Angeli con gli alamari - CASFirenze59corso

corso 1966/67
59° corso Carabinieri Allievi Sottufficiali 1966/67
Nè la distanza, nè il tempo, potranno mai cancellare l'amicizia che ci unisce
Forti legami rimangono, perchè inseme abbiamo vissuto e condiviso Valori-Esperienze-Emozioni
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Angeli con gli alamari

Angeli del fango con gli alamari
Angeli del fango con gli alamari
59° corso Carabinieri Allievi Sottufficiali – Firenze - 1966/67

Premessa storica
la scuola e il 59° corso

La Scuola Allievi Carabinieri Sottufficiali venne istituita a Firenze l’11 Aprile 1920 nel sito del Convento dei frati Domenicani di Santa Maria Novella.


Nell’anno accademico 1966/67, nei primi giorni di settembre, iniziò il 59° corso, formato da Carabinieri Allievi provenienti dalla territoriale, vincitori del concorso indetto nel 1965 e dagli allievi che avevano frequentato il primo anno a Moncalieri,18° corso Biennale 1965/67, I° Battaglione, distaccamento della sede centrale.

La Scuola, quell’anno, era comandata dal Colonnello Mario Serchi, subentrato al predecessore Colonnello Edgardo Citanna.


Nella sede centrale di Firenze erano inquadrati 2 Battaglioni suddivisi in compagnie, ognuna di 3 plotoni.
Il 2°, formato dalle compagnie 4^, 5^ e 6^, comandato dal Maggiore Augusto Parrano, e il 3°, compagnie 7^, 8^, e 9^, comandato dal Maggiore Gaspare Barbara.
L’ampio programma di studio delle numerose materie e l’addestramento erano affidati ad ufficiali e insegnanti.

Il corso iniziò i primi giorni di settembre e, tutto il mese e parte del successivo, venne dedicato all’addestramento formale militare, difesa personale, attività ginniche, attrezzistica, e materie teorico-pratiche che, oltre alla cultura generale, comprendevano, armi e tiro, addestramento al combattimento, logistica, e corsi speciali quali, Judo, scherma, cavallerizza, fotografia, dattilografia e altri.  

Era previsto lo studio delle materie specifiche professionali proprie dell’Arma, quali polizia militare, giudiziaria, e attività pratico-scientifiche.

La scuola, gli ambienti, le camerate e i servizi annessi erano sistemati ordinatamente come specificato in questa mappa ricostruita attraverso i ricordi.

La scala principale di accesso alle camerate, distribuite nei vari piani e collegate da lunghissimi corridoi, anche con accesso secondario singolo, era unica per tutti e si trovava in fondo a destra dell’ingresso principale della scuola, oltre il colonnato non visibile dal cortile.
A destra della nostra scala, c’era un passaggio attraverso il quale si accedeva ad un vano dov’era lo scalone riservato agli ufficiali che da lì accedevano al primo piano, non comunicante con gli altri ambienti.

La domenica e i giorni festivi erano dedicati alla religiosità, al riposo o attività ludiche, per coloro che non erano impegnati in servizi.

Alcuni allievi, i più fortunati, residenti in Firenze o nelle vicinanze, andavano a trovare le loro famiglie e, saltuariamente anche a chi risiedeva in località lontane veniva concesso un permesso più lungo, 3 giorni più il viaggio.

Così avvenne anche quel fine settimana contrassegnato dalla giornata domenicale del 4 novembre festa delle forze armate che prevedeva cerimonie e la visita della scuola da parte della popolazione.

All’uopo vennero designati gruppi di allievi per ricevere e guidare i visitatori nei vari ambienti per far conoscere l’attività e la preparazione degli “studenti”.

Alcuni, assegnati in servizi normali come gli altri giorni, erano operativi presso il corpo di guardia nell’uniforme prevista per il servizio di picchetto, e per altri servizi, in cucina o nelle mense.

La maggior parte degli allievi rimasti in sede erano liberi da ogni impegno e pronti per la messa domenicale nella Basilica di Santa Maria Novella confinante con la scuola.

Da diversi giorni pioveva e le uscite erano limitate per quanto possibile. I giornali e le radioline informavano lo straripamento dell’Arno in più località della Toscana, ma nulla lasciava prevedere gli eventi disastrosi che stavano per avvenire.

La situazione precipitò la notte tra il 3 e il 4 novembre nel corso della quale il perdurare e l’intensificazione delle piogge fecero esondare lo storico fiume amato dai fiorentini, e non solo, e l’acqua invase e sommerse gran parte dei territori circostanti e il centro storico di Firenze, in più punti con oltre 4 metri d’acqua, compresa la scuola.

