Siracusa-Ortigia-Porta Lignì - Fortificazioni spagnole Siracusa Ortigia

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Monumenti medievali
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Siracusa-Ortigia-Porta Lignì

La porta Ligny o Ligne, fatta edificare nel 1673, da Claudio Lamoral Principe di Ligne (francese Ligny, Viceré del sovrano spagnolo Carlo II, si trovava all'ingresso della cittadella fortificata Ortigia.

Fu realizzata sul margine dell'antico canale di collegamento, oramai interrato, tra il porto Grande e il porto Piccolo, Lakkios, fatto scavare da Dionisio quando sul lato Montedoro fece edificare la sua reggia fortificata e, in contemporanea, isolò Ortigia che già era fortificata e contornata, per tutto il periplo, da torri e alte mura di difesa e, sulle preesistenze greche.

Era la "maggiore delle magnifiche superbe porte" che coronavano poi, all'interno dell'attuale Piazzale Marconi, i fossati della piazzaforte, scomparse tutte nella demolizione" della fine '800.

In origine, come documenta questa foto di Eugène Sevaistre antecedente il 1858, l'accesso era chiuso da un ponte levatoio.

"a na cetta ura cu era rintra era rintra e l ’autri ristavunu fora".
Eugène Sevaistre antecedente il 1858

Due scanalature anomale nell’arco, sopra gli stipiti, indicano la corrosione provocata dal meccanismo d’apertura e chiusura dell’antico ponte levatoio.



L’attribuzione del nome alla Porta deriva dal cartiglio in marmo scolpito con l’arma nobiliare che insisteva sulla cimasa sostenuta dal capitello della colonna tortile di sinistra, metri 3,60 x 1,50, profondità cm 25, che ancora oggi, privo del grifone, è conservato presso la Galleria regionale di Palazzo Bellomo. Nella foto a destra, lo stesso cartiglio, presso il foro Italico, sul muraglione sovrastante la fontana degli schiavi

 

la porta ligny proditoriamente demolita nonostante le riserve e i pareri contrari dei Ministeri e degli storici siracusani.

per la documentazione e e le vicende storiche che portarono alla demolizione vedi pagina del sito

la porta Ligny in tutta la sua magnificenza e sul retro si intravede la porta Reale


Ampiamente il preside Prof. Salvatore Russo ne ha riferito nel la relazione dal titolo ”quello che non fecero i barbari ”.

Se conservata, almeno per il passaggio pedonale e ciclistico, creando allora un altro ponte di attraversamento della darsena, gli
amministratori del tempo, avrebbero precorso i tempi evitando anche la costruzione del cosiddetto nuovo terzo ponte. Proviamo ad immaginare lo status dei Ci ttadini all’epoca dell’Unità d’Italia:
- i siracusani ne avevano certamente piene le tasche per aver sopportato le angherie di un regime spagnolo prima e Borbonico dopo;
- Ortigia era una cittadella fortificata sottoposta al demanio militare che la costringeva nel guscio;
- i Siracusani, almeno i popolani, erano costretti a pagare il pedaggio, sopportare i maltrattamenti e le umil iazioni conseguenti alla presenza della soldataglia;
- chi lavorava all’esterno della cinta muraria non era libero di entrare e uscire a piacimento poiché rischiava di non poter rientrare in casa;
- i terreni lasciati liberi dal demanio militare erano un ghiotto boccone speculativo per i soliti affaristi senza alcun ideale;
- il vetusto edificio, trascurato, mostrava i segni di un degrado tale che occorrevano cifre enormi per l’eventuale ristrutturazione;
- solo un’esigua minoranza oculata pensò di opporsi, ma senza concreti risultati;
- i politici del tempo, salvo lodevoli eccezioni, erano succubi e contigui alle lobby dei nobil i prima e della ricca borghesia dopo e quindi lontani dal pensare in positivo al futuro della città.
Ci rimane solo l’amara constatazione dei danni provocati nel corso del tempo.
La monumentale Porta, per la mole e l’epoca che ricorda, potrebbe dare comunque ancora oggi, ulteriore lustro a questa città.

Ortigia e Porta di Ligne(1673-1893), le mura e i bastioni San Filippo, a sinistra, e Santa Lucia a destra, sono stati già demoliti.

foto colorata d’epoca


qui da me ricostruita sulla scorta di immagini d'epoca

a sinistra il prospetto e a destra il retro

vedi pagina dedicata


La scultura, in scala 1/20 circa, è stata realizzata utilizzando ed assemblando essenze di legno di colorazione diversa, ( pino, faggio, noce nostrana, rovere, abete, pitch-pine, larice, ramen, mogano, frassino), materiale tutto rigorosamente riciclato per significare che il materiale, al tempo della costruzione, fu rastrellato dai siti archeologici del circondario e con conci prelevati dalla Cavea del teatro Greco.

