21-teatro greco - cenacolosiracusanità

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
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21-teatro greco

Il Cenacolo della siracusanità, racconta:
Il teatro antico di Siracusa  (V°-IV° sec. a.C.
Archeologia - Storia - immagini – curiosità - Premessa:
Nulla sappiamo del teatro di Siracusa dalla caduta dell’impero romano al secolo XVI.
Abbandonato e venuto a trovarsi lontano dall’abitato, che si era ridotto ben presto all’isola di Ortigia, le acque dilavanti dal Temenite e dalla Via dei sepolcri condussero al suo parziale interramento e, come tutti i monumenti antichi, divenne una cava di materiale per nuove costruzioni.
Le tracce di lavoro dei cavatori di pietra provano che non ci si accontentò di asportare i conci lavorati, ma si approfittò anche di questa specie di «fronte di cava» offerta dalle singole gradinate per ritrar¬ne anche molti blocchi grezzi.
La parte alta della cavea e l'edificio scenico, realizzati in blocchi di pietra furono asportati dagli spagnoli di Carlo V, tra il 1520 e il 1551, e utilizzati per la fabbrica dei bastioni di S. Filippo e di S. Lucia in Ortigia.  
I mulini ad acqua fatti scelleratamente edificare, intorno al 1576, dal barone di Sortino Pietro Gaetani, già principe del Cassaro, arrecarono ulteriori e irreparabili gravi danni.
La costruzione di questi pur modesti edifici, l’adattamento di strade d’accesso e delle condotte e degli scarichi d’acqua che utilizzavano il ripristinato canale Galermi, condussero ad intaccare gravemente le gradinate in più punti.
Le acque alluvionali, più o meno liberamente cadenti qua e là fecero poi il resto.
Cesare Gaetani già dal 1756 intuì l’importanza del magnifico monumento ed iniziò gli scavi.
Già in precedenza alcuni dotti locali (Claudio Maria Arezzo (1527),Tommaso Fazello (1558), Vincenzo Mira¬bella (1613), G. Bonanni (1624)…. e, viaggiatori stranieri, tra i quali Giacomo Filippo d’Orville nel 1727si erano interessati ma nei loro scritti si va ben poco al di là di men¬zioni generiche.    
Il teatro antico di Siracusa è il più grande teatro greco della Sicilia
Per grandiosità e capienza, rivaleggiava con i teatri di Atene e di Epidauro.
Nei suoi 67 ordini di gradini potevano trovare posto circa 15 mila persone.
Venne scolpito nella viva roccia del colle Temenite, in greco Temenos, considerato da sempre luogo sacro anche dai primi abitanti Siculi.
Progettato dall'architetto Demokopos, soprannominato Myrilla perché il giorno dell’inaugurazione fece distribuire unguenti agli spettatori (myroi).
E’ conservata quasi esclusivamente la parte scavata nella viva roccia.
La lacunosità dei resti conservati, e l'estrema complessità dei problemi che essi pongono agli studiosi, rendono assai ardua la ricostruzione delle varie fasi del monumento, in particolare per quanto riguarda l'edificio scenico, del quale sono visibili solo le tracce in negativo, tagliate nella roccia.
Storia
Si ha notizia che il primo teatro provvisorio, in legno, venne costruito nel VI secolo a.C. nella conca naturale del colle Temenite.  
Era sostenuto da 6 basse colonnine binate, delle quali si sono trovati gli incassi nella roccia.  
Il palcoscenico era leggermente più alto dell'orchestra per la rappresentazione delle commedie (la tragedia era ancora sconosciuta).
Era preferito dai fliaci, attori o mimi, i quali recitavano su di un palcoscenico vestiti di maschere grottesche od oscene provviste di imbottiture che rendevano ridicole le figure.  
In questo teatro operò sin da giovane il siracusano Epicarmo, grande poeta comico greco (524 circa - 435 circa a.C.), il principale autore della commedia dorica.

Nell'area dell'attuale teatro Siracusano se ne sono succeduti, dopo quello provvisorio in legno, altri due di forma trapezoidale, prima di giungere a quello semicircolare oggi esistente.
Il teatro trapezoidale in un disegno di Italo Gismondi

Il secondo teatro venne interamente scavato nella roccia al tempo di Ierone e disponeva di dieci gradoni; il suo sviluppo corrispondeva approssimativamente ai primi dodici gradoni dell'attuale teatro.

Qui vennero rappresentati per la prima volta, nel 476 a.C., I Persiani di Eschilo e Le Etnee, che il tragediografo ateniese scrisse per commemorare la fondazione di Etna da parte di lerone I.  
Sul versante meridionale del pendio del colle, una breve gradinata rettilinea divisa da due scalette, rappresenta la prima e più antica struttura teatrale siracusana di epoca arcaica, in prossimità di un santuario e precede il grande e più famoso teatro curvilineo inciso nell’area attigua di nord-est.
La skenè era costituita da un basso edificio a corridoio in muratura (m.23,20 x 4,40) fronteggiante l’orchestra.
Alla parete del corridoio era addossato il palcoscenico in legno (m.22 x 2,60), elevato di mezzo metro rispetto al piano dell’orchestra e dal quale si poteva accedere all’interno della skenè scendendo per una klimax di tre gradini collocata a metà della fronte del palcoscenico.
La skenè era manovrata dal basso da macchine allocate sotto il palcoscenico, in una fossa di tre metri, riconoscibili dal sistema di 14 antenne a cannocchiale allungabili a piacimento.

