l testo è tratto da:
Architettura religiosa in Ortigia
di Lucia Acerra
stampato nel 1995
da: EDIPRINT
Si trovava in via Cavour vicino alla via Amalfitania e dal Privitera sappiamo che fu costruita nel 1427 per porre un argine al malcostume dilagante nella zona in cui "per tradizione esisteva il postrìbolo in cui il Proconsole Pascasio aveva comandato che la S. Vergine Lucia venisse condotta per esservi brutalmente violentata". Nel 1872 divenne parrocchia in sostituzione di S. Giacomo maggiore, demolita in quell'anno. La descrizione del suo stato la ricaviamo dalla relazione di stima fatta dall'ingegnere G. Capodicasa, inserita nell'atto di vendita redatto dal notaio Felice Romano il 2 febbraio 1935. Era di forma rettangolare e confinava ad est con via Cavour e ad ovest con la sacrestia e il giardino, a nord e a sud con le proprietà Aliotta e Rodante. L'altare principale era sul lato sud, i due più piccoli nei lati lunghi. Gli elementi decorativi erano di scarso pregio, cioè ricavati da impasto, poco adoperata la pietra da taglio.
Il pavimento era di mattonelle di argilla smaltata a colori con disegni geometrici. Il giardino aveva una superficie di mq 15 ed aveva aiuole, alberi da frutta e una grande cisterna.
La chiesa, già sede della parrocchia di S. Giacomo maggiore, venne messa all'asta al prezzo di L. 40.711,52 secondo la stima fatta dall'ing. Luigi Rizzo. Andata deserta l'asta, il Ministro Segretario di Stato per gli affari dell'Interno permise la vendita a trattativa privata per il prezzo non inferiore a L. 25.000, somma offerta dal Cav. Antonino Piga che si aggiudicherà l'immobile.
La somma ricavata servirà ai restauri della chiesa dei Miracoli, nuova sede della parrocchia di S. Giacomo maggiore. Nell'atto di conferma dei Capitoli dei Maestri Bottai da parte del Senato a favore della Cappella di S. Giuseppe dentro la chiesa di S. Lucia dei Disciplinati, detta la Piccola, si legge che i Maestri Bottai avevano l'obbligo di pagare 4 tari ognuno nel mese di settembre di ogni anno. Per quanto riguardava la fissa sul guadagno del proprio lavoro era così ripartita: 2 grana per ogni botte costruita, 1 grana per ogni barile di polvere; se i barili erano per uso delle tonnare si dovevano pagare 4 tari per ogni 1000 botti. Chi accatastava legna doveva dare 2 tari per ogni onza di guadagno. Per chi volesse aprire una bottega la tassa da pagare-alla chiesa era di 18 tari, per coloro che contravvenivano a questa regola la multa era di 2 onze.
Non erano esenti dall'obolo neppure coloro che mettevano i cerchi alle botti, infatti dovevano pagare nel mese di settembre un tari ciascuno. Se qualche Bottaio non versava quanto prescritto ai Consoli, questi ultimi dovevano pagare di tasca propria. Il denaro raccolto dai Consoli prò tempore doveva essere speso solo per la cappella di S. Giuseppe dentro la Chiesa di S. Lucia la Piccola e non per la festa del Santo che invece gravava tutta sui Consoli. Se qualche lavorante voleva aprire una bottega doveva prima sottoporsi all'esame dei. Consoli, se non obbediva a tale norma doveva versare alla Cappella 10 onze. Ai Maestri Bottai, con deliberazione del gennaio 1799, il Senato di Siracusa concedeva il privilegio di portare il Simulacro di S. Lucia in occasione delle festività in suo onore.
DA SIRACUSA SVEVA GUIDA AI MONUMENTI DELLA CITTA'
Edito da ERRE produzioni
CASA di via Cavour "CASA DI SANTA LUCIA"
... "Andavamo nella chiesa di Santa Luciuzza, la nostra parrocchia nella vanedda dei bottai, a pochi passi dal crocicchio con la calata del Governatore... Quella chiesa non esiste più. L'area è diventata un negozio. Era una chiesa singolare. Tutti dicevano: una chie¬suola. Effettivamente era piccola: il diminutivo Santa Luciuzza le veniva dall'essere la più piccola delle tre chiese dedicate a Santa Lucia Patrona della città. Si entrava da un portone uguale a un qualsiasi portone di casa" m.