E fu un disastro completo, fiumi d’acqua inarrestabili scorrevano per le vie cittadine travolgendo tutto, ma gli abitanti della scuola, ancora ignari, non avevano contezza dei fatti.

Dopo la sveglia adunata per la colazione in mensa e quindi in libertà.

Gli allievi di servizio alla mensa predisposero i tavoli per il pranzo di mezzogiorno e altri ispezionavano le cucine per verificare i cibi per poi, appena pronti, in un vassoio, da portare al comandante per l’assaggio e l’approvazione.

Essendo festa, il menù prevedeva, il primo e il secondo, vino, spumante, dolce, e frutta.

Per la cena, già di prima mattina, erano stati preparati un pollo arrosto con contorno e alcune confezioni di marmellata.

L’acqua intanto incominciò a penetrare nelle cucine, a livello più basso, dalle fessure del portone di ingresso e incominciò ad allagare l’ambiente tanto che i cuochi sedettero, in un primo momento, sulle cucine con i fornelli oramai spenti e poi, impauriti e in preda al panico fuggirono seguiti dagli allievi addetti all’ispezione.

Le immagini, scattate dall’allievo Renato Gentili, su incarico del comandante della scuola, immortalano quei tragici momenti vissuti nei giorni 4 e 5 novembre, nel preciso istante in cui avvennero.

Nella mensa, a livello più alto delle cucine, non ancora invasa dall’acqua, rimasero i due allievi di servizio, uno della quarta e l’altro della quinta compagnia, i quali, ignari o forse disattenti, guardandosi intorno si accorsero di essere rimasti soli.

Il chiostro era completamente allagato dall’acqua che in gran parte emergeva dai tombini e già superava di alcuni centimetri il gradone che lo separava dal colonnato di nord ovest, in quel momento invaso solo da pochi centimetri d’acqua.

L’allievo della quarta compagnia, repentinamente, correndo in quella poca acqua, si allontanò e raggiunse la sede della sua compagnia che si trovava nell’angolo nord dello stesso chiostro.

Il suo compagno di servizio, interdetto e non sapendo cosa fare di meglio, fece scivolare sul pavimento del colonnato una pedana che era appoggiata al muro a fianco della porta d’ingresso alla mensa e vi salì sopra.

La turbinosa corrente del vortice d’acqua del chiostro agganciò la pedana nella sua scia e trascinò
l’improvvisato natante e il passeggero verso sud ovest e in senso antiorario, dopo un ampio giro, si avvicinò ad una delle colonne del colonnato ovest consentendo al malcapitato di aggrapparsi alla grondaia e salire sul loggiato in alto da dove raggiunse, sano e salvo, la sua camerata.
Diversi allievi, in permesso o in licenza che avrebbero dovuto rientrare per il contrappello, rimasero presso la stazione ferroviaria, non interessata all’acqua perché a livello più alto e solo in tarda serata o l’indomani rientrarono.

Quella sera e la notte furono lunghe e opprimenti con gli allievi che dalle finestre che davano su piazza stazione e via della Scala, temendo il peggio, verificavano l’evolversi della situazione, attenti alle notizie trasmesse dalle radioline che, prima di mezzanotte, annunciarono il lento ritirarsi delle acque.

Dalle finestre, alcuni, videro la loro auto in sosta nel parcheggio della piazza, travolta e trascinata dalla massa d’acqua.

Al mattino, infatti, l’acqua, lentamente defluita, aveva lasciato ovunque cumuli di fango con i locali a piano terra invasi da mobili e suppellettili infangati e semi distrutti.

La scuola, obbligata alla sosta forzata, cessò l’attività scolastica e, per tutto il mese di novembre, fino alle festività di Natale, furono giorni dedicati alla ricostruzione e alla rinascita, con gran parte degli allievi impiegati a ripulire il piano terra armati di pale, scope, carriole e ogni attrezzo utile.

Il fango non sporcò, ma idealmente lavò e illuminò la comunità di quei giovani che crebbero fortificati su solide fondamenta.

Privi di riserve alimentari, acqua e generi di prima necessità, salvo scatolette di carne, tonno, e cipolle rimaste in dispensa. Furono giorni di fame e sete per tutti almeno per i due giorni successivi, quando, per fortuna, un’autobotte con acqua potabile dallo strano sapore, venne parcheggiata davanti allo spaccio devastato per l’uso comune.

