tonnara di Santa Panagia - Tonnare siracusane

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Tonnare siracusane
Vai ai contenuti

tonnara di Santa Panagia

Siracusa la tonnara di Santa Panagia
Siracusa, la tonnara di Santa Panagia.

La tonnara di Santa Panagia si trova a nord del territorio del Comune di Siracusa, sull’alta scogliera, tra punta Cannone e il golfo approdo Stentino, zona di pregio storico archeologico.
Secondo gli storici l’attività di pescagione del tonno in quella parte di costa risalirebbe all’anno 1100 d.C., ma storicamente, la pesca del Tonno è antichissima, documentata da graffiti e disegni preistorici in varie grotte e in antiche terrecotte.
Il tonno vive nell'Atlantico ma per la riproduzione, nei mesi di Maggio - Giugno, predilige trasferirsi nel Mediterraneo che raggiunge in branchi attraverso lo Stretto di Gibilterra e, costeggiando la Spagna, le Baleari, la Sardegna, l'isola d'Elba, la costa tirrenica, la Sicilia, la Puglia, la Campania, la Calabria in un metodico itinerario di andata e ritorno nell’Atlantico dopo la riproduzione.
In epoca Greca e Romana si utilizzavano luoghi di avvistamento sulla costa per allertare i pescatori, già pronti sui navigli, con i quali circondavano i tonni da catturare.
Secondo gli storici, la pesca del tonno, dopo molti anni di inattività, venne ripresa e incentivata nel 1300, con l’istituzione della Camera Reginale e la vendita delle tonnare esistenti a imprenditori privati.
Le tonnare, in Sicilia, sorgevano sulle punte estreme dei promontori per l’abituale avvicinamento del tonno alle coste.
Le nuove modalità e tecnologie, l'inquinamento, il rumore dei motori marini e le tonnare volanti dei giapponesi nell'Atlantico impediscono ormai l’ingresso dei tonni nel Mediterraneo con conseguente abbandono di tutte le tonnare e attività correlate.
La tonnara e il titolo di barone di Santa Panagia, tramandabile agli eredi, come risulterebbe dall’atto notarile datato 14 Febbraio 1655, del Notaro Scannavino venne acquistata dal giudice Simone Ignazio Calascibetta.
Alla sua morte, atto Notaro Randazzo del 1748, venne ereditata dal figlio Odoardo, giurato del senato di Siracusa per quattro bienni, il quale, nel 1671, sposò Maria Mazara, dalla quale nacquero i figli Giuseppe, Giovanni, Lucia e Caterina.
Alla morte di Odoardo, nel 1692, la tonnara venne ereditata dal figlio Giuseppe, anche lui, per oltre 20 anni Giurato nobile, Capitano di Giustizia e Senatore di Siracusa, il quale, nel 1712, sposò a Catania Casimira Ramondetta dalla quale non ebbe figli.
Giuseppe Calascibetta morì nel 1747 e, in assenza di eredi diretti, la proprietà pervenne a Francesca e Anna Maria Bonanno, figlie di Lucia Calascibetta, sorella di Giuseppe, le quali, tra il 1764 e il 1782, fecero edificare nuove strutture e idonei locali per la lavorazione del pescato, magazzini, ricoveri per le imbarcazioni e alloggi per il personale residente.
