24-poesie ricordi-Maria Nanè- - cenacolosiracusanità

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
home Randazzo
Vai ai contenuti

24-poesie ricordi-Maria Nanè-

Maria Nanè ricorda gli anni di guerra

tratte dal testo:



Chi è Maria Nane? ecco un racconto-storia di vita vissuta: Vita
La storia siamo noi di Maria Nane
Feletto Umberto (UD)
Io, miei cari amici, sono una delle tante persone che ha visto e vissuto gli eventi bellici della seconda guerra mondiale, che vanno dal 1940 al 1945. Mio padre, persona dal carattere mite, amava molto la sua famiglia e per guadagnare ed evitare il regime, non essendo fascista, preferì partire per la Libia e lavorare come capo cantiere in un'impresa edile, mentre il resto della famiglia rimase in Italia, precisamente in Sicilia a Siracusa, da dove partivano le navi per Tripoli e Bengasi. Questo era un periodo in cui molti italiani espatriavano per motivi di lavoro. Mia madre, io e i miei tre fratellini restammo a Siracusa con i nonni materni. Ricordo pochissimo di mio padre poiché avevo appena quattro anni, mia sorella sette, mio fratello sei e la più piccolina pochi mesi. Era il 1936, stavamo molto bene in compagnia dei nonni che si prendevano amorevolmente cura di noi. Il nonno, la sera, ci intratteneva raccontandoci le sto¬rie di Orlando, Rinaldo e Angelica, che mi piacevano tanto, e che ci rendevano le giornate gradevoli. Mio nonno era un uomo elegante, portava i baffi all'Umberta cosa che, all'epoca, non era permessa a tutti e possedeva una casa molto grande con tanto di giardino e orticello. Paglietta, bastone, giacca chiara quasi tutte le domeniche mattina ci portava alla marina ad ascoltare la banda musicale comunale. Verso le undici poi salivamo verso la Fonte Aretusa, dove ci dava del pane da lanciare alle papere. Momenti belli, spensierati, allegri, poca cosa comunque in confronto alla gioia che provai quella prima volta che vidi scendere mio padre dalla nave che lo riportava a casa dopo sei mesi di duro lavoro. Quando mio padre ritornava per un breve periodo a Siracusa, andavamo tutti insieme al porto ad aspettarlo. Era sempre una grande festa ed era emozionante vederlo sbarcare insieme a tante altre persone.
Quando finalmente mio padre ci veniva incontro, era un abbraccio unico con mia madre e noi tutti. Questo si ripetè per anni, per cui è rimasto vivo in me il ricordo di vedere una nave arrivare al porto mentre un'altra partiva.
Scoppiò la guerra, era il 1940. Quando alla radio ascoltammo la voce e i discorsi del Duce, io ero in quarta elementare e vestivo la divisa da "Figlia della lupa", mia sorella quella da "Giovane italiana" e mio fratello quella da "Avanguardista". Allora c'era il sabato fascista e ci radunavamo al campo sportivo per fare ginnastica. Devo dire che all'inizio era divertente, ma ben presto arrivarono i tempi tristi con le incursioni aeree e i primi bombardamenti. Un brutto giorno la mia compagna di banco non venne a scuola perché morì sotto le macerie durante uno di quei bombardamenti con tutta la sua famiglia. Per la nostra classe e soprattutto per me fu una grande perdita e un grande dolore. D'improvviso tutto si complicò, tutto divenne più difficile per cui mio padre rientrò da Tripoli con l'ultima nave utile, indossò la divisa della milizia e per nostra fortuna fu inviato vicino a Siracusa e precisamente a Capo Murro di Porco, nella batteria antiaerea di difesa della costa. Ripensandoci adesso, quanto era debole quella difesa. ..
A volte, con la mia famiglia, passavamo i fine settimana al mare in compagnia di mio padre, che usufruiva di qualche ora di permesso. Pranzavamo assieme e al tramonto tornavamo a casa. In quel periodo mia madre era in attesa di un altro figlio. Il periodo, certo, non era adatto a fare altri figli, c'era la guerra, ma noi eravamo lo stesso tutti contenti e ci amavamo tanto. Io e i miei fratelli frequentavamo regolarmente la scuola e quando le sirene suonavano, dando l'allarme, scappavamo tutti, compresi gli insegnanti, nel rifugio.
Il 24 maggio del 1941, a Murro di Porco, fu affondato il piroscafo "Conte Rosso" da un siluro di un sommergibile inglese. Il ricordo più triste fu il trasferimento delle bare dei militari caduti nei camion comunali. Quel giorno, la mia classe e tutti i ragazzi delle scuole, eravamo in piazza Santa Lucia al Sepolcro per dare l'ultimo saluto alle povere vittime di una guerra che, essendo bambini, non potevamo capire. Nel 1943 le incursioni aeree diventarono sempre più frequenti e ricordo che mia madre partorì mio fratello Carmelo proprio durante uno di quei bombardamenti. Non potendo andare al rifugio, io e i miei fratelli trovammo riparo nella cantina di nostra zia, che abitava accanto a noi. Più tardi la nonna ci chiamò annunciandoci la lieta notizia ed entrammo nella stanza da letto della mamma per fare la sua conoscenza del nuovo fratellino.