Il 7/8 novembre, dopo lunghi giorni di fame nera, nei quali alcuni si erano arrangiati a mangiare qualcosa nei locali vicini, mentre gli altri a dieta a base di scatolette e cipolle, finalmente arrivarono delle vecchie cucine da campo e quindi pasti caldi e, per l’igiene alcune tende adibite a docce.

Gli allievi, già carabinieri effettivi con esperienza, nei giorni 5 e 6, furono adibiti alla traduzione dei detenuti del carcere “le Murate” ad altre carceri, (Perugia, Volterra).

Dal 5 novembre e fino a Natale, gli allievi, suddivisi in pattuglie appiedate, formate minimo da 2 carabinieri ciascuna, furono impiegati nel pattugliamento antisciacallaggio, per l'intero arco della giornata con turni a scalare di 4 ore di servizio e 8 ore di riposo per, come recita l’articolo 2 del regolamento generale dell’Arma, vegliare al mantenimento dell’ordine pubblico, alla sicurezza dei cittadini, e al rispetto delle leggi dello Stato, delle Province e dei Comuni.

Analoghi servizi per il presidio di obiettivi sensibili, dei cavò delle banche e del ponte Vecchio dove, sepolti dal fango erano gioielli, oro e preziosi di proprietà dei privati commercianti.

Molti gioielli, immersi nel fango dei tombini di ponte Vecchio, furono recuperati dagli allievi di un plotone della 9° compagnia e consegnati ai legittimi proprietari, i quali, in lacrime, abbracciavano gli allievi ringraziandoli.

Il colonnello Mario Serchi, 50 anni dopo, confermò che detti servizi vennero richiesti da una delegazione di bancari, operatori finanziari e commercianti che si complimentarono dopo per i diligenti servizi prestati dagli allievi.

Nel suo racconto aggiunse che, in quei giorni, ricevette dagli allievi operanti diversi chili di oro e preziosi che consegnò all’Arma territoriale che li restituì ai legittimi proprietari.

Tutti gli allievi, il personale effettivo e addetti, furono premiati con attestato di benemerenza a firma del ministro Tremelloni e in seguito insigniti di medaglia commemorativa con nastrino e diploma con trascrizione sul foglio matricolare.

Nel tardo pomeriggio del giorno 4 novembre, momento culminante dell’alluvione, alcuni allievi affacciati alle finestre furono richiamati da grida di aiuto provenienti dalla strada.

Un uomo, un anziano, vetturino, era in balia della corrente in via della Scala angolo via Cagnacci.

L’allievo Gianbattista Mazzocchetti scese al pianterreno e chiese al comandante il permesso di uscire per tentare di salvare l’uomo in pericolo.
Entrambi, a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro, assicurati ad una grossa corda, uscirono faticosamente fuori e dopo enormi sforzi e alterne vicende riuscirono a salvare il malcapitato portandolo in una casa di civile abitazione del primo piano di via della Scala.

Per questo eroico gesto entrambi vennero decorati con medaglia d'argento al valor civile.

Il Maggiore Onorio Tesi, medaglia di bronzo al valor civile per essere intervenuto in loro aiuto.

L’allievo Angelo Cimino, encomio solenne per aver salvato, in piazza Stazione, un automobilista bloccato all’interno della sua auto.

L’allievo Antonio Foti, encomio solenne per aver salvato i 40 cavalli dalle stalle della caserma Baldissera.

Inoltre furono assegnati, 7 encomi del comando generale dell’arma, un encomio solenne del vicecomandante dell’arma, un encomio del comando X Brigata.

In contemporanea, giovani da tutto il mondo, intervennero quali volontari per far rinascere Firenze ferita profondamente.

Furono chiamati Angeli del Fango e in seguito fu realizzato un monumento a loro dedicato.

Alcuni volenterosi e geniali allievi, gli stessi che nel frattempo realizzavano il numero unico poi stampato, prepararono uno storico presepe a grandezza naturale nei colonnati del chiostro, utilizzando manichini messi a disposizione dai commercianti e abiti forniti dagli organizzatori del Palio di Siena.

Tutti gli allievi fruirono di una salutare licenza per le festività natalizie e, al rientro, tutto tornò alla normalità e ripresero l’addestramento e lo studio, che non fu facile, per la precedente perdita di tante lezioni.

Furono giorni di intenso studio e quasi tutti gli allievi si impegnarono studiando anche di notte, sia nel loro letto muniti di lampada tascabile legata sulla fronte che nei vari locali, compresi i gabinetti alla luce delle fioche lampadine.

