Studi-Accademie - musicisti siracusani

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
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Studi-Accademie

Pilifonisti siciliani
POLIFONISTI-GLI STUDI E LE ACCADEMIE

Tratto da Ottavio Tiby Flaccovio editore Palermo-
GLI STUDI
Fra le maggiori città di Sicilia, Catania aveva il vanto di possedere il più antico centro di studi ufficialmente riconosciuto dagli Aragonesi, che era la sua Università ( 1440); la qual cosa fece più tardi nascere in lei la pretesa di essere la sola a rilasciare nell'isola il titolo dottorale. Ma prima ancora di tal riconoscimento, a Messina ed a Palermo erano esistiti pubblici insegnamenti, come risulta da documenti dell'epoca10. A Messina tracce di questi in¬segnamenti si ritrovano, fin dal 1330,_a Palermo fin dal 1328; si ricordi inoltre la cattedra di greco dei Basiliani  messinesi (1421) alla quale abbiamo già accennato.
A Palermo gli insegnamenti erano affidati ai monaci di San Domenico, che vennero all'uopo sovvenzionati dal Comune; e tanta era l'affluenza degli scolari, che in chiesa e fin sulla pubblica piazza si fu costretti a tener le le¬zioni11. Gli inventari mostrano che si leggevano e si studiavano le grandi opere degli antichi e dei contemporanei12.
Oltre a ciò, quei giovani che più promettevano erano in¬viati a pubbliche spese agli studi di Bologna o di Napoli; ed erano questi giovani e le colonie di italiani di altre re¬gioni stanziate nell'isola che tenevan vive le relazioni in¬tellettuali fra Sicilia e continente.
Con tutto ciò, non è da illudersi che gli studi isolani fossero gran cosa: giustamente essi furono detti dal Natoli uno stato di semi-incultura.
Un vero inizio di ben ordinata attività pedagogica si ha soltanto alla metà del Cinquecento con la venuta in Sicilia della Compagnia di Gesù, ìa quale aperse scuole a Messina l'anno stesso del suo arrivo""("1548 I, "poi a Palermo ed a Caltagirone (1550), a Siracusa (1551), a Monreale (1553), a Catania (1555), e così via. A que¬ste saiole si aggiunsero poco appresso i seminari, che in seguito alle decisioni del Concilio di Trento si ebbero nelle sedi vescovili di Catania (1556), Agrigento, Palermo, Ce- falù. Più tardi ancora furono fondate a Palermo le scuole di Giuseppe Calasanzio (1630). Per l'istruzione superiore c'era, oltre l'Università di Catania della quale abbiamo già parlato, quella di Palermo (1498) e quella di Messina (1596).
Il Cinquecento fu dunque epoca di deciso progresso per gli studi siciliani; e ciò naturalmente valse moltissimo ad elevare la cultura degli abitanti dell'isola. Però soltanto nei maggiori centri e come livello medio. Una maggior cultura fu prerogativa delle classi più abbienti, dei centri in cui più ferveva la vita (e Palermo rimase sempre al posto di principale centro di cultura e di civili ornamenti), dell'iniziativa personale e dell'autodidattismo.

