tonnara di Portopalo
LA TONNARA DI PORTOPALO
tratto da:Annalena Lippi Guidi
TONNARE TONNAROTI e MALFARAGGI DELLA SICILIA SUD-ORIENTALE
Servizi fotografici di L. e F. Rubino
ZANGARASTAMPA SIRACUSA
Sulla punta meridionale più avanzata dell'isola, in posizione strategica tra il mar Jonio e il Mediterraneo, laddove si alzavano pali per segnalare il pericolo di incursioni alle vicine torri di retroterra, nel feudo Mannini prosperava agli inizi del secolo scorso una grossa comunità con i suoi sacerdoti e giudici, nominati dai Decurioni di Pachino .
Il Villabianca, sulla scorta degli scritti del Gaetani dà notizie piuttosto vaghe sulla tonnara di Portopalo riferendo l'esistenza di un impianto, probabilmente una semplice tonnarella, disattivata alla fine del XVIII per la difficile conduzione e la resa modesta. Per quanto riguarda gli antichi possessori dell'esercizio, in mancanza di notizie certe, annota: "Dall'essere investito del titolo di marchese di Portopalo Gaetano Deodato e Moncada nel 1792, prendiamo ragione di dire avervi qualche padronanza".
Il Pavesi mentre conferma l'abbandono alla fine del Settecento, motivato dalle forti correnti e dalla troppa esposizione ai venti, afferma che la tonnara di Portopalo era investita ai Deodato.
Dati di archivio fanno presupporre la sperimentazione di una posta di tonnara in quei luoghi, in tempi precedenti.
Nel 1706 dopo la promulgazione dei bandi a norma di legge per la gara d'asta, il Regio Decreto di Siracusa stipulò un contratto triennale di affitto per l'esercizio di Portopalo dietro pagamento di venti onze annuali, con Leonardo Sconso, che risultò essere il migliore offerente.
Il gabellotto pose in opera la pesca dei tonni e potè pacificamente godere dello ius, accordatogli dalla Regia Corte, senza alcuna limitazione e senza obiezione da parte dei signori dei vicini esercizi, ma allo scadere dei tre anni non rinnovò il contratto per lo scarso profitto.
Dopo venti anni la Regia Corte, sospinta dalla esigenze finanziarie dell'Erario tornò sul vecchio progetto di riattivare la tonnara di Portopalo.
Gli imprenditori interessati si presentarono al Tribunale del Real Patrimonio per inoltrare le rispettive offerte, dopodiché si replicarono gli ordini per l'accertamento degli interessi della Regia Corte.
Grande attenzione fu rivolta alle distanze con gli impianti limitrofi, "volendo restar sincerati se il posto suddetto abbia la debita distanza dalle tonnare convicine, e se ne possa apportare ai padroni delle medesime alcun pregiudizio" .
Il Proconservatore Pietro Maria di Lorenzo accertava che la distanza della tonnara di Marzame- mi dalla punta occidentale di Portopalo era di circa 9 miglia, e che l'intermedia tonnara di Capo Passero, situata nella parte orientale dell'isola, divisa da un promontorio, distava seguendo la circonferenza di quel promontorio di circa tre miglia dall'altra di Portopalo. "Quest'ultima poteva quindi gettare le sue reti nel mare di mezzogiorno, in faccia del Canale di Malta. D'altra parte in seguito della tonnara per la riviera di Mezzogiorno e negli altri susseguenti di Spaccaforno, non si calano reti".
Non furono però interpellati i padroni delle suddette tonnare. "Appartenendo quella di Marza- memi al b.ne Pietro Calascibetta e quella di Capo Passero al b.ne di Camemi Bellia, entrambi di cotesta Capitale - concludeva il di Lorenzo - per non esser qui non ho potuto in questa parte eseguire il comando di V.E." .
Alla dettagliatissima relazione del Proconservatore mancava dunque uno degli elementi sostan-ziali dell'inchiesta: il sondaggio sulle opinioni dei due signori, residenti a Palermo.
Indubbiamente la vicinanza ai due ultimi grossi esercizi della costa sud orientale, indipenden-temente dalle condizioni ambientali poco favorevoli, costituì un notevole fattore deterrente per la tonnara di Portopalo.
Tra il 1774 e il 1794 il m.se Ferreri, funzionario delle Finanze, incoraggiato dalle migliorate congiunture economiche "ebbe licenza di poter armare una tonnara nelli mari vicini a quelli di Capo Passero, che allora la possedeva il signor Principe di Villadorata Nicolaci, nel mar di Portopalo" .
Il principe, forte del possesso legale della tonnara di Capo Passero, la più danneggiata dal nuovo impianto, contestò severamente una operazione ritenuta illegale per il mancato rispetto delle distanze, artatamente riportate alle tre miglia richieste, e lesiva dei suoi interessi .
Le azioni legali furono severe e portarono anche gravi trasformazioni fondiarie, se pure transitorie per i Villadorata. La conclusione fu però l'ennesimo abbandono della tonnara di Portopalo.