Il comandante Mario Serchi, vero padre di famiglia, durante le sue personali ispezioni, vedeva tutto e spesso con le lacrime agli occhi faceva finta di non vedere gli allievi intenti a studiare.

E giunse il periodo dei temuti esami che avrebbero confermato o meno i sacrifici degli allievi del 59° corso chiamato poi “alluvionato” che, in senso positivo vuole dire che nonostante le avversità e i sacrifici fu brillantemente portato a termine con determinazione e successo.

In quei giorni di attesa, ogni allievo, scelse il suo metodo di studio e all’aria aperta, in quelle primaverili giornate, a gruppi o singolarmente, seduti sui muretti o gradoni del chiostro o nervosamente passeggiando, “pompavano”, studiando per superare con successo l’esame condotto dalla commissione formata da ufficiali insegnanti dei vari battaglioni che non facevano sconti, anzi pretendeva il massimo.

E, finalmente, quasi tutti promossi salvo alcuni rimandati a settembre, raggiunsero la meta cucendo sulla manica della giacca l’agognato grado di vice brigadiere.

E poi?
Addio Scuola
Ed è finito!
Eri abituata ormai al nostro vociare
Conoscevi le ansie le gioie e i nostri silenzi.
Ci vedevi uscire spensierati e rientrare tristi
E tu sapevi leggere nel cuore
Quanti ricordi!
Le rapide adunate,
le affannose corse,
le marce,
gli affanni,
la paura del poco tempo
Eri lì immobile
apprensiva ma fiduciosa come noi a contare i giorni.
Presto come gli altri saremmo andati via.
Non rattristarti!
Un mistico amaro silenzio tra le tue mura aleggerà.
E poi?
Altri arriveranno a prender il posto di chi or ti lascia contento.
Ma un giorno non lontano qui ci rivedrai!
Ritorneremo o Scuola!
E vedendoti ripenseremo gioiosi e nostalgici al nostro corso
alla spensierata giovinezza vissuta nel tuo seno.
Si ricorderemo!
i giorni
le attese
i sospiri
i sogni
e le speranze mai sopite
Piangeremo, forse, sognando ancora ciò che nessuno potrà rubarci.
Addio!
O meglio, arrivederci o Scuola!

Lettera di commiato del colonnello Mario Serchi comandante della scuola.

A tutti vennero concessi 30 giorni di licenza per fine corso e al termine, nel nuovo ruolo di sottufficiali, raggiunsero le sedi di destinazione, ma questa è altra storia.

50 anni dopo, centinaia degli ex allievi del glorioso 59° corso, ritornarono nella sede della scuola.

L’idea scaturì nella mente del collega Francesco Memoli, il quale, coadiuvato dagli ex allievi, Marcello Fontani, Gian Primo Novelli Giorgio Donato, Raga Salvatore e, successivamente da Filippo Orlando e Peppino Casciani, radunarono quanti più ex allievi possibili.

Grazie a questi eventi, finalmente riconosciuti quali Angeli del fango, il 30 Marzo 2019 una targa lapidea che ricorda l'apporto dato dall'intera Scuola nei giorni dell'alluvione venne collocata sul muro accanto all'ingresso dell'antica Scuola.

Il resto è storia contemporanea.

Tu, viandante ospite gradito, sappi che ricordiamo il passato, viviamo il presente progettando il futuro.
Eravamo in 700, giovani e forti, e tanti sono morti.
700 eravamo, tutti presenti idealmente.
Eravamo 700, e siamo ancora, sognanti nuovi traguardi da diversamente giovani.
Eravamo 700, storie e cammini diversi, ma unico ideale, Giustizia, Pace universale, Fede, Speranza, e Carità.
Eravamo in 700, giovani e forti, e tanti sono morti.
Abbiamo amato ed amiamo la vita, o nostro Signore, non temiamo il tramonto, ma speriamo con Fede l'inizio della vita nuova promessa.


Le immagini che raccontano, parlano e documentano il disastroso evento, sono state concesse dai proprietari ex allievi Renato Gentili, Antonino Pala e altre raccolte nel tempo da riviste o scaricate dal web.

Ricerche, elaborazione testi, e ricordi a cura di Antonio Randazzo, Francesco Memoli, Marcello Fontani, e testimoniati da altri colleghi.

59° corso Carabinieri Allievi Sottufficiali – Firenze - 1966/67

FINE



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