storia e il mito
tratto da: La pesca del Tonno nel capolinea del sud, di Salvo Sorbello.
Le tonnare tra storia e mito
una rarissima immagine di Marzamemi
Dissi lu tunnu: chi sugnu 'nfatàtu Ca tutti stati a' spranza di mia? (detto popolare siciliano)
pesatura del Tonno
Delle tante tonnare che un tempo erano attive nel Mediterraneo, dalla Spagna alla costa settentrionale dell'Africa, dalla Turchia alle isole greche, e poi ancora sparse lungo le rive del Tirreno, dell'Adriatico, dell'Ionio, ai giorni nostri ne restano operative pochissime: in Sardegna, in Spagna ed in Marocco. "I loro attrezzi sono cambiati, come pure i tipi di reti e di cime, di boe e di gavitelli, gli arpioni, le fiocine e le aste uncinate, i ganci ed i raffi, rampini per tirare su il pesce, gli argani e le carrucole per sollevare il peso e issarlo a bordo - scrive lo scrittore bosniaco Predrag Matvejevic - Non sono invece cambiate le stagioni della pesca né lo spirito di quelli che la praticano. I pescatori di tonno si riuniscono ritualmente con la loro ciurma allo stesso modo dei loro antenati, scelgono il più esperto e gli danno il vecchio nome arabo di rais. Lo spettacolo della mattanza, pur essendo raro, resta eccitante e spietato. L'istinto di riproduzione dell'animale si confronta con l'istinto di sopravvivenza dell'uomo: la vita e la morte, i riti dell'una e dell'altra"1. Questo volume, che ha come oggetto le tonnare di Marzamemi, Vendicari e Capo Passero, non può non contenere anche dei riferimenti, sia pure sommari, relativi alle altre tonnare che nel corso del tempo sono sorte lungo le coste del Mediterraneo. Proprio questo mare, infatti, da sempre è stato scelto dai tonni per la loro riproduzione. Sono numerose le testimonianze rinvenute, come le raffigurazioni della grotta del Genovese a Levanzo, che risalgono al IV millennio a.C., che evidenziano che nel corso dei millenni la pesca del tonno sia stata praticata dalle varie popolazioni rivierasche. Sembra comunque che siano stati i Fenici ad utilizzare per primi il sistema delle tonnare, mentre in precedenza i tonni venivano catturati con l'impiego di rudimentali bastoni appuntiti o con grossi ami di rame, come quelli scoperti a Creta e risalenti al 2000 a.C. e quelli d'osso, del 1500 a.C., trovati a Messina. Di epoca successiva sono gli stabilimenti dove si conservava il pesce e veniva preparato il garum (detto anche liquamen), la prelibata salsa dall'odore molto forte, che poteva col tempo diventare sgradevole se non nauseabondo, che i Romani, e prima di loro i Greci, usavano per insaporire moltissimi piatti: dal pesce alla carne, dalla frutta alla verdura. Addirittura Marziale in un suo epigramma, per descrivere il fiato pestilenziale di un tale Papilo, scriveva: "Unguentum fuerat, quod onyx modo parva gerebat, olfecit postquam Papi- lus, ecce garum est!" C'era del profumo, contenuto poco fa in un vasetto d'onice; dopo che Papilo l'ha annusato, è diventato garum!
Venditore di tonno (cratere siceliota, IV sec. a.C.)