LE ACCADEMIE
_ La nobiltà fu perciò la classe che diede precipuamente opera ed incoraggiamento alla cultura dell'epoca^ ed una delle vie che più servì alla diffusione fu quella delle accademie.
Si è detto, e si potrà ripetere, tutto il male che si vuole di queste fatue adunanze, le quali imperversarono in quell'epoca per l'Italia tutta e rimasero a simbolo di frivolezza e di superficiale dilettantismo. Ma dilettantismo implica già conoscenza, sia pure ad un grado inferiore della scala del sapere; forzare gli uomini tutti di una casta sociale a salire fino a quel gradino era già, per quei tempi, un bel risultato; e solleticare la vanità, risvegliare l'emulazione, spronare allo studio era un altro non sprege¬vole risultato. Le accademie di Sicilia (che ne sorsero ovun¬que, anche nelle città minori, e non nella sola Palermo) durarono ciascuna pochi anni; di qualcuna non si sa che l'intitolazione, segno "che i fasti da narrare non dovettero esser molti. Esse si infransero contro l'inerzia, contro la diffusa convinzione della loro poca utilità11!
Eppure Palermo era stata sede, nella sua reggia,L della j>iù antica accademia della penisola: quella costituita nel 1231 da Federico II, coi figliuoli Manfredi~ecTEnzo è~i rimatori più famosi che abbiano illustrato il primo fio¬rire della nostra volgare favella14. Ma i tre secoli trascorsi, le non felici condizioni politiche, il decadere della splen¬dida corte imperiale, la cui fama s'irradiava allora nel mon¬do civile, fin alla assai più modesta corte viceregia colma soltanto di boria spagnolesca, e sopra ogni cosa la man¬canza di un vero alto stimolo intellettuale, poneva le ac¬cademie cinquecentesche di Sicilia su d'un piano ben di¬verso da quello della loro illustre progenitrice. Ma ogni generazione fa quel che può, con gli uomini che la com¬pongono, e sarebbe impossibile negare che quelle accademie qualcosa pur fecero. Anche se esse non ebbero fra i propri componenti alcun uomo di genio, pure contennero, ben più di qualche nobil'uomo sfaccendato, una rigogliosa fiori¬tura di eruditi, di storici, di scienziati, di poeti.
L'Accademia dei Solitari, sorta a Palermo nel 1549 ad opera di Paolo Caggio, nobile letterato e segretario del Senato, fu la prima a veder la luce, favorita dal viceré don Giovanni Vega (1547-1557)". Si adunava in una villa fuori Porta di Castro, ma non ebbe vita più lunga d'un quinquennio16.
demia del Buon gusto - VILLABIANCA, Opuscoli, XXV - MONGITORE, Cen¬sure e notizie - PARISI, Dell'Accademie palermitane - Rime degli Ereini - Di GIOVANNI, Del Palermo restaurato.
14 « Lieto aere dell'accademia, vuoi aulica, vuoi civile e religiosa: principi, baroni, giudici, notari al seguito di Federico cantano ' come a nessuno toccasse altro la _ mente ' le gioie e le pene dell'amore, con ar¬dore a volte sì acuto di passione che riarde fin oggi ne' rispetti del popolo di Sicilia» (CARDUCCI, Opere, XXIII, 458).
15 Dei viceré verranno date le date della presa di possesso (non di nomina) e della cessazione dalla carica.
18 Propose il Caggio al pretore conte di Vicari, il 13 settembre 1554, che l'accademia continuasse la sua vita e espose lungamente le ragioni militanti in favore di tale determinazione. Ma non se ne fece nulla (Bibl. Comun. di Palermo, ms. ai segni Qq-C-15).
Un' altra accademia palermitana, che si fondò nel
1567 nel Palazzo Aiutamicristo sotto la protezione del Viceré don Garzia di Toledo (1565-1567) e durò fino al 1636, era dedita, più che alle esercitazioni letterarie, alle armi, all'equitazione, al torneare.
La più illustre accademia palermitana fu quella degli Accesi, che il viceré don Francesco Ferdinando Avalos de Aquino marchese di Pescara ( 1568-11571) costituì nel
1568 sotto i suoi personali auspici. Ebbe sede nel chiostro del convento di S. Domenico, e precisamente nella cap¬pella di S. Barbara , ed elesse quella santa a sua protet¬trice; passò poi a risiedere anch'essa nel Palazzo Aiuta¬micristo alla Fieravecchia. Interamente dedita alle lettere, stampò raccolte di rime dei suoi componenti ch'erano pe-trarchisti e scrivevano in toscano, come allora si diceva, o in « lingua nazionale », ma non mancavano quelli che poetavano in latino e in spagnuolo. Scioltasi dopo la morte del viceré, risorse nel 1622 ad opera di un nuovo viceré, che fu Emanuele Filiberto di Savoia ( 1622- +1624), e per suggerimento di Pietro Corsetto. Ebbe sede allora nel Real Palazzo, ove si adunava ogni mercoledì per la reci¬tazione di poetici componimenti. Morto di peste il Savoia, si trasferì nella Casa dei Teatini a S. Giuseppe, poi (1657) nei locali della Confraternita di S. Nicola presso il Con¬vento di S. Francesco, indi nell'Oratorio di S. Giorgio dei Minori Conventuali. Finì nel 1682. Negli ultimi tempi si radunava tre volte all'anno in seduta pubblica: il mercoledì santo, il mercoledì nell'ottava di S. Rosalia e nell'ottava del¬l'Immacolata. Sui frutti poetici di quest'Accademia, che raccolse il fior fiore della cultura e dell'intelligenza paler¬mitana dei tempi in cui visse, avremo occasione di tor¬nare in seguito.
