impianto viario della città greca
Il generale impianto viario della città greca
Le notizie più importanti e attendibili circa l'originario impianto delle strade siracusane ci proviene dagli studi di Paolo Orsi (relativamente agli scavi presso l'Athenaion), dagli scavi e dalle ricerche della Pelagatti, dagli studi di Giuseppe Agnello e di Santi Luigi Agnello e dai recentissimi ritrovamenti (piazza della Vittoria, via XX Settembre).
Già nel 1912 Paolo Orsi poteva affermare che l'attuale via Maestranza fosse uno dei decumani dell'antica Ortigia, il cui reticolato stradale doveva, sulle linee principali, corrispondere al reticolato moderno, che dall'epoca romana e bizantina non ha subito modificazioni radicali.
Questo parere è stato riconfermato dagli scavi (del tutto casuali e mai sistematici) che si sono eseguiti nell'area di Ortigia.
Lì dove, infatti, non si erano avute ristrutturazioni di epoca recente (come nella zona ricadente intorno alla via XX Settembre di recente impostazione) tutto lascia presupporre che l'urbanistica medievale si sia organizzata rispettando il più antico tessuto viario greco, che quindi sarebbe rimasto intatto in quanto a direzione, grandezza, funzionalità.
La strutturazione dell'attuale quartiere della Giudecca e della zona ad ovest di via Cavour sembrano rendere straordinaria testimonianza del fatto che il tessuto urbanistico che si è andato via via aggregando da epoca medievale in poi rifletta, nelle linee generali, i moduli dello schema greco per stringas. (S. L. Agnello)
Santi Luigi Agnello ha osservato che il tracciato che si può seguire in alcune delle attuali strade (via Dione, linea di piazza Archimede sul fronte est di via Roma, vicolo Bellomo) possa ricalcare il tracciato della principale arteria antica in senso nord-sud. È questa la hiera hodos che, attraversando tutta Ortigia, poteva collegare, da levante, i santuari dell'Apollonion e dell'Athenaion. Ortogonale ad essa è un'altra arteria, il cui tracciato si può seguire lungo la via Maestranza, piazza Archimede fronte sud, via Amalfitania.
Agnello nota che dall'incontro di queste due strade risultò diviso in quattro parti il settore centro-settentrionale di Ortigia. È probabile che un'altra arteria, in senso est-ovest (che avrebbe seguito il tracciato delle vie Privitera e Capodieci), collegasse insieme, in senso nord-sud, questa parte dell'abitato, per assolvere la funzione di cerniera con la parte più meridionale dell'isola.
In ogni caso, come già si è affermato, mai scavi sistematici sono stati avviati per verificare quanto intuitivamente si è potuto congetturare. I reperti più interessanti (come le strutture afferenti alle fortificazioni di Dionigi, in via XX Settembre) sono sempre venuti fuori per caso, non perché li si cercasse, ma perché ci si è imbattuti in essi, casualmente scavando per opere di pubblica utilità che avevano ben altra direzione.
Scavi sistematici furono invece quelli della Pelagatti che, fra il 1964 e il 1969, sotto l'area di palazzo Vermexio, rimise in luce i resti del tempio ionico (ultimi decenni del VI secolo a.c.) che rappresenta una sorta di unicum nel quadro dell'architettura ionica occidentale (della Magna Grecia).
L'edificio non venne portato a termine, probabilmente per l'arrivo a Siracusa della famiglia di Gelone (i Diomenidi) che invece realizzò l'Athenaion, nel più usuale linguaggio dorico. Il tessuto viario degli altri quartieri ha ricevuto un qualche lume da recenti (e casuali) scavi, massimamente quelli di piazza della Vittoria (dietro il santuario della Madonna delle lagrime), dove si è scoperta un'arteria avente direzione est-ovest.
Questa strada incrocia in modo perfettamente ortogonale le strade, tutte in senso nord-sud, che separano le insulae abitative del quartiere rimesso in luce. È probabile che questa strada proseguisse verso ovest fino alla zona della necropoli del Fusco. Si capisce che in assenza di scavi sistematici, torniamo a dire, queste mere congetture non possono darci reale visione della consistenza del tessuto viario di Siracusa, che è quanto dire dello schema urbanistico - distributivo della città, visione di insieme che invece è ancora ricavabile in molte altre città greche di Sicilia (Selinunte, Agrigento), della Magna Grecia (Metaponto, Posidonia), dell' Asia Minore (Mileto, Smirne) o del territorio metropolitano (Atene, Samo, Olinto, Rodi ecc.).
