Geologia Territorio Siracusa - Ipogei Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Catacombe siracusane
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Geologia Territorio Siracusa

Siracusa Geologia del territorio
Gli aspetti geologici del territorio hanno avuto un ruolo fondamentale sulla nascita e lo sviluppo della città di Siracusa: la grande disponibilità d’acqua e la facilità nel reperimento dei materiali da costruzione sono stati fattori decisivi e linee guida della pianificazione territoriale dei nostri predecessori: “Acqua” e “Pietra”. “L’acqua” è l’elemento conduttore delle colonizzazioni che a Siracusa hanno inizio con i Greci per poi proseguire con i Romani, i Bizantini, gli Arabi, i Normanni, gli Svevi, gli Spagnoli fino agli industriali italiani degli anni ‘60. Ogni cosa in Siracusa ricorda l’acqua: lo stesso etimo Siracusa deriva dal greco Suraka che significa “abbondanza d’acqua” e con il termine Syrakos veniva chiamato il fiume che attraversava la pianura alluvionale della città fino a sfociare nel Porto Piccolo. Esso scorreva anticamente dalle balze di Panagia fino al mare con direzione NW-SE con un percorso che attualmente interesserebbe approssimativamente il complesso residenziale San Giorgio - Piazza San Giovanni - Santuario Madonna delle Lacrima - Piazza della Vittoria - Viale Luigi Cadorna - Porto Piccolo, ed oramai obliterato. “L’acqua”è presente diffusamente nel sito Parco Neapolis che si trova alla terminazione del più importante sistema acquedottistico antico (Acquedotto Galermi, Acq. Para diso, Acq. Ninfeo), alimentandone le vasche ivi presenti e permettendo la costruzione ed il funzionamento dei mulini realizzati nel ‘700 (quest’area è nota anche con il nome Area dei Mulini del Galermi). “L’acqua” ha permesso la creazione di giardini e vegetazione lussureggiante. Anche l’isola di Ortigia è ricca di sorgenti e fonti naturali (chiamate nell’accezione popolare Occhi di Zivillica o Occhi di Zilica, già parzialmente interrotte durante la costruzione delle mura spagnole nel XVI secolo fuoriescono al di sotto o in corrispondenza del livello medio del mare; la presenza delle sorgenti è legata alla pendenza naturale delle fluenze e dall’altro ai sistemi di fratturazione esistenti nelle rocce, fattori entrambi che fa voriscono l’insorgenza delle acque. Tutte queste polle di acqua dolce, presenti in Ortigia e sfruttate nei secoli per l’approvvigionamento idrico, rappresentano la stupefacente terminazione di questo sistema idraulico, in parte naturale ed in parte antropico, che ha attirato colonizzatori da tutto il mondo e ha permesso l’instaurarsi di splendide civiltà attraverso i secoli e lo sfruttamento a fini commerciali dell’acqua. “Pietra”, l’altra parola chiave, è la materia prima delle latomie; l’etimo stesso latomia derivante dal greco (litos=pietra, temno=tagliare) ha insita la parola e ne ricorda l’originale significato ovvero cave di estrazione del materiale lapideo, il calcare bianco di Siracusa con cui sono state realizzate le più importanti costruzioni templari della pentapoli greca (Arthemision, Athenaion, Olympieion) ad eccezione dell’Apollonion per il quale sono stati impiegati i blocchi calcarenitici prove nienti dalle cave più antiche del Plemmirio. L’originario assetto geologico è stato in parte cancellato dall’attuale sistemazione urbana della città ed a seguito delle variazioni del livello del mare negli ultimi 2500 anni (Mirisola & Polacco, 1996) che hanno modificato fino ad occultare importanti evidenze geologiche o paleogeografiche come antiche sorgenti, linee d’impluvio delle acque superficiali o aree paludose; tuttavia parte del sottosuolo urbano si è salvato e le latomie, le catacombe, gli acquedotti, le cripte, i cunicoli, le gallerie, le cisterne, le cantine e le opere ipogeiche in genere ci permettono di conoscere il sottosuolo al di sotto della superficie topografica della città. Siracusa sorge prevalentemente su un blocco calcareo di origine sedimentaria rialzato da una serie di faglie che