie vicende nel sec. XVIII (anno 1725) fu venduto al contiguo Monastero Benedettino; il corpo ovest del sec. XIV appartenne al Barone di Cassaro Pietro Parisio ma nel 1365 divenne Monastero di San Benedetto.
Dell'originario impianto del Palazzo Parisio rimangono poche tracce sia a causa delle trasformazioni dovute al diverso uso che a causa delle trasformazioni comportate dal terremoto del 1693. Alla primitiva costruzione appartengono gli archi del portico ed altre strutture ogivali.
Dell'originario Palazzo Bellomo rimangono invece la muratura a filari di piccoli conci squadrati fino all'altezza di m. 7,50 e comunque fino alla cornice marcapiano, alcune stanze del piano terra coperte da poderose volte a crociera, le grandi fosse a campana adibite a pozzi o granai. Le prime trasformazioni iniziarono nel sec. XIV quando per motivi spaziali fu abbattuto il muro di recinzione a settentrione, furono attuate le profonde trasformazioni del portico e fu iniziata la soprelevazione. Nella prima metà del sec. XV il gusto catalano portò all'inserimento del portale marmoreo e all'apertura delle monofore (al posto delle finestre a feritoia) nel primo ordine del prospetto. Al piano superiore furono inserite le bifore e le trifore; all'interno, nel cortile, fu costruita l'elegante scala esterna dal robusto parapetto. Alla sommità della scala secondo l'uso catalano, fu ricavato un arioso loggiato, ricostruito nel 1952. Agli ampliamenti del palazzo eseguiti nel sec. XVIII si deve la costruzione del Cortile delle Palme.
Sulla originaria distribuzione dei Palazzi Bellomo e Parisio dunque ben poco è possibile leggere. È comunque evidente l'intenzione di considerare la casa come una fortezza chiusa verso l'esterno (un solo piccolo ingresso e alcune feritoie la lasciavano respirare) e proiettata invece verso il suo spazio aperto interno (ed il portico è il filtro che documenta tale proiezione interiore).
La riorganizzazione catalana modificherà tale concetto dell'abitazione creando quella continuità interesterna dello spazio abitativo.
CASA MIGLIACCIO
Elegante e singolare costruzione del sec. XV la cui facciata è impostata con tre arcate cordonate delle quali solo la centrale ha ancora una parte dell'originario ventaglio di conci. Al piano superiore si apre una balconata a terrazza decorata con chevrons di blocchi di pietra lavica alternati con conci di pietra calcarea bianca dalla linea spezzata. Questo tipo di sistema decorativo è riscontrabile in una balconata simile in un cortile di Via Landolina e Catania.
Della costruzione quattrocentesca rimane solo questo prospetto; il volume interno è stato infatti soppresso da insensate trasformazioni. Alle sue spalle e sul lato sud sono i Palazzi degli alberghi Miramare e Politi, costruzioni infelici stilisticamente ma che in ogni caso richiedono un immediato intervento di restauro.
EX CAMERA REGINALE
L'impianto originario di questa costruzione risale al sec. XIV quando ospitò la Camera Reginale di Spagna. In seguito, dopo l'abolizione della Camera, accolse il Senato cittadino e ciò fino alla prima metà del sec. XVII, quando furono ultimati i lavori della costruzione di Giovanni Vermexio nel piano del Duomo.
L'edificio chiaramente ispirato ai modelli residenziali catalani conserva oggi dell'originaria struttura dei secoli XIV e XV la cortina muraria a conci squadrati, in cui si apre l'interessante arco gotico cordonato con il concio di chiave figurato, e alcune strutture ogivali all'interno. Le soprelevazioni e le trasformazioni interne oltre che rendere illegibile la primitiva organizzazione degli ambienti hanno irrimediabilmente compromesso gli elementi strutturali e accelerato l'obsolescenza.
