Ortigia Tiranneion - ortigia heritage

Ortigia
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Ortigia Tiranneion

Siracusa il Montedoro
tyranneion.
I due Dionigi e Platone.
Abbiamo ritenuto, per gli argomenti sopra esposti, che la dimora dei Dinomenidi, (dire reggia è forse ancora improprio), fosse in Ortigia nel luogo dei maggiori culti della città e nella parte più alta di essa.
Quando però nel 406/5 Dionigi, non ancora tiranno ma con l'intenzione di diventarlo, da Gela, dove era stato chiamato nella imminenza del pericolo cartaginese, si accinse a rientrare con i suoi soldati a Siracusa, arrivò nel momento in cui il popolo usciva dal teatro al termine di uno spettacolo (Diod.; XIII, 94, 1).
Possiamo immaginare che rincontro sia avvenuto mentre da un lato Dionigi entrava in Acradina per la porta "elorina", l'accesso, per così dire, normale per chi veniva da ovest28; al tempo stesso il popolo defluiva da nord passando per la porta temenitide.
Dionigi fu acclamato (Diod. XIII 94,4). Dopo essersi selezionata una forte guardia del corpo,  egli prese sede presso la stazione portuale, apertamente con ciò dichiarandosi tiranno, (Diod. XIII 96,2).
In realtà già la nomina lo poneva in una tale considerazione ma tre fatti lo dichiaravano al popolo, almeno palesemente e, direi, di fatto, il darsi una guardia del corpo, il costituirsi una propria sede, specifica e distinta, il collocare questa sede nel posto più munito e strategicamente dominante della città, cioè in quell'istmo, punto di incrocio tra i due porti e le due città tucididee, di terraferma e di mare, e sede degli arsenali.
Con "stazione portuale" non si può intendere un semplice approdo, quali dovevano esserci diversi tanto nel Porto Grande quanto nel Piccolo, ma la vera e propria stazione portuale, comprendente, oltre agli approdi, il complesso degli arsenali, gli alloggiamenti coperti per le navi, e quanto è necessario al loro allestimento.
Il termine citato da Diodoro non poteva essere che nel posto più idoneo e disponibile, cioè nell'istmo, tra i due porti.
Infatti nel Porto Grande, sulla riva sud dell'istmo, dove la pendenza è più dolce e più lunga, Tucidide ci fa sapere che stavano gli arsenali più antichi; qui, sempre sulla riva sud, è ricordato uno stabilimento per la lavorazione delle pelli citata da Polibio, VIII, 5), certamente uno dei molti appartenenti agli arsenali.
Qui il luogo doveva essere necessariamente molto frequentato per la presenza del personale marittimo e la multiforme attività degli arse­nali.
E qui infatti era più difficile imbarcarsi di nascosto (Plat. Ep. VII, 329 e).
Tutte le fonti storiche stanno ad attestare che il palazzo di Dionigi I e del suo successore ebbe qui la sua stabile sede.
Cominciamo con la fonte più antica, appunto la famosa epistola set­tima di Platone.
 
Nel primo viaggio del grande filosofo (389/88, al tempo di Dio­nigi I) non si sa dove egli a Siracusa risiedette (324 a-b, 326 b-327 b); probabilmente nella casa di qualche amico in terraferma, come avverrà all' inizio del secondo soggiorno (376/66, Ep. VII 329 e) e poi ad un certo momento del suo terzo soggiorno (361/60, Ep. VII 349 d). Durante il secondo soggiorno Dionigi II fa trasferire Platone, probabilmente dalla casa di un amico in terraferma, nell'acropo­li, all'interno dell'acropoli, donde appunto non gli fosse possibile imbarcarsi senza un esplicito consenso del ti­ranno (329 e). Perché questo potesse verificarsi è necessario che, co­me avverrà poi nel successivo terzo soggiorno, Platone fosse portato ad abitare nel palazzo stesso (in quel tempo Dionigi II lo voleva presso di sé senza malizia alcuna) o nelle adiacenze di esso, comunque in luogo dove erano adeguati e disponibili approdi da e per il palazzo.
 
Dopo di che effettivamente Platone parte, si direbbe senza op­posizione del tiranno,  continua Platone, "e tosto tornai per la forte insistenza dei richiami di Dio­nigi" (330 c)37.
È la terza volta di Platone a Siracusa (361/60 a.C.). Abitava, almeno ora, nel giardino della residenza tirannica, il che egli riteneva cosa non buona,  sempre a causa della contrarietà di Dionigi a lasciarlo imbarcarsi, quando volesse, una volta uscito dalla sua casa, (347 a). Siamo sempre nell'istmo-acropoli, tanto è vero che, verificatasi per ragioni di soldo, una sommossa della guardia mercenaria, Dionigi fa chiudere le porte del­l'acropoli. Ma i mercenari, ri­masti fuori, si fanno minacciosi e turbolenti sotto le mura,  (348 a).
 
Quali porte? quali mura?-quale acropoli? i mercenari, almeno co­me alloggiamenti, stavano fuori dell'acropoli, (350 a) 38, dunque acropoli e tyranneion erano nell' istmo che un muro separava tanto dall'Acrodina quanto da Ortigia e porte collegavano con queste.
Infatti poco dopo, dovendo le donne svolgere nel giardino certi riti (senza dubbio demetriaci), Dio­nigi prima, è sempre Platone che parla, mandandolo ad abitare in terraferma presso Archedemo (349 d); poi da allora non lo accoglie più nella residenza, ot)xéxi \xe- xsjté^Kpaxó \ie elg xr\v olxtjolv jtaX.iv, facendolo però risiedere fuori dell'acropoli appunto negli alloggiamenti dei mercenari (350 a)
 
Queste le vicende dei rapporti in Siracusa tra i due Dionigi e il filòsofo. Lo scenario è l'istmo-tyranneion-acropoli; la lettera di Plato­ne non consente di estenderlo oltre.
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