geologia sicilia orientale
Alessandro Gelagi
Figura 1. Carta geologica della Sicilia Orientale.
L’altopiano ibleo rappresenta, nello schema geologico regionale, il margine indeformato della Placca Africana ed uno dei principali elementi strutturali della Sicilia sud-orientale assieme alla Catena settentrionale ed alla Fossa Catania-Gela.
Altro elemento essenziale, soprattutto dal punto di vista strutturale, è la Scarpata Ibleo-Maltese, definita da un sistema di faglie a gradinata con direzione NNW-SSE, che corre quasi parallelamente alla costa della Sicilia sud-orientale e che termina con la zona abissale dello Ionio, definita Piana di Messina. E’ proprio la Scarpata Ibleo-Maltese la zona generatrice dei terremoti più catastrofici del siracusano, come quello del 1693.
Ritornando all’altopiano ibleo, noto in letteratura anche come Plateau Ibleo, esso è suddiviso in due settori: quello orientale e quello occidentale, formatisi a partire dall’era mesozoica, cioè 65-70 milioni di anni fa.
Figura 2. Mappa della Sicilia Orientale che mostra la collocazione dell’Etna e altri importanti elementi strutturali della geologia della regione. Le faglie sono mostrate in nero, il vulcanismo della Placca Iblea (Monti Iblei) in rosa.
Figura 3. Panoramica sull’altopiano ibleo.
Figura 4. Cartina che indica alcune caratteristiche geologiche della Sicilia.
Per meglio capire la dinamica evolutiva della zona iblea non si può prescindere dalla storia geologica remota del substrato che è poi la storia dei Monti Iblei in generale.
L’area Iblea secondo la letteratura geologica più recente insieme a quella maltese e pugliese, costituisce parte delle propaggini settentrionali della "Placca Africana", che nell’area mediterranea e quindi in Sicilia, già all’altezza della Piana di Catania continua attualmente e scontrarsi con la Placca Europea. Tale scontro, iniziato diversi milioni di anni fa, è talvolta catastrofico ed oltre all’inghiottimento della crosta africana-iblea, per subduzione sotto quella appenninico-europea, ha prodotto anche vistose strutture di collasso con articolazioni piuttosto complesse.
Figura 5.
Le linee di colore diverso indicano i tre sistemi di
faglie che hanno originato e che caratterizzano la
morfologia degli Iblei i quali proseguono fino alla scarpata “ibleo-maltese".
A Nord-Ovest si formava, intanto, l’avanfossa di Gela. Percorrendo la statale Catania-Siracusa, la provinciale Pachino-Ispica e il corso di Modica è possibile notare le alte pareti calcaree a ridosso dei quali vi sono zone pianeggianti o collinari.
Tra queste vale la pena di ricordare la scarpata ibleo-maltese, di cui il territorio costiero siracusano fa parte e che costituisce una delle principali strutture di discontinuità e fragilità della crosta terreste responsabile dei più famosi disastri sismici della zona.
In questo quadro s’inserisce un fitto reticolato di faglie (figure 1 e 5) e le numerose strutture di collasso che ne derivano. Tra queste è il "Graben" di Floridia, una struttura di sprofondamento, principalmente di età mediopliocenica (3-4 milioni di anni fa) e forse parzialmente più antica compresa nell’area all’interno dell’arco Cassibile-Solarino-Belvedere-Siracusa che è determinata da due sistemi di faglie rispettivamente a prevalente direttrice NO-SE e NE-SO. In questa grande struttura ne ricadono altre più o meno rilevate ed estese quali l’ "Horst della Maddalena" e l’ "Horst di Cozzo Pantano".
Il Graben di Floridia dalla sua nascita ad ora, ha sempre condizionato l’evoluzione dell’area in questione e di quella circostante essendo stato sede di un grande paleogolfo, dal Pleistocene inferiore sino al superiore, dove mare ha trasgredito e regredito diverse volte con modalità e cause connesse a fenomeni sia eustatici che tettonici (figure 7 e 8).
I fenomeni che portarono alla formazione del blocco sardo-corso e all’apertura del Tirreno, contribuirono, anche, alla formazione degli Appennini siciliani (Madonie, Erei, Nebrodi, Peloritani). Mentre gli Appennini lentamente emergevano, a sud si formava una depressione, fossa di Caltanissetta, dove si riversavano i sedimenti provenienti dall’erosione degli Appennini stessi. La placca iblea, che fino a 6-7 milioni di anni fa costituiva un habitat di scogliere coralligene (Bahamas del Mediterraneo), in seguito a una parziale deformazione, in parte emerse dal mare (es. il territorio di Pachino) costituendo un altopiano calcareo (horst calcareo, figura 5).
