tonnara di Vendicari - Tonnare siracusane

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Tonnare siracusane
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tonnara di Vendicari

La tonnara di Vendicari
Sulla strada che da Siracusa conduce verso l'estremità meridionale dell'Isola, i contrasti di linee tra la costa e le zone interne degradanti a piattaforma, si attenuano in vista di Capo Passero, in un paesaggio pregno di umanità.
Lungo la costa frange di sabbia chiudono una serie di pantani e la geometria elementare delle vecchie saline.
Una torre medioevale si erge in corrispondenza di uno sbocco marittimo, che aveva in passato un notevole peso economico per la vicina città di Noto. La sua costruzione documenta l'intensa attività edilizia degli Svevi per la difesa dei confini orientali dell'Impero, riallacciandosi alle strutture della torre di Enna per l'eleganza dell'architettura federiciana e per la robustezza.
È indubbio che successivi adattamenti abbiano trasformato le primitive forme gotiche, alterando il volto duecentesco, in rapporto alle nuove esigenze militari, imposte dall'avvento delle armi da fuoco.
La torre si adattò anche a utilizzi commerciali; l'approdo risulta nell'elenco dei caricatoi di grano ed il Fazello lo testimonia, riferendo remote prestazioni fenice di attribuzione tolemaica.
La sua posizione strategica, dominante sulle coste già sfruttate in epoca greca e romana, come confermato dagli scavi dell'entroterra, si prestava al rifugio dei pirati saraceni. Fu anche abitazione del Maestro Portolano, l'agente commerciale della Curia dell'Imperatore per la vendita di grano.
La costruzione sveva segna il limite di una vasta serie di pantani di circa 140 ettari a sud ovest e di una più modesta a sud est, che in autunno caratterizzano in paesaggio acquitrinoso e in estate l'asciugamento di un grande specchio di acqua.
I tre grandi pantani invece mantengono invariato il loro aspetto durante il corso dell'anno.
La tonnara cessò l'attivita nel 1944








