quartiere Sperduta - ortigia heritage

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Ortigia
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quartiere Sperduta

Sperduta
Siracusa-settimo itinerario-quartiere Sperduta
Siracusa settimo itinerario
Quartiere Spirduta
Premessa storica

Il quartiere fu certamente frequentato in epoca remota, come dimostrato dal ritrovamento in via dei Mergulensi, di fronte a palazzo Mergulensi-Montalto, lato destro scuola elementare, di un muro di contenimento di età arcaica, probabile datazione V secolo a.C., e altre strutture tra cui alcuni pozzi di età medievale.
(scavi condotti dalla dottoressa Musumeci e mai pubblicati).

Nel sito, recintato e lasciato a vista, vi è una struttura che sembrerebbe una fornace con a fianco pietre a forma di crogiolo per colatura di metalli fusi che potrebbero essere connessi ad una attività lavorativa di fusione di metalli.

Il blocco di marmo bianco cipollino con incisioni geometriche circolari fra le strutture esistenti, fanno pensare alla provenienza dal restauro di palazzo Montalto.

Mura perimetrali di un grande edificio di epoca greca, secondo Fernando Lazzarini, disegnatore della Soprintendenza, pare siano sotto palazzo Montalto.

Un gruppo di studiosi della Facoltà di Architettura di Reggio Calabria, che condussero una dettagliata ricerca, avanzano l'ipotesi che, in età romana o tardo - ellenistica, vi sia stata una struttura monumentale che definiscono: "Grande recinto porticato nel quartiere Spirduta".

L’ipotesi fa pensare all’esistenza ad un ampio spazio pubblico attorniato da strutture porticate, recinto e propilei, forse agorà, foro, o pretorio, confermate dagli scavi archeologici condotti nella limitrofa via della Maestranze.

Gli scavi archeologici condotti nel tempo hanno portato alla luce, sotto palazzo Pizzuti, all’angolo fra via Roma e via Maestranza, avanzi di un edificio monumentale pubblico di epoca greca attestato lungo un decumano della città antica confermando l’assetto abitativo originario della zona;
anche gli scavi archeologici del 1977-1980-1996 e1998, nell’area compresa fra via Roma, convento di Santa Maria e via del Labirinto, hanno portato alla luce, resti di strutture risalenti all’età proto-storica fino all’epoca moderna che hanno confermato l’ipotesi di ricostruzione della maglia urbana antica;
in particolare, nel 1978, durante i lavori condotti nella zona della Prefettura, sono stati portati alla luce una serie di pozzi di varie dimensioni contenenti ceramiche di produzione locale, etrusca, fenicia, corinzia, argiva e greco-orientale che, secondo Fouilland, dimostrerebbero l’esistenza di un santuario nel sito sotto il Palazzo della Prefettura;
sempre nello stesso anno1978 è stato ritrovato un asse viario disposto in senso ovest-nord-ovest/est-sud-est, di metri 2,50/2,80 di larghezza, scoperto ed esaminato per circa 40 metri di lunghezza. La strada, delimitata sui lati nord e sud da muri in pietrame, constava di una serie di dieci livelli pavimentali sovrapposti, di cui uno solo dei più recenti in acciottolato. I frammenti ceramici inseriti sui battuti stradali hanno permesso di datare la realizzazione del primo tracciato viario intorno al 700 a.C.
I ritrovamenti di fondamenta di strade di epoca molto antica, forse anche proto-storica, resti di una capanna della parte finale della facies di Cassibile, resti di abitato indigeno della prima metà del IX° secolo a.C. e materiali vari di origine greca e romana, databili in periodi che vanno dal III° all’ VIII° secolo a.C., dimostrano la frequentazione millenaria dello “scoglio” Ortigia.

Nel 1960, nell’area tra via Gargallo- palazzo Gargallo e via dei Mergulensi, abbattuti tutti gli edifici per edificare quel palazzone esistente, vennero rinvenuti basamenti e mura di epoca greca subito interrati senza mai essere studiati dagli archeologi del tempo.

Il complesso abitativo preesistente era stato bombardato nel 1943 e quindi in precarie condizioni statiche.

