Furono i bizantini a mutare il più importante tempio pagano di Siracusa in una basilica paleocristiana, e fu il vescovo Zosimo da Siracusa (poi divenuto San Zosimo), nel 640, a trasferire dalla chiesa di San Giovanni alle catacombe alla neo basilica dell'isola di Ortigia, la sede della cattedrale siracusana e la dedicò alla “Natività di Maria”.[6]
Il Duomo dall'epoca bizantina all'epoca moderna
I bizantini murarono lo spazio tra le colonne doriche (situazione visibile ancor oggi), mentre nei muri più interni della antica cella furono aperti 8 archi per lato, in modo da realizzare un edificio a tre navate ciascuna conclusa da un'abside sul fondo. Furono anche eliminati i muri che dividevano il vano posteriore ("opistodomo") dalla cella e questa dal pronao. L'orientamento dell'edificio fu inoltre rovesciato e l'attuale facciata del Duomo occupa il retro del tempio.[6]
Le navate laterali vennero munite di soffitto a botte, mentre la navata centrale ebbe un soffitto di legna e di tegole. Con la conquista araba, nell'878 la chiesa fu saccheggiata di tutti i suoi preziosi e trasformata in moschea.
Il re normanno Ruggero I, nel 1093, lo restituì alla Siracusa cristiana e al culto della madre di Dio ripristinando l'arcivescovado affidato al vescovo Ruggero. In epoca normanna i muri della navata centrale furono innalzati e vi si aprirono delle finestre, mentre l'abside fu decorata con mosaici. Tale modifica fu effettuata per sostituire l'antica volta del tempio crollata nel terremoto del 1100; il crollo determinò lo schiacciamento di molti fedeli presenti nel Duomo, poiché solo i preti rimasero illesi dall'evento perché posti vicino all'altare e lontano dal soffitto.[6]
Nuove decorazioni furono opera del vescovo Riccardo Palmer, che rivestì la cattedra (trono) e il coro, mentre delle vetrate venivano opposte alle finestre.
Il pavimento policromo risale al XV secolo e nel 1518 la navata centrale fu coperta con il soffitto ligneo tuttora conservato. Nel XVI secolo venne inoltre innalzato il campanile.
La facciata del duomo di Siracusa di Jean-Pierre Hoüel attorno al 1770
Molte testimonianze scritte parlano della facciata normanna, definendola con positivi commenti, ma di essa non vi sono state tramandate immagini. Un viaggiatore francese, Alberto Jouvin, nel 1672 così descrisse il Duomo siracusano di epoca normanna:
«Vedemmo, nella piazza grande, la chiesa vescovile di S.Lucia ornata da un'alta torre quadrata e un'iscrizione induceva a dedurre che un tempo fu il tempio di Minerva.
da un disegno precedente al 1564 risulta che la facciara del Duomo poteva essere così
Trasformazione del tempio di Athena in chiesa cristiana
Gli intercolunni del peristilio dei due fianchi nord e sud furono chiusi da una cinta muraria di un metro di spessore (le colonne doriche avevano circa due metri di diametro). Tuttavia è ancora leggibile la struttura del colonnato, soprattutto sul lato nord, lungo via Minerva. Il versante sud si apre invece su alcune cappelle laterali di varie epoche, che confinano col palazzo arcivescovile. Nei muri della cella si tagliarono per ciascun lato otto grandi archi a pieno centro, sorretti da pilastri squadrati, cercando di non compromettere la statica dell'edificio. La cella fu elevata in altezza per permettere di ricevere la luce esterna dalla parte superiore. Le navate laterali rimasero basse con un soffitto in muratura, mentre la sopraelevazione della navata centrale fu chiusa da un soffitto ligneo. Il portico posteriore venne lasciato ed utilizzato come nartece da parte dei catecumeni. Dopo aver modificato l'orientamento dell'edificio, ponendo l'ingresso della chiesa ad ovest, anziché ad est come nel tempio, sul lato opposto all'entrata, all'estremità di ciascuna navata, vennero elevate tre absidi semicircolari che in periodo normanno vennero decorate con mosaici.