In opposizione agli Accesi sorse nel 1570 lAccademia dei Risoluti, ad iniziativa di Fabrizio Valguarnera barone del Godrano, insigne letterato ed erudito palermitano, possessore d'una ricchissima biblioteca. Questi Risoluti si adunavano ogni domenica dopo pranzo nel palazzo del fon¬datore in Via S. Chiara (oggi Palazzo Raffadali Monta- perto). Si sciolsero nel 1581, per la morte del Valguar¬nera e per l'allontanarsi da Palermo del figlio Simone, ispi¬rato poeta che assai validamente aveva contribuito alla vita del sodalizio .
Durante la pausa fra gli Accesi e i Riaccesi ebbe voga l'Accademia degli Opportuni, fondata nel 1600 dal ca¬valiere palermitano Girolamo Di Giovanni, che l'insediò nel suo palazzo presso il monastero del SS. Salvatore. Essa raccolse i letterati ch'erano stati fra gli Accesi. Vi si facevano letture di filosofia morale e si esaminavano i componimenti presentati dagli accademici, i quali recita¬rono anche una commedia nel Palazzo Pretorio in onore del duca di Terranova, Presidente del regno. Quest'ac¬cademia si estinse nel 1607, quando il suo fondatore si trasferì a Madrid.
Altre accademie, tutte di breve vita, sorte a Pa¬lermo durante il periodo che ci interessa furono quelle degli Addolorati, degli Agghiacciati, degli Animosi, dei Bell'ingegni, degli Irresoluti, dei Solleciti, degli Squinter¬nati, degli Sregolati, degli Stravaganti. Poche notizie ne son rimaste e nessun frutto dei loro lavori (se mai questi lavori ebbero un frutto). Origine comune a tutte sembra essere stata l'iniziativa di un nobile, che ospitava le adu¬nanze nel proprio palazzo. Abbiamo già veduto l'azione protettrice, talvolta anzi incitatrice, degli stessi viceré, ab¬biamo incontrato il Valguarnera e il Di Giovanni. Ecco ora don Francesco Moncada principe di Paterno ospitare con gioia letterati ed artisti nel Palazzo Aiutamicristo, e se più frequente non ricorre il nome di lui fra quello dei munificenti mecenati palermitani, ciò si deve indubbia¬mente alla brevità della sua vita (morì nel 1591 a 23 anni ). Ecco don Fabrizio Branciforti principe di Butera porsi a capo degli Addolorati, sorti nel 1617; egli non solo accoglie in casa sua le tornate accademiche, ogni prima domenica del mese, ma le conclude con un sontuo¬so pranzo, forse per consolare gli intervenuti che dove-vano intrattenersi una volta sulle pene dell'amore e un'al¬tra sulle disgrazie della virtù, argomenti tutti sommamen¬te dolorosi. Ecco gli Animosi (sorti nel 1642) fondati e ospitati da don Giuseppe del Voglio (si fusero poi verso la metà del secolo coi Riaccesi); ecco gli Squinternati creati dal barone di Gratteri, la specialità dei quali era il poetare e il recitare a braccio. Notiamo ancora che gli Agghiacciati (sorti nel 1615, ebbero confermati i capitoli dal Senato di Palermo il 29 novembre 1616), oltre alle solite occupazioni accademiche dei discorsi e della poesia, sono obbligati dagli statuti a rappresentare una commedia almeno due volte all'anno. Infine è da ricordare che la voga delle accademie, iniziatasi per la Sicilia a Palermo, si diffuse a poco a poco per l'isola tutta. Catania ebbe nei Chiari (fondati nel 1621), negli Informi, negli Incogniti le sue accademie; quella della Fucina, sorta a Messina nel¬l'ottobre 1639 in casa di don Carlo Di Gregorio, resistette fino al 1679 e con gli Accesi di Palermo ebbe fa¬ma per l'Italia. Trapani con la Civetta e con la Lima, nate entrambe nel 1620, aveva precorso le due città orientali; Siracusa, Marsala, Noto, Erice, Milazzo, Agrigento,
Acireale, Castelbuono, Nicosia, Caltanissetta, Modica, Scicli, Naso ebbero nel Seicento le loro accademie.
Futilità, si potrà dire. Ma quanti altri diletti, quali svaghi di natura intellettuale offriva l'epoca? Siamo ben sicuri che tutti i nostri passatempi, tutte le occupazioni nostre che ci sembrano di quella stessa natura siano mol¬to al disopra di un'accademia cinque-secentesca? E si badi che qui ci siamo occupati soltanto delle accademie poe¬tiche e letterarie, escludendo dalla nostra rassegna quelle scientifiche, quelle professionali, quelle cavalleresche, le quali avranno avuto certamente un'utilità pratica assai più spiccata.


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