 

con ipotesi di una possibile soluzione costruttiva


 



Particolarmente interessanti gli studi sulla topografia archeologica, della quale si riporta stralcio, effettuati dall’ing. Francesco Saverio Cavallari 1880-1881, su incarico del Ministero della Pubblica Istruzione.

vedi anche locandina

clicca sull'immagine per ingrandire



La facciata della porta formava un poligono i rregolare e misurava alla base metri 30 circa, compresi i pilastri di tenuta, che a loro volta, erano alti circa metri 4,00 dal piano di calpestio, (presumibilmente l’attuale livello stradale). Sono addossati ai due muri di limite esterno.
Il contorno del poligono era formato da tre file di mattoni sovrapposti di ci rca centimetri 80 x 40, delimitati, a loro volta, nella parte inferiore, da un toro sporgente formato da conci disugual i spessi centimetri 40 e, nella parte superiore, da un cordolo retto, sporgente anch’esso, circa del lo stesso spessore degli altri mattoni.
Il prospetto, costruito con massicci conci di pietra, cm. 100 x 50, sovrapposti e incastrati tra loro, era alto metri 12,60 circa dal piano di calpestio del ponte alla parte superiore del cornicione frontale, esteso circa metri 10,00 e dal quale, si diramavano i solai laterali inclinati di 45 gradi, tali, da formare una sorta di guarni tura a trapezio.
L’accesso all’isola di Ortigia avveniva da quel lo che oggi è conosciuto come “Ponte Umbertino”. Quest’ultimo collegava le altre
porte sul Montedoro al quartiere militare, l’attuale Piazza Pancali.
Il piano di calpestio era largo all’incirca metri 7,40 compresi i marciapiedi di metri 1,70, ciascuno, con uno spazio per i l transito dei carri di metri 4,00.
La parte interna delle arcate centrali del ponte, che sostituì quello ligneo per i l tagl io del canale settecentesco, è costruita con mattoni in cotto, mentre l’ultima arcata verso Ortigia risulta costruita, in epoca successiva, con conci di pietra, a conferma che questa ultima parte in precedenza era un ponte levatoio (così ri feriscono i tecnici che hanno studiato i l recente intervento di ripristino del le arcate pericolanti del ponte).
Foto d’epoca, prima dell’abbattimento dei fortilizi.

Il grandioso cartiglio con lo stemma reale di Spagna, metri 4,43x2,60, profondità centimetri 30, conservato presso la Galleria regionale di Palazzo Bel lomo, era il punto più alto della costruzione, metri 14,50 circa dal piano di calpestio.

STEMMA REALE EMBLEMA DI CARLO I I D’ASBURGO Marmo scolpito, sec. XVI I.

ARMA: plurinquartata, nel primo gran quarto, controinquartato, nel I e IV(a) di rosso al castello d’oro turrito-merlato(Castiglia);
-nel II e III, d’argento al leone di rosso lampassato e coronato d’oro(Leone);
-nel II gran quarto: diviso-semitroncato, (b) nel I d’oro a quattro pali di rosso (Aragona);
-nel II inquartato in croce decussata nel 1° e 4°: d’oro a quattro pali di rosso (Aragona);
-nel 2° e3°: d’argento all’aquila reale di Sicilia, monocipite e di nero, al volo spiegato, e coronata d’oro (Sicilia Sveva e delle Due Sicilie).
-nel terzo quarto (c) di rosso alla fascia d’argento, (Asburgo d’Austria);
-nel quarto (d) d’azzurro a quattro gigli d’oro (Borgogna moderna);
-nel quinto quarto(e) bandato d’oro e d’azzurro alla bordura di rosso ( Borgogna antica);
-nel sesto quarto (f) di nero al leone d’oro lampassato (Ducato del Brabante);
-al centro e in capo a tutto (g) d’argento a cinque scudi d’azzurro posti in croce, alla bordura di rosso carcata di sette castel li d’argento (Portogallo);
-nel cuore e sul tutto (h) d’argento alla granata verde, aperta di rosso (Granada);
-al centro e in punta, diviso (i ) nel I d’oro al leone di nero, lampassato e coronato di rosso (Fiandra);
-nel II d’argento all’aquila di rosso al volo semispiegato e coronata d’oro (Marchionatuus Sacri Imperi).
Scudo: sannitico-ispanico accartocciato ed accollato al gran collare del Real Ordine Equestre del Toson d’Oro;
Corona: imperiale, austriaca, aperta.
Bibl iograf ia M.Romano 1992 pp. 30-31.

ARMA - D’oro alla banda di rosso.

SCUDO AD ANCILE, convesso, accartocciato ed accollato al gran collare, di rosso e di focili, con vello d’oro, del Real Ordine Equestre del Toson d’Oro, sostenuto a destra, da un leone d’oro.
CORONA PRINCIPESCA con cerchio d’oro bicordonato, rabescato, plurigemmato e svettato da otto fioroni imperlati.
ELMO PRINCIPESCO, in maestà, d’oro, rabescato, aperto, con la visiera alzata e con la gorgieretta dello stesso, col cercine di sostegno di sette piume svolazzanti d’oro e di rosso.
MANTO PRINCIPESCO, bislungo, di velluto cremigeno foderato di ermellini.
MOTTO:
QUO RES CUMQUE CADUNT SEMPER LINEA RECTA (dove le cose in qualunque tempo cadono sempre in linea retta)