Anche dove ora sorge il maestoso complesso vulcanico dell’Etna, esisteva un immenso golfo, la cui estensione doveva probabilmente andare dai Peloritani ai monti Iblei. L’evoluzione geologica di questo golfo ha fatto sì che esso si riempisse progressivamente, inizialmente per opera di eruzioni sottomarine, che provocarono il successivo sollevamento tettonico e l’accumulo dei prodotti eruttivi dando origine alla base delle strutture dell’Etna.
Figura 6. Calcari di scogliera Eoceniche a Nummuliti (40 millioni di anni) a Pachino.
Una parte della placca iblea, a nord, sprofondò, dando origine alla fossa di Gela, parallela e comunicante con quella di Caltanissetta.
Mentre gli Iblei emergevano, un fenomeno simile a quello che contribuì alla formazione degli Appennini provocò l’isolamento del Mediterraneo in prossimità dello stretto di Gibilterra. Questo fenomeno e la temperatura di tipo tropicale di quel periodo sottoposero il Mediterraneo ad una intensa evaporazione. Il bacino marino si trasformò in un basso lago salato, con molte zone prosciugate.
Figura 7.Terre emerse e mari durante la regressione del Miocene Superiore (circa 6 Ma).
Figura 8.Distribuzione delle terre emerse dei mari durante la trasgressione successiva (circa 5 Ma).
Durante questa "crisi di salinità"(circa 5,5-6 milioni di anni fa), si formò una spessa coltre di sedimenti di tipo salino (gesso, anidrite, salgemma). Da questi sedimenti si formarono rocce chiamate evaporiti, di cui alcune parti sono affioranti in Sicilia e lungo le fasce collinari delle Marche e Romagna. Le evaporiti non sono state trovate nel Tirreno orientale, probabilmente perché questo settore di mare era in fase di formazione. Intorno a 5 milioni di anni fa il bacino è di nuovo occupato dall’acqua.
È probabile che il ritorno dell’acqua sia stato rapido e isocrono in tutto il Mediterraneo, dal momento che si osserva un brusco cambiamento nei sedimenti, con depositi di argille (depositi di mare profondo) immediatamente sopra le evaporiti.
Figura 9. Monte Capodarso (Enna).
Il risultato è stato la formazione di una roccia biancastra, in parte argillosa e in parte calcarea, ricca di microfossili di ambiente di mare profondo (“trubi”). Subito dopo la deposizione dei trubi, avvenuta circa 4 milioni di anni fa, si ebbe un’altra fase di stress tettonico che portò al sollevamento dell’area e all’emersione delle rocce depositate in mare , dalle diatomiti ai trubi. La Sicilia e la penisola italiana hanno raggiunto finalmente il profilo geografico attuale.
L’altopiano ibleo rappresenta, nello schema geologico regionale, il margine indeformato della Placca Africana ed uno dei principali elementi strutturali della Sicilia sud-orientale assieme alla Catena settentrionale ed alla Fossa Catania-Gela.
Altro elemento essenziale, soprattutto dal punto di vista strutturale, è la Scarpata Ibleo-Maltese, definita da un sistema di faglie a gradinata con direzione NNW-SSE, che corre quasi parallelamente alla costa della Sicilia sud-orientale e che termina con la zona abissale dello Ionio, definita Piana di Messina. E’ proprio la Scarpata Ibleo-Maltese la zona generatrice dei terremoti più catastrofici del siracusano, come quello del 1693.
Ritornando all’altopiano ibleo, noto in letteratura anche come Plateau Ibleo, esso è suddiviso in due settori: quello orientale e quello occidentale, formatisi a partire dall’era mesozoica, cioè 65-70 milioni di anni fa.
Figura 2. Mappa della Sicilia Orientale che mostra la collocazione dell’Etna e altri importanti elementi strutturali della geologia della regione. Le faglie sono mostrate in nero, il vulcanismo della Placca Iblea (Monti Iblei) in rosa.
Figura 3. Panoramica sull’altopiano ibleo.
Figura 4. Cartina che indica alcune caratteristiche geologiche della Sicilia.
Per meglio capire la dinamica evolutiva della zona iblea non si può prescindere dalla storia geologica remota del substrato che è poi la storia dei Monti Iblei in generale.
L’area Iblea secondo la letteratura geologica più recente insieme a quella maltese e pugliese, costituisce parte delle propaggini settentrionali della "Placca Africana", che nell’area mediterranea e quindi in Sicilia, già all’altezza della Piana di Catania continua attualmente e scontrarsi con la Placca Europea. Tale scontro, iniziato diversi milioni di anni fa, è talvolta catastrofico ed oltre all’inghiottimento della crosta africana-iblea, per subduzione sotto quella appenninico-europea, ha prodotto anche vistose strutture di collasso con articolazioni piuttosto complesse.
Figura 5.
Le linee di colore diverso indicano i tre sistemi di
faglie che hanno originato e che caratterizzano la
morfologia degli Iblei i quali proseguono fino alla scarpata “ibleo-maltese".