Con queste nostalgiche parole P. Fillioley ricorda l'esistenza della chiesetta dedicata alla patrona di Siracusa che fu costruita nel sito dove la tradizione agiografica aveva indicato essere avvenuti alcuni episodi della vita di Lucia. La stessa leggenda faceva riferimento alla "casa di Santa Lucia". Questo edificio, secondo G. Agnello era di impianto federiciano e si articolava all'angolo tra via Cavour e via dei Candelai (già via Campailla) : esso fu demolito negli anni '50 per far posto alla costruzione di una moderna abitazione.
Quando G. Agnello ispezionò la Casa di Santa Lucia, si rese subito conto che esso non era che una piccola parte di un grosso edificio svevo che attraverso i secoli era stato progressivamente demolito.
A causa della non perfetta ortogonalità delle due strade, l'ambiente svevo superstite, che si impostava nell'area costituente l'angolo tra le due strade, non aveva pianta perfettamente quadrata, ma romboidale.
Con uno spessore murario di m 1 l'ambiente svevo era coperto dalla volta a crociera i cui costoloni poggiavano su semipilastri angolari fiancheg¬giati da un semipilastro rientrato per lato. Sotto la mensola, che risultava aggettante al centro e rien¬trante ai lati, nel corpo centrale, sporgeva un peduc¬cio decorato con foglia a rilievo (confrontabile con quello del castello di Augusta).
Per alleggerire la copertura le maestranze federiciane avevano inserito materiale particolarmente leggero come anfore o brocchette in terracotta, precedente tecnico del moderno uso dei mattoni forati.
La uniformità del paramento murario era ritmata dalle aperture relative alle porte ogivali, dal¬le finestre strombate e dalla presenza degli arma¬dietti ricavati nello spessore murario.
Proprio dall'imponenza dei muri perimetrali e dalla preoccupazione di alleggerire le coperture si evince la monumentale planivolumetria che l'edificio doveva avere in origine.
"Duole che la Sovrintendenza ai monumenti non sia riuscita, con un suo più energico intervento, a mantenerne la conservazione.
Duole ancora che non si sia avuta la preveggenza di fissarne il ricordo con apposito corredo fotografico, il quale avrebbe dovuto integrare il gruppo di rilievi, fatti eseguire poco prima dell'inizio della demolizione.... Non sarà mai suffi¬cientemente rimpianto che tanta opaca cecità siasi abbattuta impunemente su un monumento di tanta importanza, da cui non poco lustro e risalto avrebbe tratto l'architettura civile del sec. XIII, ali¬mentata dall'impulso rinnovatore della grande arte imperiale".
Oggi la Casa di Santa Lucia o, se si preferisce, il "Palazzo Svevo", ubicabile all'attuale civico 39 su via Cavour, è solo un ricordo
Riferimento:
P. Filliolei "Schegge e schizzi", 1986, pag. 25. Cosi continua il testo: " All'interno pareva un salotto: tutto oro e stucchi. Ne ricordano l'esistenza un'immagine della Santa e la fievole lampada votiva dentro una nicchia sulla facciata rifatta". Secondo il Privitera ("Storia di Siracusa antica e moderna", Napoli 1878) la chiesa fu costruita nel 1427 per sacralizzare un sito dove secondo la tradizione "esisteva il postribolo in cui il Proconsole Pascasio aveva comandato che la S. Vergine Lucia venisse condotta per esservi brutalmente violentata". Divenne parrocchia nel 1872 in sostituzione della demolita chiesa di San Giaco¬mo. Esiste la relazione di stima fatta dall'ingegnere Capodicasa facente parte dell'atto notarile stipulato presso il notaio Felice Romano il 2 febbraio 1935 per la vendita dell'immobile (A.S.S. Fondo Prefettura, busta 3745). Cfr. L. Acerra "Architettura religiosa in Ortigia", Siracusa 1995, pag.55. Oggi al posto della chiesetta vi è un negozio (numeri civici 13-15) sul cui prospetto è collocata l'edicoletta di Santa Lucia e nel retro vi è ancora il giardinetto con l'albero di nespolo e la cisterna ricordati da P. Filliolei e da tanti nostalgici siracusani.
G. Agnello "Monumenti svevi ignorati", pag. 14.
La via Cavour è la ex via dei Bottai e la casa costruita nel sito di quella sveva demolita apparteneva al Cav. Lo Bello.