Durante il regime democratico di Timoleonte venne utilizzato per le assemblee del popolo e intorno al 335 a.C. venne realizzato un teatro semicircolare con una cavea di 36 gradoni capaci di circa 6.500 spettatori, divisa in 9 Kerkides da 8 scalette radiali.
Le skenè, parte in muratura e parte in legno, avevano aspetto di tribuna per gli oratori  ( bema).

Verso il 300 a. C., caduta la democrazia, il tiranno Agatocle trasformò il bema in un vero e proprio palcoscenico, con proscenio sostenuto da pilastri di legno alto circa tre metri, e riattivò l’uso della fossa scenica per la manovra degli scenari.

La Cavea attuale venne realizzata nella stessa zona scelta in precedenza per le stesse finalità sacre e teatrali.
Il teatro, come si presenta attualmente, è il risultato di un radicale ampliamento e rifacimento, realizzato nel corso del III sec. a. C. da Ierone II il quale, ampliò la cavea portandola alla capienza attuale, dividendola con un ampio diazoma al quale si accedeva da monte.

ARCHEOLOGIA dall’epoca greca alle modifiche romane
La cavea ha il diametro di 158,60 m, ed è quindi una delle più ampie del mondo greco.
Essa comprendeva in origine 67 ordini di gradini, divisi in nove cunei da otto scalette, ed era suddivisa in due settori da una precinzione (diazoma), che correva all'incirca a metà altezza.
Questa costituiva l'accesso più importante alla stimma cavea, e ancora oggi vi si perviene direttamente dall'ingresso, attraverso una strada tagliata nella roccia.
La parete a monte del diazoma è ornata da modanature in alto e in basso e su di essa sono incise, in alto, in corrispondenza di ognuno dei cunei, iscrizioni in grandi lettere greche.
Il cuneo centrale (V) reca il nome di Zeus Olimpio; il secondo a destra quello di Eracle; gli altri di questo lato, perduti, dovevano recare il nome di altre divinità forse Demetra.
Sul lato opposto, a ovest, si trovano i nomi di Ierone II (IV), di sua moglie Filistide (III), e di Nereide, la figlia di Pirro e nuora di Ierone (II).
In corrispondenza del I cuneo era forse il nome di Gelone II, figlio di Ierone, e a lui premorto.
L'iscrizione del nome di alcune divinità nel settore est e di alcuni membri della famiglia reale in quello ovest serviva certamente per facilitare l'accesso degli spettatori ai loro posti.
Essa, comunque, permette di datare con notevole precisione la realizzazione del teatro nelle sue forme attuali che avvenne tra il 258 (data del matrimonio di Gelone II con Nereide) e il 215 (morte di Ierone).
La parte costruita della cavea iniziava a partire dal XIX gradino al di sopra del diazoma, ed era sostenuta da un muro esterno (analemma), che toccava il punto più alto a sud-est (8,92 m) e sosteneva il terrapieno artificiale su cui poggiava la parte alta della cavea, ora scomparsa.
I romani, per adattarlo alle loro esigenze teatrali, allargarono l’orchestra diminuendo da quindici a dodici i primi gradoni riducendoli di dimensione con l’eliminazione dei poggiapiedi.

Ricostruirono un nuovo edificio scenico, (forse a tre piani) e un palcoscenico mobile con accesso diretto degli attori da due “versurae”.

Tagliarono delle pàrodoi nella roccia ai lati dei due grandi piloni (lunghi più di 14 m), includendoli nella scena  

Scavarono le cripte laterali, aumentando le vie d’accesso e d’uscita, (vomitoria), ai vari settori della cavea.

Risistemarono la tribuna centrale e quelle laterali, lastricando di marmo sicuramente tutta la parte inferiore del teatro

LA SCULTURA
Ricostruzione congetturale planimetria scala 1/100, altimetrie 1/50
Tenendo conto della documentazione in premessa il monumento è rappresentato come poteva essere in epoca romana imperiale, nel momento di massimo splendore.  
É stata realizzata assemblando ed incollando migliaia di tasselli di pregiate essenze di legno (noce, mogano faggio, iroko, abete, pino, ramen)
Le parti esistenti e quelle mancanti sono realizzati con essenze di colorazione diversa per indicare le successive modifiche romane.
Sovrapponendo blocchetti, non in scala per ragioni tecniche, simulando una possibile soluzione costruttiva, sono state ricostruite le mura e gli analemmata a partire dai letti di posa indicati dal Polacco.
Per ragioni estetiche e tecniche costruttive, le altimetrie della balza rocciosa e della stessa cavea sono state raddoppiate e realizzate in scala 1/50 mentre la planimetria è 1/100.
I primi 24 gradoni sono stati suddivisi in due colori, il meno intenso, per indicare che i primi 12 sono quelli modificati dai romani.

L’edificio scenico è stato realizzato come da disegno di  Disegno di H. Wirsing (1925) che rappresenta quello del teatro di Segesta, storicamente copiato da quello siracusano.

L’opera, iniziata nel mese di Gennaio 2005 venne completata nel mese d’Agosto dello stesso anno

Testi consultati: Carlo Anti 1946-1947, 1949; Luigi Polacco 1970-1976, e, “il
TEATRO ANTICO DI SIRACUSA”, Rimini -1981- MAGGIOLI EDITORE.

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