Nel 1899, in seguito ad una eccezionale e abbondante pesca, Michele Bonanno di Linguaglossa – Statella, Barone del Maeggio e Delia, marito di Donna Margherita Beneventano dei Baroni del Bosco, dotò il vecchio opificio di nuovi impianti moderni, magazzini, una vasta area aperta destinata alla lavorazione del pescato, sale di confezionamento e strutture di servizio per la lavorazione del tonno sott’olio gestita dall’imprenditore genovese Fosco Cipollini.
Tra il 1902 e il 1911 fu restaurata la parte est del caseggiato; restaurata e riadattata a dormitorio una vecchia stalla; venne costruita una casetta per i marinai e un alloggio per il direttore; latrine per gli operai; il grande campo di lavoro del pescato fu ampliato e dotato di una “caldaia a fornello California”; in muratura una batteria a due fornelli con ciminiera; fu realizzata, in legno Abete, coperta da tegole, una grande tettoia di copertura del “barcareccio” sostenuta da 16 pilastri in pietra da taglio e restaurata la settecentesca chiesa dedicata a Santa Lucia.
In seguito la tonnara pervenne alla famiglia Statella e, per ultimo, ai Gargallo, i quali, con alterne fortune, la gestirono fino al 1938, quando per il forte passivo accumulato, la cedettero all’armatore siracusano Carmelo Cappuccio, il quale, nel 1951, dopo un florido inizio abbandonò ogni attività ritrasferendo la proprietà a Pier Nicola Gargallo, al quale, venne espropriata dall’Ente Regione Sicilia nel corso degli anni 80.
Gli edifici, le strutture esistenti e le pietre raccontano la storia degli uomini, i sacrifici e le fatiche di un lavoro faticoso, spesso amaro e abbruttente, e le antiche foto, la sanguinaria mattanza da alcuni assimilata alla corrida.
Oggi rimane a testimoniare solo una “Cialoma”, rito vocale pregno di sentimenti e preghiere, una “nenia” funebre per i tonni e un tentativo di mitigare la fatica, un canto di lavoro ritmato tramandato in versi e musicato da poeti.
Aimola! Aimola! Aimola e jamuninni
Aimola e Gesù vinni!
Aimola e Gesù biatu
Delli verri ben surdatu
Delli verri cumannaturi
Li rosi cu li ciuri
Li pinni di culuri
Uomini beddi, viva l'amuri e lu santu Sarvaturi!
E tutti in coro, Aimola! Aimola!
E ancora:
Aimola e jemuninni!
La tunnara fòra mia
Autri cosi ci farria
Lu patruni è gran signuri
Lu rais cumannaturi
Li marinari valintuni.
Lu cappillanu gran santuni
Lu foraticu arrobba lattumi
Lu guardianu gran spiuni
Aimola! Aimola!
Aimola e tira tira
Vota bedda Catarina
Lu 'nfernu fu ruvina
Lu 'nfernu e autri mari
Stu Diu nn'havi a jutari Mannannu 'n salvamentu Arburi, mari, 'n puppa lu ventu e Bon portu suttaventu.
Gnianzò, gnianzò! Gnianzò, gnianzò! Gridano in coro oramai stremati dalla fatica per la rete appesantita, quasi incalzando i pesci a raccogliersi ed a venir su.