PALAZZO DEI CHIARAMONTE
Costruzione del sec. XIV notevolmente alterata da inopportune trasformazioni sia all'interno che all'esterno. Il prospetto è ancora leggibile nei suoi filari di conci squadrati in cui si aprono sagome ogivali di tipo chiaramontano. All'interno, nel cortile, è quasi impossibile tentare una interpretazione dell'originaria composizione architettonica e ciò a causa dello stato di abbandono, in cui da tempo versa la costruzione, che ha favorito arbitrarie demolizioni.
PALAZZO FRANCICA-NAVA
Palazzo gentilizio dei secoli XIV e XV originariamente costituito dalle part. cat. n. 2004 e n. 2005 (Catasto Urbano, foglio n. 8); tali parti sono attualmente rese autonome e destinate ad usi diversi. La cortina muraria del prospetto è interamente risolta secondo i criteri costruttivi gotici. Notevoli sono state però le trasformazioni; si notano infatti finestre ogivali murate al posto delle quali sono stati aperti balconi settecenteschi.
Le trasformazioni sono classificabili secondo due periodi: 1) prima del terremoto; si noti infatti il portale tardo-rinascimentale all'ingresso dell'attuale Cine-Ariston; 2) dopo il terremoto; con i danni procurati dal sisma si perse l'uniformità stilistica esterna e la distribuzine originaria degli ambienti all'interno.
PALAZZO DEI BENEVENTANO DEL BOSCO
Prima della riorganizzazione architettonica settecentesca, di fronte al Palazzo del Senato, esisteva un gran casamento del quale rimangono ancora strutture medievali sul lato sinistro dell'attuale palazzo, a destra del Ronco Gaetani. Il gran casamento, secondo le indicazioni date dal Barone Guglielmo Beneventano del Bosco il 6 gennaio 1779, fu riformato dal capo mastro Luciano Alì il quale progettò ed attuò la riorganizzazione architettonica secondo due direttrici fondamentali: 1) Direttrice tecnico-strutturale. Conservò le poderose fondazioni trecentesce del preesistente casamento, ripristinando l'uso degli antichi dammusi che rese più ampi e funzionali. L'ingresso ai dammusi (che i Beneventano adoperavano come magazzini) fu conservato dal lato di Via Carceri Vecchie. La comunicazione interna tra i vari livelli, dal piano nobile fino ai magazzini, fu risolta con una scala a chiocciola. Abbattè tutte le partizioni e quelle strutture non più rispondenti alla nuova organizzazione spaziale che veniva ispirata ad un modulo più ampio e unitario.
Accurata fu la scelta delle maestranze: furono chiamati pittori, stuccatori, marmorari, intagliatori,... da tutte le parti dell'isola. Scrupolosa fu pure la scelta dei materiali da costruzione. Significativa è la richiesta del Barone Guglielmo il quale puntualizza ai murifaber i requisiti e la qualità della pietra da adoperarsi per la costruzione, indicando altresì le «pirriere» da cui doveva essere estratta. 2) Direttrice architettonico-scenografica. Impiantò l'edificio intorno a due cortili ricchi di giochi volumetrici e di effetti scenografici, tale espediente fu adottato per ottenere una distribuzione planimetrica equilibrata e funzionale. Non minori sono i pregi della organizzazione altimetrica impostata su tre livelli di diversa cubatura: ultimo è il piano nobile maestoso per proporzioni e solenne per forma.
Nel primo cortile il volume dello scalone è modellato con scorci falsamente prospettici i quali oltre a creare un ricco gioco plastico danno un senso di profondità e di ariosità nonostante le dimensioni alquanto limitate. Il gioco plastico dello scalone si ripete con altre sagome e con diverse proporzioni sul prospetto che per la sua eleganza è divenuto il simbolo dell'architettura settecentesca siracusana. È una facciata morbidamente modellata, particolarmente dinamica nella parte centrale ove il ritmo delle colonne passa dal primo al secondo ordine con la modulazione del dinamico cornicione. Anche il prospetto principale, che trova luce ed espressione nello spazio articolato della Piazza del Duomo, è particolarmente interessante nella parte centrale ove le colonne abbinate, la balconata, il timpano ed il fastigio della parte terminale costituiscono una fascia verticale di particolare qualità compositiva.
