Ortigia culla di Artemide - Storia Vittorio Lucca

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Storia araldica monete
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Ortigia culla di Artemide

Ortigia, culla di Artemide




Secondo fonti storico-mitologiche, la nostra Ortigia sarebbe la culla, della dea Artemide. L'isolotto, infatti, avrebbe tratto il suo toponimo, ancora oggi in uso, della dea, nome che, etimologicamente, secondo una delle tante versioni, risalirebbe al ter¬mine greco «ortix» (quaglia), con evidente riferimento alla nascita della divinità nell'isola di Ortigia, in Grecia, oggi detta Delo.
Nell'Eliade, Artemide personificava una dea agreste e cacciatrice, «agrotéra» era infatti denominata, cioè colei che scorre i campi; in Arcadia aveva come simbolo l'orsa, ma in quasi tutta la Grecia l'animale prediletto dalla dea era il cervo e per questa sua predilezione fu appellata «elafebòlos» (feritrice di cervi), donde il nome dato al nono mese attico «elafebòlion», mese nel quale veniva celebrata una omonima festa in suo onore e durante la quale venivano offerte focacce in forma di cervo.
La festa in onore di Artemide durava parecchi giorni. In Siracusa tale festa era solenne e aveva tutti i caratteri dei festeggiamenti per la protettrice della città: ce lo attestano le belle monete siracusane, in cui Artemide compare accanto al dio Apollo.
La festa, che si svolgeva tra il quindici marzo e il quindici aprile (il nono mese attico), è è ricordata nella storia dell'assedio di Siracusa da parte del console Marcello e, per le connotazioni di allegria, si dice, contribuì alla nascita della commedia in Siracusa.
Artemide fu una delle prime divinità ad essere introdotte in Sicilia; ne fa fede il viaggio di Oreste, il matricida, in Sicilia: la leggenda narra che Oreste, durante la sua peregrinazione, giun¬se in Sicilia portando seco l'immagine di Arte¬mide, dopo che nelle Calabrie fu purgato delle sue colpe.
In Siracusa, in una antro naturale di Scala Greca, i siculi adoravano Artemide, che era, co¬me compare dagli ex voto scoperti in quel sito, sempre accompagnata da cani, lepri, cervi e cin¬ghiali. La divinità, definita dagli studiosi «Arte¬mide sicula», si ritrova in un'area piuttosto va¬sta della Sicilia ed ha carattere infernale, così come si trova testimonianza nel culto praticato in antri naturali.
L'epiteto «Liea», la Scioglitrice, le fu dato nella nostra città perché liberò Siracusa da una grave pestilenza: la dea liberò i siracusani da un grave morbo che aveva colpito il bestiame. «Con ciò stesso ci riconduce — scrive E. Manni in «Sicilia pagana» — ancora una volta al mon¬do dei campi abitati dai villici che la venerava¬no, alle loro vigne soprattuto e ad una festa po¬polare che fu presieduta una volta anche dal ti¬ranno Dionisio I».
Quando, nell'anno 734 a.C., i greci di Archia occuparono l'isolotto di Ortigia lo consa¬crarono alla dea Artemide Alpheioa (nutrice del popolo), facendo subito fiorire miti e leggende fra la dea e la ninfa Aretusea. E, da ciò, si pensò che Artemide fosse stato proprio il nome che i greci diedero alla ninfa della fonte Ciane, o che, forse, «Ciane» (la Cerula) era solo un attributo della dea in questione.
Secondo l'Holm, l'epiteto «Alpheioa» da¬to all'Artemide di Ortigia suscita l'idea di un certo rapporto esistente fra l'isola siracusana e il dio fluviale dell'Elide: l'amore, cioè, che Al- feo nutriva per la dea della caccia.
Diodoro, nel lib. V, si compiace dissertare sull'argomento e scrive: «Con Core furono edu¬cate Atena e Artemide, vergini anch'esse, le quali con lei raccoglievano i fiori e tessevano il peplo a Zeus; per la loro vicendevole famigliari¬tà amavano soprattutto quest'isola (la Sicilia), e ognuna di esse ebbe in sorte una terra.
«Atena l'ebbe nel territorio intorno ad Imera, laddove le Ninfe, a lei compiacenti, fece¬ro sgorgare le sorgenti calde quando Eracle vi giunse; e gli abitanti del luogo hanno ad essa consacrato la terra che ancor oggi si chiama che ancor oggi si chiama Ateneo. Artemide ebbe dalla dea l'isola siracu¬sana che gli oracoli e gli uomini hanno da lei de¬nominata Ortigia.
«Anche in quest'isola le Ninfe compiacenti fecero sgorgare un'abbondantissima fonte che si chiama Aretusa e nella quale non solo, nei tempi antichi, furono numerosi grossi pesci, ma anche, ai tempi nostri, vi rimangono, sacri ed intangibili agli uomini... Core ebbe i prati vicini ad Enna e a lei fu consacrata in Siracusa la grande fonte Ciane».
In Siracusa, in prossimità di piazza Panca li, si possono ammirare le rovine di uno templi più antichi della Sicilia. Il tempio conferma il grande culto che i siracusani tributavano alla dea Artemide, esso è anche confermato da Cice¬rone, nella bella descrizione che fa di Siracusa: «In essa numerosi sono gli edifici sacri, ma due superano di gran lunga gli altri: quello di Diana (Artemide), e l'altro, ricchissimo di oggetti arti¬stici prima dell'arrivo di Verre, di Minerva (Atena)».
Il tempio, che i siracusani, erroneamente o comunemente, chiamano di Apollo, fu per lun¬go tempo attribuito, anche dagli archeologi, al dio Apollo, per un'iscrizione a grandi lettere in¬cisa su un gradone del fronte orientale, nella quale si parla sicuramente di una dedica ad Apollo, donde l'errata denominazione. Recenti studi, infatti, hanno appurato che l'iscrizione in questione è di circa un secolo posteriore all'edi¬ficazione del tempio. Dunque il tempio, verosi¬milmente, fu dedicato alla protettrice della cit¬tà: Artemide. Così come asserisce Cicerone.

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