La natura, qui eccezionalmente varia e fantasiosa, ha creato un ponte naturale percorribile a guado nel gioco delle correnti dei due corsi torrentizi del Cottonate e dello Scibbia.
In un contesto ambientale così ricco di situazioni morfologiche, le piccole spiagge ospitano piante psammofile come l'Eringo marittimo, il Ginepro coccolone, specie prettamente mediterranee e piante alofile, che prediligono i terreni salsi con fisionomie simili alle specie dei suoli aridissimi3.
Le lagune salmastre accolgono oltre alle alofile, molte piante palustri, tra cui primeggiano le Salicornie fruticose, le Ruchette marine dalle foglie grosse e lobate, insieme alle tamerici, alle canne, alle canneggiole.
D'inverno al mutato aspetto floristico, contrassegnato dal rosseggiare delle salicornie, si accom¬pagna la discesa dei primi stuoli di anatidi, in primavera invece il rinnovato verde della vegetazio¬ne e il giallo intenso delle ginestre festeggiano l'arrivo di moltitudini colorate di limicoli quali le Pittime reali, i Pivieri dorati, i Cavalieri d'Italia. In estate infine le cicale cantano ai bordi delle pozze salmastre, bianche di efflorescenze e i crisantemi languono sotto il sole africano in una atmosfera immobile, come le sagome degli aironi cinerini.
Una leggenda popolare, raccolta da Erika Abramo nel suo "Viaggio a Vendicari", mitizza questo ambiente così ricco e vario nell'eterno avvicendarsi delle stagioni, comparando Vendicari a una bella vergine desiderosa d'amore, che cambia d'abito per apparire più bella e piange disperata¬mente durante l'allagamento nel periodo delle piogge:
"Vendicari bella e selvaggia attende l'amore e di abito cambia colore dal verde al giallo dal verde al marrone... (...)
È bello il sogno, ma non la realtà la bella Vendicari priva d'amore al suo risveglio scioglie il dolore in fiumi di pianto.
Allaga gli stagni, riempie le pozze, diventano pantano i luoghi vicini.
In questo sacrario della natura, al centro dell'ampio golfo in vicinanza di saline, utili per la salagione dei tonni, sorse la tonnara di Vendicari, anticamente Bindicari.
Nel 1655 la tonnara fu acquistata, "contratto redimendi" insieme alle tre consorelle di Marza- memi, Fiume di Noto e Santa Panagia da Simone Calascibetta, giudice della Regia Corte a Palermo, che però non potè godersi a lungo i frutti del suo buon investimento.
Allora la baia sulla quale gravitava l'esercizio di pesca era una attiva base marittima, dove attraccavano tartane e navigli da carico, sorvegliati dalla torre della Deputazione del Re con i suoi due cannoni di bronzo.
Le vicende dell'impianto di Vendicari appaiono fin dall'inizio accomunate a quelle di Marza- memi non solo per l'appartenenza ad uno stesso proprietario, ma anche per la vicinanza dei due impianti. L'alta redditività di Marzamemi aveva relegato la piccola Vendicari in una posizione di "sudditanza", alla stregua di un'appendice.
Nel rendiconto della famiglia Calascibetta troviamo le annotazioni della gabella comune alle due tonnare, duecentoventi onze all'anno, che si accrebbe molto subito dopo la fase sperimentati- va. (Giuliana Calascibetta A.F.B. 7)
Ereditata insieme all'esercizio di Marzamemi dal primogenito Domenico, sviluppò la sua modesta attività anche se un po' disturbata dai reiterati tentativi di "pretensione per un nuovo impianto da calarsi nei mari di Vendicari".
Il progetto di un nuovo impianto, che avrebbe reso critica l'attività di Vendicari, fu tempora¬neamente accantonato; nel 1685 la tonnara sempre insieme a Marzamemi fruttava agli eredi di Domenico, Giovanni, Pietro e Francesco, cinquecento onze di affitto e nel 1695 seicentosettanta. (A.F.B. 34)
Successivamente nuove suppliche dei Calascibetta e dei gabelloti testimoniano un periodo convulso, in cui era di primaria importanza scoraggiare le crescenti richieste avanzate da diversi cittadini siracusani e netini.
La tonnara di Vendicari, turbata da questi progetti, diventa protagonista di grandi controver¬sie, che sconvolgono la sua non facile gestione. Nel 1715, perdurando le liti, i Calascibetta decisero di provvedere alla misurazione dei mari circostanti, nell'intento di dimostrare che l'intro¬duzione di un nuovo esercizio non avrebbe rispettato la distanza di 3300 canne prevista e chiude¬re così la fastidiosa vertenza. Le perizie costatarono undici onze e diciotto tari . (A.F.B. 7)
Le distanze tra le tonnare erano stabilite da norme d'uso e pattuizioni tradizionali, piuttosto ambigue e non lasciavano spazi a richieste di nuove concessioni di pesca privilegiata, laddove la produzione era più abbondante.
Solo nel 1775 leggi speciali del viceré Caramanico stabilirono chiaramente la distanza minima a tre miglia .
La tonnara di Vendicari nella seconda metà del Settecento era già spenta, infatti un attento osservatore come Cesare Gaetani, accennando agli impianti abbandonati alla fine del secolo non ne fa menzione. L'indicazione è ribadita da F.C. d'Amico .
Una spiegazione di questo abbandono precoce proviene dall'altro grande studioso dell'epoca, il marchese di Villabianca: "Fu la stessa questa tonnara (Vendicari) che quella del fu Capo Boiuto esistente ne' suoi vicini mari, la quale per la causa del cattivo aere che l'infettava, trasferita venne in Marzamemi, e l'aria è più salutare"".
Non furono i miasmi delle paludi, o almeno non furono i soli a decretare la sospensione dei cali, ma piuttosto il profilarsi di una crisi economica, più sensibile in un esercizio tradizionalmen¬te di poca resa.
Nel diciannovesimo secolo la tonnara riprese la sua attività anche se con cali irregolari, in seguito presa a censo dal principe di Villadorata verso il 1880 insieme ai limitrofi esercizi, contribuì a convogliare tutto il pesce a Marzamemi .
La storia di Vendicari non s'interrompe, ancora una volta l'esercizio riapre i battenti nel 1914 .
Il nuovo proprietario Carlo Loreto, in seguito ad un contratto non ben formulato, fu costretto ad intentare un'azione legale contro il principe di Villadorata, che gli contestava l'uso e la concessione del tratto di mare relativo alla tonnara, a lui spettante in quanto pervenutagli da Simone Calascibetta, il primo proprietario. La Corte di Cassazione riconobbe nel 1920 al Loreto il diritto di pesca privilegiata .
Successe nel possesso Antonino Modica, il quale pur con qualche difficoltà provvide al calo delle reti fino al 1944 quando l'esercizio si spense.