Il garum veniva prodotto facendo macerare al sole, per diverse settimane, piccoli pesci (soprattutto sgombri e acciughe) e le loro interiora, con abbondante aggiunta di sale, spezie ed erbe aromatiche. In particolare, proprio a Portopalo di Capo Passero sono emerse, a seguito di alcune mareggiate nell'inverno del 1981, dieci vasche in muratura, lungo la spiaggia del "Collo", vicino la zona di Scalo Mandrie2. Con ogni probabilità, in origine le vasche erano almeno dodici, ma qualcuna è stata spazzata via dall'azione erosiva del mare, particolarmente violenta in quella zona. Le vasche sono a blocchi di quattro ed in alcune di esse sono state trovate anche vertebre di tonno e numerose monete. La presenza di queste vasche conferma il procedimento di stagionatura del tonno, conservato sotto sale. Dietro alle vasche esisteva con ogni probabilità una vasta area dove il tonno subiva la prima operazione di pulitura e lavorazione. Dall'analisi della struttura di questi resti si ritiene che risalgano al periodo compreso tra l'età ellenistica (dal 146 d.C.) e quella tardo-romana del IV-V secolo d.C.: ciò troverebbe conferma dal ritrovamento di alcune monete e di un tipo di terra rossa prodotta in epoca romana. Quello del "Collo" di Portopalo di Capo Passero è probabilmente lo stabilimento più articolato e vasto risalente a questo periodo e rinvenuto in Sicilia. Quattro anni dopo la prima scoperta, nella seconda metà del 1985, la prosecuzione degli scavi nella spiaggia del "Collo" ha portato al ritrovamento di alcune cisterne in muratura quadrate e circolari e di resti di tonni e di altri pesci, ad una profondità che variava da mezzo metro ad oltre un metro.
La Domenica del Corriere
La rilevanza della pesca del tonno in epoca greca ed in quella romana, come è stato evidenziato dallo studioso Fabio Salerno, è testimoniata anche dai riferimenti contenuti nelle opere di Omero, Eschilo, Erodoto, Aristotele (al quale viene attribuita la prima teoria sulle migrazioni dei tonni), Archestrato di Gela, Teocrito, Oppiano (che paragona la tonnara ad una città: "avvi ricetti, ed avvi porte, ed avvi profonde gallerie ed atrii e corti"), Polibio, Strabone, Plinio il Vecchio, Galeno. Durante la dominazione araba, il celebre geografo Edrisi redige un vero e proprio elenco delle tonnare attive in Sicilia.3 Un'importante novità viene introdotta dai Normanni, i quali consideravano il tratto di mare distante dalla costa fino al punto raggiungibile per iactum balistae (di un tiro di balestra) di proprietà del demanio regio e il godimento delle tonnare era di conseguenza riservato al sovrano ed interdetto ai privati, che potevano calare solo con la regia concessione data in feudum perpetuum oppure in gabella.4Con gli aragonesi le tonnare divennero vere e proprie proprietà feudali. Successivamente, i sovrani spagnoli ordinarono al Viceré di vendere città, feudi, titoli nobiliari, concessioni, privilegi e, naturalmente, anche le tonnare, per uscire dalla grave crisi economica provocata dalla guerra dei Trent'anni. Il periodo d'oro delle tonnare può essere considerato il primo settantennio del Seicento. Nel Settecento, invece, subentra un nuova, pesantissima crisi, che sfocerà nella grande sterilità delle tonnare tra il Sette e l'Ottocento.5
uno Scieri trascinato nel marfaraggiu al termine della stagione di pesca
Tommaso Gargallo, nonostante consideri il mare di Sicilia come "abbondantissimo d'ogni sorta di pesci, in cui si ha copiosissimo il corso de' tonni', rileva che molte tonnare furono "dismesse per l'impossibilità de' proprietari ad anticipare le spese"6. Particolarmente interessante per comprendere i vari aspetti della storia delle tonnare, appare la disputa tra il siracusano avvocato Francesco Paola Avolio, che scrisse, nel 1805, il volume "Delle Leggi Siciliane intorno alla pesca", inteso a sostenere la libertà della pesca e il messinese Francesco Carlo D'Amico duca di Ossada S. Giorgio, proprietario di tonnare e sostenitore di proibizioni e distanze, che pubblicò l'opera "Osservazioni pratiche intorno alla pesca, corso e cammino dei tonni".7 Scriveva, infatti, lo stesso D'Amico in una petizione al marchese Ferreri, segretario di Stato delle Finanze: Signore eccellentissimo, la pesca delle tonnare è di troppo avvilita, non solo per la sterilità dei pesci, ma