Per quanto riguarda le vicende di acquisizione del casamento ce da dire che sono molto articolate; le notizie salienti sono comunque le seguenti.
Prima del 1641 il Casamento aveva ospitato i Governatori della Camera Reginale dai quali pervenne al Barone Borgia del Casale che dovette contenderlo con il Sovrano Ordine dei Cavalieri di Malta. La contesa tra i Borgia e l'Ordine di Malta veniva risolta nel settembre del 1731 con una transazione in favore dei Cavalieri.
Nel 1770 il Comm. Fra' Pietro Zappata Marchese di San Floro rettore della Commenda siracusana, considerando che il casamento costituiva un aggravio economico, decideva di cederlo in enfiteusi al Duca di Floridia Don Vincenzo Migliaccio Bonanno ma, per la morte prematura di questi, a distanza di otto anni fu venduto al Barone Guglielmo del Bosco che così agli inizi del 1779 poteva affidare al Caput Magister Luciano Ali la grande opera di trasformazione. L'opera architettonica, che fù completata circa dieci anni dopo nel 1788, venne seguita con interesse ed entusiasmo dalla popolazione.
L'edificio nell'ala sinistra presenta ancora oggi le ferite procurate dall'ultima guerra alla copertura e agli ambienti.
PALAZZO BORGIA IMPELLIZZERI
È una delle più significative costruzioni settecentesche di Ortygia. Il suo aspetto stilistico è di tipo rococò. Fu costruito dalla famiglia Borgia intorno al 1760 con grande modulo costruttivo ed eleganti forme architettoniche. Nel cortile è impiantato l'elegante volume dello scalone i cui motivi decorativi sono di gusto rococò; lo stato di conservazione di tale elemento è purtroppo infelice.
Nel prospetto è ancora leggibile la continuità architettonica del Palazzo. L'uniformità stilistica e la ripetitività degli elementi architettonici (balconate, cornici, mensole,...) lasciano ancora vedere l'organicità compositiva e la solennità formale.
Anche in questo caso architettonico, così come in tutti gli altri della Piazza Duomo, il progettista ha voluto dare particolare imponenza ed eleganza alla parte prospicente la piazza; così il cantonale nord del Palazzo Borgia si lascia avvolgere dalla sinuosa e avvinghiante ringhiera in ferro battuto e si abbandona al modellato fantasioso delle mensole e del bugnato a striscie orizzontali.
PALAZZO MONTEFORTE
Costruzione della seconda metà del sec. XVIII della quale rimane l'imponente facciata che ripete i motivi costruttivi e decorativi del Palazzo Borgia. L'ultimo ordine è una soprelevazione del secolo scorso così come la nuova distribuzione interna. Dell'edificio settecentesco rimangono anche alcune arcate di un porticato di ampio modulo.
PALAZZO ARDIZZONE
È forse opera di Andrea Vermexio il cui stile è ripreso nelle particolari sagome del portale e nella composizione dei vari elementi architettonici del prospetto. Dell'originaria costruzione sono il piano terra ed il piano nobile; le successive trasformazioni e soprelevazioni oltre che avere deturpato il carattere architettonico e l'equilibrio compositivo hanno pericolosamente compromesso la staticità accelerando notevolmente l'obsolescenza dell'edificio.
Così come altre costruzioni vermexiane, assunte come modelli dagli architetti e dai capi maestri del Seicento e del Settecento impegnati a Siracusa, il Palazzo Ardizzone ruota intorno ad un cortile quadrangolare che dà luce ed espressione al severo scalone. I motivi vermexiani, nonostante le trasformazioni, ci sono ancora tutti: la veranda al piano nobile, lo scalone nel cortile addossato allo stesso corpo degli appartamenti, le cornici tardo-rinascimentali, i cantonali a bugnato...
PALAZZO ODDO
Opera della seconda metà del sec. XVII. Ricorda sia nel prospetto che nell'impianto del cortile e nella distribuzione degli ambienti l'architettura civile vermexiana. La facciata ancora incorniciata dai cantonali a bugnato si presenta semplice e lineare.