Il palazzo ad angolo di via dei Gracchi-Mergulensi, sede dei nostri giochi, era sicuramente di origine medievale e probabilmente appartenuto a famiglia gentilizia.

All’interno dell’androne c’era la struttura di un grazioso pozzo squadrato con sulle pareti bassorilievi e cornici intagliate e sul fondo uno scalone in pietra calcarea decorato a festoni. Sulla facciata di via Gargallo, nei bassi, magazzini, botteghe artigiane e civili abitazioni anche nei piani superiori.

La Camera Reginale, costituita il 5 aprile 1361, concesse a vari nobili il potere di abbattere vecchi casamenti per edificare i loro palazzi gentilizi secondo i dettami stilistici dell’epoca.

Il quartiere Spirduta
Storia, immagini, memoria, curiosità e,…

L’antico quartiere medievale della Spirduta, secondo Paolo Giansiracusa, confinava con i quartieri Bottai, Graziella, Mastrarua e Maestranza.
Spirduta è il vero nome del quartiere, come dimostra una cartella calcarea conservata nel secondo cortile del Museo di Palazzo Bellomo, nella quale è scritto: "Anno Domini 1365 Martii 29 Ser. Reg. Costantia Concessit Hanc Manistallam vulgo Spirduta Baroni Philippo Montalto", (Serafino Privitera, Storia di Siracusa, 1879),
così liberamente tradotto: l’anno 1365 il Barone Filippo Montalto, ottenne dalla Regina Costanza, la concessione della zona dal volgo chiamata Spirduta, per costruire delle stalle per cavalli.

Il cippo per precisarlo venne eretto dai Montalto, ai quali, dopo la morte della Regina Costanza d'Aragona, veniva contestato il loro diritto di proprietà della zona “Spirduta”.

Il nome “Spirduta”, Sperduta, con molta probabilità era utilizzato dal volgo in riferimento ad un luogo sperduto rispetto al centro urbano.

Nel parlare siracusano, la parola “spirduta”, significa che si è perduta, e, leggende metropolitane, raccontano di una bambina che si “perse” in quella zona, anche se perpetuato, probabilmente, per l’intrigato dedalo dell’impianto viario costituito da vicoli e vicoletti, come in parte rilevabile dalla mappa del Cavallari del 1881 e dal catastale del 1932.
Come tutta Ortigia, la zona del quartiere Sperduta, venne distrutta dal terremoto del 9-11-Gennaio 1693.

La struttura urbana, con le tipiche caratteristiche di origine araba del quartiere, rimase intatta fino agli anni antecedenti la prima guerra mondiale e, intorno al 1910, su progetto di Luigi Mauceri, prima elaborazione 1891, vennero abbattute numerose costruzioni realizzando un largo spazio su cui edificare, “i scoli novi”, scuola elementare Mazzini oggi.


Il progetto Mauceri, poi rielaborato, prevedeva lo sventramento dei quartieri Spirduta e Graziella per realizzare le nuove arterie destinate a mettere in diretta comunicazione la vecchia città con la nuova, da Via Maestranza, attraverso i rioni "Spirduta" e "Graziella" fino a Via Vittorio Veneto, (allora Via Gelone), e poi verso il Tempio di Apollo (indicato nella planimetria come Tempio di Diana) e infine verso il ponte Umbertino e il Rettifilo. Meno male che non fu mai realizzato.

La scuola elementare Mazzini, tra alterne vicende, fu completata nel 1928, ed inaugurato l'anno successivo.
Del tracciato urbano, disordinato, ma caratteristico, restano parte di via dei Tintori, ronco Bentivegna, “u cuttigghiu criveddu”, ronco Specula, via G. Mendozza. ronco Spiraglio e San Tommaso in via Mirabella, oltre a ronco Politi in via Gargallo e al civico 61, “u puttuni” Minniti.

I vicoli, i ronchi, i cortili costituivano un privilegiato luogo di incontro, quasi un prolungamento delle private abitazioni, e come in tutto il quartiere, a piano terra, vi erano le botteghe commerciali ed artigianali, le così dette “le putie”, e sopra di esse, le abitazioni.

