Graziella Paolo Giansiracusa - ortigia

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Ortigia
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Graziella Paolo Giansiracusa

Graziella
TRATTO DA ORTYGIA N.1 DI PAOLO GIANSIRACUSA


2. 1. 1. La Graziella
il quartiere dei pescatori.
Col nome Graziella sono chiamati molti dei quartieri dei pescatori delle città marittime italiane e ciò a motivo della partilare devozione che i pescatori e le loro famiglie hanno nei confronti della Madonna delle Grazie.
Che la Graziella dei siracusani sia interamente dedicata, dalla fede popolare, alla Madonna delle Grazie si capisce anche dalle numerose icone e sculture mariane sparse lungo le vie Mirabella, Dione, Vittorio Veneto e Delle Grazie, accessi principali, anche se indiretti i primi tre, al cuore del quartiere: il Largo alla Graziella.
Al Largo alla Graziella fino a non molto tempo fa sorgeva una cappelletta dedicata alla Madonna (il particolare é rilevabile anche dalla « Topografia Archeologica » di Saverio Cavallari, 1880-81), ora, a testimonianza della sua passata esistenza, nello stesso luogo sorge un'edicola votiva.
La Graziella, così come tutto il centro storico siracusano, ha assunto la fisionomia architettonica attuale attraverso i secoli: nascendo da una iniziale pianificazione greca della quale rimane solo il tracciato tortuoso di Via Dione, subisce modifiche ad opera dei Romani (Via Resalibera e Via Mirabella sono chiari interventi della castramentatio romana) e poi nei secoli del Medioevo subisce trasformazioni, abbattimenti ed aggiunte a causa dei terremoti, degli incendi, delle distruzioni belliche, dei cambiamenti di gusto ed esigenze.
Con l'avvento del cristianesimo si viene a perdere la tipologia dell'alloggio greco; le case invece di aprirsi verso cortili interni si aprono verso la strada o il cortile comune.
La tipologia dell'alloggio cristiano ha il pregio di incentivare i contatti sociali e di stimolare la crescita delle prime comunità religiose. Sarà il vescovo Germano (sec. IV) a dotare il quartiere di due chiese: San Pietro e San Paolo (« Germanus Syracusarum ...iterum insulae boreali loco ecclesiam divis Petro, ac Paulo sacravit », A. Anguillara, sec. XV. « Germanus... aedificavit ecclesiam Sancti Pauli Apostoli, et Sancti Petri Apostoli... », L.C. Scobar, sec. XVI).
I materiali con cui le chiese furono innalzate vennero in buona parte sottratti ai monumenti della classicità, fatto tutt'altro che sporadico: la Graziella ne é ricca di esempi, basta guardare attentamente alcune abitazioni di Via Arizzi in cui i grossi blocchi squadrati di calcare sono sistemati nei cantonali e nelle fondazioni. Tali materiali furono sicuramente asportati dal vicino tempio di Apollo.
Sarà la conquista araba (incursioni sin dal sec. VII; terribile assedio nell'827 ad opera di Ib Al-Furat; conquista nell'878) a distruggere quasi completamente l'intera città per crearne una nuova, molto disordinata, perchè frutto di interventi spontanei. Tale disordine, che negli altri quartieri di Ortygia i successivi conquistatori normanni cercheranno di eliminare promuovendo una radicale riorganizzazione urbanistica che sarà intelligentemente continuata con criteri di razionalità e simmetria dagli amministratori svevi e poi da quelli aragonesi portatori della cultura ispano-gotica, alla Graziella e alla Spirduta non sarà mai sottoposto a revisione architettonica, anzi, ciò che ne ha compromesso nel tempo la stabilità e ne ha anticipato la fatiscenza, sarà incentivato con sovrastrutture, sopraelevazioni e nuovi spontanei corpi aggregati.
Il terremoto del 1693, che avrebbe dovuto portare ad una ricostruzione radicale della Graziella, ebbe un effetto tutto particolare: le macerie furono ammonticchiate negli spazi comuni (le strade) e sulle poche strutture preesistenti si costruì in maniera ancora più disordinata di prima: al disordine planimetrico si aggiunse in pratica quello altimetrico.
Per capire cosa in effeti accadde bisogna osservare bene i rapporti altimetrici tra le vie Arizzi, Delle Grazie, Ildebrando e loro ronchi. In certi casi (Ronco VII" alla Graziella, Ronco Coffari) si arriva a differenze di quota di circa un metro.
Numerosi sono poi i casi di alloggi interamente sottomessi rispetto al livello stradale.
Il fenomeno é leggibile anche valutando l'altezza della sezione del piano su cui poggia la Chiesa di San Paolo; quest'ultima é infatti su un livello di circa 6 metri più alto rispetto a quello del Tempio d'Apollo. Ciò é segno che la chiesa, come tutto il quartiere, giace su sei metri di macerie ed immondizie accumulatesi nel tempo.