L'unico elemento che si discosta nel disegno dai modelli vermexiani, sebbene dal punto di vista plastico ne abbia tutti gli attributi, è il portale con arco trapezoidale
All'interno, al piano nobile è impiantata la loggia a tre arcate: punto di sbocco dello scalone ed elemento di distribuzione e di collegamento per gli ambienti.
5/E - LA PIAZZA DEL DUOMO
L'insieme architettonico composto dagli edifici prospicienti la piazza del Duomo è di carattere prettamente barocco. L'impianto di tale composizione, sul lato ovest, non ricalca l'antico tracciato e quindi gli antichi allineamenti dell'asse greco-romano Via Landolina - Via Picherali. Infatti il Palazzo Toscano, l'edificio del Museo Archeologico, il Palazzo Arezzo della Targia ed il Palazzo Beneventano non sono allineati lungo tale asse. Se il Duomo ed il Palazzo Arcivescovile rispettano l'allineamento e si impiantano sulle strutture perimetrali delle precedenti costruzioni (ad esempio il Tempio di Athena), lo stesso non può dunque dirsi per le costruzioni dirimpettaie che pure sorgono sulle fondazioni di costruzioni medievali.
L'allontamento degli edifici del lato ovest dell'allineamento Via Landolina - Via Picherali deve con molte probabilità risalire al sec. VII e cioè al periodo in cui fu trasformato il tempio dorico in chiesa cristiana. Certo lo slargo creato non doveva avere la dilatazione attuale, ma in una certa misura doveva esistere. Quando aumentarono le esigenze urbane e si sentì il bisogno della creazione di uno spazio che fosse il centro della vita politica e religiosa si ebbe una dilatazione tale da consentire che lo spazio del piano del Duomo potesse essere utilizzato anche per il mercato di panni (notizie di tale mercato si hanno dal sec. XVI in poi).
Dal XV sec. in poi ci furono infatti delle disposizioni ben precise sul riordino dello spazio antistante la Cattedrale. Seguiamone le tappe.
Dagli Annali del Gaetani apprendiamo che tra il 1400 e il 1403 l'amministrazione cittadina, per agevolare l'ampiezza dei nuovi fabbricati, aveva ordinato ai proprietari di casupole di venderle al vicino che volesse fabbricare ed ingrandire le sue. Nel 1440 Mons. Ruggiero Bellomo, Vescovo di Siracusa, fra gli altri lavori di pubblico interesse, «arieggiava l'entrata del Duomo, di largo spianato».
Il progetto più ardito fu però quello del 1573 che, anche se non attuato integralmente, costituì un vero e proprio strumento di riorganizzazione urbana. «Aveva stabilito il Senato nel 1573 di doversi fare in Siracusa, la costruzione cioè una sontuosa fontana nel bel mezzo della piazza del Duomo conducendovi l'acqua di Galermi. E già per provvedere lo spesato si erano imposti nuovi balzelli; già si eran fatte demolire tutte le basse case che ingombravano il piano; e perchè queste eran di proprietà della Cattedrale, ed i canonici ne traevan lucro delle pigioni, fu così convenuto con loro, che si appropriassero in compenso il fitto delle logge dei mercadanti che ivi si piantavano nella gran fiera che si teneva per le feste del Corpusdomini» (Serafino Privitera, op. cit.).
Il progetto della fontana non fu mai portato a compimento però le «basse case» furono ugualmente abbattute e ciò a beneficio della piazza che così ebbe la definitiva dilatazione est-ovest. In base a tale provvedimento il piano cominciò a divenire il vero centro di Ortygia.
Di tale centro urbano gli storici parlano diffusamente ma innanzitutto in occasione della solennità del Corpus Domini durante la quale il «festino» istituito dal vescovo Giovanni Torres lo vedeva meta del carro trionfale, delle macchine portatili, delle cavalcate dei cavalieri, delle finte battaglie e dello stuolo di guerrieri a cavallo che piantavano nel piano delle «fronde palustri» in ricordo alla vittoria dei Siracusani sugli Ateniesi all'Asinara (il «festino» ricordato dal Privitera è del 1617).