A quell’epoca, la vita sociale era a misura d’uomo e la gente, seduta abitualmente davanti agli usci, commentava ogni piccolo avvenimento allacciando rapporti umani intensi e relazione molto vivaci.

Il quartiere è contraddistinto da palazzi nobiliari di pregio frammisti, senza pregiudizi, ad abitazioni di minore cubatura e di scarsa importanza, ma sempre funzionali ed interessanti.

I bassi delle vie principali, vicoli e cortili, della Spirduta, in passato, erano adibiti ad abitazione, anche se tante, spesso, formate da una sola stanza con annessi e precari servizi. L’intero quartiere era anche ricco di attività commerciali e artigianali e centro propulsore di eventi con una intensa operatività scolastica e culturale per la presenza di istituti e licei di altissimo livello.

Oggi la principale del quartiere è via dei quattro Santi Coronati, ex via Montalto, anch’essa in origine stretta e collegata con gli intrigati e numerosi vicoli e vicoletti tra via Montalto e via Ciclope e, attraverso la via dei Gracchi, oggi Mergulensi, con via Gargallo e via Mirabella.

La via dei quattro Santi Coronati è così chiamata perché c’era la chiesa eretta nel 1515, dedicata, secondo la tradizione, ai 4 Santi: Secondo, Carpoforo, Vittorino e Severiano.

La chiesa, già dagli anni '20, era sconsacrata ed usata dai confratelli, muratori e scalpellini, per adunanze e cerimonie.

Venne bombardata e demolita nel 1943, e di essa s'intravedono ancora il portale e alcuni resti, tra i quali, sull’architrave in conci di pietra della piccola porta laterale, scolpiti in rilievo, i simboli della confraternita dei muratori e scalpellini, un compasso, un martello e una squadra.

Era la chiesa dei Muratori e Scalpellini (Notar Tommaso Pattavina, anno 1705-1706 volume n. 1139 e atti del Senato volume. n. 52 pag. 211 retro, sottoposti alle regole della corporazione d'arti e mestieri.

Nella chiesa, ci ricorda il Privitera, esisteva un quadro rappresentante il martirio dei "quattro incoronati" che il Capodieci attribuiva al Caravaggio.

A sinistra, angolo via Maestranza, la facciata destra del palazzo Bonanno, demolita dai bombardamenti del 1943 e riedificata negli anni 50/60 dai Verga alla quale era pervenuta.

Sul retro del palazzo, negli anni 50 vi era ancora un grande e rigoglioso giardino di aranci e di limoni, con palmizi, qualche ficus ed aiuole fiorite, poi trasformato in cinema all’aperto e infine nell’attuale teatro Verga, mai completato, nonostante lo spreco di ingenti somme di denaro pubblico del proprietario Ente Provincia di Siracusa.

Nell’angolo, tra il giardino e il palazzo, nei primi decenni del novecento, vi era la bottega-teatro di don Ciccio Puzzo, rinomato artigiano e memorabile animatore dell'"opera dei pupi sul conto del quale ancora si tramandano esilaranti aneddoti, come per esempio: con un sol colpo Rinaldo ne ammazzò cinquecento! - recitava con enfasi il puparo e il pubblico replicava ogni volta con la frase "Cala don Ciccio!"

Negli anni 40/50, spesso, nello spazio utilizzato quale cinema all’aperto, erano ospitate giostre e baracconi e, in periodo di feste carnevalesche, era trasformato in “casotti” per la pesca “sotto novanta” ed altri giochi ludici.

Il giardino confinava con un caratteristico cortile medievale dove, tra gli altri, abitava Don Mommu, al secolo Girolamo Stanzione, colorito olivastro con naso voluminoso e aquilino, portiere e bidello delle scuole elementari, reduce di guerra, con coppola in testa in qualsiasi stagione, sempre attento al suo lavoro, apparentemente alto e temibile per il nodoso bastone che lo accompagnava per via di un difetto alla gamba.
Il cortile e il palazzo, bombardato nel 1943, confinante con via dei Gracchi, oggi Mergulensi, vennero abbattuti e al suo posto fu edificato quel mostro di cemento, sede oggi della biblioteca comunale, a perenne vergogna degli amministratori del tempo e dell’ingegnoso palazzinaro che negli anni 60 chiuse con quell’ammasso di cemento, assassinandolo, il grazioso Palazzo Gargallo, splendido monumento quattrocentesco in stile Catalano.