Di alcune città fra le più grandi e ricche del mondo antico, non si ha alcuna idea, di altre si ha solo un'immagine parziale del tessuto urbano [specialmente quando per secoli la vita si è svolta nella stessa area urbana, comportando la distruzione delle fasi più antiche]. (A. Giuliano)
È questo proprio il caso di Siracusa, almeno per quello che riguarda il centro storico di Ortigia dove le varie fasi di popolamento e acculturazione urbana si sono succedute senza soluzione di continuità sovrapponendosi le une alle altre. Ma se questo vale per Ortigia (dove peraltro il tessuto viario è rimasto nelle sue grandi linee quello greco), così non si può dire per gli altri quartieri dove lo spopolamento relativo al decadimento urbano post-romano avrebbe consentito, prima della nuova urbanizzazione degli anni Cinquanta, qualunque studio sistematico, atto a far sviluppare la città in modo organico (e non neoplastico) con il preventivo studio dell'intera organizzazione territoriale greca e il recupero di quanto (ed era tantissimo) poteva essere salvato.
Gli speculatori di rito si sarebbero arricchiti ugualmente ma alla collettività sarebbe rimasto un tesoro ineguagliabile (e, anche in termini economici, un incentivo straordinario al turismo); ma i nostri speculatori oltre che rapaci sono rozzi e incolti, e il risultato è stato una devastazione a tappeto, irrimediabile e irreversibile. L'obliterazione e la distruzione di quanto poteva essere recuperato a cominciare dalla immagine della città greca, dalla sua reale configurazione e struttura sono fatti già accaduti.
Ritorniamo alla nostra strada, rimessa in luce dagli scavi di piazza della Vittoria (questi scavi non contraddicono la nostra tesi; i soli scavi infatti che diano alla luce reperti interessanti riguardano piazze e strade, "mai" palazzi e opere private; lì l'archeologia finisce direttamente dentro il cemento armato), l'andamento di questa strada probabilmente era parallelo al fronte del teatro ed evidenzierebbe, così come a Minoa, Tindari, Akrai, un reale collegamento urbano fra il teatro e il più generale impianto urbano siracusano. È in conclusione ipotizzabile che questa arteria avesse collegato la zona di Acradina (della quale restava il più importante nodo viario) con la Neapoli.
Si può realisticamente presupporre anche il prolungamento di questa strada verso est, dove, all'altezza di piazza S. Lucia, si sarebbe congiunta con la strada in direzione nord-sud, il prolungamento della hiera hodos di Ortigia. Come si è visto si tratta di ipotesi che hanno certamente bisogno di verifica, ma non possiamo non considerare come a Siracusa la strada in senso est-ovest collegava due importanti zone della terraferma, e cioè quella che fa capo al "lakkios" [antico istmo che collegava Ortigia alla terraferma e che successivamente, per fenomeni di bradisismo, è stato sommerso; questo istmo è stato individuato nei suoi contorni dal Cavallari e dal Drogemuller e quella del Fusco ... altre strade in senso est-ovest, più a nord o più a sud della nostra, non avrebbero avuto eguale importanza di collegamento ... sono questi i motivi per cui riteniamo che la strada sia la più valida candidata a dare finalmente una identità alla lata via perpetua che Cicerone cita nella sua puntuale ed efficacissima descrizione del quartiere di Akradina (S. L. Agnello)
Altri scavi nella zona dell'antica agorà (piazza Marconi) e del corso Gelone misero in luce resti architettonici e brani di tessuti viari di grande importanza; ma la necessitata loro ricopertura ne ha impedito uno studio più approfondito.
Sempre frutto del caso, e in aree di lavori pubblici, furono i rinvenimenti (nel 1984) di una vasta necropoli nell'area di viale Scala Greca (fine del VI secolo), forse la più grande necropoli siracusana, e di viale Teracati: una strada lastricata e una tomba intatta, proprio di fronte alla via Necropoli Grotticelle, (probabilmente del III secolo a.C.). Fu allora rinvenuto anche un residuo di fortificazione, forse resti di mura che, a mano a mano, andarono smantellate e ricostruite per contenere il perimetro urbano in continua espansione.
Elio Tocco
Data Ultimo Aggiornamento: Mercoledi 19 Agosto 2020 alle ore 5:54:3