A Nord-Ovest si formava, intanto, l’avanfossa di Gela. Percorrendo la statale Catania-Siracusa, la provinciale Pachino-Ispica e il corso di Modica è possibile notare le alte pareti calcaree a ridosso dei quali vi sono zone pianeggianti o collinari. Tra queste vale la pena di ricordare la scarpata ibleo-maltese, di cui il territorio costiero siracusano fa parte e che costituisce una delle principali strutture di discontinuità e fragilità della crosta terreste responsabile dei più famosi disastri sismici della zona.
In questo quadro s’inserisce un fitto reticolato di faglie (figure 1 e 5) e le numerose strutture di collasso che ne derivano. Tra queste è il "Graben" di Floridia, una struttura di sprofondamento, principalmente di età mediopliocenica (3-4 milioni di anni fa) e forse parzialmente più antica compresa nell’area all’interno dell’arco Cassibile-Solarino-Belvedere-Siracusa che è determinata da due sistemi di faglie rispettivamente a prevalente direttrice NO-SE e NE-SO. In questa grande struttura ne ricadono altre più o meno rilevate ed estese quali l’ "Horst della Maddalena" e l’ "Horst di Cozzo Pantano".
Il Graben di Floridia dalla sua nascita ad ora, ha sempre condizionato l’evoluzione dell’area in questione e di quella circostante essendo stato sede di un grande paleogolfo, dal Pleistocene inferiore sino al superiore, dove mare ha trasgredito e regredito diverse volte con modalità e cause connesse a fenomeni sia eustatici che tettonici (figure 7 e 8).
I fenomeni che portarono alla formazione del blocco sardo-corso e all’apertura del Tirreno, contribuirono, anche, alla formazione degli Appennini siciliani (Madonie, Erei, Nebrodi, Peloritani). Mentre gli Appennini lentamente emergevano, a sud si formava una depressione, fossa di Caltanissetta, dove si riversavano i sedimenti provenienti dall’erosione degli Appennini stessi. La placca iblea, che fino a 6-7 milioni di anni fa costituiva un habitat di scogliere coralligene (Bahamas del Mediterraneo), in seguito a una parziale deformazione, in parte emerse dal mare (es. il territorio di Pachino) costituendo un altopiano calcareo (horst calcareo, figura 5).
Anche dove ora sorge il maestoso complesso vulcanico dell’Etna, esisteva un immenso golfo, la cui estensione doveva probabilmente andare dai Peloritani ai monti Iblei. L’evoluzione geologica di questo golfo ha fatto sì che esso si riempisse progressivamente, inizialmente per opera di eruzioni sottomarine, che provocarono il successivo sollevamento tettonico e l’accumulo dei prodotti eruttivi dando origine alla base delle strutture dell’Etna.
Figura 6. Calcari di scogliera Eoceniche a Nummuliti (40 millioni di anni) a Pachino.
Una parte della placca iblea, a nord, sprofondò, dando origine alla fossa di Gela, parallela e comunicante con quella di Caltanissetta.
Mentre gli Iblei emergevano, un fenomeno simile a quello che contribuì alla formazione degli Appennini provocò l’isolamento del Mediterraneo in prossimità dello stretto di Gibilterra. Questo fenomeno e la temperatura di tipo tropicale di quel periodo sottoposero il Mediterraneo ad una intensa evaporazione. Il bacino marino si trasformò in un basso lago salato, con molte zone prosciugate.
Figura 7.Terre emerse e mari durante la regressione del Miocene Superiore (circa 6 Ma).
Figura 8.Distribuzione delle terre emerse dei mari durante la trasgressione successiva (circa 5 Ma).
Durante questa "crisi di salinità"(circa 5,5-6 milioni di anni fa), si formò una spessa coltre di sedimenti di tipo salino (gesso, anidrite, salgemma). Da questi sedimenti si formarono rocce chiamate evaporiti, di cui alcune parti sono affioranti in Sicilia e lungo le fasce collinari delle Marche e Romagna. Le evaporiti non sono state trovate nel Tirreno orientale, probabilmente perché questo settore di mare era in fase di formazione. Intorno a 5 milioni di anni fa il bacino è di nuovo occupato dall’acqua.
È probabile che il ritorno dell’acqua sia stato rapido e isocrono in tutto il Mediterraneo, dal momento che si osserva un brusco cambiamento nei sedimenti, con depositi di argille (depositi di mare profondo) immediatamente sopra le evaporiti.
Figura 9. Monte Capodarso (Enna).
Il risultato è stato la formazione di una roccia biancastra, in parte argillosa e in parte calcarea, ricca di microfossili di ambiente di mare profondo (“trubi”). Subito dopo la deposizione dei trubi, avvenuta circa 4 milioni di anni fa, si ebbe un’altra fase di stress tettonico che portò al sollevamento dell’area e all’emersione delle rocce depositate in mare , dalle diatomiti ai trubi. La Sicilia e la penisola italiana hanno raggiunto finalmente il profilo geografico attuale.