via Maestranza
Maestranza
Via delle Maestranze è il nome completo
Tratto alla rivista "I SIRACUSANI" BIMETRALE DI ARTE STORIA E TRADIZIONI ANNO V N. 23 GENNAIO FEBBRAIO 2000.
Maestranza di Raffaella La Feria
Tratto alla rivista "I SIRACUSANI" BIMETRALE DI ARTE STORIA E TRADIZIONI ANNO V N. 23 GENNAIO FEBBRAIO 2000.
Maestranza di Raffaella La Feria
Una via da "leggere
Se il passato è una terra straniera, un altrove di cui rimane la spoglia ma non l'essenza, questo è ancor più vero per il forestiero che viaggia in un paese "altro", straniero; perché le lingue da decifrare nei segni che lo circondano saranno due, il presente ed il passato, anzi i passati che, strato dopo strato si addensano fino a raggiungere l'adesso.
Ed è forse la bellezza tanto perturbante quanto indecifrabile del passato, il suo quasi assalire in una tempesta di sollecitazioni misteriose, a costituire il centro nevralgico della celebre "Sindrome di Stendhal", appannaggio di ancor più celebri viaggiatori, Sigmund Freud tra gli altri. E certo infatti che sublimità come il Partenone o la Gioconda di Leonardo non possono avere lo stesso impatto emozionale su noi come sui contemporanei di un tempo. Quel sovrappiù di affascinante è solo per noi, che, distanti, indoviniamo ma non vediamo se, come dice Jean Starobinski, "la fascinazione promana da una presenza reale che ci obbliga a preferirle ciò che essa dissimula, la lontananza che essa ci impedisce di raggiungere nell'istante stesso in cui si offre."(1) Rimane tuttavia il dubbio se la decifrazione, la spiegazione, lo svelamento dei segreti o, se vogliamo, l'interpretazione, aggiungano o tolgano fascino ad un manufatto artistico. Se, per esempio, giovi all'apprezzamento di quell'esempio unico di innesto di tempio greco e chiesa cristiana che è la Cattedrale di Siracusa il sapere che l'entrata del tempio di Athena era simmetricamente opposta al concerto di architettura barocca dell'ingresso su Piazza Duomo; in pratica, l'entrata si trovava sul retro dell'attuale chiesa, su Via Roma, originariamente una Via Sacra che congiungeva a oriente tutti i templi cittadini. Certamente la prospettiva cambia e l'emozione storica è assicurata.
Si potrebbe tentare di percorrere una delle vie storiche di Siracusa, Via Maestranza, da godere, passeggiando, nella luminescenza e nei ghirigori della pietra bianca siracusana, ma anche da leggere, come un palinsesto, una stratificazione di scritture. A cominciare dal nome stesso, Via Maestranza, che contrasta con l'apparenza aristocratica, intessuta com'è di palazzotti e dimore nobiliari. Il nome rimanda probabilmente, analogamente a vie intitolate ai mestieri di molti centri storici italiani, ad una originaria funzione di crocevia di traffici e botteghe, poi soppiantata nel tardo Medioevo, nel periodo d'oro del governo catalano, dal compito di rappresentanza, di "vetrina" del potere dei maggiorenti della città. E più tardi, dopo il terremoto del 1693, ormai accreditati clan nobiliari rivestirono di contrassegni barocchi, ad eco dei trionfi della vicina Piazza Duomo, dimore di ascendenza tre- quattrocentesca.
Ascendenze segnate da piccoli indizi, cifre del tempo incastonate qua e là come piccoli fossili; l'inflessione delicata e puntuta di una finestrella, un loggiato, l'ombra di un portale ad arco, il decoro a greca di una scalinata.
Partendo da Piazza Archimede, iniziamo in grande la passeggiata tra le vestigia settecentesche del potere laico con il palazzo dei Principi Bonanno, al n. 33, con i panciuti balconi a petto d'oca e le grandi sagome geometriche tra un balcone e l'altro, tipi dell'architettura "espressiva". Svetta sopra il portone lo stemma, (non l'unico di una serie che costella tutta la via) che vede riuniti i simboli dell'arma e del cimiero di questa potente famiglia palermitana di medievali origini pisane; il gatto passante e la fenice, simbolo dell'immortalità.
