Storia musica Siracusa
Marco Goracci tratto dal testo "I CIGNI D'ARETUSA" edito da Ediprint 1990/1991
Per quanto possa sembrare singolare o ingiustificatamente poetico, data la situazione, il titolo di questa mostra, "I Cigni d'Aretusa", non è casuale. Tralasciando, per un attimo, il significato dell'epiteto attribuito a ben più celebrati "colleghi" dei musicisti da noi trattati, è sintomatico che al cigno si pensi come ad un bell'animale che risolva tutta la sua esistenza in un unico estremo canto prima della sua morte, canto che noi, ancora una volta "vittime" della tradizione romantica, investiamo di significati pieni di struggente sentimentalismo. Per i nostri "cigni aretusei" un lungo e impegnativo canto, durato per tutta la loro esistenza, si è risolto in "requiem aeter¬na" senza alcun illuminante risvolto foscoliano, considerando il successivo disinte¬resse, prima di tutto degli storici della musica, che la sorte gli ha riservato.
Molti opporranno, quale opportuna notazione a sostegno critico di tale indifferen¬za, il fatto che l'Italia è stata terra, nell'Ottocento, di una miriade di compositori "minori", quasi tutti in cimento con il teatro lirico, al punto da rendere storicamente interessante una ricognizione che indaghi sulle correnti e sui grandi personaggi, piut¬tosto che sottilizzare disperdendosi nei mille rivoli di una produzione musicale ster¬minata.
Ciò non toglie validità a ricerche che si pongano, metodologicamente, dei limiti, ad esempio, geografici, piuttosto che qualitativi, in modo da collegarsi con una rete di analoghi interventi a settori che possano, in prospettiva, fornire una visione ampia ed approfondita di uno dei momenti più importanti della cultura, dell'arte e del co¬stume del nostro passato Ottocento, (prossimo ma non per questo sempre prodigo di notizie e facilmente leggibile).
Questa specifica strategia di ricerca è già da anni consuetudine per la Cattedra di Storia della Musica dell'Università di Catania, e per merito di chi questa cattedra, con perizia e intraprendenza scientifica, guida: Salvatore Enrico Failla. Questo parti¬colare modo di intendere e di condurre le ricerche musicali, non rinuncia alla indagi¬ne ulteriore di ciò che fino ad oggi, in tale campo, è stato studiato, ma lo rifonda su nuove impalcature di dati ottenuti registrando le testimonianze fino ad oggi consi¬derate di secondaria importanza. L'area specifica di tale intervento è, per motivi evi¬denti, la Sicilia orientale, potendo già disporre, nonostante la giovinezza dell'azione investigativa in atto, di una lussureggiante compagine documentaria.
Questo cammino, nonostante la generosità dei giacimenti musicali scoperti e stu¬diati, non è affatto agevole. Pur trattandosi di un'epoca non remota, l'Ottocento ha tramandato, in special modo a livello di documentazioni locali, tanto dettagliate te¬stimonianze di periodi ed ambienti quanto lacunosi e poco chiari messaggi di altri.
Non meravigli il fatto che all'interno di questo catalogo, prodotto di una ricerca dettagliata, siano omessi, per ignoranza del compilatore, dati fondamentali quali l'anno di nascita e di morte di Luigi Maria Moscuzza e di Giovanni Battista Arezzo della ^ puiuvuiun, u^puiuiiunuiit., ui ici^iiw uisvatiuiic. egualmente muica-
tiva una non rara discordanza di notizie fornite da documenti creduti dotati di fon¬datezza. In conseguenza di quest'ultima eventualità, in alcuni casi si è imposta l'ap¬prossimazione, per quanto il più possibile vicina al dato reale, o la indicazione di tut¬ti i dati disponibili intorno al medesimo elemento, persistendo questa situazione di carenza documentaria.
Concludendo la breve considerazione preliminare, senza omettere che tale mostra e catalogo rappresentano uno dei risultati finali di quella strategia di ricerca che ab¬biamo appena finito di descrivere in maniera succinta, entriamo più in dettaglio nel tema che ci riguarda. Gli esemplari scelti per "I Cigni d'Aretusa" offrono un quadro sufficientemente completo della attività dei musicisti siracusani nella loro ed in altre città, nel corso del secolo XIX. Tali reperti provengono tutti da due raccolte locali. La prima, quella che ha fornito la quasi totalità dei pezzi, è la Biblioteca Comunale di Siracusa, deposito di memorie siracusane di insospettabile ricchezza. La seconda, quella custodita dagli eredi diretti di Vincenzo Moscuzza, ricca di importanti carteggi d'epoca, insostituibile punto di riferimento per un insieme di dati storici utilizzati nella presente ricerca.
È stato posto alla mostra, quindi, non solo un limite tematico e cronologico, ma anche un limite rispetto alle fonti materiali di reperimento degli esemplari esposti. Scelta filologica ben precisa, finalizzata alla valorizzazione di tali raccolte, eviden¬ziandone, nel contempo, le potenzialità e i limiti, strutturali e storici.