per li bassi prezzi che si vendono, e per li alti prezzi che si comprano li generi necessari al calato, e sostenimento delle medesime; onde, se non prenderà una particolare cura l'eccellenza vostra con la sua autorità, zelo e sperimentata giustizia per sostenere le sovrane risoluzioni, si perderà questo ramo, e perciò le umilio le mie precise suppliche. Nel corso dell'Ottocento, mentre i risultati economici delle tonnare di andata del trapanese e del palermitano erano ottimi, quelli delle tonnare siracusane, di ritorno, invece risultavano pessimi. Con l'invenzione di un nuovo sistema per conservare i cibi deteriorabili più a lungo e con maggiori garanzie igieniche da parte del francese Nicolas Appert, il "padre della lattina" e le successive applicazioni pratiche ad opera dell'inglese Pierre Durand, che brevettò l'attuale sistema di conservazione degli alimenti in scatola, veniva introdotta la possibilità, per gli stabilimenti delle tonnare, di utilizzare scatolette e non più gli inadeguati barattoli di legno. Anche in Sicilia nascono allora piccole industrie conserviere, tanto che, alla fine dell'800, come rileva Orazio Cancila, il nome Florio equivaleva a quelli, ai nostri giorni, degli Agnelli o di Berlusconi. "Ed era un nome noto in Italia e all'estero perché i loro cento piroscafi solcavano tutti i mari del mondo e i loro prodotti (vini e tonno in scatola) conquistavano i mercati italiani e stranieri, tanto da arrivare a costruire il maggior impero imprenditoriale che la Sicilia e il Mezzogiorno abbiano conosciuto"8. E lo stesso Cancila arriva a paragonare i Florio ai Buddenbrook di Thomas Mann9. A tal proposito, è utile ricordare, come ha evidenziato Giuseppe Drago, che intorno al 1843 Vincenzo Florio fu coinvolto, per sei anni, nella gestione della tonnara di Marzamemi.10 Il Novecento è però anche il Secolo che segna il canto del cigno delle tonnare. Le cause sono innumerevoli. In primo luogo l'inquinamento dei mari, compreso quello acustico e luminoso e la diffusione di altre modalità di pesca.
Marzamemi, veduta fine '800
In particolare, le tonnare volanti dei giapponesi, che dai primi anni '70 sfruttano le concentrazioni superficiali di tonni che si vengono a formare stagionalmente per motivi legati alla riproduzione o all'attività alimentare. Le tonnare volanti sono reti di dimensioni enormi: possono superare i 1.700 metri di lunghezza e i 400 metri di altezza. La tecnica di pesca consiste nell'individuazione di un banco solitamente effettuata dal coffista, a cui segue una repentina manovra di accerchiamento e di chiusura successiva della rete. In una recente intervista, il rais di Favignana, Gioacchino Cataldo, riferisce che "il nostro mare non è più lo stesso, le temperature lo hanno modificato, si è riscaldato e il passaggio dei tonni è anticipato di venti giorni, oggi il tonno va prima in amore" ed ancora "in mare si incrociano tonnare volanti in numero maggiore rispetto all'anno scorso, e proprio in questi giorni (siamo nel mese di aprile del 2008) al porto di Marsala da una di queste tonnare sono scesi a terra un gran numero di tonni, molti anche di tre quintali".11 In questo quadro, diventa impossibile la sopravvivenza delle tonnare fisse, che si vedono sottrarre le prede da tonnare volanti e da quelle reti spadare che, seppure vietate, continuano a pescare. Ed intanto i giapponesi si contendono il tonno pescato ancora oggi nel nostro mare (negli anni Novanta del secolo scorso acquistavano il tonno a Portopalo tra 9 e 11 mila lire al chilo)12 e che arriva (in aereo, ancora freschissimo) al mercato di Tokio, raggiungendo quotazioni da capogiro, anche di 540 euro al chilo.13 Quest'anno all'asta del Tsukiji Market Tokio (il più grande mercato del pesce del mondo) è stato assegnato un tonno pinna blu da 230 chili al prezzo di 16,3 milioni di yen (oltre 120.000 euro), che è stato diviso tra un ristorante giapponese e un sushi bar di Hong Kong. Il record assoluto è sempre giapponese e riguarda un esemplare da 200 chili venduto nel 2001 per 20,2 milioni di euro (oltre 150.000 euro).14 La flotta di tonnare volanti nel Mediterraneo è ormai molto numerosa ed è composta da barche italiane, francesi e spagnole. La campagna di pesca inizia a Malta a febbraio e le barche rimangono in quella zona fino ad aprile, catturando