Il palazzo, dal 500 proprietà della famiglia Gargallo, danneggiato seriamente dal terremoto del 9/11 Gennaio 1693, venne restaurato e abitato dai Gargallo dal 700 fino alla fine dell’800.

I restauri del 1939 cancellarono l’antica facciata Catalana e, i locali interni, in parte modificati, nel dopo guerra, furono sede del Liceo Scientifico e poi, ancora oggi, sede dell’archivio Notarile distrettuale.

Della struttura settecentesca rimangono il cortile, lastricato e decorato con ciottoli e pietre di fiume e il pozzo collegato ad una sorgente sotterranea. In basso uno splendido porticato antistante i locali a piano terra che conservano ancora interessanti elementi architettonici quattrocenteschi e, una veranda sulla quale si affacciano finestre a bifora. Fu parzialmente ricostruito da Francesco Fichera

Nella parete a sinistra, tra l’ingresso e il civico n. 24, fino agli anni 60, vi era l’edicola di San Gaetano, circondata da una fiorente Bouganville. Danneggiata dai bombardamenti del 1943 e poi demolita, oggi purtroppo non più esistente. Oltre al quadro con l’immagine di San Gaetano e sotto, incisa su marmo, c’era la preghiera dedicata:
O padre San Gaetano benedici e proteggi i tuoi devoti fa che essi solleciti primamente del Regno di Dio ti abbiano padre sempre provvido nei bisogni della vita.
11-Via Gargallu. San Gatanu nun cc’è chiù pi viriri a fini ca facisti. Tristi e strazianti u to silenziu, se penzu a quanta gioia circulava. I chiova ro scapparu, a serra ro siggiaru, scrusciu iera ma rallegrava. La Runa vinnennu, Stefunu ‘nfunnannu, u ciauru ri pani n’arricriava u nasu Currennu e vuciannu scurrevunu i iunnati, rirennu pi nenti vulennu beni a tanti. Maricchia cusennu, Cuncittina rizzittannu, vivevumu filici ‘nta stu locu ri paci. Machini nu’ c’erunu, che ligna si cuceva, iù vissi ‘n allegria a prima vita mia. Ora ca sugnu ranni rioddi e nustalgia mi pottuni ‘nti tia, pinsannu e suspirannu ca nun po chiù siri iessiri com’eri. 11-via Gargallo. l’edicola di San Gaetano non c’è più per vedere la fine che facesti. Triste e straziante il tuo silenzio, se penso a quanta gioia c’era in giro. I chiodi del calzolaio, la sega del sediaio, rumore era ma rallegrava. La Runa (alimentari) vendendo, Stefano Marino infornando, l’odore di pane godeva il naso. Correndo e vociando scorrevano le giornate, ridendo per niente volendo bene a tanti. Mariuccia mia nonna cucendo, mia madre Concettina facendo i mestieri, vivevamo felici in questa oasi di pace. Auto non ce ne erano, con la legna si cucinava. io vissi in allegria la mia gioventù. Adesso che sono anziano ricordi e nostalgia mi portano da te, pensando e sospirando che non puoi essere com’eri allora.

Al civico numero 24 abitava mia nonna, donna Maricchia, una delle più brave e stimate sarte della città, anziana donna, rimasta vedova nel 1905 a soli ventiquattro anni, incinta, e con altra figlia di due anni, mia madre!
A sezioni aperte della Corte D’Assise, era uno spettacolo mai dimenticato, vedere passare davanti la mia casa i due carabinieri in alta uniforme, gli appuntati Rosario Cavallaro e Colonna, che andavano a presidiare l’aula. Immagine, immortalata nella mia memoria e poi rivista in tanti quadri e disegni di grandi e piccoli artisti, come il mio degli anni 70.