lo isolano dal resto del territorio circostante1, individuando così un limite geografico perfettamente circoscritto già in epoca greca con la costruzione delle mura dionigiane. Quest’altopiano roccioso nella parte sommitale mantiene un’altezza media di 80 metri e verso Est degrada sino a un’altezza di circa 10-15 m, generando una costa alta a falesia; nella zona centrale è caratterizzato da una serie di terrazzi marini quaternari (Di Grande & Raimondo, 1983). La parte del tavolato calcareo degli Iblei costituiva sino alla fine del Miocene, prima della sua emersione, un ambiente deposizionale tipico di piattaforma carbonatica, ovvero di mare basso, che ha dato luogo alla formazione delle rocce che oggi riconosciamo in affioramento nella maggior parte della Sicilia Sud-Orientale. Per effetto della tettonica si sono succedute poi varie fasi di emersione e sommersione che hanno originato la successione stratigrafica che verrà descritta di seguito e innescato la formazione di fenomeni carsici riconoscibili in tutto il tavolato calcareo. La città di Siracusa, posta nella Sicilia Sud-Orientale, sorge su un complesso carbonatico formato prevalentemente da una successione di Calcareniti mioceniche che possono raggiungere notevoli spessori, sino a 150 m, cui succedono al suo tetto nella parte sud-orientale della città (quartiere Acradina) Calcareniti e sabbie organogene quaternarie (Lentini et al., 1987). Si distinguono nella parte rialzata a nord, rocce sedimentarie di colore biancastro, che nei livelli a banchi hanno caratteristiche di resistenza alla compressione mediamente elevate - siti nei quali sorgono le latomie - rispetto a quelle che si trovano a Sud e Sud-Est, Calcareniti a Sabbie di colore giallo, prevalentemente formate da accumuli detritidi resti organogeni che hanno caratteristiche meccaniche più scadenti - nelle quali si sono sviluppate successivamente le catacombe-; l’andamento degli strati è prevalentemente orizzontale o sub orizzontale (come verrà scritto oltre). La configurazione morfologica di Ortigia è legata all’evoluzione strutturale della formazione carbonatica che la compone e che ne ha determinato la morfogenesi, il deflusso idrico superficiale e la tipologia degli insediamenti urbani succedutisi nel tempo. L’isola è un “alto strutturale” (horst) delimitato a Ovest, Sud ed Est da una scogliera modellata nei calcari e impostata sulle direttrici tettoniche principali; verso Nord la costa degrada sul mare interessata da depositi sedimentari pleistocenici più recenti, sui quali giacciono in sovrapposizione terreni di riporto. In particolare, i terreni di scavo degli ipogei sono costituiti prevalentemente da un complesso calcarenitico, con strati più o meno compatti a grana arenitica di colore biancastro alternati a livelli calcareo-marnosi “teneri” di potenza compresa tra 10 e 100 cm, più o meno intensamente fratturati di colore bianco o giallastro, geologicamente ascrivibili alla <<Formazione Monte Carrubba>> (Grasso et al., 1982). Quest’alternanza calcareo-marnosa, affiorante con spessori di circa 20 m, costituisce il substrato roccioso di tutta l’isola di Ortigia; presenta giacitura suborizzontale con lieve immersione verso Est Sud-Est compresa tra 5 e 10 gradi. Dal punto di vista strutturale la formazione è interessata da un reticolo di fratturazione coniugato ai principali sistemi tettonici, non più attivi, che interessano Ortigia, rispettivamente con direzione Nord Nord-Ovest-Sud-Sud Est, Est-Nord Est-Ovest-Sud Ovest ed Est-Ovest (Ghisetti e Vezzani, 1981). Le dislocazioni più importanti hanno “ribassato” il basamento calcareo del settore sud-orientale dell’isola. Il loro rigetto ovvero lo spostamento massimo delle faglie all’interno dell’isola, determinato con i dati disponibili, va da 4,50 a oltre 13,00 metri ed è ben evidenziato dal maggiore spessore dei terreni di copertura e, soprattutto, dalla presenza di depositi pleistocenici trasgressivi sull’alternanza calcareo-marnosa.
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