La costruzione dell'attuale facciata, opera di Andrea Palma su disegni di Pompeo Picherali, fu iniziata nel 1728 ed il primo ordine fu compiuto nel 1731. Dopo una sosta di venti anni il proseguimento dei lavori si ebbe nel 1751 ed il prospetto fu completato nel 1753. Il campanile costruito contemporaneamente alla facciata presenta due grandi arcate senza ornamenti. La facciata é abbellita dalle statue scolpite da Ignazio Marabitti. In basso ai due lati della gradinata, le statue marmoree di S. Pietro e S. Paolo e nel secondo ordine del frontespizio al centro l'Immacolata al centro, San Marziano sulla sinistra e Santa Lucia sulla destra. Nel primo ordine prospettico si nota una lapide commemorativa che ricorda i due vescovi Tommaso Marini e Francesco Testa che molto si adoperarono per la restaurazione della chiesa. Sopra la porta maggiore una grande aquila reale di pietra bianca collocata nel 1757 dal vescovo Requisens. Nell'arco della porta il blasone del vescovo Marini.
Facciata del Duomo di Siracusa
Nel vestibolo vi sono due nicchioni, uno a sinistra con la statua dì S.Vincenzo Ferreri e l'altro a destra con quella di S. Ludovico Bertrando due santi domenicani ordine a cui apparteneva il vescovo Marini.
L'interno è costituito da tre navate; quella centrale termina nel presbiterio distinto in coro e tribuna. Nella parete in fondo all'abside vi è un quadro ad olio della Natività di Maria, dipinto dal messinese Agostino Scilla nel 1663. L'altare è costituito da un grosso blocco monolitico che era parte della trabeazione dell'antico tempio.
Sopra il coro due grandi tele del Galimberti rappresentanti S.Pietro che affida a S. Marziano il compito di cristianizzare la città di Siracusa e S. Paolo che predica alle turbe nelle catacombe. Il soffitto ligneo a trabeazione scoperta, con grandi riquadri, è adorno di, rosoni dorati e di stemmi delle più nobili famiglie siracusane di quel tempo. In alto lungo le pareti di destra e di sinistra si nota la seguènte scritta: "Ecclesia Siracusana prima divi Petri filia et prima posi Antiochenam Christo dicata ", che ricorda il diploma del 1517 in cui il pontefice Leone X riconobbe la chiesa siracusana prima figlia di Pietro e seconda dopo Antiochia.
Nella navata destra si può ammirare il Battistero che contiene un vaso greco di marmo del periodo ellenistico posato su sette leoni di bronzo, adattato a fonte battesimale. Nelle pareti frammenti di mosaici parietali del periodo normanno.
La, seconda cappella è quella di S. Lucia del 1712, Sull'altare si apre un nicchione che custodisce il prezioso simulacro in lamine argentee cesellate,opera del palermitano Pietro Rizzo; (1599). posato sopra una cassa laminata d'argento, con basso rilievi rievocanti il martirio della Santa, opera di Nibilio Gagini. .
Il pavimento di marmo fu eseguito per disposizione del vescovo Requisens che volle essere sepolto nella cappella, come attesta il sarcofago marmoreo attaccato a! muro fra le due arcate e la lapide sul pavimento sottostarne. Alle pareti laterali i due grandi medaglioni marmorei con le effigie di S. Lucia e di S. Eutichio vescovo che amministra il viatico, sono opera del Marabitti. Posata sul pavimento nella parte destra della cappella vi è una grossa bomba che, secondo la tradizione cadde nella stanza del generale Orsini durante l'assedio spagnolo di Siracusa del 1735 e rimase inesplosa per un miracolo della Santa.
