Acqua e pietra Siracusa
Siracusa città d'acqua e pietra prima parte
Siracusa- città di Acqua e Pietra
Acqua e pietra, binomio fondamentale che meglio di molti altri rappresenta Siracusa.
Ipogei-latomie-catacombe-cunicoli e percorsi sotterranei.
Carta geologica elaborata dallo storico siracusano Enrico Mauceri, nella quale sono evidenziati i terreni dell'agro siracusano al tempo dei Greci.
Sin dai tempi preistorici Siracusa ha subìto numerose frequentazioni ma è stata la colonizzazione greca del 734 a.C. guidata da Archia di Corinto a dare maggiore sviluppo alla città. Concentrata in un primo momento nell’isola di Ortigia, cresce incessantemente spandendosi verso la terraferma, dotata di una caratteristica geomorfologica particolare, che ha agevolato, sin dal periodo greco romano, lo sfruttamento del sottosuolo, facilitando sia lo scavo delle “latomie” ipogee (cavità sotterranee per l’estrazione lapidea) sia di opere sotterranee di natura idraulica (longitudinali e verticali) come acquedotti, pozzi e cisterne realizzati per la captazione, la veicolazione e la raccolta dell’acqua.
acquedotti siracusa-1987-Collin Bouffier-calatologazione
Siracusa è, dopo Roma, la città con il più rilevante patrimonio sotterraneo, fatto di sistemi ipogeici ed opere d’arte sotterranee, scavate ed utilizzate ininterrottamente dai primi segni di civiltà fino agli eventi della seconda guerra mondiale, quando furono adattate ed impiegate come rifugio antiaereo.
La valenza idraulica e mineraria è indubbia, ma cunicoli e gallerie, grotte e ipogei e altre opere sotterranee sono un inestimabile patrimonio fatto di pareti, volte lapidee, vele cristalline, stalattiti e stalagmiti, pozzi e acqua sorgiva, piante e giardini, spesso immortalati nelle opere pittoriche da viaggiatori stranieri.
La caratteristica geomorfologica, sin dal periodo greco romano, ha agevolato lo sfruttamento del sottosuolo, facilitando lo scavo di latomie e ipogei, per l’estrazione lapidea e realizzazione opere idrauliche, acquedotti, pozzi e cisterne per la veicolazione e la raccolta dell’acqua, elemento conduttore delle colonizzazioni dai Greci ai Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, Svevi, Spagnoli e, con l’annessione al Piemonte, proseguita fino ai nostri giorni.
L’Acqua, l’etimo Siracusa deriva dal greco Suraka, “abbondanza d’acqua” e Syrakos era chiamato il fiume che anticamente, dalle balze di Panagia, attraverso la pianura alluvionale, il vallone, oggi viale Cadorna, andava a sfociare nell’antica palude Syrako e nel Porto Piccolo.
L’acqua, prezioso elemento, fonte idrica primaria, dalle sorgenti dell’Anapo, tramite l’acquedotto Galermi, un geniale sistema acquedottistico realizzato dagli antichi greci che scavarono la roccia, è tutt’ora utilizzato per alimentare l’intera città e le campagne, permettendo la creazione di giardini e vegetazione lussureggiante.
L’isola di Ortigia è ricca di sorgenti e fonti naturali, fonte Aretusa, fontana degli Schiavi, occhio della Zivillica o Zilica, polle di acqua dolce, in parte naturale ed in parte antropico, che scorrono al di sotto o in corrispondenza del livello medio del mare, alimentate da un bacino di raccolta sotterraneo, a sua volta raccoglitore delle acque alluvionali e dell’Anapo, il cui nome, di origine greca, significa invisibile, che nasce dalle sorgenti Guffari sul Monte Lauro, e dopo circa 40 km, attraverso le gole di Pantalica, scende per l’irrigua pianura di Siracusa interrandosi nel porto grande a fianco del Ciane.
Le acque dell'Aretusa, come quelle del Ciane e dell'Anapo, hanno origine dalla gran massa pluviale assorbita dai monti Iblei.
Attraversando terreni calcarei, spesso fragili e permeabili, le acque si incanalano sotto terra e ricompaiono in superfice appena incontrano un terreno roccioso poco permeabile.
