corrida siciliana - Tonnare siracusane

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Tonnare siracusane
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corrida siciliana

tratto da LA PESCA DEL TONNO NEL CAPOLINEA DEL SUD DI Salvo Sorbello
La corrida siciliana
Nel corso di un convegno sullo sfruttamento sostenibile del tonno rosso del Mediterraneo, svoltosi nel giugno del 2010 a Carloforte in Sardegna, è stata rilanciata la richiesta di inserire le tonnare fisse nella lista mondiale dei "patrimoni dell'umanità", stilata dall'Unesco.
In passato, per la verità, era stato chiesto di dichiarare patrimonio dell'umanità la corrida. Intellettuali famosi come Vargas Uosa e Carlos Fuente si erano schierati a sostegno di questo "nobile rito" e Francis Wolff, filosofo e professore dell'Università Sorbona di Parigi, dopo il no della Catalogna alle corride, ha dichiarato che la proibizione della corrida sarebbe non solo una perdita per la nazione spagnola, ma per tutta l'umanità. Il giornalista-scrittore Ninni Ravazza, si è allora domandato: "Se è stato chiesto all'Unesco di dichiarare "patrimonio dell'umanità" la corrida, perché non proporre analogo riconoscimento per la tradizionale pesca del tonno con le tonnare, che a differenza della prima non è un 'uccisione per puro spettacolo, ma industria, economia, cultura, storia, scienza e sapere empirico insieme?"
Occorre in ogni caso evidenziare come per tonnara si intendano due cose:
la tonnara vera e propria, vale a dire l'apparato di reti che veniva messo in mare ogni anno, in estate, ad un miglio marino dalla costa;
Le Journal illustré



il complesso a terra comprendente la "loggia", dove venivano squartati i tonni appena pesati, l'ex stabilimento conserviero ed il palazzo del proprietario con tutte le casupole attorno, che servivano da alloggio ai marinai provenienti da altri Comuni.16 Sono purtroppo tanti, in Sicilia come altrove, gli edifici delle vecchie tonnare che stanno per sparire oppure subiscono devastanti stravolgimenti. Eppure, senza bisogno di citare l'esempio della tonnara di Favignana, progettata dal famoso architetto Almeyda Damiani, possiamo tranquillamente affermare che le tonnare siciliane esprimono una mirabile integrazione con il territorio. Basta pensare alla balata o a piazza Regina Margherita a Marzamemi, a Scopello, a Capo Passero, per ammirare opere che non solo non stonano con un paesaggio naturale incantevole ma anzi formano con esso una stupefacente simbiosi. Giuseppe Fava, in uno splendido articolo apparso sul suo giornale "I Siciliani", descrive il centro storico di Marzamemi come " uno spazio astratto emerso da un quadro di Dalì o da una fantasticheria di De Chirico, non però le piazze senza cielo della Lombardia o dell'Emilia, ma di un Sud che l'artista non aveva mai conosciuto e quindi soltanto fantasticato, costruzioni dalle quali gli abitante erano fuggiti chissà quanti secoli prima e che il vento del mare stava lentamente riducendo in polvere".11
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