Si potrebbe tentare di percorrere una delle vie storiche di Siracusa, Via Maestranza, da godere, passeggiando, nella luminescenza e nei ghirigori della pietra bianca siracusana, ma anche da leggere, come un palinsesto, una stratificazione di scritture. A cominciare dal nome stesso, Via Maestranza, che contrasta con l'apparenza aristocratica, intessuta com'è di palazzotti e dimore nobiliari. Il nome rimanda probabilmente, analogamente a vie intitolate ai mestieri di molti centri storici italiani, ad una originaria funzione di crocevia di traffici e botteghe, poi soppiantata nel tardo Medioevo, nel periodo d'oro del governo catalano, dal compito di rappresentanza, di "vetrina" del potere dei maggiorenti della città. E più tardi, dopo il terremoto del 1693, ormai accreditati clan nobiliari rivestirono di contrassegni barocchi, ad eco dei trionfi della vicina Piazza Duomo, dimore di ascendenza tre- quattrocentesca.
Ascendenze segnate da piccoli indizi, cifre del tempo incastonate qua e là come piccoli fossili; l'inflessione delicata e puntuta di una finestrella, un loggiato, l'ombra di un portale ad arco, il decoro a greca di una scalinata.
Partendo da Piazza Archimede, iniziamo in grande la passeggiata tra le vestigia settecentesche del potere laico con il palazzo dei Principi Bonanno, al n. 33, con i panciuti balconi a petto d'oca e le grandi sagome geometriche tra un balcone e l'altro, tipi dell'architettura "espressiva". Svetta sopra il portone lo stemma, (non l'unico di una serie che costella tutta la via) che vede riuniti i simboli dell'arma e del cimiero di questa potente famiglia palermitana di medievali origini pisane; il gatto passante e la fenice, simbolo dell'immortalità.
http://www.antoniorandazzo.it/nobili/bonanno.html
Partendo da Piazza Archimede, iniziamo in grande la passeggiata tra le vestigia settecentesche del potere laico con il palazzo dei Principi Bonanno, al n. 33, con i panciuti balconi a petto d'oca e le grandi sagome geometriche tra un balcone e l'altro, tipi dell'architettura "espressiva". Svetta sopra il portone lo stemma, (non l'unico di una serie che costella tutta la via) che vede riuniti i simboli dell'arma e del cimiero di questa potente famiglia palermitana di medievali origini pisane; il gatto passante e la fenice, simbolo dell'immortalità.
http://www.antoniorandazzo.it/nobili/bonanno.html
Balconata continua e leoncini - simbolo di forza e di difesa — sul prospetto del palazzo Zappata- Gargallo, al n. 50, sul lato destro; è nel cortile pavimentato di basalto di questo palazzo che il cuore medievale di questo come di molti altri edifici è intuibile, nella chiara scalinata con cornice decorativa geometrica, conducente ad un piano loggiato, quasi un emblema del palazzetto medievale siracusano.
L'arma dei Gargallo segna l'angolo del piccolo ronco Capobianco dove l'attuale tipografia ospitava un secentesco ricovero donato dal vescovo Panebianco alle "Oneste donzelle, zitelle povere"; come molti edifici religiosi, fu espropriato dallo Stato grazie alle leggi "eversive" del 1866.
Tra Palazzo Regina al n. 60 e Palazzo Bufardeci l'inizio dell'appropriatamente denominata Via Laberinto che finisce per sboccare su Via Roma, subito dopo l'edicola quattrocentesca con due angeli sul lato sinistro di S. Maria delle Monache. Appena imboccata, questa tortuosa viuzza ci riserva la sorpresa di un portale ad arco sulla destra, anch'esso tipicamente tardo-medievale e siracusano, con i suoi conci a ventaglio e le terminazioni della cornice con dei peducci ornati in stile catalano. Era il portale d'accesso ad un convento (anch'esso espropriato nel 1866), come dimostra il dammuso che sovrasta l'imbocco, uno dei tre esistenti a Siracusa; fornivano ai religiosi un passaggio sospeso e coperto tra due edifici, dispensandoli così dall'uscire in strada
L'impalcatura perenne di Palazzo Bufardeci, al n. 72, impedisce forse di cogliere le differenze stilistiche tra i vari ordini che si susseguono in altezza, differenza invero già dissimulata dall'omogeneità del tipo di pietra delle aggiunte.