I grandi esperti dell'epoca il D'Amico e il Gaetani, si pronunciarono a favore del Ferreri, a cui. era stato accordato legalmente il diritto.
Oggi sembra che al di là di quella presa di posizione ci sia stato un assoggettamento ai voleri delle autorità, senza una reale convinzione.
La tonnara di Portopalo riprende la sua attività ancora una volta nel 1921 ad opera di Bruno j Franzo .
Risulta attiva nel 1925, ma viene fatalmente travolta pochi anni dopo, senza più risorgere, oltre che dalle tradizionali avversità e dal capriccioso passo dei tonni, dall'incalzare di nuovi sistemi produttivi .
Non furono però interpellati i padroni delle suddette tonnare. "Appartenendo quella di Marza memi al b.ne Pietro Calascibetta e quella di Capo Passero al b.ne di Camemi Bellia, entrambi d cotesta Capitale - concludeva il di Lorenzo - per non esser qui non ho potuto in questa parti eseguire il comando di V.E." .
Alla dettagliatissima relazione del Proconservatore mancava dunque uno degli elementi sostan ziali dell'inchiesta: il sondaggio sulle opinioni dei due signori, residenti a Palermo.
Indubbiamente la vicinanza ai due ultimi grossi esercizi della costa sud orientale, indipenden temente dalle condizioni ambientali poco favorevoli, costituì un notevole fattore deterrente per li tonnara di Portopalo.
Tra il 1774 e il 1794 il m.se Ferreri, funzionario delle Finanze, incoraggiato dalle migliorate congiunture economiche "ebbe licenza di poter armare una tonnara nelli mari vicini a quelli di Capo Passero, che allora la possedeva il signor Principe di Villadorata Nicolaci, nel mar di Portopalo" .
Il principe, forte del possesso legale della tonnara di Capo Passero, la più danneggiata dal nuovo impianto, contestò severamente una operazione ritenuta illegale per il mancato rispetto delle distanze, artatamente riportate alle tre miglia richieste, e lesiva dei suoi interessi .
Le azioni legali furono severe e portarono anche gravi trasformazioni fondiarie, se pure transitorie per i Villadorata. La conclusione fu però l'ennesimo abbandono della tonnara di Portopalo.
I grandi esperti dell'epoca il D'Amico e il Gaetani, si pronunciarono a favore del Ferreri, a cui era stato accordato legalmente il diritto.
Oggi sembra che al di là di quella presa di posizione ci sia stato un assoggettamento ai voleri delle autorità, senza una reale convinzione.
La tonnara di Portopalo riprende la sua attività ancora una volta nel 1921 ad opera di Bruno Franzo .
Risulta attiva nel 1925, ma viene fatalmente travolta pochi anni dopo, senza più risorgere, oltre che dalle tradizionali avversità e dal capriccioso passo dei tonni, dall'incalzare di nuovi sistemi produttivi
Il Villabianca, sulla scorta degli scritti del Gaetani dà notizie piuttosto vaghe sulla tonnara di Portopalo riferendo l'esistenza di un impianto, probabilmente una semplice tonnarella, disattivata alla fine del XVIII per la difficile conduzione e la resa modesta. Per quanto riguarda gli antichi possessori dell'esercizio, in mancanza di notizie certe, annota: "Dall'essere investito del titolo di marchese di Portopalo Gaetano Deodato e Moncada nel 1792, prendiamo ragione di dire avervi qualche padronanza".
Il Pavesi mentre conferma l'abbandono alla fine del Settecento, motivato dalle forti correnti e dalla troppa esposizione ai venti, afferma che la tonnara di Portopalo era investita ai Deodato.
Dati di archivio fanno presupporre la sperimentazione di una posta di tonnara in quei luoghi, in tempi precedenti.
Nel 1706 dopo la promulgazione dei bandi a norma di legge per la gara d'asta, il Regio Decreto di Siracusa stipulò un contratto triennale di affitto per l'esercizio di Portopalo dietro pagamento di venti onze annuali, con Leonardo Sconso, che risultò essere il migliore offerente.
Il gabellotto pose in opera la pesca dei tonni e potè pacificamente godere dello ius, accordatogli dalla Regia Corte, senza alcuna limitazione e senza obiezione da parte dei signori dei vicini esercizi, ma allo scadere dei tre anni non rinnovò il contratto per lo scarso profitto.
Dopo venti anni la Regia Corte, sospinta dalla esigenze finanziarie dell'Erario tornò sul vecchio progetto di riattivare la tonnara di Portopalo.
Gli imprenditori interessati si presentarono al Tribunale del Real Patrimonio per inoltrare le rispettive offerte, dopodiché si replicarono gli ordini per l'accertamento degli interessi della Regia Corte.
Grande attenzione fu rivolta alle distanze con gli impianti limitrofi, "volendo restar sincerati se il posto suddetto abbia la debita distanza dalle tonnare convicine, e se ne possa apportare ai padroni delle medesime alcun pregiudizio" .