Essendo io nato nel 1940 in via Gargallo, al civico numero 28, e li vissuto fino a vent’anni, conosco ogni angolo ed ogni pietra di quel mio quartiere e, quindi, conservo memoria fotografica e vissuta della zona e sono testimone oculare dello scempio perpetrato nel 1960 e documentato dalle foto d’epoca.

Nella stessa via Gargallo, al civico numero 67, c’è il convento di San Francesco d'Assisi edificato dai frati minori conventuali alla fine del 1200, li furono ospitati per diversi anni i Cavalieri di San Giovanni Gerosolimitano, cacciati da Rodi.

Il convento, fu ingrandito e restaurato nel 1613 e dopo il terremoto del 9/11 Gennaio 1693. Nel 1866, divenne proprietà del Comune di Siracusa che lo riadattò trasformandolo in palazzo di Giustizia con annessi, Tribunale civile e penale, Corte d'Assise e uffici della Pretura.

Nella stessa via, al civico numero 61, l’ingresso al cortile del cosiddetto Portone Minnìti, dove in fondo, attuale Nottola, vi erano le rimesse per le carrozze di alcuni ricchi della zona e le stalle per i cavalli, dove, in una in particolare, si svolgeva la monta equina praticata da uno stallone detto, 'u cavaddu i Marotta.

Nei piani alti del primo cortile abitavano nobili decaduti e in quasi tutti i bassi, prolifiche famiglie, Mudanò l'attacchino, i Corso carrettieri, detti i tuttedda, i Baio, il maestro di musica Gentile, i Mazzone e le botteghe artigiane degli ebanisti Cusi, Disco e Antoci.

Nella piazzetta dei Cavalieri di Malta la sconsacrata chiesa di San Leonardo, o San Biagio, ai miei tempi falegnameria del maestro Sebastiano Piccione.

La chiesa, venne edificata nel 1500 dai Cavalieri Gerosolimitani. Danneggiata dal terremoto del 9/11 Gennaio 1693, precisamente nel 1768, come da lapide incisa conservata nei magazzini del Museo Bellomo, sulla quale è precisato che il restauro fu promosso dal Cavaliere di Malta fra Diego Gargallo, progettista Carmelo Bonaiuto e lavori eseguiti da Luciano, Gaspare, Gaetano e Saverio Ali, i quali, modificarono completamente la facciata e l'assetto interno coprendo con stucchi e gesso le navate e il soffitto.

Nel 1878 la campana fu comprata dal parroco di S. Martino al prezzo di L. 329 e collocata sul campanile di quella chiesa.

Durante l'ultimo restauro sono venute alla luce gli archi, la cornice che attraversa tutta la navata e le otto capriate originali del tetto che poggiano su sostegni recanti incisa la croce ad otto punte dell'Ordine del Santo Sepolcro.

La facciata, armoniosamente convessa, ha il portale decorato con modanature ed elementi floreali nella chiave e nelle due decorazioni laterali. Una grande finestra elegantemente incorniciata sovrasta il portale completando l'aspetto barocco della costruzione. Oggi proprietà del Comune di Siracusa l'immobile è adibito a spazio espositivo.

Negli anni 40 nella piazzetta c’era l’ingresso all’ipogeo ricovero anti bombardamenti, prospiciente il civico numero 29 che era adibito a bottega artigiana di Don Jachinu Nardone, costruttore di sedie.

A quel tempo la via Gargallo, sempre linda e pulita e potremmo dire che era rappresentativa di tutte le realtà del tempo a Siracusa, essendo abitata da tante famiglie d’origine umile, ma tutte oneste e dedite al lavoro, la mia, Sequenzia, Rosano, Vinci, Spatafora, Leone, la mia levatrice, signora “Lalla” e, potrei continuare per ogni porta o portone.

Oltre al tenente Sinatra, comandate dei vigili urbani e la famiglia Romeo, presidi delle scuole, professori e maestre, due tabaccai, uno all’inizio della via ed uno alla fine nella piazza dell’Immacolata, cantine ed osti, una salumeria, un tipografo con propria tipografia, pittori, bravi artisti, tutta una famiglia di “pupari”, falegnami ed ebanisti con attrezzate botteghe, la segheria per il taglio del legname per poi poterlo lavorare nelle botteghe, calzolai, sarti dove nelle loro botteghe, il pomeriggio, concerti di fisarmonica mandolino e chitarra per tutti.