 

Le fabbriche della tonnara

Le strutture architettoniche della tonnara, rimaneggiate e gravemente degradate, mostrano ancora chiaramente la continuità degli spazi interni ed esterni, variamente articolati, a testimonianza del tipico impianto delle tonnare. La ciminiera, intatta nello stabilimento diruto, segna tra una selva di pilastri il centro nevralgico della lavorazione a terra;
Nessun fabbricato esiste neppure volumetricamente, all'infuori di un caseggiato esterno al gruppo edilizio, in uso come sede a mare e ricovero invernale di pescatori locali.
Lo stato delle murature esterne e interne residue rende praticamente impossibile un eventuale recupero.
Nella loggia convertita ad altre utilizzazioni non riposano più le grandi barche. Lo stabilimento ridotto all'essenzialità del suo schema planimetrico, non si anima più nell'incessante affaccendarsi degli operai.
Sulla balata deserta, all'ombra della ciminiera solitaria, di fronte ad un mare silenzioso non ritmato dal canto àeWaja mola, si perpetua un enigma insolubile: Vendicari, donna selvaggia in cerca disperata d'amore o covo di pirati?
1 G. Agnello, Architettura civile e religiosa in Sicilia nell'età sveva, Collezione Meridionale, Roma, 1975.
3 F. Pratesi, F. Tassi, Guida alla natura della Sicilia con la collaborazione del W.W.F. Mondadori, Milano, 1974.
4 E. Abramo, Viaggio a Vendicari in Rivista "Sicilia", n. 78, Flaccovio, 1976.
7 Marchese di Villabianca, op. cit., p. 79.

La tonnara di Vendicari fu molto importante per l’economia dell’intera Sicilia. Detta anche Bafutu fu costruita nel ‘700.


Nell'oasi faunistica e naturale di Vendicari, costruzioni del periodo bizantino a difesa del porto.


La sua vita è stata condizionata dalla vicinanza di altre due tonnare a causa delle quali Bafutu subì dei periodi di chiusura e di crisi. Il periodo di massimo splendore lo ha vissuto all’inizio dello scorso secolo e nel 1914 fu ristrutturata per volere di Antonin Modica Munafò. La sua attività cessò nel 1943 in seguito allo sbarco delle truppe anglo-americane.

Oggi tutti i locali adiacenti alla tonnara, e la tonnara stessa, sono stati restaurati grazie ad un intervento della Soprintendenza di Siracusa.

Oggi Vendicari è un oasi ambientale d’importanza internazionale, in cui si trovano luoghi di culto, catacombe e necropoli coperti dalla vegetazione. Nel complesso edilizio di S. Lorenzo si è scoperta la cella di un tempio greco, o per la zona della Balata di Vendicari (una spianata rocciosa che fungeva da banchina per l’attracco delle navi) molti elementi simili a quelli dei monumenti greci.
Nello stesso “perimetro” della balata si trovano costruzioni seminterrate, dentro le quali sono stati rinvenuti anche “cocci” di anfore greche a vernice nera e vasche-deposito di un antico stabilimento per la lavorazione del pesce, accanto alle quali si è scoperta anche una piccola necropoli. Più numerosi sono i resti del periodo bizantino, scoperti e studiati da Paolo Orsi: chiesette, catacombe, abitazioni e necropoli. Ben visibile e in condizioni accettabili è la Torre Sveva che secondo il Fazello fu costruita da Pietro d’Aragona, fratello del re di Spagna e Sicilia (1416-1458); altri storici la ritengono di epoca antecedente perché ne sottolineano la funzione di difesa delle popolazioni locali e del mercato granario del porto di Vendicari. La tonnara è un altro edificio in disfacimento che conserva ancora in buone condizioni la ciminiera. fu Costruita nel Settecento. Smise definitivamente la sua attività nel 1943. Le saline a Vendicari ebbero importanza economica per lungo tempo. I primi impianti risalgono al ‘400 e tutt’oggi ne restano vestigia facilmente avvistabili sul Pantano Grande. Nel ‘700 le saline erano sicuramente funzionanti a supporto della tonnara per la conservazione del pesce.

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