Le fabbriche della porta occupavano presumibilmente una superficie di mq 240 circa, ergendosi presso l’attuale darsena all’ ingresso di Ortigia, nel tratto tra le scale dell’imbarcadero lato Piazzale delle Poste e Lungomare della Darsena propriamente detta.
I recenti ritrovamenti archeologici nelle Vie XX Settembre e dei Mille lasciano pensare che le costruzioni intorno al la porta vennero erette inglobando il preesistente basamento delle antiche fortificazioni greche.
Gli stipiti della porta delimitavano il passaggio di metri 4,00.
Erano formati da conci sovrapposti disuguali sui quali si appoggiava l’arco a tutto sesto costruito con conci radiali disuguali decrescenti dalla chiave di volta, alta metri 7,80 dal piano di calpestio, rilevata e culminante ad angolo.
Erano agganciati lateralmente ai blocchi delle robuste lesene a bugnato, una per lato, larghe metri 1,70 circa, alte metri 6,60 e al la cui sommità, era una piramide tronca alta metri 1,80 circa, con un globo in cima di centimetri 60 di diametro.
Le lesene erano agganciate ad una sorta di reggi colonna, una per lato, larghe metri 2,50, alte complessivamente metri 11,60 dal livello del mare.
Sulla sommità una cimasa si raccordava a quella dei capitelli. Le colonne tortili , alte metri 6,60 x 1,50 di diametro, erano costituite da blocchi sovrapposti sui quali erano scavate otto gole sviluppanti spirali affiancate con inclinazione di 60 gradi, “a guardare”, nel senso che le colonne a destra sviluppavano inclinazione destra e viceversa quelle di sinistra.
Poggiavano su una base esagonale, così come il capitello, formato a sua volta da numero sei mensole a spirale, geometrica stilizzazione di foglie d’acanto.
Sul capitello, a destra di chi guardava, vi era pronto un basamento predisposto per ricevere, evidentemente, qualche altro cartiglio.
Non si spiega altrimenti la mancanza d’equilibrio e simmetria nell’estetica complessiva.
A fianco dei reggi colonna, una per lato, cornici quadrate di circa metri 4,00 di lato, real izzate con elementi architettonici, toro, gola dritta e rovescio, contornavano le aperture ottagonali, metri 1,40 di diametro e centimetri 60 per lato, predisposte per il posizionamento dei cannoni, direzionati per sparare contro eventuali assalitori transitanti sul ponte.
Le due mezze colonne laterali alle estremità, con funzioni di piedritto, di analogo diametro e forma, erano alte metri 2,80. Al la
sommità una cimasa ed elementi poligonali, reggevano un globo ciascuna di cm. 60 di diametro.
La sommità del globo era a metri 8 circa dal livello del mare.
In seguito al terremoto del 1693 che aveva danneggiato seriamente le fortificazioni, fu incaricato di provvedere alle riparazioni, lo stesso ing. Carlos De Grunemberg.
Come poteva procedere, dovendo anche tener conto dello spazio per l’alloggiamento dei cannoni?
Costruì due volte, una per lato, in corrispondenza delle feritoie anteriori.
Aumentò la profondità del passaggio elevando una volta centrale in proseguimento del l’ingresso.
Completò l’opera elevando mura di contenimento tra volta e volta per evitare lo scivolamento dei materiali di riempimento, portando a termine i lavori con i materiali e le tecniche costruttive al tempo conosciute.
Sicuramente progettò l’elevazione di un contro muro di sostegno che gli consentisse di rinforzare il preesistente.
Si accedeva ai siti interni dei cannoni da ingressi ricavati nei due fornici con volta e tetto spiovente, risultanti dalle volte costruite
una per lato.
Prospiciente la porta vi era una sorta di cortile delimitato da una serie di fornici ai lati e di un’altra porta più interna, l’antica Porta
Reale o Carlo V, che chiudeva l’ingresso dell’acquartieramento spagnolo.
È da notare il dislivello tra il piano di calpestio del ponte e quello dei fornici risultato di ci rca 70-80 centimetri più basso, pressappoco uguale all’attuale dislivello tra il ponte Umbertino metri 2,77 livello mare, il piano darsena metri 2,00, ed il piano piazzale delle Poste metri 2,06. (altimetrie tratte dalla cartografia ufficiale del comune di Siracusa).

La “POSTÌCA”, in stile composito, completamente diverso dalla facciata principale, ne ricalcava la forma poligonale.
Era ingentilita da decorazioni a linea curva che datano la costruzione.
Un cerchio di metri 2,00 di diametro, affiancato da una sorta di vaso a globi, uno per lato, di circa centimetri 60 di diametro; Vari archi e archetti arricciolati nei vuoti e negli angoli;
Sulla chiave di volta, scolpito nella pietra, vi era un gran mascherone di circa un metro di diametro ed una grandiosa palma stilizzata per lato, alta metri 1,60, inserita in un vaso di metri 1,20 per 1,80 poggianti su basamenti complessivamente alti metri 3,00.

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