Ortigia l'Acropoli - ortigia heritage

Ortigia
Vai ai contenuti

Ortigia l'Acropoli

Siracusa il Montedoro
Ortigia l'Acropoli e il palazzo dei tiranni.
L'acropoli
Ogni città greca aveva una acropoli, cioè un luogo più fortifica­to che il resto. Di norma, se il terreno lo consentiva, era il punto più alto; esso è il luogo del primo insediamento, dove ven­gono collocati fin dall'inizio i culti più sacri e, nei regimi monarchi­ci, era la sede del re, negli altri regimi il luogo delle prime magistra­ture: il luogo insomma dell'estrema difesa, per la quale era anche ne­cessaria la presenza di acqua potabile.
Anche Siracusa ebbe la sua Acropoli e la parola ricorre spes­sissimo nei testi storici.
Limitata da principio la città a Nasos> il pun­to più sacro doveva anche essere quello più alto, dove furono col­locati il tempio di Artemide, quello di Atena e molti altri.
Lì presso i primi tiranni della città, i Dinomenidi, dovettero avere le loro personali dimore.
Poco discosti erano la grande sor­gente di Aretusa e un luogo di approdo.
I Dinomenidi tra l'altro erano anche sacerdoti di Demetra e in Ortigia, più o meno presso piazza Archimede, quindi nelle vicinanze di quei templi, non dove­va mancare un santuario tesmoforico.
Tuttavia la limitata estensione dell'isola-Ortigia, che certo fu su­bito tutta fortificata essa stessa, fa supporre che non esistesse in es­sa una acropoli autonoma nel senso stretto della parola; quando in­vece l'abitato si estese profondamente anche in terraferma ed ebbe diverse e sue proprie fortificazioni, sempre più spostate verso l'inter­no, fu evidentemente visto nell'isola il luogo privilegiato di difesa della maggiore città.
Ciononostante da diversi passi di autori antichi risulta una chia­ra distinzione tra "isola" e "acropoli", come due entità tra loro in rap­porto ma non coincidenti.
Corn. Nep. Dion, 5, 5-6: Dione riesce ad impadronirsi della in­tera città di Siracusa, meno l'acropoli e l'isola;
Diod. XVI, 70, 1-4: Timoleonte induce Dionigi II a consegnar­gli l'acropoli, quindi, impossessatosi di Nesos e dei forti prima sotto­messi al tiranno, fa abbattere le acropoli di contro a Nesos;
T. Livio, XXIV, 21: Adranodoro; ucciso Geronimo a Lentini, rinforza di guardie e ogni altro luogo opportuno;
Plut., Tim. 9, 3: Niceta, vinto Dionigi II e impadronitosi di gran parte di Siracusa, respinge il tiranno "nell'acropoli e nella c.d. Neso".
Queste ripetute e varie citazioni, anche se tutte di autori latini o vissuti in età romana, non permettono si possano spiegare come for­ma retorica di endiadi, "l'acropoli dell'isola.
Il problema di base non è tanto infatti sulla distinzione insula quanto da una parte sulla reale estensione della cosiddetta isola dal­l'altra sull'effettiva collocazione dell'acropoli rispetto appunto a quella. Se da principio Siracusa era limitata all'"isola" e poi via via si estese sempre più nell'interno della terraferma, quali nel corso del tempo furono effettivamente i limiti dell'una o dell'altra? quale il rapporto topografico e ambientale tra loro? dove l'acropoli?
E' facile osservare come da un punto di vista morfologico l'ist­mo, che oggi sembra protendersi come un promontorio verso Ortigia, è in realtà parte di questa, in quanto assieme a questa concorre­va, come dice Cicerone, a distinguere e determinare i due porti, il Grande a sud e il Piccolo a nord.
Ancora, da un punto di vista geo­logico, l'istmo è strutturalmente collegato con l'attuale Ortigia, for­mato com'è da un solido basamento calcarenitico che, inclinato in superficie verso est, riemerge poi per congiungersi al dorso calcareo
La conferma, vorrei dire definitiva, di una unità istmo-Ortigia viene dallo scoliaste del verso di Pind. Pyth., 2,6, già sopra ricordato: "la città di Siracusa giace a mo' di penisola, mentre una specie di istmo separa di qui il Porto Grande, di lì il mare opposto". La città, a cui allude lo scolio, è, analogamente a quanto abbiamo letto prima in Tucidide, quella interna, l'istmo-Ortigia.
Da un punto di vista poliorcetico fa testo appunto il passo già ricordato di Tucidide, dove si dice che le due città, quella interna e quella esterna, erano ambedue fortificate.
Tucidide non dice quale fosse l'estensione delle due città, ma il chiamarle una interna e una esterna, fa ben capire che interna è la parte interna al complesso dei due porti, cioè non solo Ortigia ma anche l'istmo. E ciò è ben comprensibile, se pensiamo alla necessita di proteggere tutto il Por­to Piccolo, che è un porto interno, e in conseguenza di protegge­re di mura tanto il lato nord dell'istmo, cioè quello verso il Porto Piccolo, quanto anche l'opposto lato sud, quello verso il Porto Grande.
Poiché poco fa abbiamo escluso la presenza di una specifica for­tezza-acropoli nell'interno di Ortigia e d'altra parte i passi sopra elencati escludono una identità tra "isola" e acropoli, non resta che pensare da una parte ad una cosiddetta isola, cioè un territorio più esteso di Ortigia, da un'altra parte ad una collocazione dell'acropoli inserita ma distinta da essa.
Considerato dunque anche l'istmo parte integrante del sistema Porto Grande-Porto Piccolo, tenuto conto ancora, come tosto vedre­mo, dell'insediarsi nell'istmo di stabilimenti di fondamentale importanza politica e militare (residenze dei tiranni, arsenali, magazzini, portici) prima o poi è certo subentrata la necessità, testimoniata più volte dalle fonti che passeremo ad esaminare, di chiudere con un muro trasversale l'istmo in modo da creare di esso un vero e proprio baluardo autonomo rispetto a tutti i luoghi circostanti.
In tal modo l'istmo più che estrema parte della regione di terraferma, quella chiamata Acràdina, più che appendice di Ortigia, è invece da conside­rare cerniera tra esse, parte integrante e maggiormente difesa del complesso della piazzaforte marittima di Siracusa, esso la grande acropoli, il vero fortilizio della città. Ce ne darà conferma, come to­sto vedremo, la lettura dei vari testi storici.
Torna ai contenuti