http://www.antoniorandazzo.it/palazzidipregio/pal.romeo-bufardeci.html
http://www.antoniorandazzo.it/palazzidipregio/pal.romeo-bufardeci.html
I primi due ordini sono vermexiani e dunque secenteschi, gli altri neoclassici ed ottocenteschi, con le lesene a capitello ionico e il coronamento neoclassico delle finestre. Lo sviluppo in altezza la dice lunga sull'esaurimento di spazio edilizio nella centralissima strada. Superato il n. 100, con l'impronta di un portale catalano ormai rasato, giungiamo al n. 110, al delicato chiarore dorato della facciata di Palazzo Rizza, al suo cortile anch'esso dotato di tardo gotica scalinata. Due altri segni, uno stilistico, l'altro strutturale, sono indizio dell'innesto barocco su di un ceppo tardo gotico, tre-quattrocentesco; le murate finestrelle con la tipica inflessione Tudor, scorgibili nell'ordine superiore della facciata (altre sono incastonate più nascostamente all'interno di qualche cortile...), e la curvatura ad angolo acuto del prospetto della costruzione, che segue l'originaria curvatura medievale della strada. Tipico del tracciato irregolare e vario della città medievale, dove le strade, raramente dritte, aderiscono alle pendenze del terreno e gli sbocchi e le curve seguono le esigenze di smistamento dei traffici. Infine, last but not least, due segni ancor più dissimulati, le due marcature cantonali che segnano l'ingresso e l'uscita dal ghetto ebraico, l'antica Giudecca. Il primo (datato 1830) si trova su Via Crocefisso, forse così denominata per involontariamente ironico zelo controriformista.
Scorcio immediato dalla Via Maestranza, sull'abbandonata chiesa di S. Filippo Apostolo,
edificata probabilmente sui resti dell'antica Sinagoga; un pozzo intagliato nella pietra nel sotterraneo della chiesa è stato di recente identificato come resto del bagno rituale, il mikvè. Alle spalle della gala aristocratica di Via Maestranza e Mastrarua, era il centro pulsante dell'economia siracusana; la comunità ebraica ed il suo quartiere, crocevia di operosi traffici e di lucrose manifatture, tintorie e mercato di stoffe principalmente, un mondo spazzato via dopo l'editto del 1492 e ormai sopravvivente all'oblio solo grazie a questi pochi, sbiaditi segni.
(1) - J. Starobinski, L'occhio vivente, Torino 1*)75.
(2) "Questa tortuosa viuzza ci riserva la sorpresa di un portale ad arco sulla destra, tipicamente tardo-medievale'
(2) "Questa tortuosa viuzza ci riserva la sorpresa di un portale ad arco sulla destra, tipicamente tardo-medievale'
Lo stemma dei Gargallo sul cantonale del ronco Capobianco.
Il Palazzo Bonanno con i panciuti balconi a petto d'oca.
vedi anche:
palazzo Gargallo Via omonima
Antico asse della città medievale, divenuto già dal sec. XVI strada rappresentativa della nobiltà locale, mostra un susseguirsi pressoché ininterrotto di antichi palazzi, trasformati in epoca barocca e abbelliti da cornicioni, mascheroni, balconate in ferro battuto rette da mensole scolpite. Al N. 17 è il palazzo Impellizzeri, dal caratteristico fastigio centrale; segue, al N. 50, il palazzo Barbata-Gargallo, mentre spicca al N. 72 la monumentale facciata del palazzo Bufardeci. A destra si nota la fronte convessa della chiesa di S. Francesco o dell'Immacolata, architettura barocca (1769) che conserva resti tre-cinquecenteschi nel presbiterio. Deviando a destra per via della Giudecca ci si può immettere nell'antico quartiere ebraico, dalle strette stradine a pettine; proseguendo invece per via della Maestranza si notano il settecentesco palazzo Rizza, dalla lunga balconata e, adiacente a questo, il palazzo Blanco, di origine quattrocentesca
palazzo impellizzeri
palazzo impellizzeri
Una delle vie più antiche, suggestive ed importanti di Ortigia a Siracusa è Via della Maestranza, caratterizzata da abitazioni nobili di aspetto barocco, dalle architetture ardite e originali. Tra i palazzi più significativi sono da segnalare Palazzo Impellizzeri, che si trova al numero civico 99 ( da non confondere con l'altro Palazzo Impellizzeri, che si trova nella stessa Via ma al civico, 17 ), attuale sede della Facoltà di Architettrura, oltre che di diverse mostre d'arte contemporanea. Questo Palazzo è stato edificato nel contesto creatosi in seguito agli sforzi post sisma, che hanno dato vita ad un concetto di urbanistica svincolato dai canoni del momento, in cui i diversi palazzi barocchi risentirono dell'influenza dello stile rococò. La residenza è datata 1894, come afferma il fregio sopra il balcone principale. Il prospetto presenta una trabeazione decorata con motivi floreali e sul cornicione volti umani. Sulla pavimentazione policroma interna, si trovano gli stemmi dei casati e la lettera "G" che indica l'appartenenza ai Loggia.
imgresso palazzo Impellizzeri