Dal sec. XVIII in poi la Graziella, a differenza degli altri rioni di Ortygia, non ha subito alcuna modifica e ciò nonostante ci siano state diverse proposte di demolizione (ultima e clamorosa quella dell'Arch. Rapisardi pensata in periodo fascista). Per la conservazione e l'utilizzazione del tessuto urbanistico eccezionale e del patrimonio architettonico pregevolissimo della Graziella occorre un'attenta lettura delle sue tipologie.
Disastrose più di uno sventramento sarebbero le ripuliture generalizzate le quali mirano all'eliminazione delle partizioni e elle aggiunte. Tali metodi operativi di restauro eliminerebbero il groviglio intricatissimo che dà colore e carattere alla Graziella e non potrebbero mai ridare un quartiere ristrutturato avendone già in partenza sfigurato il volto.
2.2.1. Tipologie degli elementi di distribuzione urbana.
2.2.2. Largo alla Graziella, Via Arizzi, Via delle Grazie, Vicolo Bonanni, Vicolo Bagnara.
Le vie Arizzi e Delle Grazie e i vicoli Bonanni e Bagnara sono le strade della Graziella che meglio esprimono i significati compositivi e funzionali di questo quartiere dei pescatori.
Il loro tracciato é tortuoso e ricco di diramazioni costituite da ronchi e cortili. Da ognuna di esse si arriva al Largo alla Graziella, nodo urbanistico del quartiere in cui i vari percorsi si addipanano in un groviglio intricato.
La scena é quella ormai nota: ronchi profondissimi e tortuosi, prospetti piccolissimi (i più vecchi gotici, i più recenti ottocenteschi) con ingressi ridotti e balconcini, il più delle volte, senza ballatoio per via delle strade strette, scale esterne che portano ai piani superiori e occupano lo spazio pubblico per conquistare qualche metro quadro all'interno dell'alloggio.
Il groviglio spontaneo di case é tamponato ad ovest da un enorme blocco che ha prospetto sulla Via Emanuele De Benedictis, opera borbonica del 1843 assurda sia architettonicamente che urbanisticamente. Del periodo borbonico é pure l'enorme scatolone delle vicine prigioni.
Nelle strade suddette meglio che altrove si capisce la distribuzione degli spazi comuni.
Il ronco é l'elemento più caratteristico di questa urbanistica spontanea di spirito dichiaratamente irrazionale. Su come e perchè esso nasce potrebbero farsi molte ipotesi ma certamente la più plausibile é quella legata alla interruzione della fluidità dei percorsi per l'ottenimento di spazi di intimità domestica all'esterno dell'alloggio.
Il Ronco Tramontana e il Ronco 2° alla Graziella sono due spazi comuni interrotti da una piccola costruzione; anche il Ronco 3° alla Graziella é interrotto da una costruzione ed é per tale ragione che non comunica con il Ronco Coffari.
Perchè tali interruzioni? Non sarebbe stato meglio avere una strada continua e quindi uno spazio comune più fluido e funzionale? Evidentemente la fluidità dei percorsi e la funzionalità degli elementi di distribuzione urbana non hanno mai interessato i « pianificatori » di questo eccezionale quartiere. Ben altri criteri hanno dunque guidato gli abitanti della Graziella a determinare gli spazi a ronco, criteri certamente attinenti alla realtà socio-ambientale del quartiere.
Il ronco, per la verità, é l'anticamera di ogni abitazione che vi ha sede. Se si prova a camminare in Via Dione o in Via Resalibera ci si accorge che al piano terra ci sono esclusivamente botteghe attività commerciali, così come nel passato), ne deriva che queste strade devono necessariamente consentire il movimento umano e il flusso dei mezzi.
Il Ronco 3° alla Graziella e tutti gli altri ronchi di Via Arizzi e di Via delle Grazie non hanno botteghe al piano terra, ma abitazioni: abitazioni sottomesse rispetto al livello stradale e quindi umide; abitazioni buie poiché chiuse in uno spazio soffocante (a doppia e spesso tripla schiera); abitazioni piccole poiché sorte su una divisione di proprietà minutissima.
Poiché dunque dentro l'alloggio non c'é lo spazio necessario all'espressione della vita, non c'é l'illuminazione naturale sufficiente e neppure una sana aerazione, il ronco diventa il prolungamento ideale della casa, diventa parte della casa.
Nel ronco c'é dunque questa fusione squisitamente intima tra l'alloggio e lo spazio comune che così acquista un carattere quasi privato. Si provi ad entrare in un ronco: si scopriranno tutte le porte degli alloggi aperte per dare aria e luce alle case e per potere unire o idealmente prolungare il piccolo spazio interno con lo spazio esterno. L'intimità, quasi famigliare, del ronco si capisce bene nel Ronco 3° alla Graziella ove lo spazio comune, attraverso slarghi ed angoli vari, favorisce i contatti sociali: le famiglie si ncontrano e discutono nel ronco; gli amici si ospitano nel ronco. Il ronco é dunque spazio di relazione, scena intima e intoccabile dei apporti interfamigliari.
