10-battaglia del fusco - Assedio ateniese di Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Assedio ateniese
Assedio ateniese
Vai ai contenuti

10-battaglia del fusco

X. La battaglia del Fusco
Gli Ateniesi hanno portato giù dall'Epìpole la costruzione del muro di circonvallazione con l'intenzione di fargli attraversare la pianura e la palude fino al mare. Tracce di questo muro sono rimaste abbastanza visibili sulla scarpata e ai piedi di essa 107(v. foto 6)

e pertanto è presumibile pensare che la continuazione di questo muro, una volta giunto al piano, sia stata prevista lungo una linea più breve possibile, che raggiungesse i pressi dell'attuale quadrivio del Fusco, percorresse la sottostante palude, seguendo una direzione all'incirca corrispondente all'attuale via Columba e toccasse la spiaggia del Porto Grande, naturalmente, come si è già detto, oltre la linea attuale di costa108 (tavv. VIII e X).




A quest'opera i Siracusani si oppongono mediante l'erezione di una palizzata trasversa e di un fossato sommariamente in senso E-W. È difficile infatti individuare con esattezza dove fossero state collocate palizzata e fossa.
Tucidide tuttavia dà due indicazioni preziose: esse partivano dalla città, come dire dalle mura, e attraversavano la palude (apo tes poleós dia mesou tou elous: 6.101,2). È da escludere si tratti della palude Syrakó, che, per quanto ancora in parte bonificata, restava sicuramente tutta a E della già costituita linea ateniese; con ogni probabilità palizzata e fossa dovrebbero situarsi lungo il margine settentrionale della Lisimelìa, partendo da un punto poco a S della porta cittadina, che è a sua volta ragionevole collocare sul dosso nel punto più stretto tra le due paludi, cioè su viale Ermòcrate presso il piazzale della Stazione FS109. Più a S, presso la costa e in piena palude, non avrebbe senso. La vicinanza della porta e della strada favorivano invece l'organizzazione e la rapidità del lavoro. Il terreno morbido della palude d'altra parte facilitava lo scavo della fossa e l'inserimento della palizzata. Il fatto infine che gli Ateniesi, compiuta l'opera sulla scarpata e scesi in pianura, attaccassero e si impadronissero subito dell'una e dell'altra conferma che ambedue dovevano essere state condotte lungo una linea relativamente alta, appunto poco sotto la strada che porta al ponte sull' Anapo.
Lungo quel margine il terreno era anche meno pantanoso, comunque, poiché la palude, pur ridotta, esisteva anche d'estate, gli Ateniesi, gettano assi di legno e grossi tronchi (thyras kai xyla platea: 6.101,3), raggiungono l'opera siracusana e in buona parte riescono ad impadronirsene. Più tardi avrebbero preso anche il resto.
Le forze ateniesi non erano scese in massa a contrastare il lavoro dei Siracusani: una parte era rimasta sull'Epìpole a difendere lassù la base di Syke e quanto da quella parte era stato fatto per il muro di circonvallazione. L'intenzione infatti era senza dubbio ancora quella di collegare direttamente il quartiere generale di Syke con il porto; il contrario avrebbe reso inefficiente il trasferimento della flotta da Tapso al Porto Grande, che nel frattempo era stato ordinato. Allora in pianura si accende battaglia.
Lo spazio utile non era molto ampio; è da escludere infatti che uno schieramento in forze potesse verificarsi anche in aree paludose, che della pianura occupavano una parte considerevole. Si tratta dunque di quella lunga striscia di terreno solido, che va sotto il nome generico di Fusco, lungo la quale, sotto le Epìpole, correva, come più volte si è ricordato, la via che porta al ponte sull'Anapo, ivi per di più necessariamente compresa l'ampia area funeraria esterna alla città dalla parte di occidente110 (v. foto 7).

Gli schieramenti dei due eserciti, come rivelano gli even¬ti successivi, dovevano stendersi più o meno paralleli su una linea tra E e W.
Infatti, battuti i Siracusani, la loro ala destra, la più vicina alla città, vi si rifugia attraverso la porta più volte ricordata, la sinistra invece cerca scampo verso il ponte sull'Ànapo. Per tagliare loro la strada, in quella direzione si affretta una compagnia scelta di trecento ateniesi. Ma la cavalleria siracusana, che doveva anch'essa stare sulla sinistra (cioè verso ponente, dove maggiore si presentava il campo di manovra) e la stessa ala sinistra siracusana si rivolgono loro incontro, li ributtano indietro e, nell'impeto, mettono in rotta anche gli Ateniesi che stavano loro opposti sulla propria destra. Allora lo stratego ateniese Làmaco, che sulla sua sinistra, dalla parte della città, era rimasto vincitore, corre in aiuto assieme ad un gruppo di arcieri e al corpo argivo; probabilmente aggirando da N il campo di battaglia, supera un fossato (forse quello che scende da Canalicchio), con ciò si allontana dalla formazione, viene a trovarsi isolato, sopraffatto e ucciso. I Siracusani si impadroniscono del suo corpo e lo portano con sé oltre il vicino ponte, ritirandosi al sicuro sulla riva destra del fiume.
Rimasta scoperta e indebolitasi così anche l'ala sinistra ateniese, che prima era riuscita vincitrice, quei Siracusani, che prima erano scappati in città, riprendono coraggio e rientrano in battaglia. In quel frattempo giungeva da Tapso nel Porto Grande la flotta ateniese e i Siracusani, certo temendo il peggio, ritornano tutti a raccogliersi in città (compresi quelli che stavano sull'Epìpole)111, lasciando soli sul campo e, alla fine come vincitori, gli Ateniesi112.

Torna ai contenuti