Il Castello Eurialo
Quasi subito dopo che Dionigi, sotto l'ondata di terrore scatenata dalla grande offensiva cartaginese, ebbe consolidato il proprio potere all'interno della città, iniziò una fase di grandi lavori che interessarono generalmente l'urbanistica di Siracusa imprimendole un volto nuovo.
In una prima fase del conflitto contro i cartaginesi Dionigi era già stato pesantemente sconfitto sotto le mura di Gela; l'avvenimento aveva provocato un moto di rivolta contro il tiranno; a Siracusa gli venne uccisa la moglie, violentata dai suoi nemici politici. Riuscito a rientrare in città grazie all'appoggio di truppe rimaste fedeli, Dionigi concluse nel 405 una pace con il generale dei cartaginesi Imilcione, il cui campo era funestato da una pestilenza e che, come giustamente nota la Fiori, dovette constatare la difficoltà di porre l'assedio ad una città tanto estesa come Siracusa, con le poche forze delle quali disponeva.
Fu approfittando di questa insperata pace che Dionigi diede il via alla fortificazione di Siracusa. Anche in questa ciclopica opera di costruzione Dionigi si mostrò avveduto politico, dividendola in fasi opportune di crescita; nella prima egli si garantì, memore della recente e rovinosa rivolta, il potere in modo assoluto contro ogni nuovo tentativo insurrezionale della città; nella seconda fase garantì la città stessa dai suoi nemici, dei quali già da allora si prospettava la rivincita.
Nel 404 Dionigi stabilì la propria sede definitiva in Ortigia, dalla quale cacciò gli abitanti e che popolò esclusivamente con la sua guardia del corpo e con i suoi funzionari. Procedette quindi al suo afforzamento. Vi fece costruire una grande fortezza, sbarrante l'accesso all'isola e con il fronte volto verso Acradina. Vi realizzò anche un grande palazzo come propria residenza, lo stesso che, ricostruito da Ierone II, servì poi da residenza ai pretori romani. Altre torri erano ivi, opera di Dionigi, ed ammiravansi portici e botteghe, ed Ortigia era insieme città forte, seggio di monarchi, luogo di traffici, ricovero di navi mercantili e da guerra. Eravi il tempio di Minerva, l'altro di Diana e quello di Giunone ( E. De Benedictis).
Insieme a queste misure Dionigi realizzò in Ortigia dei grandi depositi di viveri bastevoli per la sua guarnigione per lunghi periodi; in tal modo la rese fortissima e, di contro, solidissimo il proprio potere.
La seconda fase di lavori riguardò l'intera città. Di certo il ricordo delle tante difficoltà incontrate durante l'assedio ateniese (la parossistica corsa all'erezione dei muri, inseguentisi dall'Epipoli al mare), e la certezza che presto Siracusa avrebbe potuto provare un duro assedio di Cartagine, spinse Dionigi a concepire una cinta muraria avvolgente l'intero abitato e serrante in una vasta e poderosa cerchia difensiva tutti i suoi quartieri.
Questa cinta, realizzata in brevissimo periodo, ebbe uno sviluppo di venti sette chilometri, il più vasto di tutta la storia antica, Roma compresa.
La cinta dionigiana venne anche a comprendere la collina sovrastante la città che non poteva lasciarsi assolutamente nelle mani degli eventuali nemici, e tutta questa vasta zona, l'Epipoli, costituì il quinto quartiere di Siracusa.
L'intera opera venne realizzata dal 402 al 397; la cerchia muraria era rafforzata da torri quadrangolari e una serie di piccoli forti ne guarniva i punti più deboli e salienti (Portella del Fusco).
Una delle più importanti porte di accesso a Siracusa era in località Scala Greca ed era chiamata l'Exapylon. Le porte erano tutte sicuramente fortificate e provviste di mura di sbarramento. L'intera opera difensiva aveva due culmini: dal lato del mare nell'imprendibile Ortigia e sul margine dell'Epipoli nel più grande e perfetto castello dell'antichità: l'Eurialo.
Diodoro Siculo ci narra con dovizia di particolari come la costruzione di questa immensa opera e dello stesso Eurialo abbia mobilitato l'intera popolazione di Siracusa, perché venisse realizzata con la massima segretezza e nel più breve tempo possibile. Dalle Latomie vennero cavate cinque milioni di tonnellate di blocchi di calcare ed esse vennero allora ad assumere la vastità che oggi è osservabile.