La cappella seguente è quella del SS. Sacramento. Fatta erigere dal vescovo Giovanni Torres nel 1616 su progetto di Giovanni Vermexio. Sull'altare rivestito di marmi policromi vi è il ciborio a forma di Tempietto,opera del Vanvitelli; il paliotto di marmo ai piedi dell'altare, opera di Filippo Valle del 1763, rappresenta l'Ultima Cena.
La balaustra realizzata in marmi policromi, con spigoli e sinuosità di elegante movimento, è opera di Ignazio Marabitti che la eseguì in collaborazione con G. B. Marino.
Il contratto per la sua costruzione è del 1746 e fu redatto da Pompeo Picherali che, ormai vecchio, ammirava il giovane Marabitti. Il pavimento della cappella viene attribuito agli stessi due scultori, sebbene nessun documento a riguardo sia stato trovato, ma il disegno e la scelta dei marmi policromi in armonia con la balaustra, fanno pensare agli stessi autori che abbiano voluto adattarlo allo schema della cappella.
La volta è decorata con bellissimi affreschi del celebre messinese Agostino Scilla.
Nei cinque vani della volta sono rappresentati avvenimenti biblici. Nel primo vi è il re David che riceve il pane santificato dal sacerdote Achimelec; nel secondo un angelo che offre del pane e dell'acqua al profeta Elia; nel terzo vi è Daniele nella fossa dei leoni che riceve il pane dal profeta Abacuc indotto da un angelo; nel quarto riquadro due esploratori israeliti che portano un mazzo di spighe ed un tralcio di vite con un grosso grappolo d'uva nera; nel quinto vi è raffigurato Mosé che assieme ad altri raccoglie la manna piovuta dal ciclo. Nel vano centrale vi è un medaglione con il ritratto del vescovo Torres, fondatore della cappella, sostenuto da due angeli. Nel vertice della volta vi sono putti ed angioletti che calano dal cielo l'ostensorio col SS. Sacramento; negli archivolti ancora putti ed angeli con ghirlande e festoni.
Dei tre bellissimi cancelli in ferro battuto agli ingressi della cappella, i due laterali risalgono alla fondazione della cappella stessa, mentre quello centrale è del 1809, firmato dall'artigiano Ruggeri. Il browser in uso non supporta frame non ancorati oppure è configurato in modo che i frame non ancorati non siano visualizzati.
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In fondo alla navata destra vi è la Cappella del Crocifisso.La cappella fu costruita nel 1692 sacrificando le ultime tre colonne del tempio greco ed è quasi una chiesa a sé. Si possono ammirare sulla destra il monumento bronzeo dell'arcivescovo Baranzini che comprende la statua ed il sarcofago con fregi che ricordano la lacrimazione della Madonna ed i suoi miracoli, opera dello scultore Poidimani del 1970; ed accanto il monumento all'arcivescovo Carabelli, opera di Sgandurra del 1937.
Sopra i due altari di destra e di sinistra vi sono rispettivamente un S. Marziano, tavola della scuola antonelliana ed un S. Zosimo tavola dipinta da Antonello da Messina. Nel corono vi sono tredici pannelli di scuola antonelliana con figure di Cristo ed Apostoli.
Sull'altare maggiore spicca un grande crocifisso ligneo di scuola bizantina.
La volta, fatta costruire dal vescovo Alagona nel 1778 a gesso, presenta clipei affrescati con figure di santi. Il pavimento di marmo a scacchiera con quadrati bianchi e neri è del 1885. Il browser in uso non supporta frame non ancorati oppure è configurato in modo che i frame non ancorati non siano visualizzati.
Nella navata di sinistra della Cattedrale, lungo gli intercolumni. si notano; una statua di S. Lucia di Antonello Gagini una Madonna con il Bambino di Domenico Gagini, una S. Caterina d'Alessandria della scuola dei Gagini ed in fondo, nella cappella a Lei dedicata, la statua della Madonna della Neve di Antonello Gagini.
Tutte opere della prima metà del cinquecento.
elaborazione Alessandro Odierna