Il Senato cittadino, il vescovo ed i cittadini più facoltosi, dopo avere conquistato lo spazio del piano fecero a gara per conferirgli un carattere architettonicamente qualificato. Incominciò il vescovo Torres col nuovo progetto del Palazzo Vescovile (1618), seguito dal Senato cittadino con la costruzione del Palazzo di Città il cui progetto venne affidato a Giovanni Vermexio (1628), da Mons. Capobianco che nel 1651 fabbricò l'ospizio dei forestieri e fece progettare il giardino vescovile.
«Della stessa maniera i privati cittadini... e rendevano più ampie e più cospicue le loro abitazioni, ovvero ne fabbricavano di nuove» (Serafino Privitera. op. cit.). La dilatazione nel senso nord-sud fu attuata invece dopo il terremoto del 1693 e comunque allorquando fu stabilito il nuovo perimetro della Badia di Santa Lucia. Sempre dopo il terremoto sul lato ovest si concretizzò il segno planimetrico attuale. D'allora non sono mancate le modifiche e le alterazioni, dovute ai danni bellici, alla fatiscenza strutturale e in molti casi al cattivo gusto ed alla mentalità antistorica. Rimane così compromessa per i danni dell'ultima guerra l'ala sud del Palazzo dei Beneventano del Bosco; alterato da una recente soprelevazione l'edificio del Museo Archeologico e della Sovrintendenza alle Antichità; in stato di abbandono lo stesso spazio sulla piazza che da centro di attività e punto di convergenza dei siracusani è divenuto area di parcheggio, uso inconciliabile con la scena architettonica più rappresentativa del nostro centro storico.

Altri edifici del comparto
Tra le costruzioni ricadenti nel perimetro del comparto del Duomo vanno ricordati: l'ex Cimitero della Cattedrale fatto costruire intorno al 1689 dal vescovo Fortezza (il prospetto del recinto affiancato al muro nord del Tempio di Athena ricorda le inee architettoniche care a Giovanni Vermexio); il Palazzo Rizza li Via del Consiglio Reginale, graziosa costruzione trecentesca on bifora gotica al piano superiore e un portale cinquecentesco al piano terra.
situazione attuale
Sia le strade che le costruzioni di questo comparto sono in ondizioni disastrose. Il movimento dei mezzi motorizzati oltre compromettere la struttura dei monumenti mal si posa con il ontesto ambientale e scenografico della storica architettura. La mancata manutenzione delle singole costruzioni e la inesitente tutela degli organi competenti fanno di ogni edificio un udere in piena decadenza strutturale e sociale. Se si esclude il palazzo Bellomo e qualche edificio della Piazza del Duomo, tutte e altre costruzioni si può dire che hanno preso il ramo ascendente della parabola della fatiscenza e ciò per l'incuria e l'abbandono. Gli unici rimedi che si sanno apportare sono forse quelli dottati per la Chiesa di Monte Vergini?
Certe azioni si qualificano per le conseguenze che comportano e se le conseguenze sono la cancellazione della storia e la negazione della cultura le azioni che le provocano non appartengono alla civiltà di cui crediamo di avere le radici, nè al progresso di cui falsamente ci diciamo portavoce.
5/G - TIPOLOGIE
Le residenze della zona del Duomo sono classificabili secondo tre tipi: vermexiane, gentilizie, duplex.