La fonte Aretusa sgorga a circa 0,65 m sul livello del mare, essa risente dell'influenza delle stagioni, delle alluvioni e di tutti quei fenomeni che nel territorio si possono verificare. Durante il terremoto del 1169, la fonte seccò per qualche giorno; quando le acque ricomparvero, erano salmastre; nel 1506 scomparvero e diedero vita a molte altre fonti, nel 1623 crebbero per 3 giorni fuori misura, nel 1793, a causa di alcune alluvioni, cominciarono a scorrere per 3 giorni torbide per la terra; nel 1870, essendo piovuto poco per parecchi anni, le acque dell'Aretusa e di tutte le altre sorgenti e dei pozzi vicini, scomparvero per ricomparire e scorrere normalmente col ritorno delle piogge.
In Ortigia, gli ipogei erano spesso collegati tra loro, facilitando l’accesso in caso di fuga, necessità o rifugio.
La Pietra
Il territorio siracusano, geologicamente, è costituito di solida roccia calcarea di ottima qualità del Pleistocene medio-superiore.
Tale conformazione, ha consentito di scavare grandi cave di materiale edilizio, Latomie, utilizzato per edificare templi, palazzi e monumenti in età notevolmente antica.
La materia prima, il calcare bianco delle latomie, etimo derivato dai termini greci laas pietra e temno taglio, la cui stratificazione storica immortala e tramanda l’ingegno artistico dei nostri antenati che utilizzarono il materiale lapideo per edificare templi, di Apollo, l’Olympieion, l’Arthemision, l’Athenaion, oltre a monumenti, edifici e vie di comunicazione che rendono Siracusa immortale.
Le latomie, le catacombe, gli acquedotti, le cripte, i cunicoli, le gallerie, le cisterne, le cantine e le opere ipogeiche in genere ci permettono di conoscere il sottosuolo al di sotto della superficie topografica della città.
I primi rilievi e la catalogazione si deve a Francesco Saverio Cavallari il quale, nel 1883, con meticolosa e puntigliosa realizzazione, studiò e identificò gran parte delle Latomie comprese nel territorio di Siracusa.
Le latomie non sono edifici, ma l’interfaccia negativa lasciata da un’asportazione sistematica protratta in un tempo anche molto a lungo ed è problematico stabilire la cronologia e l’epoca di scavo delle singole latomie.
Tucidide, in un celebre passo (VII 86-7), riferisce che alcune vennero utilizzate come prigione per i superstiti della sfortunata spedizione ateniese e, quindi, dovevano essere abbastanza ampie, se potevano ospitare 7.000 persone, sia pure in condizioni disagiate.
Secondo calcoli e ipotesi moderne, dal complesso delle cave, nel corso dell'età classica ed ellenistica, sarebbero stati estratti 4.700.000 metri cubi di materiale calcareo.
Le descrive Cicerone nelle Verrine, II 5, 68, e Pausania, V 8, 8, riferisce che presso le Latomie era la tomba di Lygdamis di Siracusa, il primo vincitore del pancrazio a Olimpia, nel 648 a. C.
Secondo (Diodoro, XV 6; Eliano, Varia historia, XII 44), Dionigi, avrebbe rinchiuso nelle Latomie il poeta Filosseno, colpevole di non aver sufficientemente apprezzato le sue opere letterarie.
Oltre a quelle più note e importanti, nel territorio di Siracusa sono numerose le coltivazioni di Latomie in superfice, in contrada San Giuliano, sulla Balza Acradina, in tutto il litorale e la costa anche di Ortigia, alla Targia, al Plemmirio, Punta della Mola, oggi oggi visibili sul fondo marino, Ognina e Fontane Bianche.
Nei quartieri Neapolis e Acradina, molte di queste cavità, dopo il loro abbandono, sono state reimpiegate come sepolture, loculi, tombe, sarcofagi, pitture parietali e per ultimo in lussureggianti giardini.
La più antica e tra le più belle è la Latomia dei Cappuccini, Selva-Sibbia, per i siracusani, dalla quale vennero estratti i blocchi lapidei e il materiale utilizzato per realizzare la grande muraglia nord di Acradina. Oggi è un lussureggiante giardino nel quale vegeta una flora mediterranea spontanea di antichissima origine: capperis spinosa, campanula rupestris, fico d'India, fìcus, papaver rochas, rubus fruticosus, olea europea e coltivata: alloro, bouganvillea, carrubo, cipresso, palma, pino di Aleppo, punica granatum.