Questo non esclude che, a Siracusa, esistano testimonianze musicali custodite pres¬so altri enti pubblici o privati. Certamente ne esistono presso la Biblioteca Alago- niana, che dovrebbe custodire testimonianze relative alle attività musicali delle chie¬se della Diocesi. Altri documenti musicali presso il locale Archivio di Stato, inte¬ressante, tra l'altro, per una ricerca più ampia sullo specifico nella ex Intendenza di Noto. Di sospetta generosità documentaria, sempre nello stesso campo, la biblio¬teca privata della Famiglia Gargallo, l'Archivio Arcivescovile, l'Archivio Notarile, quello Comunale ed altre minori biblioteche ed archivi di proprietà privata od eccle¬siastica.
Avvertiamo il lettore, ma visitando la mostra e consultando il catalogo se ne ren¬derà conto da solo, che per documento musicale non si intende solo la "musica" co¬munemente detta (partiture, parti, spartiti, trattati di teoria musicale, etc.), ma anche tutto quanto di eterogeneo attenga al settore ed ai suoi protagonisti. Quindi: lettere di vario argomento redatte dai musicisti o ad essi indirizzate, documenti giuridici va¬ri, contratti per spettacoli e concerti, atti della censura prefettizia agli spettacoli, atti di vendita di strumenti musicali, etc., manifesti e locandine di rappresentazioni d'o-pere o esecuzioni di concerti, libretti d'opera e di sacre rappresentazioni, inviti a se¬rate musicali private, testimonianze iconografiche varie (busti, ritratti, stampe, foto¬grafie, etc.), relativi ai musicisti ed al loro ambiente, e così via dicendo.
Spesso la quantità e diversità del materiale sul quale si fonda una ricerca musicolo¬gica sui documenti originali, è tale da rappresentare un ostacolo preliminare per chi la conduce.
Non sempre, infatti, nel corso del tempo, chi ha raccolto ed unito questi documen¬ti lo ha fatto con un criterio corrispondente all'attuale richiesta scientifica. I fondi musicali propriamente detti, per quanto non sempre si presentino in condizioni otti¬mali, raccolgono quasi sempre solo "musica", costringendo il ricercatore a investi¬gazioni dettagliatissime all'interno di cataloghi eterogenei che spesso, sotto "mentite spoglie" bibliografiche, nascondono materiale di altissimo interesse.
Altro interessante elemento da rilevare è quello della ricerca musicologica come "pretesto", beninteso senza che questo termine rappresenti alcun limite, per indaga¬re su argomenti storici paralleli a quello imposto.
Come in altre epoche, l'Ottocento non è sfuggito al fenomeno della cultura agente nell'ambito di cenacoli artistici poliformi che aggregavano, al loro interno un insie¬me di tendenze, gusti, professionalità creative. Nello specifico musicale questa realtà diventava, a volte rilevantissima. Il melodramma, palestra di impareggiabile versati¬lità operativa, imponeva la collaborazione di molti. Dal compositore delle musiche al librettista, dallo scenografo e costumista al realizzatore, dagli interpreti impegnati nel canto e nell'orchestra fino alle più semplici maestranze che producevano dall'ef¬fetto speciale al manifesto.
Tutta una affascinante diramazione di artefici e loro competenze. Il più delle volte i risultati globali sortivano a tanta raffinatezza da non poter essere sbrigativamente definiti "di mestiere", ma degni di citazione per l'armonia e l'efficacia del prodotto finale.
Uno studio condotto con questa determinazione filologica conduce spesso, a "pia¬cevoli sorprese". Abbiamo, ad esempio, scoperto un non documentato aspetto della produzione poetica e letteraria del poeta melillese Giuseppe Aurelio Costanzo, auto¬re di due libretti d'opera per Vincenzo Moscuzza, - La Maliarda di Pavia e Damone e Pizia -, catalizzando un nuovo interesse, fino ad oggi basato solo su due drammi di maniera dello stesso Autore, per i rapporti tra il Melillese ed il teatro.
Oppure, è sempre l'ambito librettistico a darci argomenti, scopriamo un Serafino Privitera, più noto autore di una ponderosa storia di Siracusa, autore di testi d'ope¬ra, come ci testimoniano le opere del cugino Giuseppe.