Giovanni Raciti, accorato appello

La tonnara di Santa Panaghia è un complesso storico, un opificio che non ha eguali in Italia per posizione, volumetrie, camminamenti, sapienti giochi di pieni e di vuoti, dislivelli, aperture, disimpegni, affacci, proporzioni, quasi un presepe . Eppure non fu progettato da una equipe di evoluti architetti ma piuttosto fu quasi una “architettura spontanea” guidata soltanto dalle esigenze di funzionalità per la destinazione per cui era pensata e probabilmente completata per aggiunte successive.
Cosa ne è venuto fuori? Un gioiello!!
Affacciato su un mare incontaminato, sembra vocato per essere agevolmente riattato e riqualificato.
L'ex casello della ferrovia che lo presidia in alto potrebbe diventare la reception, un locale per uffici e servizi di sorveglianza o informazione. La casetta dei doganieri, distante quanto basta, potrebbe essere adibita agli impianti tecnici: depuratori, pompe, serbatoi, gruppi elettrogeni, pannelli solari, depositi.
Già ben servito da collegamenti viari per auto o bici. Tutto sommato vicinissimo al centro della città (una manciata di minuti) senza subirne però rumori e inquinamento.
C’è una vista suggestiva, col bel tempo ma anche nell’ inverno per ammirare la potenza del mare e della natura. C’è una spiaggetta per bagnarsi o tirar su delle piccole barche (costruite in modo tradizionale e non come quei “cosi” che portano in giro i turisti). Barche che potrebbero essere funzionali alla nuova destinazione d’uso che immagino con indirizzo turistico, culturale o ricreativo. (non il solito resort di lusso per pochi ricchi e inavvicinabile).
Li potrebbe starci un bel museo del mare, ampio, completo, articolato; cosa impossibile nel minuscolo spazio che è stato concesso al Prof. Aliffi. Magari con annessa scuola di marineria. Laboratorio di restauro di modelli e reperti.
Un polo di riferimento per tutta la Sicilia, una cosa importante da includere nei circuiti turistici organizzati.
Subito, per evitarne la distruzione, andrebbero rifatti i tetti e ripristinati i muri senza stravolgere il sapore di antico, magari mantenendo vivo il ricordo e la storia di tonnara che è passata su quelle pietre, su quella piccola chiesetta.
Questa foto aerea generale sembra che io l'abbia inquadrata appositamente per includere tutto e per far meditare.
Tutto ciò è abbandonato e destinato all'autodistruzione, alla riduzione in soli sassi, alla cancellazione della fisionomia, alla perdita della memoria. Ma è possibile tutto ciò? Altrove ne farebbero tesoro!
Allora mi indigno e chiedo:
Ma nessuno soffre per questo? Nessuno sente un mal di pancia per questi veri, unici gioielli di cui nell'indifferenza e nel disinteresse più totale si fa "minnitta"?
Io "sciass" è tale da distogliere da ogni iniziativa? Ci vuole la mia foto aerea per far capire quanto è importante questo sito che la storia ci ha consegnato e che possiede solo Siracusa?
Si, proprio così: io conosco una ad una le tonnare di tutta la Sicilia. Una ad una. Nessuna ha la bellezza della nostra. Un vero, autentico, piccolo gioiello. Si sono organizzate mostre fotografiche sulla nostra tonnara, si sono prodotti dei DVD, si è stampato anche qualche libro, ma nessuno che vada li a tentare un minimo di anastilosi, sollevare una pietra e metterla più in alto da dove è caduta giusto per rallentarne il degrado? (Ovviamente mi riferisco al Comune. Quando si vuole i soldi si trovano. Basta scegliere come spenderli al meglio!)
Allora, cari amici sconosciuti: molti di voi saranno dei professionisti, delle persone colte, delle persone che amano e conoscono la storia, che hanno incarichi di responsabilità in città, presso gli uffici competenti, persone che hanno viaggiato e conosciuto il resto della Sicilia, della nostra Italia e del mondo tutt'intorno.
Per favore fate qualcosa! Svegliatevi, lottate, combattete anche a costo di farvi dei nemici, metteteci la faccia, ma soprattutto il cuore. Siracusa deve essere la nostra amante, la nostra fidanzata, dobbiamo fare follie per lei.
In questo gruppo si archiviano storie, foto, ricordi, ma si limita tutto al solo mugugno. Potrebbe essere invece anche una piattaforma per discutere iniziative, per organizzarsi per poi andare a bussare alle porte giuste.
Io non ho il piacere di conoscervi bene, conosco solo Paolo Giansiracusa e pare che con lui, io sia sempre in perfetta sintonia come se fossimo cresciuti insieme e studiato insieme, ma da solo non può fare miracoli.
Guardate queste foto, stampatevele, mettetevele in borsa e seminate entusiasmo! Amate la nostra Siracusa AGENDO a anche eleggendo persone colte e sensibili e non politicanti per mestiere. Essi sono un’altra razza, non si indigneranno mai per nessuna cosa. Fare il politico non deve essere un mestieraccio come un altro per guadagnare, ma dovrebbe essere una missione, come quella del medico o del sacerdote o dell’insegnante.
Solo il buon politico ed il buon architetto insieme, possono costruire il tessuto urbano dove la gente possa vivere felice.
Non ho inteso offendere, massimo rispetto per tutti i miei lettori, ma sono davvero deluso. Non sono a caccia di “mi piace”, vorrei solo avervi pungolato. Non voglio che la mia tonnara sparisca dalla scena o venga malamente trasformata con superfetazioni utilitaristiche (vedi altri esempi nella città). I giovani, quando acculturati e cresciuti ve ne saranno grati. La città intera e i veri siracusani ve ne saranno grati.
NOTA: le ristrutturazioni che prediligo e consiglio sono quelle che non rendono i siti esclusivi e blindati, ma quelle che permettono la frequentazione ai comuni cittadini. Aborro le vendite a stranieri e il vendersi il bene oltre che la faccia solo per fare il business. Direte che sono matto, ma provate a stare fuori 50 anni e capirete come la nostra splendida cittadina vorreste proteggerla con le unghie e coi denti.
Torna ai contenuti