Il Proconservatore Pietro Maria di Lorenzo accertava che la distanza della tonnara di Marzame- mi dalla punta occidentale di Portopalo era di circa 9 miglia, e che l'intermedia tonnara di Capo Passero, situata nella parte orientale dell'isola, divisa da un promontorio, distava seguendo la circonferenza di quel promontorio di circa tre miglia dall'altra di Portopalo. "Quest'ultima poteva quindi gettare le sue reti nel mare di mezzogiorno, in faccia del Canale di Malta. D'altra parte in seguito della tonnara per la riviera di Mezzogiorno e negli altri susseguenti di Spaccaforno, non si calano reti".
Non furono però interpellati i padroni delle suddette tonnare. "Appartenendo quella di Marza- memi al b.ne Pietro Calascibetta e quella di Capo Passero al b.ne di Camemi Bellia, entrambi di cotesta Capitale - concludeva il di Lorenzo - per non esser qui non ho potuto in questa parte eseguire il comando di V.E." .
Alla dettagliatissima relazione del Proconservatore mancava dunque uno degli elementi sostan-ziali dell'inchiesta: il sondaggio sulle opinioni dei due signori, residenti a Palermo.
Indubbiamente la vicinanza ai due ultimi grossi esercizi della costa sud orientale, indipenden-temente dalle condizioni ambientali poco favorevoli, costituì un notevole fattore deterrente per la tonnara di Portopalo.
Tra il 1774 e il 1794 il m.se Ferreri, funzionario delle Finanze, incoraggiato dalle migliorate congiunture economiche "ebbe licenza di poter armare una tonnara nelli mari vicini a quelli di Capo Passero, che allora la possedeva il signor Principe di Villadorata Nicolaci, nel mar di Portopalo" .
Il principe, forte del possesso legale della tonnara di Capo Passero, la più danneggiata dal nuovo impianto, contestò severamente una operazione ritenuta illegale per il mancato rispetto delle distanze, artatamente riportate alle tre miglia richieste, e lesiva dei suoi interessi .
Le azioni legali furono severe e portarono anche gravi trasformazioni fondiarie, se pure transitorie per i Villadorata. La conclusione fu però l'ennesimo abbandono della tonnara di Portopalo.
I grandi esperti dell'epoca il D'Amico e il Gaetani, si pronunciarono a favore del Ferreri, a cui. era stato accordato legalmente il diritto.
Oggi sembra che al di là di quella presa di posizione ci sia stato un assoggettamento ai voleri delle autorità, senza una reale convinzione.
La tonnara di Portopalo riprende la sua attività ancora una volta nel 1921 ad opera di Bruno j Franzo .
Risulta attiva nel 1925, ma viene fatalmente travolta pochi anni dopo, senza più risorgere, oltre che dalle tradizionali avversità e dal capriccioso passo dei tonni, dall'incalzare di nuovi sistemi produttivi .
Non furono però interpellati i padroni delle suddette tonnare. "Appartenendo quella di Marza memi al b.ne Pietro Calascibetta e quella di Capo Passero al b.ne di Camemi Bellia, entrambi d cotesta Capitale - concludeva il di Lorenzo - per non esser qui non ho potuto in questa parti eseguire il comando di V.E." .
Alla dettagliatissima relazione del Proconservatore mancava dunque uno degli elementi sostan ziali dell'inchiesta: il sondaggio sulle opinioni dei due signori, residenti a Palermo.
Indubbiamente la vicinanza ai due ultimi grossi esercizi della costa sud orientale, indipenden temente dalle condizioni ambientali poco favorevoli, costituì un notevole fattore deterrente per li tonnara di Portopalo.
Tra il 1774 e il 1794 il m.se Ferreri, funzionario delle Finanze, incoraggiato dalle migliorate congiunture economiche "ebbe licenza di poter armare una tonnara nelli mari vicini a quelli di Capo Passero, che allora la possedeva il signor Principe di Villadorata Nicolaci, nel mar di Portopalo" .
Il principe, forte del possesso legale della tonnara di Capo Passero, la più danneggiata dal nuovo impianto, contestò severamente una operazione ritenuta illegale per il mancato rispetto delle distanze, artatamente riportate alle tre miglia richieste, e lesiva dei suoi interessi .
Le azioni legali furono severe e portarono anche gravi trasformazioni fondiarie, se pure transitorie per i Villadorata. La conclusione fu però l'ennesimo abbandono della tonnara di Portopalo.
I grandi esperti dell'epoca il D'Amico e il Gaetani, si pronunciarono a favore del Ferreri, a cui era stato accordato legalmente il diritto.
Oggi sembra che al di là di quella presa di posizione ci sia stato un assoggettamento ai voleri delle autorità, senza una reale convinzione.
La tonnara di Portopalo riprende la sua attività ancora una volta nel 1921 ad opera di Bruno Franzo .
Risulta attiva nel 1925, ma viene fatalmente travolta pochi anni dopo, senza più risorgere, oltre che dalle tradizionali avversità e dal capriccioso passo dei tonni, dall'incalzare di nuovi sistemi produttivi