casa e ospitalità siracusane - Storia

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
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casa e ospitalità siracusane

storia Lucca Vittorio
La casa e l'ospitalità




Intelligenti, liberi, sensibili al bello e a quanto c'era di nobile i siracusani furono maestri a tutto il mondo classico. E per merito dei loro sentimenti altissimi, delle virtù e del coraggio posseduti si orientarono verso una politica democratica che tanto giovò allo sviluppo della potente Pentapoli.
Via via una grande moltitudine di cittadini prese parte al governo e all'amministrazione della giustizia, apprezzando la costituzione, l'uso delle leggi e del diritto facendo così crescere l'amor patrio. Nelle «Guerre Puniche», al libro XIV, Silio Italico così dice della Siracusa del periodo classico:
«Da per tutto l'orbe, ove che il sol si volva, Pareggiar non potea di Siracusa Quel sì chiaro splendor città nessuna. Tanti templi di Numi e tanti porti Da muraglie cerchiati».
La casa del ricco siracusano generalmente aveva all'ingresso un vestibolo ornato da due colonne; subito dopo l'ingresso vero e proprio si apriva un corridoio dove trovavano posto la stanza del portinaio e la stalla. Attraversato il corridoio si arrivava nell'atrio scoperto, circondato da un porticato. A Mezzogiorno c'erano le stanze delle donne e la camera nuziale; a setten¬trione le stanze da pranzo e la pinacoteca; a levante la biblioteca e a ponente le sale da ricevimento. Tutte le stanze prendevano luce dall'atrio scoperto, per cui non v'era alcuna necessità di finestre esterne. La parte superiore della casa, specie nella zona centrale, era ornata da un cornicione rivestito in terracotta policroma e da doccioni a testa leonina per lo scarico dell'acqua piovana.
Sia nella casa del ricco che in quella del povero era il cassettone in legno — come ancora oggi si usa in quasi tutte le case dei piccoli paesi della provincia siracusana — che veniva anche utilizzato come panca.
Gli utensili da cucina e da pranzo, le armi, i bracieri, i brucia-profumi, i vasi porta unguenti o porta profumi e altro vasellame, più o meno pregiati, trovavano posto sopra ripiani di legno disposti in ampie nicchie incassate nel muro.
Le ricerche archeologiche, purtroppo, non hanno messo in luce un'abitazione completa di arredi e suppellettili vari, com'è accaduto a Pompei. Però gli scavi passati o recenti hanno in un certo senso chiarito quali potevano essere le condizioni di vita, gli arredi e le abitazioni dei siracusani della Pentapoli. Soprattutto la gran zione alla luce della lampada, bagni parziali o lavature in comune; e vi sono tante allusioni, a certi surrogati di cui avrebbero fatto uso, sembra, in casa loro, donne dai costumi piuttosto viziati».
In Siracusa, l'ospitalità era connessa alla religione, che l'indicava come cosa gradita agli dèi, tant'è che per vigilare affinché le norme stabilite venissero eseguite furono preposte alla vigilanza alcune divinità minori, «Xeni».
Per il rispetto di tali leggi e poiché era an¬cora sconosciuto l'uso degli alberghi pubblici, tutti i siracusani erano obbligati ad accogliere nelle loro case i forestieri che capitavano nella Pentapoli e che, senza un'adeguata ospitalità, si sarebbero venuti a trovare in grande disagio. È noto infatti che coloro che si rifiutavano di accogliere nella propria casa quei forestieri che giungevano in città dopo il tramonto del sole venivano puniti, proporzionalmente alla gravità della trasgressione commessa.
L'ospite riceveva particolari accoglienze e veniva considerato uno della famiglia. Il padrone di casa lo conduceva nella stanza destinata ai forestieri e dopo il bagno lo invitava a cena, durante la quale era servito, in segno di fiducia, da una giovane componente della famiglia ospitan¬te. La medesima giovane alla fine della cena conduceva l'ospite nella stanza da letto, lo aiutava a spogliarsi, lo profumava e quindi gli forniva tutti quei servizi che a lui necessitavano.
La delicatezza dell'istituzione vietava alla famiglia ospitante di chiedere il nome allo straniero, almeno per i primi dieci giorni.
Alla partenza, il padrone di casa e l'ospite si scambiavano, in segno di amicizia e per perpetuare i legami di ospitalità fra le rispettive famiglie, pezzi di legno o di avorio finemente la¬vorati o medaglie divise in due pezzi. Tali oggetti venivano custoditi gelosamente e addirittura tramandati da padre in figlio.




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