le donne siracusane - Storia Vittorio Lucca

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Storia araldica monete
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le donne siracusane

Nella Siracusa del V sec. a.C., l'educazione delle ragazze era alquanto trascurata.





Le giovani venivano spesso occupate nelle faccende domestiche, anche se appartenevano a famiglie privilegiate; era frequente l'impiego di esse nel governo del gregge, nella tessitura, nel lavaggio dei panni, nella filatura, nel ricamo e in tutti quegli altri impieghi domestici considerati lavori congeniali alle fanciulle.
Le vergini, fino ad una certa età, venivano relegate in casa e raramente veniva concesso loro il permesso di uscire sole; spesso anzi venivano rinchiuse negli appartamenti ad esse riservati e sorvegliate dai servi. Raggiunti i dieci anni, la fanciulla veniva impiegata nelle funzioni sacre come portatrice di canestri, «canephora», e solo in quell'occasione aveva la possibilità di incontrarsi con i giovani: proprio perché partecipava alle feste religiose. Crescendo in solitudine, non aveva grandi possibilità di apprendimento, soprattutto perché in quel periodo la scienza e la letteratura non erano tenute in considerazione; erano invece praticate le arti, alle quali la giovane siracusana di 2500 anni fa si applicava volentieri: dal canto alla musica, dalla danza al disegno.

Le donne siracusane conoscevano assai bene tutte le arti per mantenersi fresche, belle e per nascondere gli eventuali difetti: portavano capelli finti e usavano tingersi i capelli anche di rosso. Ma il colore più apprezzato era il biondo. Pettini, pennellini, colori e profumi completa-vano gli innumerevoli oggetti posseduti per la bellezza del viso e del corpo. I profumi, tanto cari alla donna greca, arrivavano nella Pentapoli dall'Asia e dall'Arabia.
Dopo il bagno, che avveniva mediante innaffiatura dall'alto per mezzo di una grande brocca, le venivano stropicciati i capelli e frizionato il corpo con essenze profumate dalle ancelle. Il sapone non era conosciuto però venivano usati certi emollienti che rendevano morbida e vellutata la loro pelle; molto usata fu pure l'arte della depilazione.
Sia nella gioia che nel lutto, vennero usati fiori e ghirlande, che non mancavano mai nei mercati siracusani. La casa, gli altari, il tempio venivano ornati con fiori o ghirlande fatte di foglie di mirto intrecciate a frondi di pioppo argentato e a rose. La rosa, poi, era il fiore più amato dalle donne: era considerata la regina dei fiori e i poeti ne decantavano i pregi e l'odore, come risulta dalla seguente ode Anacreontica: «Uniam le rose tenere Tanto care al Dio d'Amore Col soave almo Liquore Sacro a Bacco, e amico a Venere, E bevendo, e ridendo ornici il crine Rose bianche e porporine.
In Siracusa, come in tutta la Grecia, l'età richiesta alle donne per il matrimonio era tra i venti e i venticinque anni; mentre l'età ideale per l'uomo era di trent’anni. Il matrimonio tra fratelli e sorelle era permesso purché nati da una stessa madre. Il mese più adatto per il matrimonio era gennaio; il periodo del plenilunio era considerato il più adatto perché, si credeva, influisse positivamente per la fecondazione.
Il giorno che precedeva le nozze la sposa veniva adornata con fiori e ghirlande e, dopo avere fatto a Giunone offerte e doni matrimoniali veniva presentata allo sposo da suo padre, il quale pronunziava all'indirizzo del giovane sposo le seguenti parole: «io ti do mia figlia per generarti figli legittimi». Il giorno prima la sposa aveva fatto una breve visita al templio, per ingraziarsi il favore delle divinità e spesso offriva ad Atena e ad Artemide un agnello o una porzione delle sue trecce.
La cerimonia matrimoniale era assai semplice: gli sposi si stringevano la mano destra e il sacerdote suggellava l'unione scambiando le corone che in quell'occasione ornavano la testa dei giovani sposi. La sera, la sposa, addobbata con gli abiti più belli e inghirlandata di fiori, prendeva posto su di un cocchio, tra lo sposo e l'amico più intimo di costui, e si dirigeva insieme a tutto il corteo di amici e parenti verso l'abitazione preparata precedentemente dallo sposo, tra ali di amici che reggevano fiaccole accese, per illuminare il percorso, ballerini e musici. Nella stanza nuziale veniva posta la fiaccola più bella, quale simbolo del fuoco che incendiava d'amore i cuori degli sposi, e vi si lasciava consumare. La sposa poi veniva ricevuta da un'ancella che le offriva un canestro ricolmo di frutta, in segno di abbondanza, e un vasetto di terracotta contenente orzo: simbolo del primitivo nutrimento.
Alla cerimonia pubblica ne seguiva una più intima che vedeva gli sposi impegnati a sacrificare un animale presso l'altare dei «Lari», i Numi tutelari della casa.
Compiuti tutti i riti richiesti dalla tradizione, la sposa distribuiva un mazzetto di fiori alle fanciulle ed ai ragazzi non ancora sposati dicendo: «Ricordatevi l'obbligo che vi corre di allacciarvi con lo stesso mio dolce vincolo, per produrre dei cittadini alla patria».
Il banchetto che seguiva comprendeva tutti i cibi tradizionali della buona cucina siracusana ed era rallegrato da suonatori e ballerini. Sulla mensa riccamente imbandita non mancavano mai i dolci di sesamo: simbolo della fecondità.
A banchetto concluso, gli sposi entravano nella stanza dove era stato apparecchiato il letto nuziale, che fino ad allora era stato custodito da un parente stretto della fanciulla; la sposa riceveva il lavaggio dei piedi da un ragazzo designa¬to per tale operazione e poi entrambi gli sposi mangiavano una mela-cotogna per significare che fra loro tutto doveva essere diviso. Intanto gli amici, in un'altra stanza, accompagnati dai suonatori, allegramente cantavano canzoni allusive al matrimonio. La mattina presto ritornavano per svegliare gli sposi, intonando canti inerenti la notte matrimoniale.
Il matrimonio non metteva fine alla «reclusione» della donna siracusana; un costume rigoroso costringeva le donne a restare chiuse in casa: la donna che si attardava sulla porta di casa, anche per semplice curiosità, era considerata sospetta nei costumi. Quando, per effettuare le normali compere, era costretta ad uscire veniva accompagnata da una schiava, se apparteneva ad una famiglia ricca, o da un'amica se appartenente alla classe media.
Tutte le cose che accadevano fuori interessavano solo il marito; la moglie se ne doveva disinteressare!



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