Il 10 luglio a Pachino, nella costa orientale della Sicilia, a pochi chilometri da Siracusa, vi fu lo sbarco della flotta inglese. La notte dello sbarco, su consiglio di mio padre, andammo al rifugio delle catacombe di San Giovanni di Siracusa dove una volta si riunivano i cristiani perseguitati dai romani e lì ci rifugiammo insieme a una moltitudine di nostri altri concittadini. Quella notte ci fu il bombardamento che annunciava lo sbarco: lacrime, paura ma grazie a quei luoghi, a quelle grotte scavate sotto terra, molti secoli prima, tante persone che erano rimaste in città si salvarono. Infatti il giorno dopo, ritornando alle loro case, trovarono tantissime macerie. Quella mattina dell' 11 luglio entrarono nel rifugio dei soldati neri e bianchi armati di fucili alla ricerca di militi italiani fascisti e noi eravamo atterriti solo a guardarli perché avevamo passato una notte chiusi dentro quelle grotte come topi e sentito il bombardamento pre sbarco che ci aveva intimorito. All'epoca io avevo undici anni e già da tre eravamo in guerra.
Questi ricordi sono rimasti indelebili nella mia mente e, spesso, quando alla TV trasmettono i filmati della serie "Per non dimenticare" in me si rinnova il ricordo. Penso che ciò accada anche a tutte quelle altre persone che hanno vissuto quel triste periodo. La vita era dura, in città non si trovava nulla da mangiare, invece in campagna sì, e mio padre riusciva a trovare del grano, che macinava con il macinino e che mischiava con delle patate. Con questo impasto mia madre faceva il pane e la pasta. Eravamo cinque fratelli, l'ultimo nato aveva soltanto pochi mesi e mio padre comprò una capra per avere il latte. Per noi bambini quella capra diventò una compagna di giochi. Noi abitavamo in periferia e allora la periferia era già dove oggi sorge il Santuario della Madonnina delle Lacrime, allora terra coltivata a orti. Per procurarci l'acqua, poiché i bombardamenti avevano distrutto anche la condotta idrica, dovevamo andare a prenderla in un pozzo poco distante dalla casa dei nonni e non ci lamentavamo perché allora eravamo abituati a vivere con poco. In breve gli alleati rimisero tutto a posto, anche l'ospedale Umberto 1° che allora era in costruzione. In quel periodo l'epidemia del tifo fece una strage e mia sorella si salvò grazie all'intervento dei medici inglesi che le somministrarono la penicillina.
Per grazia di Dio la mia famiglia lentamente si riprese e, dopo l'8 settembre, la vita cominciò a migliorare per tutti a Siracusa, anche se lentamente. Per i miei genitori e nonni era dura, tutto si comprava di contrabbando. Mio padre e mio fratello maggiore una volta alla settimana in treno andavano a Lentini a procurarsi il grano necessario a sfamare la famiglia. Non potendolo far passare per la stazione, quando il treno rallentava, mio padre buttava i sacchetti dal finestrino in un posto prestabilito e mia madre e mia sorella maggiore li andavano a prendere. Durante uno di quei viaggi capitò una tragedia: poco prima dell'arrivo del treno, mio fratello si appoggiò allo sportello, questo purtroppo si aprì e lui cadde fuori dal treno senza che mio padre se ne accorgesse. Quando si rese conto di ciò che era accaduto, la sua disperazione fu grande. Giunto alla stazione, ripercorse all'indietro tutto il tragitto che aveva fatto il treno, ma di mio fratello niente, non c'era traccia. Ritornò quindi a casa piangendo e poche ore dopo sentimmo bussare alla porta. Erano tre soldati inglesi che accompagnavano mio fratello a casa avvolto da una coperta e con la testa fasciata. Figuratevi la felicità della mamma e di tutti noi quando lo vedemmo. Grazie a Dio e al soccorso dei militari, mio fratello era vivo. Quel giorno gli inglesi avevano perquisito una villa a poca distanza dai binari, dove era caduto mio fratello; avendo udito le sue grida di aiuto, lo avevano soccorso e poiché la ferita alla testa non era poi tanto profonda, lo avevano medicato e portato a casa. Felicità, baci, carezze, quanto eravamo uniti e che gioia...
Fu un giorno terribile, ma grazie a Dio tutto andò bene. Dire loro grazie, sinceramente era poco, ma fu detto con tutto il cuore. Con questo scritto ho voluto ricordare dei momenti drammatici per la mia famiglia e per tutti noi in un periodo triste che fa ricordare ai più, quanta sia inutile, tragica e dolorosa la guerra... Tutte le guerre.
Nel 1950 mi sposai, sempre a Siracusa, con un uomo splendido: Cataudella Illuminato un: "Marito ideale legato alla famiglia e al suo lavoro ".
Nel 1968 nacque Lucia, nostra figlia: "Un giorno di grande felicità. "
Nel 1977 "Anno funesto"morì mio marito.
Nel 1980 m'invitarono a trasmettere, da Radio
Sicilia, programmi culturali ed io accettai.
I programmi erano: "Buongiorno Città", "Aggiungi un
Posto a Tavola " e "Parole, musica e poesia ".
Nel 1996 salutai gli ascoltatori e mi trasferii prima a
Novara e poi a Udine.
Nel 1999, "anno di letizia", nacque la mia nipotina Beatrice cui dedicai una poesia:
Beatrice
Gioia inaspettata dono di Dio, desiderata
hai arricchito la mia vita. Futuro diverso inimmaginabile. Dolce, meravigliosa stella che mancava all'universo.
Nel 2005 mi trasferii a Cagliari con la famiglia di mia figlia Lucia e qui fondai una sede distaccata dell'Associazione Catarsi, di cui faceva parte da qualche tempo "Pianeta Donna Club d'Europa" libera associazione apolitica già fondata a Siracusa nel 1991 dalla grande giornalista Giovanna Marino instancabile scrittrice impegnata nel sociale e nel valorizzare le attività professionale artistiche delle Donne
Torna ai contenuti