2-muro avanzato siracusano - Assedio ateniese di Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Assedio ateniese
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2-muro avanzato siracusano

II. Il muro avanzato siracusano nell'inverno 415-414


Dunque durante l'inverno 415-414 i Siracusani, approfittando dell'inerzia ateniese, provvidero a rinsaldare le loro difese verso nord, donde avevano mille e una ragione di prevedere l'attacco nemico. Istituiscono un caposaldo avanti a Mègara, commettono l'errore (che ripareranno solo molto più tardi e a caro prezzo) di non fortificare l'Epìpole (e il punto giusto non poteva essere che, come vedremo, l'estremità occidentale, il cosiddetto "eurìalo"), ma in compenso stendono davanti al muro di cinta della città (dobbiamo ritenere quello originario, arcaico) una nuova linea fortificata, che comprendeva anche il Temenìte (Tue. 6.75,1 ) e che doveva più o meno ricalcare, Temenìte a parte, la linea fortificata già legittimista. Tucidide usa qui una frase che ricorda proprio quella citata prima di Diodòro: teichos para pan to pros tas Epipolas orón.
Si deve intendere tutta la parte settentrionale della città stesa tra Ortigia e l'Epìpole. La ragione di questo muro, dice Tucidide (ibid.), era di portare avanti la linea difensiva in modo da crearsi un maggiore spazio di arroccamento alle spalle. Tucidide non parla affatto del muro 463/461. Evidentemente si trattava, questa, di un'opera, come si è detto prima, frettolosa e inorganica, destinata ad essere, alla prima necessità, sostituita dal muro avanzato di cui stiamo parlando. E infatti ben comprensibile che, dovendosi spostare avanti le difese di Acràdina - e ciò in breve tempo - si approfittasse della linea più o meno fortificata del 463. E la coincidenza delle due opere può giustificare il silenzio di Tucidide sulla prima di esse, che egli forse ignorava o a cui non dava particolare importanza.
In più però nell'inverno 415-414 i Siracusani inseriscono nel nuovo muro l'area del Temenìte: ton Temenitèn entos poiesamenoi (Tue. ibid.). L'inglobamento del colle era una necessità strategica essenziale. Il Temenìte, questa specie di gobba che fa qui il costone dell'Epìpole (a parte il suo altissimo valore sacrale), costituisce la cerniera tra il nord e il lato ovest della difesa a terra di Siracusa. Farne un caposaldo ben fortificato era quanto di più opportuno e saggio potessero pensare i Siracusani (tav. VIII).


Ancora una volta non siamo in grado di conoscere la consistenza della nuova linea nelle paludi. Probabilmente fu consolidata appunto quella precedente del 463/461, di pali e fosse, ma è anche molto probabile che il caposaldo del Temenìte venisse collegato con il muro vecchio primitivo mediante un solido raccordo giù per viale Agnello e poi lungo via Basento, in modo da costeggiare dall'alto la zona qui corrispondente della palude Syrakó38.
Di questo muro avanzato siracusano noi stessi abbiamo, durante i nostri lavori al teatro del 1986, trovato una buona traccia e precisamente un breve tratto N-S subito a E del santuario di Demètra e Kore sovrastante il teatro39 e, in continuazione, un tratto maggiore in direzione E-W, lungo circa 40 m, proprio sul ciglio della katatome N della terrazza superiore sopra la latomia del Paradiso (il che, tra l'altro, ci assicura che a quel tempo la latomia non esisteva almeno nelle dimensioni attuali).
E probabile (sarebbe stata lo soluzione ottimale) che all'incirca nel punto dove terminano le sue tracce, esattamente sopra il cosiddetto orecchio di Dionigi, il muro si divaricasse e da una parte continuasse verso S in modo da chiudere completamente Temenìte e temenos (che in realtà coincidono)40, dall'altra parte si rivolgesse in direzione ENE, seguendo il costone dell'Epìpole all'incirca lungo la linea delle latomie, quante più o meno allora esistessero.
Se si fosse trattato solo delle latomie, sarebbe logico pensare che esse fossero state lasciate esterne alle mura, come grandi fossati a integrazione dello stesso sistema difensivo. Ma queste cave, almeno nella fase iniziale, erano ricavate sul pendio roccioso delle Epìpole e pertanto a monte di esse si presentava una parete ripida, che doveva necessariamente essere superata dal muro di cinta41.
Nessuna traccia in corrispondenza dei cosiddetti Grotticelli. Ma, se osserviamo l'andamento di una stretta e tortuosa via tra viale Teracati e largo Nedo Nadi (ora C. Ganci), via detta "della latomia del Casale", del tutto anomala rispetto ad ogni altra vicina, forse siamo nel giusto se la interpretiamo tale in quanto in relazione ad una sistemazione urbanistica antica in prossimità di una cinta muraria.
Lunghe tracce di piani di posa, appartenenti ad un muro di difesa e simili a quelle da noi trovate sul Temenìte, ritornano invece nel largo spazio rimasto per fortuna inedificato al di sopra della balza rocciosa, ove ora sale la via delle Olimpiadi, fino all'incirca alla latomia dei Cappuccini. Recentemente resti cospicui di una muraglia con andamento SE-NW sono venuti alla luce anche subito a N della latomia. Forse si collegavano con larghe tracce di fortificazioni tuttora individuabili presso la costa, a NE dell'ampia insenatura oggi dominata a S dal monumento al Lavoratore italiano in Africa. Attraverso queste fortificazioni passò più tardi la grande muraglia dionigiana i cui resti non sembrano confarsi con esse.
È da chiedersi perché la grande latomia del Cappuccini, la più vasta e forse la più antica delle latomie siracusane, sia rimasta all'interno della cinta muraria di cui parliamo, e si direbbe appunto, dato il suo aspetto di enorme voragine, contro il buon senso. Una così ampia e profonda infossatura all'esterno si integrava come elemento poderoso di difesa, all'interno di ingombro ai difensori. O quei resti di muraglia recentemente rinvenuti a N della latomia appartengono ad un'opera diversa dal muro 415/414 o, a nostro avviso più probabilmente, in analogia al caposaldo del Temenìte creato all'estremo occidentale della fronte difensiva, anche all'estremo opposto, presso la costa marina, fu installato un altro caposaldo inglobante la latomia, la quale in questo caso diventava comodo luogo di alloggiamenti, di depositi e comunque di protezione42.
La terminologia usata da Tucidide nel narrare di queste (e le successive)opere murarie di difesa è di una precisione da manuale militare. Il muro arcaico è il teichos per antonomasia della città43. Noi oggi diremmo "il muro vecchio" o "il muro della città vecchia". Quello dell'inverno 415/414 (Tucidide, come si è detto, ignora il muro 463/461) è chiamato proteichisma, come dire "muro avanzato".
Allo stato attuale dei fatti in tutta la zona ad W del teatro tracce del muro 415/414 non sembrano note. Quante si vedono o appartengono al grande complesso difensivo dionigiano o sono da attribuirsi, come tosto diremo, alle opere degli assedianti ateniesi44.

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