In via Gargallo, il liceo classico Gargallo, allocato nello storico palazzo del convento di San Filippo neri, edificato nel 1650, opera attribuita a Luciano Ali. Nel 1750, l'oratorio di S. Filippo Neri, mantenendo il nome, fu trasformato in Collegio di S. Carlo e con l’unità d’Italia adibito a scuole ginnasiali e liceali.

Nel 1943 gli occupanti Inglesi adibirono a loro caserma l’edificio del glorioso Liceo Gargallo sistemando le cucine al piano terra nell’ultima stanza a destra, trasformando la finestra in porta di accesso. I soldati ci sembrarono santi salvatori perché per ogni servizio che facevamo per loro ci davano una pagnotta di pane fresco.
A ripensarci sono umiliato perché dovetti subire la loro “spacchiusaria”.

Nel quartiere, un tempo, vi era anche la chiesa della Madonna Santissima degli Angeli. Era sita in zona attuale ronco del Pozzo, in un magazzino donato il 24 ottobre 1615 dal barone don Giuseppe Montalto di Milocca, abitante nella sua casa ai Consoli dei Bottegai. Unica testimonianza rimasta un bassorilievo raffigurante un angelo con un candelabro incassato, in alto, in una parete, di ronco del Pozzo.
La congregazione dei Bottegai, formata da persone unite da una medesima particolare devozione, ogni anno, sorteggiava tra le orfane, una giovane a cui veniva data la dote di dieci onze.

Da piazza Archimede, angolo via Dione, confine ovest del quartiere, percorrendo la stretta via Montalto dove sono ancora oggi visibili rimanenze trecentesche, c’è il Palazzo Montalto già Mergulensi, autentico gioiello, edificato nel 1397 in stile gotico-chiaramontano.

Il palazzo subì danni a causa del terremoto del 1693, forse la scala e la loggia, ma per fortuna rimase integra la facciata sulla quale sono da ammirare le tre grandi finestre del piano nobile, una bifora, sulla quale c’è un piccolo rosone quadrilobo, “quadrifoglio” a traforo; sulla trifora un rosone a forma di stella di Davide a sei punte e, sulla monofora, un rosone a forma di croce greca sormontata da un leone.

La facciata, conserva i paramenti originali e il portale di ingresso ad arco cordonato terminante con due giragli.

Nel cortile interno c’era l’uscita posteriore del caffè Liistro, con ingresso principale da Piazza Archimede; a sinistra, l’affittacamere con il servizievole “Ninnello” e la scuola di taglio e cucito delle sorelle Fazzina.

Nell’androne principale la bottega restauro di Pippo Malfa, dove lavorai per qualche anno. In precedenza, anni 40/50, c'era la bottega dei fabbri, fratelli Vincenzo e Vittorio Quadarella.

Salendo per lo scalone, a destra, al primo piano, abitava la famiglia Sinatra e al piano di sopra le famiglie: Innoccenti, Gibilisco, le sorelle Italia, Cecè Genovese e Pippo Montalto.

Il palazzo, è stato restaurato nel 1984, a cura della locale Sovrintendenza ai Beni Ambientali, ma rimane poco utilizzato per l’ignavia del Comune proprietario e gestore del monumento.

Nella stessa via dei Mergulensi, civico numero 21, angolo via dei Tintori, c’è palazzo D'Amico, edificio seicentesco di civile abitazione, elegante costruzione di scuola vermexiana, che presenta elementi di carattere religioso come il medaglione con raffigurazioni della vita di Cristo in pietra scolpita sul portale e, sul tetto, una croce in posizione arretrata. L’edificio, forse, appartenne ad una famiglia gentilizia particolarmente devota, o ad un religioso d'alto rango o ancora poteva sede di una congregazione religiosa.
La via dei Tintori, prende il nome dagli antichi artigiani ebrei della zona, tintori di cotone, lana e panno. Ancora oggi è uno straordinario aggregato di stradine, vicoli, ronchi, cortili e piccoli slarghi risalenti alla dominazione araba durata dall’ 878
al 1038 d.C.