Ma seguiamo la descrizione che Diodoro fa della costruzione del muro settentrionale, che congiungendo l’Epipoli al mare si ancorava al successivo Castello
Avendo visto che durante la guerra con Atene la città era stata bloccata da un muro che andava da mare a mare, temeva, in casi analoghi, di venir tagliato fuori da ogni comunicazione con il territorio circostante: vedeva bene, infatti, che la località chiamata Epipole dominava la città di Siracusa. Rivoltosi ai suoi architetti, in base al loro consiglio decise di fortificare le Epipole con un muro, ancora oggi conservato nella zona intorno all'Exapylon (le " sei porte "). Questo luogo, rivolto a Settentrione, interamente roccioso e a picco, è inaccessibile dall'esterno. Desiderando che le mura fossero costruite con rapidità, fece venire i contadini dalla campagna, tra i quali scelse gli uomini migliori, in numero di 60.000, e li distribuì lungo il settore di muro da costruire. Per ogni stadio designò un architetto e per ogni pietra un mastro muratore, a ciascuno dei quali assegnò 200 operai. 6.000 gioghi di buoi erano impiegati nel luogo designato. L'attività di tanti uomini, che si applicavano con zelo al loro compito, presentava uno spettacolo straordinario. E Dionigi, per stimolare l'entusiasmo di questa moltitudine, prometteva grandi premi a coloro che avessero terminato per primi, specialmente agli architetti, poi anche ai mastri muratori, infine agli operai. Egli stesso, con i suoi amici, assisteva ai lavori per intere giornate, ispezionando ogni luogo e facendo sostituire quelli che erano stanchi. In breve, rinunciando alla dignità del suo ufficio, si riduceva a un rango privato, e assoggettandosi ai lavori più pesanti, sopportava la stessa fatica degli altri: ne nacque di conseguenza una grande emulazione, e alcuni aggiungevano anche parte della notte alla giornata lavorativa. Tale era l'entusiasmo di quella massa di lavoratori. Di conseguenza, il muro fu terminato, al di là di ogni speranza, in 20 giorni: esso era lungo 30 stadi, e di altezza proporzionata, e così robusto da esser considerato imprendibile. Vi erano alte torri a intervalli frequenti, costruite con blocchi lunghi 4 piedi, accuratamente giuntati
L'entrata della fortezza è protetta da 3 fossati. L'ultimo fossato era il più importante, in quanto collegava tutto l'apparato di difesa della fortezza, concepito in modo da permettere una difesa dagli attacchi e la sortita di truppe dietro le linee nemiche.
Le 5 torri che notiamo dopo il terzo fossato probabilmente servivano per ospitare le baliste, che, situate più in alto di quelle dei nemici, potevano colpire senza essere da queste danneggiate. Dietro queste torri si apre un grande cortile, che ha ospitato, in periodo bizantino, le caserme dei soldati; al centro del cortile vi erano le cisterne.
Dall'altro lato del castello, il sistema difensivo era costituito da due muri posti davanti alle porte di accesso, che impedivano gli attacchi in massa del nemico. Tutta questa struttura a forma di imbuto permetteva una più facile difesa.
Altre attività edilizie,nel periodo di Dionigi il Vecchio,si ebbero nell' Acradina, dove furono realizzati dei portici, nella zona dell'attuale tempio ai caduti, probabilmente in relazione all'attigua agorà; un grande ginnasio venne costruito nella Neapoli.
Siracusa conobbe quindi il suo assetto urbanistico definitivo e la sua massima espansione; Ortigia viveva avulsa dal resto della città, sede dei più importanti templi e del tiranno con la sua corte, volgente verso terra le proprie mura turrite concluse dal lato di terraferma dalla grande fortezza. Il centro urbano, era questa una tendenza già viva in tempi più antichi, si spostò definitivamente in Acradina, il quartiere più antico di terraferma, che aveva centro nell'agorà.
Il quartiere della Neapoli si avviava già a essere la zona più monumentale dell'intera città e la Tyche, perdendo il suo antico carattere di autonomia, venne a essere pienamente innestata sul tessuto urbano circostante.
Infine era nato un nuovo vasto quartiere, l'Epipoli, che però non doveva essere fittamente popolato. Tutto il sistema murario d'Ortigia, consistente a quanto pare in una doppia muraglia rafforzata da torrioni quadrati e saldamente ancorata alla fortezza sull'imboccatura dell'istmo, si apriva alla città attraverso un'unica porta fortificata, costituita da un sistema di cinque archi e chiamata Pentaplya, poco distante dall'agorà. Il sistema di fortificazioni di Orti- gia diede ottimi risultati e non venne mai superato d'assalto.
