Seminario dei Chierici - Antichi Conventi di Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Conventi Siracusa
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Seminario dei Chierici

SEMINARIO VECCHIO o SEMINARIO DEI CHIERICI via Minerva
stemma seminario dei chierici in atto nel cortile interno dell'edificio ex anagrafe di Via Minerva
(foto Roberto Capozio)

  


IL SEMINARIO DEI CHIERICI
Una palazzina ad un piano, contigua alla chiesetta di S. Sebastiaìiello, in piazza Minerva, fu la prima sede del Seminano di Siracusa. L'istruzione del clero e la religiosità del popolo, verso la metà del 1500, lasciavano molto a desiderare, come fu constatato dai primi Gesuiti giunti nella nostra città, tanto da suggerire ai propri superiori di far fare, da noi, pratica ai loro missionari destinati alle Indie. Non molto diversa doveva essere la situazione due secoli dopo se Tommaso Gargallo nelle sue Memorie patrie affermava che i religiosi per effetto della miseria e della ignoranza, degradavano la dignità del sacerdozio, mentre per il popolo la religiosità consisteva nel profanare con feste smodate le solennità della Chiesa, dando spesso origine a liti e contrasti.
Dello stesso tono la relazione dell'Arcivescovo G. De Ciocchis, inviato da Carlo III nel 1743 in Sicilia, il quale, oltre a lamentare l'eccessivo numero di ecclesiastici nella nostra diocesi, ( su una popolazione di 246.555 unità vi era un clero composto da 5323 elementi, di cui 3590 ecclesiastici e 1733 regolari) per cui pose un limite, faceva notare come nel seminario si trovassero 41 convittori e 21 alunni, per i quali dispose che nessuno di essi fosse ammesso ai voti prima di aver frequentato almeno tre anni di seminario. A seguito di ciò il vescovo, mons. Manzo, chiuse il Seminario nell'intento di ottenere dal Governo un sussidio (mai avuto) per poter dare ai seminaristi quel tipo di istruzione richiesta da mons. De Ciocchis. Particolare attenzione al Seminario fu posta dell'arcivescovo Francesco Testa, insigne giurista e letterato, che fece apporre la seguente iscrizione nel 1753: SEMINARIUM HOC PRIMUM IN SICI-LIAM EX CONCILIO TRIDENTINO AB JOANNE DE HOROSCO ET ARZÈ ANNO MDLXX EXCITATUM INSTAURA VIT BONIS ARTIBUS ET DISCIPLINA EXORNAVIT FRANCISCUS TESTA ANNO DOMINI MDCCLII
. Egli, oltre a promuovere i lavori di restauro e di ampliamento, istituì accanto al Seminario un convitto di nobili per giovani della Sicilia, e per stimolare le intelligenze migliori, fondò l'Accademia degli "Anapei".
Nel 1804, sotto l'arcivescovo Gaetano Bonanno, per opera del sacerdote Giuseppe Logoteta, il Seminario diventerà centro propulsore della rinascita cittadina in campo religioso, archeologico ed economico. Nel 1800 un altro riconoscimento giunse all'attività culturale del Seminario, il re Ferdinando III, con un dispaccio, approva l'apertura di un nuovo museo presso la sede del Seminario, caldeggiato dall'arcivescovo Filippo Trigona, e autorizza il Custode delle Antichità del Valdemone e del Valdinoto, cav. Saverio Landolina, a cedervi tutti i reperti archeologia esistenti. L'esigenza di istituire un museo a Siracusa era stata sentita soprattutto da Tommaso Gargallo, specialmente dopo il ritrovamento della Venere, per cui l'iniziativa del vescovo fu unanimamete lodata. L'importanza del museo e dei suoi reperti verrà poi appassionatamente difesa dal Senato di Siracusa in una lettera indirizzata il 15 marzo 1822 al re Ferdinando III per scongiurare il trasferimento della statua della Venere e di quella di Esculapio al museo di Palermo.
Negli anni seguenti il Seminario verrà occupato dalle truppe inglesi che lo adopereranno come magazzino per derrate alimentari. Da un documento d'archivio sappiamo che fino al 1881 nell'edificio esisteva "la pubblica libreria, il museo e vi abitano pochi chierici" e che "di queste fabbriche non si ricava alcuna rendita, anzi il patrimonio vescovile è costretto a supplire di proprio...". Altre notizie su questo antico Seminario ci vengono da Enrico Mauceri nei suoi ricordi d'infanzia databili al 1880: "In una palazzina appartenente all'Arcivescovado, erano accolti vari Istituti: la Banca Mutua Popolare di Siracusa, il Museo civico a pianterreno con le raccolte messe alla rinfusa, fra cui spiccava la famosa Venere Landolina ... In fondo la scuola comunale 'di corda' che la sera si trasformava in scuola di disegno... Nel piano superiore la Biblioteca Alagoniana, fondata dal benemerito vescovo di Siracusa Giambattista Alagona, ammirevole esempio di Biblioteca settecentesca nelle scaffalature e nelle decorazioni del soffitto... Il suo direttore, il vecchio parroco Baiona... conosceva uno per uno i libri e la loro collocazione e gentilmente li indicava... aveva trascorso tutta la sua vita tra quelle raccolte!"
. Il trasferimento del museo nella nuova sede di piazza Duomo e della Biblioteca Alagoniana nel palazzo arcivescovile, le vicende belliche, l'abbattimento della chiesetta di S. Sebastiano per consentire l'ampliamento della sede comunale, resero precaria l'esistenza dell'immobile. Così il 24 maggio 1945 l'arcivescovo Baranzini vendette "l'antica sede della Biblioteca Alagoniana in via Minerva n.3, per L. 5.000.000 al parroco della Cattedrale C. Gentile. Nel 1956 il Comune, con atto del notaio G. Adorno, da in permuta i locali dell'ex monastero di S. lucia al parroco C. Gentile, in cambio dell'antica sede del Seminario dei chierici" Divenuto proprietà comunale l'immobile fu adibito a vari usi e poi lasciato in abbandono. I resti del portone d'ingresso sono ancora visibili assieme alle macerie dovute ai successivi crolli.
Ultimamente l'area è stata ulteriormente degradata con la costruzione di una cabina dell'Enel che, nonostante le molte segnalazioni continua a fare "bella mostra" tra il silenzio delle autorità preposte.  