È l’unico percorso superstite che testimonia la struttura labirintica originaria dell'intero rione e nel quale sono visibili ancora elementi di architettura gotica trecentesca, come il portale di ingresso al civico numero 11, dove, oltre ai paramenti originali, c’è l’arco gotico che immette, tramite un androne, ad un vasto cortile, anch’esso ricco di rimanenze medievali.

La via Dione, il percorso più antico di Ortigia che conserva esempi di architettura minore del Settecento siracusano, antico decumano maggiore, segna il confine con il quartiere Bottai.

La chiesa di San Tommaso, chiusa al culto, venne fatta costruire dal vescovo Lorenzo nel 1199 in stile normanno, visibile nel portale con ingresso murato in via Mirabella, e nell'altro rimaneggiato. L'interno, dov’è conservato il corpo del beato Andrea Xueres dei padri Predicatori, è a tre navate con pochi elementi originari rimasti per le successive trasformazioni.

Al civico numero 23, il quattrocentesco Palazzo Abela-Danieli, sopravvissuto alla furia distruttrice del terremoto del 1693, in stile gotico-catalano con influssi arabi, conserva, nel prospetto, i paramenti originali e il portale di ingresso ad arco cordonato terminante con due giragli. Negli anni 50 il piano superiore fu sede dell’istituto commerciale.

Il piano nobile, ricostruito in epoca tarda settecentesca, presenta balconcini racchiusi da semplici ringhiere sormontati da travoni in pietra, e, nell’androne e nel vasto cortile, il grazioso loggiato settecentesco con gli ambienti di civile abitazione.

Al civico numero 31, la scuola statale d’Arte, poi Istituto, dal 1900 al 1970 allocata presso l’antico Monastero del Ritiro edificato nel 1717 e soppresso nel 1890. Io stesso frequentai la scuola dal 1951 al 1955.

la Scuola d’arte applicata di Siracusa, fu operativa dal luglio 1866 nei settecenteschi locali dell’ex Monastero del ritiro. Prima Direttrice Anna Maria Gargallo dei Marchesi di Castel Lentini. Dal 1890 primeggiò tra le scuole del Regno grazie all’operatività del direttore, Giovanni Fusero, tanto che venne citata ed elogiata, nel 1902, sulla rivista “Arte italiana decorativa e industriale”, diretta da Camillo Boito.

Nel 1904 partecipa e riceve il diploma dell’esposizione Universale di Saint Louis; nel 1907 partecipa a Roma alla Mostra delle Scuole Industriali e Commerciali nel Palazzo delle Belle Arti, nel 1910, è presente all’Esposizione Universale Internazionale di Bruxelles e nel 1911 all’Esposizione Internazionale di Torino. Nel 1914, docenti e allievi, collaborarono alla realizzazione delle Rappresentazioni Classiche al Teatro greco di Siracusa.

Di fronte alla chiesa del Carmine, al civico senza numero, l’ingresso principale di palazzo Gargallo, confinante, nel retro, con via dei Mergulensi-ronco del pozzo e che, nonostante più volte restaurato, conserva i paramenti originali e il portale di ingresso ad arco cordonato terminante con due giragli.

In fondo a via Mirabella, al civico n.53, il palazzo Bongiovanni, edificato nel 1772 sulle rovine di edifici medievali distrutti dal terremoto del 1693, in stile rococò, uno degli ultimi esempi del barocchetto siciliano, recentemente proprietà del professor Lucchese.

In questa provincia “babba”, le regole contavano, adulti e bambini ne conoscevano i valori. Bambini cresciuti troppo in fretta, in via Mirabella e alla Santa Croce ci raccoglievamo. La scuola fu la strada, prima e dopo la guerra, tra AM lire e soldi fuori corso. Al Talete e alla Sperduta, correvamo sbandati, pidocchi per amici e cimice affamate. Grande fu la gioia per il brodo di piedi di bue. Pane e acqua pazza fu il vero nutrimento e grazie a lei sono che benedico quei giorni
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