Dionigi, nell'intervallo di tempo intercorrente fra la pace del 405 e la ripresa delle ostilità del 398, si diede, oltre che all' opera di fortificazione della città, alla ripresa della preparazione militare che vide l'esercito portato a 80.000 uomini e la marina a trecento navi. Per provvedere alla riparazione e alla costruzione di tanto naviglio, si provvide a ingrandire e a meglio dotare i preesistenti arsenali del porto piccolo (zona via Arsenale). Lo stesso porto piccolo venne opportunamente difeso con la costruzione di una piccola fortezza costruita alla sua imboccatura.
La campagna del 398, deliberatamente iniziata da Dionigi, si svolse in due tempi distinti; il primo che vide le folgoranti vittorie siracusane, rinverdenti gli esaltanti giorni di Imera e di Gelone; il secondo che vide invece un netto rovesciamento della situazione. Un corpo d'armata al comando di Imilcione, sbarcato a Lilibeo, puntò subito verso i possessi greci; venne distrutta Messana, venne presa Tauromenion; finalmente le truppe cartaginesi, aggirate le imprendibili posizioni dell'Epipoli, si accamparono nella piana dell' Anapo, vicino all'Olympeion. In questa occasione venne distrutta la magnifica tomba di Gelone e Demarete.
Imperversando una nuova epidemia in campo cartaginese e avendo Dionigi ricevuti aiuti da Sparta, i cartaginesi vennero alfine battuti, sotto le mura di Siracusa e la loro flotta arsa nel porto grande, sotto gli occhi del popolo siracusano che vide rinnovarsi lo spettacolo della sconfitta della flotta ateniese.
Il resto del regno di Dionigi interessa più la storia che non l'urbanistica e la monumentalità di Siracusa. Il tiranno si lanciò in tre distinte campagne: la prima nella Magna Grecia di cui, con il disinvolto appoggio dei barbari del nord, conquistò le città contro una lega greca capeggiata da Reggio; le altre due campagne furono volte contro i cartaginesi e furono iniziate nella vana rincorsa al sogno della loro totale estromissione dalla Sicilia. L'impero di Dionigi, nell'apogeo della sua potenza, comprendeva, fra sudditi, clienti, colonie ed alleati sul genere di quelli di Locri, tutta la Sicilia [a eccezione dell'estremità occidentale dalla foce del fiume Alico a Solunto], la punta dello stivale fino al golfo di Taranto, alcune isole di territorio molto più al nord, ad Ancona e alla foce del Po e anche al di là dell' Adriatico nella regione di Spalato ... penetrò talvolta in territorio etrusco ... come quando andò a saccheggiare nel 384 il territorio di Cerveteri, che gli rese ... 1500 talenti ( Diodoro)
Il lungo periodo della dominazione di Dionigi si chiude con un insuccesso di fondo costituito dal fallimento della lotta contro i cartaginesi che il tiranno non riuscì mai a espellere dalla Sicilia. Questo insuccesso fu temperato dai raggiungimenti politici di Dionigi che possono riassumersi in due tempi distinti: la conquista del potere in Siracusa (fortificazione di Ortigia e costruzione delle mura cittadine) e la creazione di un vasto impero comprendente tutta la Magna Grecia.
Anche quest'opera, tuttavia, che poteva essere il suo punto di maggior successo e insieme la premessa per la creazione di un vasto organismo compiutamente greco che sarebbe rimasto forte e potente fu vanificata dagli stessi mezzi impiegati per raggiungerla.
In primo luogo occorre dire che per rincorrere la propria idea di impero Dionigi non esitò a portare grandi distruzioni a quel mondo greco che egli voleva conquistare e con la sua epoca scompaiono tutte le antiche città della prima colonizzazione greca. A questo fatto si potrà sempre obiettare che dato lo spirito individualistico proprio dei greci era questo probabilmente l'unico modo per ridurli a unità;ma la carenza più grave dell'azione di Dionigi va tuttavia riscontrata proprio nell'azione politica che non vide, dopo le distruzioni, il nascere di uno stato compiutamente nuovo, capace di cementare insieme una unità fino ad allora ottenuta con le distruzioni e i fatti d'arme; in realtà l'impero di Dionigi morirà con Dionigi e la potenza da lui raggiunta sarà dispersa dall'incapacità dei suoi successori per essere da ultimo ricostruita, sia pure in piccola parte, da Ierone II, durante il cui regno Siracusa conoscerà la propria ultima fioritura.
Elio Tocco