Tratto da: “MITICA ARETUSA” ANNO I N.3
Architetto Salvatore Calleri Ingegnere Gaetano Blundo

L'edificio Comunale di Via Minerva fu edificato sotto la direzione dell'ingegnere municipale cav. Edoardo Troia, negli anni 1911 - 1913, sullo scheletro del Seminario dei Chierici. È un edificio su tre elevazioni, delle quali soltanto il piano terra ed il primo piano erano parzialmente utilizzati prima dell'inizio dei lavori di restauro.
Trattandosi dei resti di un edificio storico - anno di costruzione 1570 - abbiamo ritenuto indispensabile, nonché doveroso, far precedere l'inizio dei lavori da una generale riflessione sulle caratteristiche formali e spaziali del luogo e sulle reali peculiarità costitutive e funzionali dell'edificio.



Nei cinquanta anni che vanno dal 1860 alla Grande Guerra, una serie di trasformazioni urbane di grande impatto segnano una cesura profonda nella storia urbana di Siracusa, caratterizzata da una esemplare continuità nel rinnovamento urbano e edilizio.
Agli albori dell'Unità d'Italia la città di Siracusa è identificabile con l'isola di Ortigia. La sua morfologia è ancora chiaramente determinata dalla forma urbis greca. Tutti gli interventi e le trasformazioni successive, anche imponenti e radicati quali le fortificazioni federiciane o la cinta muraria cinquecentesca, si sono inserite nella struttura urbana in modo coerente. Anche eventi catastrofici, quali il terremoto del 1693, che determinarono la sostituzione di buona parte del patrimonio edilizio, di fatto, furono utilizzati per confermare e riaffermare l'ideale continuità dei processi di sviluppo urbanistico. La città barocca quale appare Siracusa nel 1860 è così perfettamente riconducibile alla forma tipologica e morfologica della città antica.
L'unità d'Italia segna l'inizio di un sistema di trasformazioni politiche e sociali decisive per il futuro assetto di Siracusa, diventata capoluogo proprio nel 1865.
Sono ovviamente processi comuni a gran parte delle città d'Italia che scaturiscono dalla necessità dello Stato unitario di imporre la propria guida sulla vita sociale e politica. Crescita demografica, affermazione di un ceto borghese ricco e imprenditore, nuovi processi produttivi e commerciali, espansione economica, solo per citarne alcuni, producono l'affermarsi di richieste del tutto nuove nella determinazione degli indirizzi urbanistici e tipologici. La città deve necessariamente essere rinnovata, la sua forma, le sue architetture devono piegarsi anche con violenza alle nuove esigenze di progresso e sviluppo.