La più grande e celebre è la Latomia del Paradiso, la più occidentale, adiacente al teatro antico e all'Ara di Ierone II e dalla quale, inizialmente, secondo Enrico Mauceri, furono estratti i blocchi lapidei estratti per la realizzazione, sulla terrazza del Fusco, della duplice muraglia a difesa della Neapolis.
All’interno della Latomia del Paradiso si trovano:
l’Orecchio di Dionisio, una grotta artificiale, imbutiforme, scavata nel calcare, alta circa 23 m. e larga dai 5 agli 11 metri, immersa in una rigogliosissima vegetazione ricca di palme, limoni, oleandri, nespoli e fichi d’India.
Mirabella racconta che la grotta prima chiamata “grotta della Favella”, deve il nome al Caravaggio che lo coniò quando, fuggito da Malta, soggiornò a Siracusa suo ospite, e durante la sosta dipinse il famoso quadro “la sepoltura di Santa Lucia”;
La grotta dei Cordari, limitrofa alla grotta del Salinitro, un enorme antro umido con le pareti tappezzate di muschio e di capelvenere e con le volte sorrette da pilastri simili a gigantesche stalattiti, utilizzata per molti anni da artigiani dai Cordari.
L'ultimo Cordaro fu Don Nunzio, al secolo Vincenzo Ambrogio, classe 1919, scomparso circa cinque anni fa, il quale svolse l'attività fino a novembre del 1984 quando la grotta fu dichiarata inagibile per pericolo di crolli;
La latomia dell'Intagliatella, dalla quale, tramite un arco tagliato nella roccia si accede alla Latomia di Santa Venera, ricca di pittoresca vegetazione subtropicale e nella quale si trovano numerose nicchie votive, all’epoca utilizzate per onorare i defunti. Residui delle antiche usanze dei piccoli sacrifici e libazioni nelle varie epoche sono stati rinvenuti all’interno di cavità scavate ai piedi della parete.
La Latomia del Casale, chiamata anche Tagliatella, proprietà di privati, si trova in via Latomia del Casale, traversa di via Cristiane Reimann, a una certa distanza dal nucleo della Neapolis, lungo la stessa linea ovest-est, e fu utilizzata, probabilmente, per la costruzione della nuova città, Neapolis.
La Latomia Broggi, anch’essa proprietà di privati, si trova a est della Latomia del Casale o Tagliatella, con la quale confina e, come quella del Casale, venne utilizzata probabilmente per la costruzione della Neapolis.
La Latomia Novantieri, sita orientativamente in zona Mazzanti - Santa Panagia, a nord dell'attuale viale Tica, oggi in gran parte inglobate nelle fondamenta degli edifici, per la quale non esistono riscontri storici.
La Latomia del Carratore sita nell’area compresa tra le Vie Necropoli Grotticelle, Rizzo, Holm e la zona nord del Viale Teracati, inglobata all’interno di edifici privati e la più nota villa Reimann col suo giardino e l’annessa necropoli.
la Latomia del Filosofo, dal nome al poeta filosofo Filosseno di Citera, imprigionato da Dionisio, in contrada Bufalaro, utilizzata per estrarre i blocchi lapidei per la costruzione del Castello Eurialo e delle mura dionigiane.
Testi consultati:
Siracusa ipogea:
carta di censimento e classificazione dei principali sistemi ipogei di Acradina Neapolis ed Ortigia Periodico trimestrale della SIGEA Società Italiana di Geologia Ambientale Roma, 1Dicembre 2017 a cura di Francesca Bozzano Eugenio Di Loreto Stefania Nisio Mario Parise.
Luigi ed Enrico Mauceri
Topografia Antica-Collana diretta da Edoardo Tortorici
Enrico Felici-Luca Lanteri-Latomie Costiere Siracusa
Rielaborazione testi, montaggio e documentazione a cura di Antonio Randazzo
Siracusa- città di Acqua e Pietra, il Paradiso è così o gli somiglia
FINE