Memoli cerco il mio nome
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Dal libro "Cerco il mio nome" di Francesco Memoli, capitolo 28, pagina 89:
Il secondo anno, a Firenze, quel corso fu segnato da un evento catastrofico che sconvolse la città e non solo: l’alluvione.
Era il 4 novembre del 1966. Firenze rimase per due giorni in totale isolamento. Anche noi allievi restammo bloccati e senza rifornimenti di acqua, gas, luce, riscaldamento e cibo. Due giorni di completo digiuno.
Tutti gli ambienti del piano terra: cortile, chiostro, uffici, magazzino, mensa e cucina, erano sommersi di melma, detriti e oggetti di ogni genere, impastati e accatastati.
Al terzo giorno, arrivò il pasto: pane e cipolle, più tonno e acqua, che consumammo ai piani superiori, nei corridoi delle camerate.
Io ero assegnato alla settima compagnia. Il giorno dopo, in una trattoria di Volterra, finalmente assaporai una pastasciutta fumante. Il traffico era stato aperto e io ero stato inserito nella squadra di scorta ai detenuti, in trasferimento urgente dal carcere di Firenze dove non potevano più essere trattenuti in sicurezza per i danni che aveva subito, a quello della Fortezza Medicea, nella provincia pisana. Lì, affamati come eravamo, una volta assolto il nostro compito, ci precipitammo nel primo locale con odore di cucinato che incontrammo.
Tornati a Firenze, seguirono lunghi giorni di fango. Dopo averne spalato dentro e fuori dalla scuola, nei pressi di Santa Maria Novella, fui impegnato di giorno a rendere agibili chiostro e cortile e a svuotare i locali del piano terra, recuperando tutto ciò che si riusciva; di notte a vigilare contro lo sciacallaggio dove porte e serrande erano state sventrate dalla furia dell’acqua.
L’evento mobilitò giovani volontari da tutto il mondo i quali, per il loro impegno, si guadagnarono l’appellativo di angeli del fango.
Eppure. Non ero angelo del fango io, perché avevo fatto solo il mio dovere (...omesso...)
Solo vent’anni dopo, nel 1986, il Ministero della Difesa rese giustizia a me e ai miei compagni di corso, concedendoci una medaglia di benemerenza per i soccorsi prestati alla popolazione fiorentina alluvionata. Un riconoscimento pubblico che sì mi qualificava alluvionato, ma in veste di angelo… del fango. Perbacco!