Via Minerva. Processione del Corpus Domini dieci anni dopo l'abbattimento dell'ex Seminario. Le transenne, a sinistra nella foto, evidenziano i lavori in corso per il rifacimento del marciapiede.
La violenza, intesa in senso urbano, caratterizza, infatti, i processi urbanistici della seconda metà dell'800. Essa genera essenzialmente due tipi di interventi: lo sventramento dei centri urbani, soprattutto quelli caratterizzati da un tessuto più antico, e quindi tortuoso e costrittivo, e l'abbattimento delle cinte murarie, ormai prive di funzione difensiva ed ostacolo fisico e simbolico alla crescita edilizia e economica. A Siracusa, tale cultura ideologica ed urbanistica trovano immediata e puntuale attuazione. Le demolizioni e trasforma- zioni in Ortlgia e l'abbattimento integrale della cinta muraria sono, infatti, gli interventi principali del periodo che va sino a tutta la prima metà del '900. Essi definiscono uno scarto definitivo nel continuum della storia urbana della città, operati in totale mancanza di un piano urbanistico e tantomeno di un disegno complessivo ed organico. Inoltre la soppressione degli ordini e delle corporazioni religiose e il conseguente passaggio al Demanio statale dei beni ecclesiastici, stabilita dalla legge dei1867, mette un enorme patrimonio edilizio all'Interno dell'isola di Ortigia a disposizione del potere politico ed economico, che può cosi operare in mancanza di vincoli di piano adattando le scelte, spesso addirittura modificandole in corsa, alle proprie esigenze speculative. L'isola è così Investita da una serie caotica e disordinata di interventi edilizi. Le demolizioni del Convento di S. Annunziata e dell'Ospedale di San Giovanni di Dio dei Fatebenefratelli per costruire rispettivamente il Teatro e il Museo, quelle delle Chiese di Sant'Andrea Apostolo e di San Giacomo per creare Piazza Archimede, o le trasformazioni di altri grossi edifici religiosi quali il Convento di Santa Maria e quello dell'Immacolata che diventano rispettivamente Prefettura e Tribunale, si accompagnano ad una sequela di interventi speculativi diffusi In tutto il territorio. Soprelevazioni indiscriminate o occupazione delle poche aree libere, quali corti e giardini, determinano uno sviluppo edilizio caotico e dissennato; invece di contribuire a quei doverosi processi di risanamento e adeguamento del patrimonio - in molte sue parti effettivamente fatiscente - sono privilegiate quelle tipologie di interventi capaci di creare immediati redditi e forti concentrazioni immobiliari. L'intervento previsto si inseriva in un tessuto morfologico e spaziale radicalmente diverso dall'attuale. Il corpo del Seminario, infatti, arrivava a quasi tre metri dalla facciata laterale della Cattedrale, definendo così una vera e propria piazza, la Piazza Minerva. Un vicolo, denominato Vicolo Lumera, metteva in collegamento la piazza con Via Roma. Piazza Minerva era una vera è propria appendice della vicina Piazza Duomo, e nel fronte degli edifici che dal Palazzo Vermexio si intestava sul fronte ovest del Seminario si trovavano la Banca Mutua Popolare Siracusana, il Museo Civico, la Biblioteca Alagoniana, la Scuola Comunale di Corda, la Chiesa di San Sebastianello ed appunto il Seminario dei Chierici.
L'esigenza municipale di trovarenuove sedi per uffici nel dintorni di Palazzo Vermexio comportò dalla fine dell'800 il progressivo allontanamento di tali istituzioni. Lo stesso seminario, edificato nel 1570 da Giovanni Orosco de Arzè e che sino a tutto il '700 era stato centro propulsore della vita culturale e religiosa della città, era all'Inizio del secolo In stato di semi-abbandono, occupato da pochi chierici ed utilizzato prevalentemente come magazzino. Il 21 febbraio 1910 il Prefetto autorizzava il Comune ad acquistare in perenne enfiteusi l'Intero fabbricato del Seminario dei Chierici per il canone annuo di lire 2250.
Viene cosi incaricato l'ingegnere Municipale cav. Edoardo Troia per la progettazione e direzione dei lavori di sistemazione della Via Minerva e la sistemazione dell'ex Seminario dei Chierici in Edificio Comunale.
Il progetto dell'intervento e il dibattito che ne accompagnò l'approvazione appaiono un significativo esempio delle considerazioni sul contesto politico ed urbanistico sopra esposte.