Le residenze vermexiane, localizzabili lungo il lato ovest di Via Roma, rispondono ad una distribuzione altamente funzionale ed adeguata alle qualità ambientali del centro storico siracusano. Il prospetto è scandito da due ordini. L'ordine del piano terra è molto alto e ciò per consentire la creazione di un arioso portale, l'ordine superiore è di minori dimensioni ed è aperto dai semplici ed eleganti balconi a ringhiera piatta. Dietro il corpo della facciata, allineato col profilo stradale, si apre un cortile di limitate dimensioni utilissimo per la distribuzione razionale degli ambienti del piano terra. Il piano terra funzionante da rimessa e/o magazzino è diviso in grandi ambienti, quasi tutti con ingresso autonomo. Tali ambienti vengono adoperati per scopi diversi; alcuni erroneamente anche come abitazione. Al piano superiore si sviluppa la vera e propria residenza, raggiungibile da una imponente scala affiancata al corpo principale dell'edificio. L'alloggio si snoda attorno al cortile usufruendo, per gli ambienti di rappresentanza, della luminosità proveniente dai balconi prospicienti la strada. Dal lato del cortile gli ambienti si proiettano in una loggia piccola ma utile. Nell'uso attuale il vano della loggia serve per la convergenza degli ingressi dei vari alloggi nei quali è stata divisa l'antica residenza.
Oltre ai frazionamenti la tipologia vermexiana ha sperimentato anche le soprelevazioni, fatto che ne ha maggiormente compromesso la struttura portante e la funzionalità. Tra i modelli che hanno generato tale tipologia, imitata fino alla prima metà del sec. XIX, vanno messi in primo piano i palazzi Ardizzone e Oddo.
Le residenze gentilizie hanno invece per modelli i Palazzi Borgia Impellizzeri, Benevenano Bosco e le abitazioni del lato ovest di Via Carceri Vecchie. I primi due modelli, a differenza degli altri, hanno in più il cortile. La caratteristica principale di questa tipologia è costituita dall'elemento terrazza. Nel Palazzo Beneventano tale elemento funzionava da «cafeavos», sfruttato nel periodo estivo e primaverile con le stesse attività del salotto. La terrazza qui perde dunque la funzione che aveva alla Graziella o alla Giudecca; da luogo per stendere la biancheria e coltivare le erbe aromatiche, diviene «salotto aperto». Tale funzione si riscontra anche nel Palazzo Borgia e nel Palazzo Monteforte ove il terrazzo è il proseguimento ideale dell'appartamento verso il lato del Porto Grande. Il terrazzo rivolto verso ovest, ha la duplice funzione di proiettare la residenza sul lato del Porto Grande e in diversi casi direttamente sul Lungomare della Marina e di illuminare ed arieggiare tutta la zona di servizio. Gli ambienti di rappresentanza non usufruiscono dei fattori positivi apportati dall'elemento terrazza poiché tendono a rivolgersi verso il lato del prospetto principale e quindi sulla Piazza del Duomo o sulla Via Picherali o la Via Carceri Vecchie. Le abitazioni che sorgono lungo la Passeggiata Aretusa sono quelle che meglio rispondono ai requisiti di questo secondo sistema tipologico.
Hanno ingresso dalla Via Carceri Vecchie ma sono interamente proiettate sul lungomare. Le aperture del lato del Porto sono numerose ed ampie e ciò per un migliore e maggiore sfruttamento del soleggiamento e della ventilazione. Caratteristiche quasi simili hanno le abitazioni del Lungomare Alfeo.
La tipologia «duplex» per certi versi simile a quella riscontrata alla Giudecca è localizzabile nel quadrilatero compreso tra le vie Picherali, Capodieci, Conciliazione e S. Lucia. Si Tratta di alloggi distribuiti su due livelli ove anche il piano terra viene adoperato come abitazione. Il frammento più interessante è quello a sud della Piazzetta San Rocco ove, appunto per l'uso del piano terra come residenza, si tende a far divenire l'area pubblica spazio di relazione.
Tale tipologia non crea comunque un ambiente strutturalmente e funzionalmente omogeneo e ciò a causa della frammentarietà distributiva causata dall'inserimento massiccio di complessi conventuali, palazzi gentilizi e chiese.
Per quanto riguarda le tipologie degli elementi di collegamento urbano in questo settore del Duomo si ha solo la via che in molti punti ricalca l'antico tracciato greco-romano. Il vicolo ed il ronco non sono presenti.

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