A questo punto ci sembra opportuno fornire alcune indicazioni sulle scelte tecni¬che che hanno condotto alla definizione delle schede qui utilizzate per classificare e catalogare il materiale esposto in mostra. Queste presentano due categorie diverse di dati. La prima è direttamente attinente agli elementi storici ricavati dal reperto. La seconda ne indica i dati relativi alla sua natura (dimensioni, condizioni, elementi grafici etc.). All'interno di questa seconda categoria è contenuto anche il dato riferi¬to alla collocazione nella biblioteca o collezione d'appartenenza. A questo proposito vanno chiariti alcuni fatti riscontrabili all'interno della presente catalogazione. Se gli esemplari trattati provengono da collezione privata, viene indicata solo la sigla con¬venzionale ad essa attribuita (ad es. Collezione Gigi Moscuzza = CGM), senza alcu¬na numerazione, trattandosi di reperti non organizzati da alcun intervento archivistico. Nel caso di esemplari provenienti dalla Biblioteca Comunale di Siracusa, esclusi al¬cuni libretti che non fanno parte del fondo musicale ma hanno altra collocazione, viene indicato nell'ordine: la sigla convenzionale attribuita alla biblioteca, BCSR, la sigla attribuita al fondo specifico, (ad es. Fondo Giuseppe Privitera = FGP), e il numero della busta corrispondente.
Non è apposto alcun indice numerico relativo all'ordine interno alla busta perché trattasi di materiale ancora da razionalizzare a fondo dal punto di vista archivistico. Trovandosi custoditi all'interno della medesima busta, alcuni esemplari presenteran¬no la medesima segnatura. La scheda presenta una serie di numeri corrispondenti ad altrettante voci indicate all'inizio di ogni sezione. Quando esse sono rilevabili da al¬tre fonti sono riportate fra parentesi quadra, quando mancano del tutto, viene omes¬sa la voce corrispondente rispettando l'ordine numerico all'interno della scheda. Nel riportare i dati storici indicati sul pezzo si è rispettata, il più possibile, la grafia pro¬pria. Questo il motivo di una frequenza di maiuscole, tipiche della grafia ottocente¬sca, o il verificarsi di sospetti errori di stampa per i quali non è possibile determinare la versione esatta. Si troverà, quindi: Niccolò de' Lapi e Niccolò dei Lapi, Damone e Pizia e Damone e Pitia, e così via. In alto a sinistra di ogni scheda, un codice rias¬suntivo le caratteristiche salienti del pezzo che propone, in successione: la sigla della biblioteca o collezione d'appartenenza, la sigla della natura del pezzo, il nome abbre¬viato ed il cognome del musicista al quale viene riferito, ed il numero di catalogo. Di diversa impostazione le schede appartenenti alla sesta sezione, tutte compilate da Fausta Finazzer, esclusa quella relativa all'autografo verdiano, che ha eseguito an¬che i restauri delle tele e del busto di Privitera. Si è in questo caso privilegiato più un impianto descrittivo che un dettaglio dei dati. L'autografo verdiano, che rientre¬rebbe nelle regole di schedatura utilizzate nelle altre sezioni, è stato ugualmente trat¬tato, perché se ne è voluto offrire l'intero testo, ed indicare alcuni particolari storici non strettamente attinenti al dato reale del pezzo.
Queste schede di classificazione, pur rifacendosi a regole e categorie indicate da ordinamenti nazionali ed internazionali, non sfuggono a quel processo di invecchia¬mento precoce che rende rapidamente obsoleti tali strumenti.
Il programma di ricerca intrapreso dalla Cattedra di Storia della Musica dell'Uni¬versità di Catania, promuovendo questa serie di interventi di schedatura dei fondi musicali, ha contemporaneamente posto in analisi, di non sempre facile conduzione, tutta una serie di possibilità verificabili relative alle diverse condizioni (storiche, strut¬turali, materiali), sia dei fondi musicali nella loro globalità, sia dei documenti in essi custoditi. Preliminarmente, comunque, al di là di ogni analisi particolareggiata, si è imposta la necessità, nel regolare la struttura base delle schede, di creare uno stru¬mento che potesse sopperire ad una triplice richiesta, sia scientifica che pratica.
Prima di tutto la possibilità di identificare e razionalizzare la reperibilità di un do¬cumento all'interno del patrimonio librario od archivistico dell'ente proprietario, e nello stesso tempo, porre le basi per una possibile adattabilità ai diversi metodi di catalogazione scelti da questo, anche in prospettiva di una successiva metodologia di meccanizzazione. Poi la volontà precisa di fornire un insieme, il più possibile com¬pleto ed esauriente, di informazioni da o inerenti ai materiali schedati. Successiva¬mente, e questo è l'ultimo punto, evitare il più possibile la manipolazione del reperto, quando di questo non è ancora sperabile consultare il suo microfilm, a meno che non si presenti la necessità di un approfondimento filologico che ne imponga una analisi diretta.
A questo punto è facile derivare una serie di vantaggi pratici conseguenti a tale modo di operare. Il più importante quello relativo ad una eventuale e disgraziata per¬dita del materiale considerato, per furto, per degenerazione o per altri eventi. In tal caso, con una carta di identità precisa, la possibilità di identificare in maniera inequi¬voca un pezzo rubato o, se distrutto, poter continuare ad attingere notizie da esso.
Marco Goracci "