Questo era il contesto urbano quando il 6 maggio 1911 è approvato il progetto d'arte ed il capitolato d'onere per la trasformazione dell'ex Seminario dei Chierici in Edificio Comunale.




La costruzione della grande Via Minerva derivante dall'arretramento del fronte meridionale è una diretta filiazione dell'ideologia dalla strada larga e dritta, elemento portante della coeva <Proposta di Piano> di Luigi Mauceri presentata alla città proprio nel 1910. Analogamente al due grandi assi larghi 12 metri proposti dal Mauceri per il risanamento dei quartieri Sperduta e Graziella e per la creazione di un dignitoso ingresso in Ortlgia, la nuova Via Minerva deve servire sia a risanare II fatiscente contesto edilizio della Via Roma che ad arricchire Piazza Duomo di uno spettacolare ingresso monumentale. Il nuovo prospetto architettonico del palazzo, ideale quinta della nuova via, è quindi impregnato di storicismo neo-classico sia nella forma e nelle proporzioni che nelle scelte di decoro, quali le figure delle monete greche siracusane. Anche le caratteristiche costruttive e distributive dell'edificio sono regolate dalle nuove esigenze di funzionalità, economia ed adeguamento tecnologico, sia nella precisa descrizione delle destinazioni d'uso di ogni locale che nelle specifiche tecniche di ogni lavorazione necessaria.
Di contro, dal dibattito in aula consiliare, emergono le caratteristiche di estemporaneità e spesso di spregiudicatezza che dirigevano le scelte urbanistiche anche più importanti. La mancanza di un piano regolatore operante giustifica considerazioni personalistiche e spesso assolutamente fantasiose, che arrivano ad incidere su interventi già programmati o addirittura in corso di esecuzione. Va notato per inciso come già allora era sentito il problema della sistemazione complessiva dell'area urbana che dal Palazzo Vermexio fronteggia la facciata laterale della cattedrale; le incredibili condizioni di degrado in cui ancora oggi si trova quest'area sono testimonianza purtroppo emblematica della storia di Siracusa di questo secolo.
Il carattere estemporaneo delle scelte urbanistiche e la difficoltà del potere municipale di orientare in modo sistematico lo sviluppo urbano sono elementi che incidono immediatamente nella storia dell'edificio di Via Minerva. Soltanto un anno dopo l'approvazione dei progetto e con i lavori in avanzata fase di esecuzione, la giunta municipale deve destinare il costruendo palazzo comunale a sede dell'Istituto Tecnico, costretta a ciò dalle pressioni di un vasto movimento di opinione che sosteneva l'indifferibile necessità di dotare Siracusa di un Istituto Tecnico Comunale. E' praticamente stravolto il progetto originario sia nelle caratteristiche distributive sia nelle specifiche tecniche e per l'edificio di Via Minerva, ancora prima che sia completato, si delinea quella indeterminazione funzionale che ne ha caratterizzato l'utilizzo e che, di fatto, è la principale causa dell'attuale stato di semi abbandono.
Il rilascio dell'edificio da parte dell'Istituto Tecnico consente al Comune di riavere l'uso dell'Immobile e di poterlo utilizzare per le sedute del Consiglio Comunale e per gli uffici del Segretario Generale, oltre che per altri uffici amministrativi. Ma la mancanza di collegamenti con Palazzo Vermexio e l'esigenza municipale di ampliare gli uffici e gli spazi contigui al Palazzo di Città, determinano un progressivo abbandono delle funzioni più alte. Negli anni 60 si decide di costruire un nuovo corpo in aderenza a Palazzo Vermexio dove troveranno definitiva sede il salone per le sedute di consiglio e gli uffici di segreteria, proprio quegli uffici che più caratterizzavano l'uso del palazzo di Via Minerva. Dal 1972 l'edificio è progressivamente abbandonato In molte sue parti, occupato soltanto da alcuni uffici finanziari, e diventando di fatto un enorme deposito di carte municipali. Prima dell'inizio degli attuali lavori di restauro era utilizzato soltanto II piano terra, destinato provvisoriamente ad Archivio Comunale e a Centro elaborazioni dati; l'ex salone per le sedute di consiglio era stato dato in uso al Centro internazionale di studi sul barocco. Tutti gli altri locali erano in completo stato di abbandono















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