Chiesa San Tommaso
Il testo è tratto da: Architettura religiosa in Ortigia di Lucia Acerra
stampato nel 1995 da: EDIPRINT
CHIESA DI SAN TOMMASO via Mirabella
CHIESA DI SAN TOMMASO via Mirabella
In via Mirabella, quasi di fronte al palazzo Abela-Danieli, si trova la chiesa di S. Tomrnaso, fatta costruire dal vescovo Lorenzo nel 1199.
La severità dello stile normanno è evidente nel portale con ingresso murato in via Mirabella, mentre l'altro appare rimaneggiato. L'interno è a tre navate e sono pochi gli elementi originari rimasti per le successive trasformazioni. La chiesa, chiusa al culto, ed ora in fase di restauro, conservava nel suo interno il corpo del beato Andrea Xueres dei padri Predicatori, nato a Malta e morto a Siracusa il 25.12.1431. In un documento dell'Archivio di Stato(44) si legge che il 27.4.1909 il sig. Michele Piazza chiese in enfiteusi il fabbricato e i locali annessi alla chiesa, che gli vennero negati perché l'autorità diocesana non intendeva chiudere al culto la chiesa. In un'altra nota del 24.10.1915(45) sempre presso l'Archivio di Stato, la Soprintendenza ai Monumenti di Siracusa illustra al Regio Economato di Palermo le opere abusive che insistevano ai confini della chiesa con la proprietà privata della sig.ra Failla vedova Musumeci, e cioè: un terrazzino in legno e ferro appoggiato alla cupola dell'abside, da cui sarebbe stato possibile scalare il tetto della chiesa. Il 17 settembre 1937 la parrocchia di S. Tommaso Apostolo è trasferita presso la chiesa del Pantheon.
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La chiesa di S. Tommaso Apostolo è ubicata in Via Mirabella, nel quartiere Ortigia ed è limitata su tré lati da pubbliche vie, salvandosi cosi dall'addossamento di case civili.
È una delle poche chiese medioevali ancora esistenti, edificata dal vescovo Lorenzo, succeduto nella sede episcopale all'inglese Riccardo, alla fine di un periodo storico (XII secolo) assai travagliato, che vide i Normanni, divenuti signori della Sicilia dopo la lunga dominazione musulmana, riaprire al culto le chiese cristiane in gran parte profanate e distrutte ed erigerne altre nuove. La chiesetta è stata a lungo trascurata e chiusa al culto, quasi sconosciuta alle nuove generazioni siracusane.
Recentemente dal Ministero dei Beni culturali ed ambientali è stata dichiarata "Monumento nazionale"; ciò probabilmente ha risvegliato un nuovo interesse verso la chiesa, per la quale sono stati disposti dei restauri imposti precipuamente da improrogabili esigenze statiche.
E'una chiesa ad una navata con l'abside rivolta verso est secondo lo spirito della tradizione canonica. Le uniche strutture che hanno retto il peso dei secoli e che non sono andate distrutte sono l'abside ed il portale della parete settentrionale L'abside ha struttura semicircolare, che si ritrova anche all'esterno, con finestra a feritoia, tagliata nel settore centrale e coronamento di semicatino; è formata da pietre conce, di cui rimangono evidenti sopravvivenze nel cantonale nord-est ed attorno alla porta secondaria del lato di settentrione. Una sobria corniciatura la percorre in tutta la larghezza, chiudendo nelle sue linee una profonda finestra strombata che taglia l'abside, in pieno centro, all'altezza iniziale della calotta. L'abside e la navata, che ricevono luce moderata da quattro finestre strette e profonde, a feritoia, fanno acquisire alla chiesa quel carattere di grande semplicità ed austerità cui si era ispirata l'originaria costruzione.
La lettura architettonica della chiesetta ci da la lettura delle vicende storiche e delle calamità naturali che Siracusa ebbe a soffrire.
Ad onta dei disastri provocati dai terribili terremoti del 1140 e del 1169 Siracusa risorge dalle rovine per merito dei Normanni i quali provvedono alla ricostruzione della città.
I vescovi Riccardo e Lorenzo arricchiscono ed abbelliscono le chiese della città e provvedono a costruirne di nuove, come la chiesa di S. Tommaso nel 1199, in un periodo di guerre per la conquista dello scettro imperiale, dopo la morte di Costanza d'Altavilla, reggente dell'Impero per la minorità del piccolo Federico.
Dopo un periodo oscuro di lotte per la conquista di Siracusa, che per la sua posizione geografica, era considerata importante per il commercio con l'Oriente, la chiesa subisce dei saccheggi da parte dei Pisani, dopo la guerra con i Genovesi, per vendicarsi della fedeltà di Siracusa a Federico II e dell'obbedienza al Papa.
Nella prima metà del secolo XV un nuovo impulso all'architettura, alla pittura ed alle arti in genere, si deve ad Alfonso Enriquez, governatore reginale di Siracusa, le cui iniziative avvieranno un nuovo risorgimento di Siracusa. A questo periodo si pensa possa risalire il soffitto quattrocentesco della chiesa, poiché al di sopra della volta moderna sono stati rinvenuti i resti di un mensolone di legno con decorazione policroma.
Dopo la carestia del 1444 e la pestilenza del 1455, Siracusa è colpita da un violento terremoto nel 1542, a causa del quale è avviata con grandi sacrifici una lenta ma efficace opera di ricostruzione. Per tutto il 1600 a Siracusa è un rinnovato fervore per gli studi classici, la poesia, la filosofia, l'arte ad opera di varie comunità religiose (Frati minori, Frati predicatori, Cappuccini, Gesuiti) accolte in città per arginare l'irrompente pericolo dei Turchi, stanziatisi nell'isola di Malta. Sono completate così diverse opere pubbliche, quale il tempietto ottagono nella tomba di S. Lucia, il tempio del Collegio, il nuovo palazzo del Comune. Tutto sembra vano quando il terremoto del 1693 distrugge case, chiese, palazzi. Con indomabile volontà si procede alla loro ricostruzione; il vecchio soffitto quattrocentesco della chiesa di S. Tommaso è sostituito con uno a cassettoni. In un periodo vicino a noi ha contribuito ai restauri la nobile famiglia dei Gargallo, i cui antenati hanno trovato sepoltura all'interno della chiesa, come testimonia la lapide di marmo policromo pregiato, decorata ad intarsio.
Come abbiamo potuto constatare i rifacimenti ed i restauri della chiesetta, nell'arco dei secoli, hanno mantenuto intatto ciò che era rimasto ed il nuovo è stato costruito con i caratteri dell'arte del tempo, poiché ogni opera è fatta da artisti figli del loro tempo.
Queste considerazioni sono valide ancora oggi perché restaurare significa riportare in luce e valorizzare le opere del passato, testimonianza di una parte di storia della nostra città.