Se la funzione del ronco é sempre la stessa, qualsiasi sia la sua conformazione urbanistica, varie sono invece le sue tipologie.
Tipologicamente il ronco siracusano é infatti di tre tipi: a) Ricavato nel cortile di una precedente costruzione gentilizia. Tipico é il caso del Ronco 8° alla Graziella che ha ingresso a un portale quattrocentesco. La ricostruzione ideale dell'edifiio tardo-gotico preesistente viene aiutata anche dal cantonale del lato nord, bellissimo esempio di addentellamento di conci squadrti. Tale cantonale doveva chiudere il prospetto dell'edificio all'interno del quale é ricavato il ronco che, per la stratificazione degli stili, ricorda il Palazzo Abela di Via Mirabella. Oggi la proprietà, che un tempo doveva essere unica, é divisa in ben 14 parti.
Tale ronco, così come quelli simili della Via Dione, ha un percorso limitato ma é dotato di una illuminazione naturale abbastanza soddisfacente. Il requisito é dovuto al fatto che il ronco, invece di essere stretto e profondo, é corto e largo poiché ricalca la planimetria del preesistente cortile. Gli alloggi sono di vari tipi: con monolocali o bivani su un unico livello, con organizzazione duplex a collegamento esterno o interno.
Di tipo breve e lineare. Questo é il caso più semplice, riscontrabile nel Ronco Coffari e nei ronchi 1°, 2°, 6° e 7 alla Graziella. E' molto stretto (e quindi poco illuminato) e notevolmente umido poiché troppo sottomesso rispetto al livello stradale. Gli alloggi sono di tipo duplex con scala interna di collegamento.
Di tipo lungo e tortuoso. E' il caso più complesso e allo stesso tempo di maggiore interesse. Si riscontra nei ronchi 3° e 5° alla Graziella.
Il Ronco 3° é di un interesse urbanistico eccezionale e ciò per via della sua composizione; planimetricamente ha una certa somiglianza con il Vicolo dei Tintori alla Spirduta ma la sua funzione é completamente diversa. Alla Spirduta siamo in presenza di uno spazio di collegamento, qui dinanzi ad uno spazio di relazione. Gli alloggi sono uno diverso dall'altro; il denominatore comune é il disordine altimetrico reso a suo modo funzionale con scale stranissime, strette, ripide, tortuose. Il ronco é tamponato da una costruzione alla quale é addossata una enorme scala esterna che permette di raggiungere i vari livelli.
Il Ronco 5° composto da un profondo percorso con cinque brevi diramazioni é il più largo ed arioso dei ronchi della Graziella, ne deriva che le sue abitazioni sono più illuminate e meno umide. Delle diramazioni del Ronco 5° una é di particolare interesse: quella che immette in un piccolo cortile, qui elementi architettonici di vari stili e periodi sono incastonati in maniera confusa e disordinata alle pareti. Nella parete nord c'é una porticina, con arco ogivale a conci squadrati di chiara fattura gotica, infossata per un terzo nella terra dell'orticello. Nella parete est, all'altezza di circa tre metri, si nota il frammento di un architrave datato 1539 con scritta in latino (Deo cucta progedvi). Questi ruderi fanno notare come dopo ogni crollo o distruzione venissero riutilizzate le antiche pietre e le poche strutture rimaste in piedi. Nel Ronco 5° é inoltre l'edicola votiva della Madonna delle Grazie.
I vicoli Bagnara e Bonanni sono strettissimi e, per il loro percorso incerto e ingarbugliato, sembrano dei labirinti. Su questa loro disposizione molte ipotesi sono state fatte: c'é stato chi ha detto che sono nati così per difendere le abitazioni dall'umidità marina e dal vento di levante; c'é invece chi sostiene che sono stati progettati in tale modo affinchè la popolazione vi si potesse facilmente nascondere e difendere in caso di rappresaglia. La realtà é che questi aggregati sono sorti senza alcuna regola, in maniera spontanea, senza alcun supporto di razionalità e spesso trascurando anche i più elementari principi di funzionalità.
Ciò comunque non ne sminuisce il valore, anzi ne esalta la creatività, quasi ingenua, degli uomini che li hanno concepiti.
Il Vicolo Bonanni si parte dal Largo alla Graziella, poi si dirama col Vicolo Bagnara per andare a finire dietro il carcere. I due vicoli accolgono alcuni dei pochi originali alloggi duplex della Graziella. Chiaramente nel loro limitatissimo spazio non era possibile fare scale esterne, si sono dovuti collegare quindi il piccolissimo e buio piano terra e il piano superiore con scale interne, di legno o di pietra, ripidissime con alzate dimensionalmente superiori alle pedate.


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